Note
  1. Di problematica da anni ’50, poi «passata di moda», parla infatti Pieri, Le indennità, in Manuali di casistica giuridica - Diritto del lavoro privato subordinato, III, Torino, Utet, 1970, p. 2776.
  2. Non è un caso peraltro che le più ampie trattazioni sui problemi di struttura del salario siano contenute in due monografie dell’epoca. Ci si riferisce, ovviamente, ai saggi, assai noti, di Cassi, La retribuzione nel contratto di lavoro, Milano, Giuffré, 1954, sp. pp. 113-159 e di Guidotti, La retribuzione nel rapporto di lavoro, Milano, Giuffré, 1956, sp. pp. 213-341.
  3. Anche allora, comunque, le esigenze di ordine dogmatico non furono del tutto disgiunte da rilevanti risvolti legati a problemi di materiale concretezza: si pensi, ad esempio, alla questione relativa alla computabilità della contingenza nella base di calcolo dell’indennità di anzianità su cui v. infra ampiamente nel testo.
  4. Per spunti in questo senso cfr. Ferraro, Tendenze neocorporative e magistratura del lavoro, in «Pol. dir.», 1984, p. 298.
  5. Treu, Problemi giuridici della retriuzione, in «Giornale dir. lav. e rel. ind.», 1980, p. 38. Sostanzialmente nello stesso senso appaiono orientate, fra le tante, anche le valutazioni di Persiani, espresse in numerosi interventi ora raccolti nel volume I nuovi problemi della retribuzione, Padova, Cedam, 1982 e di L. Spagnuolo Vigorita, Torme di retribuzione. L’incidenza delle voci indennitarie sugli istituti contrattuali e di legge, in «Mass. giur. lav.», 1983, p. 187.
  6. Il riferimento, com’è ovvio, è al saggio di Persiani citato nella nota precedente.
  7. D’Antona, Le nozioni giuridiche della retribuzione, in «Giornale dir. lav. e rel. ind.», 1984, p. 269.
  8. Ad esempio nel sistema belga su cui v. Geysen, La notion de remuneration en droit belge, in «Rev. dr. soc.», 1973, p. 353, e in quello francese su cui v. Lyon-Caen, Le salaire dans le droit du travail et dans le droit de la sécurité sociale, in «Droit social», 1960, p. 612, e Les salaires, Parigi, Dalloz, 1967, pp. 151- 221. Cfr. anche Rodríguez-Sañudo, Complejidad y racionalización de la estructura del salario, in «Rev. esp. der. trab.», 1984, p. 29 ss.
  9. Cfr. Verona-Positano, Della valutazione delle mande nel salario-base, in «Contr. lav.», 1912, p. 69
  10. Sulla prima v. infra riferimenti nel testo; sulla seconda cfr. Cons. St., Par. Ag., 17 febbraio 1938, n. 56 (che esclude la computabilità dell’indennità caroviveri nella base di calcolo della buonuscita disciplinata dal r.d.l. 9 marzo 1936, n. 472); Cons. St., sez. V, 27 settembre 1940, n. 562 e sez. IV, 22 giugno 1943, n. 208 (entrambe nel senso della computabilità nell’indennità di licenziamento dell’indennità caroviveri nonché di «ogni altro emolumento, di carattere certo e continuativo, che dello stipendio abbia la sostanza giuridica ed economica», quali l’indennità di residenza, l’indennità di carica, l’indennità di guerra); Cons. St., sez. V, 8 gennaio 1943, n. 8, (che esclude l’incidenza sull’indennità di licenziamento dell’indennità di zona malarica, dei compensi per lavoro straordinario e notturno e delle trasferte perché tutti privi del requisito della continuità di corresponsione): tutte in «Mass. Compl. giur. Cons. St.» (1932-1961), p. 2246.
  11. Lyon-Caen, op. ult. cit., p. 156.
  12. Così ancora Lyon-Caen, ibidem, p. 157.
  13. Secondo la tecnica utilizzata, ad esempio, nell’immediato dopoguerra da certa giurisprudenza per ammettere il computo nella base di calcolo dell’indennità di anzianità dell’indennità di carovita, altrimenti esclusa, per espressa disposizione di legge, dalla nozione di stipendio o salario. Sul problema v. più ampiamente infra nel testo; cfr. comunque sin d’ora, in senso critico di siffatto orientamento, ritenuto frutto di un’interpretazione troppo letterale, Paroli, Sugli elementi costitutivi della retribuzione agli effetti del calcolo dell’indennità di anzianità, in «Dir. lav.», 1948, II, p. 247.
  14. Le citazioni, da autori francesi, sono in Verona-Positano, op. cit., p. 75.
  15. Cfr. Lyon-Caen, op. ult. cit., p. 173. Il rilievo è particolarmente pertinente, oltre che con riferimento agli aumenti unilaterali «di merito» (individuali o concessi a singoli gruppi di lavoratori), anche in relazione a certi emolumenti collegati alla continuità della prestazione lavorativa, per contenere l’assenteismo, ma soprattutto in chiara funzione anti-sciopero (premi di assiduità, di presenza e simili): si v., in argomento, P. Greco, Il legame lavoratore-azienda nell’ evoluzione contrattuale delle voci retributive, in «Prev. soc.», 1980, sp. p. 738, 745 ss.
  16. v. Lyon-Caen, op. ult. cit., p. 17 ss., p. 172.
  17. L’importanza, nel clima dell’epoca, della lotta sindacale per la generalizzazione del diritto alla mensa aziendale o all’indennità sostitutiva è ricordata da Foa, La struttura del salario, Roma, Alfani, 1976, p. 72: in effetti «in una fase di feroci discriminazioni antioperaie e antisindacali quella lotta ebbe un effetto positivo nell’imporre alla Confindustria il riconoscimento di tutti i sindacati, e non solo dei sindacati che le facevano comodo, come controparte». In argomento si v. anche Simoncini. Studi sulla retribuzione, Roma, Edizioni U.I.L., 1959, p. 91 ss.
  18. Da noi, com’è noto, l’evoluzione legislativa in proposito sembra aver trovato il suo definitivo assestamento con la nozione di retribuzione accolta nell’art. 12 della legge n. 153/1969. Ampie nozioni legali di salario (o stipendio) a fini previdenziali appaiono in genere diffuse anche negli ordinamenti stranieri: si v. ad es. per il Belgio, Geysen, op. cit., p.363. Il rilievo espresso nel testo non intende naturalmente sminuire la portata del fenomeno dell’evasione contributiva, riconducibile peraltro non più (o non tanto) all’esistenza di smagliature nelle norme di legge in materia, quanto alla ben diversa problematica del lavoro (e del salario) «nero».
  19. Le cronache riportano la vicenda — e non è che uno dei possibili esempi fra i tanti — di una fabbrica metalmeccanica emiliana che, dopo aver concesso nel settembre ‘80 un premio di presenza ad alcuni operai, ha attribuito nel febbraio ’82 un «premio di qualità», anch’esso strettamente legato alla presenza, agli operai di altri reparti. Più recentemente, in piena vigenza del blocco della contrattazione salariale aziendale, ha reso nota la decisione di istituire un nuovo incentivo per gli operai, calcolabile sulla base di un indice di produttività stabilito dalla direzione al di fuori di qualsiasi negoziazione col sindacato. Quanto agli impiegati «grazie ai superminimi individuali si può dire che non ne esista uno che abbia un salario uguale all’altro»: Paterlini, Soldi a pioggia, premi di qualità, ne «Il manifesto», 22 gennaio 1984. Si prescinde, per il momento, dal valutare le esatte implicazioni giuridiche dell’obbligo di tregua salariale contenuto nell’accordo interconfederale 22 gennaio 1983: in proposito cfr. Ghezzi, Più ombre che luci, in «Pol. dir.», 1983, p. 210, nonché infra, cap. III.
  20. Le indagini al riguardo sono ormai numerose: basti, per tutte, rinviare a Rusciano, L’impiego pubblico in Italia, Bologna, il Mulino, 1978 e Aa. Vv., Il sindacato nella pubblica amministrazione, Roma, Ediz. Lavoro, 1981.
  21. E. Ferrari, Tendenze della normativa sulla retribuzione dei dipendenti pubblici, in Aa. Vv., Il pubblico impiego in Italia, Milano, Vita e Pensiero, 1983, p. 63.
  22. D.p.r. 17 agosto 1955, n. 767 (recante norme sul «conglobamento parziale del trattamento economico del personale dello Stato in attività di servizio») e d.p.r. 11 gennaio 1956, n. 19 (recante norme sul «conglobamento totale del trattamento economico del personale statale»).
  23. Rispettivamente con legge 19 aprile 1962, n. 173 e legge 28 giugno 1963, n. 20.
  24. D.p.r. 21 aprile 1965, n. 373 (recante norme sul «conglobamento dell’assegno temporaneo negli stipendi, paghe e retribuzioni del personale statale») e d.p.r. 5 giugno 1965, n. 749 (recante norme sul «conglobamento dell’assegno mensile e competenze analoghe negli stipendi, paghe e retribuzioni del personale statale»).
  25. La tendenza a ricomprendere nel concetto di retribuzione imponibile l’insieme delle attribuzioni patrimoniali provenienti dal datore di lavoro è chiaramente riscontrabile, ad esempio, nella legge francese 20 marzo 1954, approvata per porre fine a divergenze interpretative sorte nell’applicazione della previgente disciplina. Secondo la nuova legge si deve considerare come remunerazione «toutes les sommes versées (ou dues) aux travailleurs en contrepartie ou à l’occasion du travail, notamment les salaires et gains, les indemnités de congés payés, le montant des retenues pour cotisations ouvrières, les indemnités, primes, gratifications et tous autres avantages en argent, les avantages en nature, ainsi que les sommes perçues directement ou par l’entremise d’un tiers à titre de pourboire». Al di là delle differenze di tecnica legislativa (su cui v. infra nel testo) sembra evidente un’affinità d’ispirazione con la legge italiana 30 aprile 1969, n. 153, in particolare per quanto riguarda l’accoglimento di una nozione ampia di corrispettivo dell’attività lavorativa.
  26. Verona-Positano, op. cit., p. 72. La disciplina introdotta dall’art. 13 del regolamento infortuni è ampiamente commentata da Barassi, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano, I, Milano, S.E.L., 1915, pp. 115-120, con particolare sottolineatura della non generalizzabilità, al di fuori dello specifico ambito previdenziale, della nozione di salario ivi accolta. Tale precedente normativo è ora ricordato da Bianchi D’Urso, Onnicomprensività e struttura della retribuzione, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1984, p. 38.
  27. Fra i tanti si v. Persiani, Retribuzione di fatto, dovuta, normale, effettiva e contribuzione previdenziale in «Dir. lav.», 1975, I, ora in 1 nuovi problemi della retribuzione, cit., p. 128, 133; Fontana, L’indennità di trasferta, in «Dir. lav.», 1977, I, p. 177 ss.; Id., Note sul vigente sistema retributivo con particolare riguardo al settore bancario, in «Dir. lav.», 1978, I, p. 99 ss.; da ultimo Sconocchia, L’obbligo contributivo e la retribuzione imponibile, Milano, Franco Angeli, 1981, p. 13 ss.
  28. Per rilievi consimili si v. Gentili, Retribuzione del lavoro e contribuzione previdenziale, in «Riv. dir. civ.», 1973, I, p. 174 ss.
  29. Sul punto v. infra nel testo. L’impressione che l’esclusione dalla base di calcolo dei contributi previdenziali dell’indennità di cassa sia da valutare alla stregua di un infortunio del legislatore è avvalorata dal rilievo che nessun riferimento è fatto nell’art. 12 legge 153/1969 all’indennità di rappresentanza, che pure figurava, nella precedente normativa, a fianco dell’indennità di cassa fra le voci escluse.
  30. Dovrà trattarsi, in altri termini, di elargizioni concesse in relazione ad eventi eccezionali, non ricorrenti e del tutto esterni al rapporto di lavoro (rectius all’esecuzione dell’attività lavorativa), quali, in ipotesi, una gratifica attribuita per il raggiungimento di una determinata anzianità aziendale, (da non confondere con i premi di fedeltà previsti da certi contratti collettivi), o per venire incontro alle spese di nuzialità di un dipendente.
  31. Contra, per il carattere non corrispettivo di tali emolumenti, si v. Treu, op. cit., p. 32 e, in termini anche più rigidi. Barassi, op. loc. cit., in relazione alla problematica affine posta all’inizio del secolo dalla nozione di retribuzione accolta nell’art. 13 del regolamento infortuni.
    Costituendo anche le «elargizioni» una tantum pane del plusvalore estratto dal lavoro, l’assoggettabilità delle stesse a contribuzione può essere considerata, in realtà, come il punto di emersione più evidente della tendenza della normativa previdenziale a far coincidere nozione giuridica e sostanza economica del salario (ma su ciò v. infra nel testo).
  32. Di Majo, Aspetti civilistici dell’obbligazione retributiva, in «Riv. giur. lav.», 1982, I, p. 400. In questo senso va sottolineato ancora il riferimento, fra le voci computabili, alle elargizioni una tantum collegate al rendimento dei lavoratori.
  33. D’obbligo il rinvio a Treu, Onerosità e corrispettività nel rapporto di lavoro, Milano, Giuffré, 1968.
  34. Le citazioni sono da Sconocchia, op. cit., p. 12.
  35. In ordine soprattutto al disposto di cui all’art. 28 d.p.r. 797/1955. Com’è noto giurisprudenza e dottrina dominanti davano di tale norma una lettura restrittiva che escludeva dall’assoggettabilità a contribuzione, in particolare, le somme corrisposte dal datore di lavoro a titolo di integrazione delle prestazioni previdenziali per la malattia del lavoratore. In senso critico di tali orientamenti si v. Treu, op. ult. cit., p. 264 ss.
  36. Secondo il modello normativo del d.p.r. 797/1955: l’elencazione in esso contenuta, peraltro, era considerata di carattere meramente indicativo, con conseguenti, inevitabili incertezze in punto di assoggettabilità a contribuzione del tale o tal’altro emolumento: cfr. Sconocchia, op. cit., p. 12.
  37. Permangono peraltro divergenze interpretative su singoli emolumenti. L’assoggettabilità a contribuzione del valore delle riduzioni tariffarie è negata, ad esempio, da K. Ferrari, La contribuzione assicurativa per l’energia elettrica a tariffa ridotta, in «Mass. giur. lav.», 1977, p. 73; contra v. Orsi, Profili giurisprudenziali in tema di retribuzione assoggettabile a contributi, in «Dir. lav.», 1976, I, p. 307, Sconocchia, op. cit., p. 35, nonché, in genere, la giurisprudenza successiva all’emanazione della legge 153/1969. Per quanto riguarda i premi scolastici in senso affermativo Trib. Roma, 20 ottobre 1982, in «Giust. civ.», 1983, I, p. 1000 e, in dottrina, Sconocchia, op. cit., p. 56 che sottolinea l’irrilevanza ai fini dell’assoggettabilità a contribuzione della «previsione normativa di un’erogazione diretta agli studenti», interpretabile, evidentemente, come un escamotage utilizzato per offuscare il carattere retributivo dell’erogazione; contra Trib. Udine, 10 luglio 1981, in «Mass. giur. lav.», 1982, p. 369 e, in dottrina, Meucci. Nota a Trib. Roma, cit. L’assoggettabilità a contribuzione dei premi scolastici è affermata anche dalla circolare Inps 9 settembre 1978, n. 470. In argomento cfr., da ultimo, Cinelli, «Fringe benefits» e retribuzione: il caso del servizio di mensa, nota a Cass., 28 luglio 1983, n. 5191, in «Riv. it. dir. lav.», 1984, II, p. 572 ss. Affermando la computabilità ai fini del calcolo dei contributi previdenziali del valore dei pasti usufruibili presso la mensa aziendale, la Suprema Corte ha ribadito che la nozione di retribuzione accolta dall’art. 12 della legge 153/1969 è la più ampia presente nell’ordinamento, tracciata nel solco di una concezione latissima di corrispettività. Infatti, mentre il calcolo dell’indennità di anzianità, secondo i criteri fissati dall’art. 2121 cod. civ. (vecchio testo), andrebbe effettuato «con riguardo alle dazioni caratterizzate dal rapporto di diretta corrispettività con la prestazione lavorativa», per la normativa previdenziale «non è richiesto che l’emolumento trovi origine in singole e specifiche prestazioni lavorative, piuttosto che nel rapporto di lavoro nel suo complesso, né che esso abbia il carattere di continuità e periodicità».
  38. Corte cost., 27 giugno 1968, n. 75, in «Giur. cost.», 1968, I, p. 1095.
  39. Così Treu, Problemi giuridici della retribuzione, cit., p. 32.
  40. Per una esatta distinzione delle due nozioni, economica e giuridica, di salario si v., con rilievi consimili, Lyon-Caen, op. ult. cit., pp. 6, 212. Ma la discussione in proposito è già presente in Barassi, op. cit., p. 125 ss.
  41. Corte cost., 22 giugno 1963, n. 105, in «Giur. cost.», 1963, I, p. 812; 3 luglio 1967, n. 78, in «Giust. civ.», 1967, III, p. 200; 19 luglio 1968, n. 113, in «Foro it.», 1968, I, c. 2353; 30 giugno 1971, n. 144, in «Giust. civ.», 1971, III, p. 259; 30 giugno 1971, n. 147, ivi, 1971, III, p. 255; 17 febbraio 1972, n.’ 25, ivi, 1972, III, p. 44. In dottrina si v., per tutti, Persiani, Pensione e retribuzione: un accostamento equivoco, in «Giur. cost.», 1971, I, p. 1632.
  42. Da ultimo si v. Corte cost., 10 marzo 1983, n. 46, in «Giur. cost.», 1983, I, p. 167 con nota critica di Cerri, Incertezze e contraddizioni nella giurisprudenza della Corte costituzionale sulla natura dell’indennità di buonuscita ivi p 180 ss.
  43. Cfr. Treu, op. ult. cit., p. 28; Tosi, l condizionamenti legislativi alla struttura del salario, in «Prosp. sind.», 1978, n. 28, p. 55.
  44. V. più ampiamente retro, cap. I. Rilievi di segno analogo sembrano svolti da Giugni, La riforma del salario, in «la Repubblica», 7 gennaio 1984.
  45. Citazioni da Treu, op. ult. cit., pp. 29 e 28.
  46. Non solo da noi. In Francia, ad esempio, sin dagli anni ’50 la Cassazione, in assenza di una nozione legale di retribuzione, ha affermato che «toutes les allocations stipulées au profit de l’ouvrier en exécution du contrat de travail, lorsqu’elles ne sont pas le remboursement des dépenses mises à sa charge, ont le caractère de rémunération, et comme telles, participent au salaire»: cfr. Lyon- Caen, op. ult. cit., p. 159.
  47. Treu, op. ult. cit., p. 30.
  48. Si v. ad es. con particolare chiarezza Cass., 4 maggio 1979, n. 2558, in «Giur. It», 1979, I, 1, c. 1458, secondo la quale «Il concetto di retribuzione del lavoratore va inteso come l’intero complesso delle voci e delle indennità a carattere fisso, continuativo ed obbligatoriamente gravanti sul datore di lavoro, per legge o contratto, e versate in occasione del lavoro, cioè senza alcuna altra causa specifica che non sia proprio l’attività normale e continuativa del prestatore». Nello stesso senso, fra le tante, Cass., 13 febbraio 1982, n. 914, in «Arch. Civ.», 1982, p. 918; Pret. Parma, 12 febbraio 1979, in «Giur. It.», 1980, I, 2, c. 376; da ultimo Cass., n. 5191/1983, cit. in nota 36.
  49. Le citazioni potrebbero sprecarsi. Per tutte si v., fra le più recenti, Cass., 19 dicembre 1981, n. 6726, in «Riv. giur. lav.», 1982, II, 354, a mente della quale «costituisce parte integrante della retribuzione qualunque prestazione, in denaro o in natura, che il datore di lavoro sia tenuto per legge o contratto a fornire continuativamente al prestatore d’opera in ragione del normale svolgimento del rapporto con questo instaurato». In argomento cfr. in dottrina L. Spagnuolo Vigorita, Gli usi aziendali, Milano, Giuffré, 1965, p. 179 ss., 233 s.; più recentemente Ficari, Continuità, in Dizionari del diritto privato. Diritto del lavoro (a cura di Dell’Olio), Milano, Giuffré, 1981, pp. 38-41.
  50. Alleva, Commento sub art. 26 disc. spec. parte prima, in Aa. Vv., il contratto dei metalmeccanici, Bologna, Zanichelli, 1978, p. 199.
  51. Cfr. Treu, op. ult. cit., p. 32; Persiani, I nuovi problemi della retribuzione, cit., p. XII; da ultimo si v. Bianchi D’Urso, Spunti critici in tema di onnicomprensività e continuità della retribuzione, in «Riv. it. dir. lav.», 1983, I, p. 393 ss.
  52. Cfr. con particolare chiarezza Mannacio, La giurisprudenza della Cassazione sulla non unitarietà della nozione di retribuzione, in «Inform. Pirola», 1980, 4, p. 368; e anche D’Avossa, Nota a Pret. Milano, 6 ottobre 1981, in «Lavoro ’80», 1982, p. 141. Adde, più recentemente, Bianchi D’Urso, Onnicomprensività, cit., p. 71.
  53. Di Majo, op. cit., p. 401.
  54. Così, a quanto sembra, Mannacio, op. cit., p. 368.
  55. Oltre agli autori citati in nota 4, si v. Vallebona, Sul c.d. principio della onnicomprensività della retribuzione, in «Giust. civ.», 1981, I, p. 2513; Treu, Giurisprudenza della Corte di Cassazione e autonomia collettiva, in «Riv. giur. lav.», 1982, I, p. 447 ss; Mannacio, Ancora sulla onnicomprensività della retribuzione, in «Inform. Pirola», 1982, 7, p. 733; Scognamiglio, La retribuzione, negli Atti della giornata di studio organizzata dall’ISPER, Torino, 1982; Zoli, il principio di omnicomprensività della retribuzione fra legge e contratto, in «Riv. trim. dir. e proc. civ.», 1983, p. 326 ss.; Bianchi D’Urso, Spunti critici, cit.; Id., Onnicomprensività, cit., spec. p. 63 ss; Ghera, Nozione di retribuzione ed elementi retributivi, in «Giur. it.», 1984, IV, c. 9 ss. Fra le poche valutazioni di segno positivo, oltre agli scritti di Di Majo e Tosi citt., cfr. soprattutto Meucci, Nullità delle restrizioni contrattuali alla nozione di retribuzione utile per gli istituti di origine legale, in «Giust. civ.», 1983, I, p. 2021.
  56. Treu, Problemi giuridici, cit., p. 32.
  57. Cfr. soprattutto Persiani, I limiti del principio dell’omnicomprensività della retribuzione, in «Mass. giur. lav.», 1982, p. 44; Id., Determinazione delle singole voci retributive ed interpretazione del contratto collettivo, in «Dir. lav.», 1982, I, p. 459 ss.
  58. Citazioni da Persiani, I limiti, cit., pp. 44 e 45. Cfr. anche, in senso parzialmente critico, con riferimento all’interpretazione della nozione di retribuzione globale, Bianchi D’Urso, Onnicomprensività, cit., p. 98 ss.
  59. Persiani, op. ult. cit., p. 45.
  60. Cfr. Persiani, op. citt. in nota 56. Oltre che sulle argomentazioni indicate nel testo, questo autore poggia il suo ragionamento su valutazioni (ancor meno) condividibili. Così è della tesi secondo cui una considerazione a posteriori del concetto di retribuzione normale priverebbe l’oggetto del contratto, contra legem, del requisito della determinatezza, dimentica della circostanza che, a norma dell’art. 1346 cod. civ., è sufficiente che l’oggetto del contratto sia determinabile. Così pure della negazione agli elementi accessori del salario del carattere di controvalore della prestazione lavorativa, dove, ancora una volta, l’utilizzo, di dubbia correttezza, di una categoria economica viene ad inficiare la plausibilità del discorso giuridico: cfr., in proposito, I limiti, op. loc. cit.
  61. Cfr., da ultimo, Sotgiu, La retribuzione globale di fatto nella contrattazione collettiva del settore metalmeccanico privato, in «Dir. lav.», 1984, I, p. 35 ss.
  62. È il caso del settore commerciale, dove la relativa nozione di retribuzione è rimasta sostanzialmente immutata sin dal periodo corporativo. L’art. 70 ccnl 10 settembre 1939 dispone infatti che «agli effetti del presente articolo dovranno computarsi nella retribuzione: oltre lo stipendio o il salario, tutte le indennità continuative e di ammontare determinato, le provvigioni, i premi di produzione, nonché la partecipazione agli utili». L’art. 97 del ccnl 17 dicembre 1979 impone di computare, agli effetti del calcolo della liquidazione, «oltre allo stipendio o salario contrattuale di fatto, le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili, nonché le indennità continuative e di ammontare determinato, esclusi gli assegni familiari». All’indicazione degli elementi computabili si è poi sempre accompagnata l’espressa previsione secondo cui «non costituiscono accessori computabili... i rimborsi di spese, i compensi per lavoro straordinario, le gratificazioni straordinarie non contrattuali, e simili».
  63. V. infra nel testo i riferimenti specifici ai contratti collettivi dei tessili, dei metalmeccanici e, soprattutto, degli edili e dei bancari.
  64. In singole fattispecie, naturalmente, la dichiarazione di nullità ha colpito clausole di contratti individuali di lavoro: v. infra nel testo, soprattutto a proposito delle c.d. indennità estero.
  65. Oltre che nel contratto del commercio, il requisito della determinatezza è sempre stato previsto nella contrattazione collettiva (parte impiegati) dei tessili e dei meccanici. Per gli impiegati del settore edile esso compariva nell’art. 41 del ccnl 14 novembre 1947, ma venne soppresso già a partire dal rinnovo contrattuale del gennaio 1952. La svalutazione giurisprudenziale di tale requisito è probabilmente ascrivibile anche alla circostanza che esso, menzionato nel r.d. 13 novembre 1924, n. 1825 ai fini dell’individuazione delle voci retributive computabili nella base di calcolo dell’indennità di anzianità, non è stato poi riprodotto nel successivo an. 2121 cod. civ.
  66. Cass., 9 aprile 1973, n. 1006, in «Giust. civ. Mass. Cass.», 1973, p. 534; 22 maggio 1979, n. 2981, in «Mass. Giur. It.», 1979, c. 730.
  67. Con riferimento all’indennità di caro-vita concessa agli impiegati dopo la fine della prima guerra mondiale, ritenuta generalmente computabile dalla giurisprudenza ai fini del calcolo dell’indennità di anzianità prevista dall’art. 10 della legge sull’impiego privato: cfr. Papeschi, L’indennità di contingenza nel computo dell’indennità di anzianità, in «Foro pad.», 1949, I, c. 61.
  68. L’indennità di carovita fu istituita dal d. lgs. lgt. 2 novembre 1944, n. 303: l’art. 7 prevedeva espressamente che essa non dovesse ritenersi parte dello stipendio o del salario ad alcun effetto. Col successivo accordo interconfederale 24 febbraio 1945, inteso a dettare norme per la determinazione del «nuovo caro-vita», si derogò alla disciplina legislativa, stabilendo che l’indennità di carovita sarebbe stata considerata come retribuzione agli effetti del trattamento di quiescenza. La dottrina maggioritaria riconobbe al carovita carattere retributivo e ne ammise la computabilità agli effetti delle indennità previste dall’art. 2121 cod. civ.; in giurisprudenza, a favore della computabilità, si v., per tutte, Cass., 13 luglio 1950, n. 1881 e 1882, in «Riv. dir. lav.», 1951, II, p. 161; 5 maggio 1951, n. 1072, in «Mass. giur. lav.», 1951, p. 157.
    Quanto all’indennità di caropane, istituita con d.l. 6 maggio 1947, n. 563, in concomitanza col passaggio dal prezzo politico al prezzo di mercato del pane e della pasta, natura retributiva e computabilità nell’indennità di anzianità le furono riconosciute da dottrina (contra v. però Barassi, Il diritto del lavoro, III, Milano, Giuffré, 1957, p. 62) e giurisprudenza largamente prevalenti. L’opinione minoritaria, che attribuiva al caropane il carattere di un rimborso spese per il maggior costo del pane e della pasta, si trova rispecchiata nella circolare 10 giugno 1948 del Ministero del lavoro, che, conseguentemente, disponeva in ordine alla non assoggettabilità dell’emolumento a contribuzione previdenziale; ma fu palesemente smentita dall’accorpamento dello stesso nell’unica voce retributiva definita dall’accordo interconfederale 12 giugno 1954. Dopo l’accordo sul conglobamento e tenuto conto anche del chiaro indirizzo giurisprudenziale, il Ministero emanò la circolare 5 dicembre 1957 che, modificando l’indirizzo precedente, disponeva l’assoggettabilità a contribuzione del caropane a partire dal 1° gennaio 1958. Il carattere retributivo dell’indennità di caropane è stato infine riconosciuto dalla Corte costituzionale (con sentenza 26 aprile 1962, n. 41, in «Giur. It.», 1962, I, 1, c. 1053).
  69. Cfr. Guidotti, op. cit., p. 227; Papeschi, op. cit., p. 58.
  70. Cfr., per tutti, Cantilo, L’indennità di contingenza ed il suo computo nell’indennità di anzianità, in «Giur. It.», 1948, I, 2, c. 489; Musatti, Indennità di contingenza e indennità di anzianità, in «Mass. giur. lav.», 1950, p. 255. In giurisprudenza Trib. Firenze, 23 gennaio 1948, in «Dir. lav.», 1948, II, p. 237; App. Trento, 12 giugno 1948, in «Riv. dir. lav.», 1949, II, p. 394; Trib. Milano, 6 aprile 1949, in «Rep. giur. it.», 1949, c. 1041; App. Napoli, 28 aprile 1949, in «Foro it.», 1950, I, c. 75.
  71. Accordo interconfederale 6 dicembre 1945 per i lavoratori dell’industria delle provincie settentrionali; accordo interconfederale 23 maggio 1946 per i lavoratori delle provincie centro-meridionali.
  72. L’art. 18 dell’accordo interconfederale stabiliva che la contingenza dovesse essere computata ai fini del calcolo dell’indennità di fine rapporto limitatamente all’anzianità maturata dopo il 1° gennaio 1945.
  73. Così, con particolare chiarezza, Cass., 5 luglio 1951, n. 1767, in «Foro it.», 1951, I, c. 1021.
  74. Le citazioni sono tratte dalla sentenza di Cassazione citata nella nota precedente, la quale, è da notare, ritiene la nullità della clausola collettiva limitativa del computo della contingenza nell’indennità di anzianità non solo ai sensi dell’art. 2121 cod. civ., ma anche in riferimento all’art. 36 Cost.
    Le prime pronunce della Suprema Corte favorevoli ad includere la contingenza nel calcolo della liquidazione sono quelle di Cass., 3 febbraio 1950, n. 281, in «Foro it.», 1950, I, c. 1156; 29 aprile 1950, n. 1155, ivi, I, c. 661; 3 giugno 1950, n. 1382, in «Mass. giur. lav.», 1950, p. 255.
  75. Fra le prime decisioni orientate in questo senso si v. Trib. Viterbo, 11 marzo 1948, in «Dir. lav.», 1948, II, p. 236; App. Milano, 21 ottobre 1948, in «Mass. giur. lav.», 1948, p. 210; App. Milano, 27 ottobre 1949, in «Riv. giur. lav.», 1950, II, p. 85. Dopo le sentenze di Cassazione citate in nota 72 l’orientamento favorevole alla computabilità della contingenza, anche in presenza di clausole collettive difformi, si consolida definitivamente: fra le tante si v. Trib. Milano, 21 giugno 1950, in «Riv. giur. lav.», 1950, II, p. 359; Trib. Genova, 5 febbraio 1951, ivi, 1951, II, p. 288; Trib. Roma, 9 marzo 1951, in «Foro it.», 1951, I, c. 798 e, poi, ancora Cass., 25 gennaio 1951, n. 215, in «Riv. dir. lav.», 1951, II, p. 162; 27 gennaio 1951, n. 247, in «Mass. giur. lav.», 1951, p. 66; 5 maggio 1951, n. 1072, in «Riv. dir. Lav.», 1951, II, p. 407; 23 maggio 1951, n. 1291, in «Riv. giur. lav.», 1951, II, p. 259.
    In dottrina, in senso conforme all’orientamento giurisprudenziale, si v., per tutti, Pároli, Indennità di contingenza e trattamento di fine lavoro, in «Dir. lav.», 1949, II, p. 273; Fortunato, Invalidità dei patti limitativi dell’indennità di anzianità, in «Riv. giur. lav.», 1951, II, p. 262
  76. Così l’art. 33 (parte operai) del ccnl 31 gennaio 1947 per gli addetti alle industrie tessili prevedeva che la regolamentazione in tema di calcolo dell’indennità di anzianità si applicasse «alle anzianità maturate a partire dal 1° gennaio 1945». Nel successivo ccnl 6 dicembre 1950 l’art. 39 (parte impiegati) conteneva una disposizione analoga, specificando che, comunque, la contingenza sarebbe stata computata «per un periodo non inferiore agli ultimi dieci anni o al minore periodo di servizio prestato».
    Nel ccnl 25 giugno 1948 per gli addetti all’industria metalmeccanica gli artt. 40 (pane operai) e 27 (parte impiegati) riprendevano la normativa dall’accordo interconfederale, disponendo, però, entrambi la computabilità della contingenza per un periodo non inferiore agli ultimi otto anni od al minore periodo di servizio prestato.
    Nei ccnl 1 dicembre 1946 e 18 gennaio 1950 per gli operai edili, così come nel ccnl 14 novembre 1947 per gli impiegati dello stesso settore ci si limitava, invece, a riprodurre il disposto dell’accordo interconfederale.
  77. Sia per gli impiegati che per gli operai, ai sensi dell’accordo 8 dicembre 1947 sul trattamento di quiescenza.
  78. Non a caso la clausola contrattuale si apriva con l’inciso «per tutto il periodo in cui... sarà dovuta l’indennità di contingenza», come a voler sottolineare che si trattava di emolumento temporaneo, destinato, probabilmente, in futuro a scomparire dalle buste-paga.
  79. A partire dall’accordo interconfederale 14 giugno 1952 per il settore industriale l’inclusione della contingenza nella retribuzione ad ogni effetto può dirsi acquisita. Nei contratti di categoria ogni limitazione temporale scompare con la normativa contenuta negli artt. 39 (parte operai) e 39 (parte impiegati) del ccnl 1° ottobre 1956 per gli addetti all’industria tessile; 40 (parte operai) e 30 (parte impiegati) del ccnl 21 giugno 1956 per gli addetti all’industria metalmeccanica. Nella contrattazione collettiva per gli impiegati dell’edilizia il riconoscimento della piena computabilità della contingenza nella liquidazione è contenuto nell’art. 41 del ccnl 18 dicembre 1954 (dopo che già il precedente ccnl 31 gennaio 1952 ne aveva anticipato l’incidenza all’anzianità successiva al 1° luglio 1937); per gli operai nell’art. 45 del ccnl 5 dicembre 1952. Nel settore commerciale il ccnl 23 ottobre 1950 (art. 91) anticipa la computabilità della contingenza al 1° gennaio 1946; il successivo accordo nazionale 1° aprile 1953 riconosce la piena computabilità della contingenza nella liquidazione in caso di licenziamento o di dimissioni con almeno venti anni di anzianità di servizio. Il ccnl 1° agosto 1955 per gli impiegati, le impiegate e i commessi delle aziende di credito riconosce, infine, la computabilità della contingenza (art. 88) senza più ripetere l’espediente tecnico previsto nella normativa precedente.
  80. Cfr. Garilli, Il trattamento di fine rapporto nel lavoro pubblico e privato, Milano, Franco Angeli, 1983, p. 47.
  81. L’indennità di carovita fu istituita per il personale dello Stato; l’art. 14 del d. lgs. lgt. n. 722/1945 dava però facoltà agli enti locali e parastatali di estendere la relativa normativa al proprio personale, ivi compreso il particolare meccanismo di adeguamento dell’importo dell’indennità alle fluttuazioni del costo della vita previsto dall’art. 6 del decreto.
  82. Analoga disposizione si ritrova nell’art. 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1948, n. 61 per il personale non di ruolo degli enti locali.
  83. Nello stesso senso, per il personale degli enti locali, disponeva l’art. 7 decreto legislativo n. 61/1948 citato in nota precedente.
  84. La decisione con cui il Consiglio di Stato ha ritenuto computabile l’indennità integrativa speciale, perché emolumento di carattere continuativo, ai fini del calcolo dell’indennità di esodo, appare dunque in linea con l’ispirazione della legge n. 53/1955: cfr. Cons. St., sez. IV, 12 dicembre 1962, n. 800, in «Consiglio di Stato», 1962, I, p. 2002.
  85. Cfr. Cons. St., sez. V, 8 novembre 1947, n. 517; sez. V, 18 marzo 1949, n. 182; sez. V, 1° aprile 1949, n. 209; sez. VI, 2 settembre 1949, n. 109; sez. VI, 17 luglio 1950, nn. 267 e 274; sez VI, 30 gennaio 1951, n. 35; sez. VI, 19 giugno 1951, n. 278; sez. VI, 17 ottobre 1951, nn. 450 e 494; sez. VI, 28 dicembre 1951, nn. 719 e 723; sez. VI, 29 aprile 1952, nn. 242, 243 e 245; sez. VI, 13 maggio 1952, n. 282; sez. V, 12 luglio 1952, n. 1068; sez. VI, 23 dicembre 1952, n. 1031; sez. VI, 3 novembre 1953, n. 606; sez. VI, 3 febbraio 1954, n. 69; sez. VI, 20 ottobre 1954, n. 677; sez. VI, 2 marzo 1955, n. 87; sez. VI, 10 maggic 1955, n. 333; sez VI, 6 giugno 1955, n. 446; sez. V, 22 ottobre 1955, n. 1297: sez. VI, 15 maggio 1957, n. 284; sez. VI, 15 gennaio 1958, n. 22; sez. VI, 11 giugno 1958, n. 424; sez. VI, 27 settembre 1958, n. 727; sez. VI, 22 ottobre 1960, n. 853; sez V, 28 gennaio 1961, n. 35: tutte in «Mass. compl. giur. Cons St.» (1932-1961), p. 2241. L’indennità di carovita fu soppressa dall’art. 2 d.p.r 17 agosto 1955, n. 767.
  86. Anche in questo caso la legge provvedeva ad istituire direttamente l’indennità integrativa speciale per il solo personale statale, dando facoltà (art. 16) ad enti locali e parastatali di estendere il nuovo beneficio al personale da essi dipendente.
  87. Cfr. Cons. St., sez. VI, 22 febbraio 1972, n. 77, in «Consiglio di Stato», 1972, I, p. 234 (fattispecie riguardante indennità di licenziamento); TAR Piemonte, 17 marzo 1981, n. 178, in «Trib. amm. reg.», 1981, I, p. 1581 (fattispecie riguardante indennità di buonuscita Enpas).
  88. Le decisioni che hanno negato il computo dell’i.i.s. sono alquanto numerose in fattispecie riguardanti indennità di licenziamento o indennità di anzianità del settore parastatale. Prima dell’entrata in vigore della legge n. 70/1975 cfr. Cons. St., sez. VI, 31 ottobre 1969, n. 633, in «Consiglio di Stato», 1969, I, p. 1935; sez. VI, 26 maggio 1967, n. 351, ivi, 1967, I,p. 944; sez IV, 30 novembre 1971, n. 1071, ivi, 1971, I, p. 2122; sez. IV, 27 marzo 1973, n. 275, ivi, 1973, I, p. 396. Per la giurisprudenza successiva cfr. Cons. St., sez. VI, 29 aprile 1975, n. 137, in «Consiglio di Stato», 1975, I, p. 529; sez. VI, 9 aprile 1976, n. 172, ivi, 1976, I, p. 526; sez. VI, 17 dicembre 1976, n. 450, ivi, 1976, I, p. 1426; sez. VI, 1 luglio 1977, n. 701, ivi, 1977, I, p. 1217; sez. IV, 15 novembre 1977, n. 945, ivi, 1977, I, p. 1599; sez. VI, 18 novembre 1977, n. 861, ivi, 1977, I, p. 1736; sez. VI, 5 giugno 1979, n. 428, ivi, 1979, I, p. 1094; sez. VI, 20 ottobre 1981, n. 503, ivi, 1981, I, p. 1085; sez. VI, 6 febbraio 1981, n. 25, ivi, 1981, I, p. 151; sez. VI, 10 novembre 1981, n. 672, ivi, 1981, I, p. 1309; TAR Liguria, 16 ottobre 1975, n. 171, in «Trib. amm. reg.», 1975, I, p. 3397; TAR Piemonte, 31 gennaio 1979, n. 61, ivi, 1979, I, p. 853; TAR Lazio, sez. II, 24 settembre 1980, n. 633, ivi, 1980, I, p. 3493; TAR Lombardia, 10 ottobre 1980, n. 1097, ivi, 1980, I, p. 4208.
    La computabilità dell’i.i.s. è stata invece riconosciuta da TAR Lombardia, 10 ottobre 1980, n. 1002, in «Trib. amm. Reg.», 1980, I, p. 4185, con decisione basata sullo specifico regolamento dell’ente, poi riformata dal Consiglio di Stato; nonché da TAR Liguria, 12 luglio 1979, n. 329, ivi, 1979, I, p. 2721 (che afferma, in linea di principio, l’esclusione, derogabile però dagli ordinamenti dei singoli enti). Da ultimo si v. TAR Lazio, sez. III, 24 luglio 1984, n. 382, in «Lavoro ’80», 1985, p. 265.
  89. Cfr. Cone cost., 7 maggio 1976, n. 116, in «Consiglio di Stato», 1976, II, p. 504. Dopo la decisione della Corte, Cons. St., sez. IV, n. 945/1977, cit., ha ribadito il divieto di computo dell’i.i.s. in fattispecie riguardante l’indennità di licenziamento del settore parastatale. Precedentemente Cons. St., sez. VI, n. 77/1972, cit., aveva ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalità della legge n. 324/1959 in riferimento all’esclusione dell’i.i.s. dal calcolo dell’indennità di licenziamento del personale statale non di ruolo.
  90. TAR Lombardia-Brescia, 15 giugno 1978, n. 207, in «Trib. amm. reg.», 1978, I, p. 3237. Contra si v. TAR Puglia, 4 aprile 1978, n. 139, ivi, 1978, I, p. 2352.
  91. Com’è noto, prima della legge 20 marzo 1980, n. 75 che ha devoluto le controversie in materia alla giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi, v’era incertezza sul giudice competente a decidere le liti in tema di indennità di buonuscita.
    La decisione ricordata nel testo (Pret. Venezia, 11 febbraio 1980) si può leggere in «Riv. it. prev. soc.», 1980, p. 686, con nota adesiva di Rossi. Il pretore di Venezia ha ritenuto superato l’originario divieto di computo sulla base di una puntigliosa analisi dell’evoluzione della normativa, in particolare facendo leva sull’assoggettabilità dell’indennità integrativa speciale a contribuzione previdenziale disposta dall’art. 22 della legge 3 giugno 1975, n. 160, in cui ha creduto di ravvisare l’emergere di una «tendenza ad una saldatura delle nozioni di retribuzione nell’ambito del rapporto di lavoro e di retribuzione imponibile nell’ambito previdenziale». Tale argomentazione, peraltro, è stata esplicitamente disattesa da TAR Piemonte, 17 marzo 1981, n. 178, cit.
  92. Cfr., per tutte, Cass., 20 marzo 1972, n. 861, in «Not. giur. lav.», 1973, p. 137.
  93. In tal senso, con particolare chiarezza, Cass., 12 maggio 1976, n. 1689, in «Riv. giur. lav.», 1977, II, p. 103; cfr. anche Cass., S.U., 13 dicembre 1979, n. 6496, in «Mass. giur. it.», 1979, c. 1614; Cass., S.U., 2 aprile 1980, n. 2127, ivi.
    Nel ccnl del commercio l’esclusione dei compensi per lavoro straordinario dalla base di calcolo dell’indennità di anzianità è sempre stata espressamente prevista: la clausola contrattuale, peraltro, non può intendersi applicabile ad ipotesi di straordinario continuativo. Sulla computabilità dello straordinario nella base di calcolo dell’indennità di anzianità cfr. Berruti, I problemi della retribuzione nella giurisprudenza della Cassazione. Orientamenti e contrasti, in «Riv. it. dir. lav.», 1984, I, p. 68. Per una fattispecie particolare (valutazione dello straordinario forfettizzato nell’indennità di anzianità dei marittimi) si v. Briguori Spina, La retribuzione tra legge ed autonomia collettiva, in «Dir. mar.», 1980, p. 268 ss.
  94. La fattispecie è di particolare rilievo nel lavoro giornalistico: cfr. Cass., 17 gennaio 1977, n. 236, in «Rep. Foro it.», 1977, voce Lavoro (rapporto), n. 600.
  95. Cfr. Cons St., sez. VI, 27 settembre 1963, n. 496, in «Consiglio di Stato», 1963, I, p. 1259; sez. VI, 21 dicembre 1971, n. 1136, ivi, 1971, I, p. 2566; sez. V, 20 febbraio 1973, n. 141, ivi, 1973, I, p. 209; sez. IV, 27 marzo 1973, n. 275, ivi, 1973, I, p. 396; sez. V, 28 febbraio 1975, n. 229, ivi, 1975, I, p. 137: tutte fattispecie relative ad indennità di anzianità o di licenziamento del settore parastatale. TAR Lazio, sez. III, 27 aprile 1981, n. 475, in «Trib. amm. reg.», 1981, I, p. 1547, esclude la computabilità di straordinario fisso e continuativo, invece, sulla base di espressa previsione del regolamento dell’ente pubblico in questione; TAR Puglia, 15 gennaio 1981, n. 1, ivi, 1981, I, p. 1064, esclude la computabilità di straordinario abituale in altra fattispecie sempre del settore parastatale.
    Il richiamo alla natura dell’istituto, per escluderne l’incidenza sulla liquidazione anche se corrisposto in maniera forfettaria e continuativa, è stato utilizzato anche dalla giurisprudenza ordinaria: cfr. Cass., 10 giugno 1957, n. 2157, in «Mass. giur. lav.», 1957, p. 169; Cass., 22 aprile 1974, n. 1122, in «Mon. giur. lav.», 1975, p. 1047.
  96. Cfr. Cons. St., sez. V, 22 ottobre 1955, n. 1297, in « Consiglio di Stato », 1955, I, p. 1117; sez. VI, 11 aprile 1956, n. 248, ivi, 1956, I, p. 488; sez. V, 27 settembre 1958, n. 727, ivi, 1958, I, p. 990; sez. VI, 1° febbraio 1977, n. 64, ivi, 1977, I, p. 182; sez. VI, 1° luglio 1977, n. 701, ivi, 1977, I, p. 1217; sez. VI, 18 novembre 1977, n. 861, ivi, 1977, I, p. 1736; TAR Lazio, sez. III, 23 maggio 1977, n. 288, in «Trib. amm. reg.», 1977, I, p. 2077; TAR Lombardia, 15 marzo 1978, n. 165, ivi, 1978, I, p. 2021.
  97. La tredicesima mensilità venne istituita come gratifica a favore del personale più meritevole con d.l. 25 ottobre 1946, n. 263: cfr. Virga, Il pubblico impiego, Milano, Giuffré, 1973, p. 499.
  98. Cfr. legge 8 marzo 1968, n. 152 (art. 11) per il personale dipendente da enti locali; legge 20 marzo 1975, n. 70 (art. 13) per il personale parastatale; legge 20 marzo 1980, n. 75 (art. 2) per il personale dello Stato.
  99. Cfr. Cons St., sez. IV, 6 dicembre 1963, n. 892, in «Consiglio di Stato», 1963, I, p. 1818; sez. IV, 21 aprile 1965, n. 343, ivi, 1965, I, p. 657; sez. IV, 17 settembre 1965, n. 546, ivi, 1965, I, p. 1425: tutte fattispecie riguardanti i criteri di computo dell’indennità di esodo volontario del personale statale ex art. 5 legge n. 53/1955.
    Più in generale la computabilità della tredicesima mensilità è stata ripetutamente ammessa in fattispecie riguardanti indennità di licenziamento: cfr. la giurisprudenza citata in nota 83.
  100. Così TAR Lazio, sez. I, 5 febbraio 1975, n. 63, in «Trib. amm. reg.», 1975, I, p. 452: la sentenza argomenta anche con riferimento alla (presunta) esclusione della tredicesima per il calcolo dell’indennità di esodo volontario ex art. 5 legge n. 53/1955, ignorando la giurisprudenza del Consiglio di Stato in senso favorevole al computo. Per l’esclusione della tredicesima dal calcolo dell’indennità di buonuscita Enpas si v. anche TAR Lazio, sez. III, 7 aprile 1975, n. 146, in «Trib. amm. reg.», 1975, I, p. 1158; TAR Lazio, sez. III, 14 luglio 1975, n. 300, ivi, 1975, I, p. 1989; TAR Lazio, sez. III, 20 ottobre 1975, n. 397, ivi, 1975, I, p. 2957; TAR Lazio, sez. III, 23 febbraio 1976, n. 117, ivi, 1976, I, p. 824.
  101. Cfr. TAR Lazio, sez. I, 23 marzo 1977, n. 293, in «Trib. amm. reg.», 1977, I, p. 1099.
  102. Si v., fra le tante, Cons. St., sez. VI, 15 ottobre 1975, n. 437, in «Consiglio di Stato», 1975, I, p. 1117; sez. VI, 30 luglio 1976, n. 309, ivi, 1976, I, p. 876; sez. IV, 4 marzo 1977, n. 183, ivi, 1977, I, p. 252; sez. IV, 23 maggio 1978, n. 488, ivi, 1978, I, p. 815.
  103. Fra le numerosissime cfr. TAR Sardegna, 9 novembre 1976, n. 291, in «Trib. amm. reg.», 1977, I, p. 291; TAR Abruzzo, 21 giugno 1977, n. 452, ivi, 1977, I, p. 2873; TAR Friuli V.-G., 18 gennaio 1978, n. 4, ivi, 1978, I, p. 999. In fattispecie riguardanti il settore parastatale la computabilità è stata riconosciuta da TAR Campania, 8 novembre 1979, n. 589, ivi, 1980, I, p. 355; TAR Sardegna, 5 dicembre 1979, n. 401, ivi, 1980, I, p. 830.
  104. Ad. plen., 12 giugno 1979, n. 21, in «Consiglio di Stato», 1979, I, p. 881; Ad. plen., 13 luglio 1979, n. 22, ivi, 1979, I, p. 887.
  105. In materia rilevante è la sentenza della Corte cost., 10 dicembre 1981, n. 185, in «Foro It.», 1982, I, c. 346, la quale sembra aver implicitamente affermato la non computabilità della tredicesima ai fini della buonuscita, per il periodo anteriore all’entrata in vigore della legge n. 75/1980: cfr. Garilli, op. cit., p. 154.
  106. Cfr., fra le tante, Pret. Milano, 28 marzo 1953, in «Riv. giur. lav.», 1953, II, p. 442; App. Firenze, 4 dicembre 1964, in «Orient, giur. lav.», 1966, p. 270 (afferma la computabilità indipendentemente da un’espressa menzione del contratto collettivo); Cass., 9 marzo 1962, n. 478, in «Mass. giur. it.», 1962, c. 164; Cass., 28 luglio 1956, n. 2944, in «Giust. civ.», 1957, I, p. 70.
  107. Cfr. ccnl 1° ottobre 1956 per gli addetti all’industria tessile (art. 39-parte operai; art. 39-parte impiegati); ccnl 21 giugno 1956 per gli addetti all’industria metalmeccanica (art. 40-parte operai); ccnl 18 dicembre 1954 per gli impiegati dell’edilizia (art. 41); ccnl 1° ottobre 1957 per gli operai edili (art. 51).
  108. Problematica affine a quella delle mensilità aggiuntive si pone in ordine alla c.d. gratifica di bilancio, tipica del settore bancario. La computabilità ai fini dell’indennità di anzianità è stata espressamente prevista sin dal ccnl 14 novembre 1949.
    Anche con riferimento a questo emolumento, comunque, la giurisprudenza ha individuato nella continuità di corresponsione il carattere distintivo tra attribuzione donatizia o a titolo oneroso.
  109. Per la tesi contraria alla computabilità, in quanto l’indennità in parola avrebbe natura di rimborso spese, cfr., per tutte, Trib. Savona, 26 giugno 1952, in «Dir. lav.», 1952, II, p. 204; Trib. Napoli, 31 gennaio 1953, in «Orient. giur. lav.», 1953, p. 76. A favore del computo, fra le tante, Trib. Milano, 2 marzo 1953, in «Riv. giur. lav.», 1953, II, p. 230; Cass., 7 maggio 1957, n. 1556, in «Rep. giur. it.», 1957, c. 2042; Cass., 9 ottobre 1957, n. 3682, in «Giur. it.», 1958, I, 1, c. 38; Cass., 14 dicembre 1960, n. 3246, in «Rep. giur. it.», 1960, c. 2235.
  110. Cfr. App. Milano, 5 febbraio 1971, in «Riv. giur. lav.», 1971, II, p. 61.
  111. ccnl 18 giugno 1970, art. 85.
  112. Ccnl per gli impiegati dell’edilizia 27 gennaio 1967, art. 43.
  113. Nel preambolo dell’accordo interconfederale, infatti, le parti dichiarano di essere «animate dal proposito di tener conto per l’avvenire degli orientamenti della recente giurisprudenza...».
  114. Cfr., per tutte, Trib. Viterbo, 11 marzo 1948, cit.; Cass., 3 giugno 1950, n. 1382, in «Mass. giur. lav.», 1950, p. 255; Cass., 19 luglio 1952, n. 2271, in «Riv. giur. lav.», 1952, II, p. 433; Pret. Genova, 31 dicembre 1954, in «Orient. giur. lav.», 1955, p. 102.
  115. Recita infatti la relativa clausola: «Sarà inoltre corrisposta, in aggiunta all’indennità di anzianità nella misura stabilita..., una speciale erogazione pari all’ulteriore importo che spetterebbe a ciascun interessato qualora, ai fini della determinazione della predetta indennità di anzianità, si tenesse conto anche dell’indennità di mensa...». Nel successivo ccnl 27 agosto 1964 l’indennità di mensa venne pienamente inglobata nella nozione di retribuzione ai fini del calcolo dell’indennità di anzianità.
  116. Cfr., per tutte, Cass., 27 giugno 1956, n. 2136, in «Rep. giur. it.», 1956, c. 1957; Cass., 7 luglio 1956, n. 2525, ivi, 1956, c. 1957; Cass., 2 agosto 1956, n. 3045, ivi.
  117. Corte cost., 17 giugno 1968, n. 66, in «Giur. cost.», 1968, I, p. 987.
  118. Cfr., ad esempio, Trib. Milano, 21 marzo 1974, in «Orient. giur. lav.», 1974, p. 431; Trib. Milano, 5 febbraio 1976, in «Orient. giur. lav.», 1976, p. 968: entrambe le decisioni fanno riferimento all’art. 6 ccnl 12 marzo 1971 per gli addetti al settore assicurativo.
  119. Cfr., ad esempio, Cass., 11 gennaio 1977, n. 99, in «Not. giur. lav.», 1977, p. 329. Per una fattispecie particolare si v. Pera, Mensa e retribuzione, in «Giur. ir.», 1975, I, 2, c. 91.
  120. Pieri, op. cit., p. 2775.
  121. Cfr., per tutte, Cass., 7 dicembre 1960, n. 3201, in «Giust. civ.», 1961, I, p. 639; Cass., 23 settembre 1966, n. 2385, in «Rep. giur. it.», 1966, c. 2674; Cass., 24 febbraio 1968, n. 636, ivi, 1968, c. 2529; ma, in proposito, si v. già Barassi, op. cit., p. 147.
  122. Cfr. Cass., 26 ottobre 1974, n. 3185, in «Orient. giur. lav.», 1976, p. 414; Cass., 19 luglio 1968, n. 2607, ivi, 1969, p. 73.
  123. Cfr. Cass., 27 luglio 1937, n. 2756, in «Mass. giur. lav.», 1937, p. 433; App. Torino, 25 giugno 1957, in «Riv. dir. lav.», 1959, 11, p. 150; più recentemente App. Torino, 13 aprile 1972, in «Not. giur. lav.», 1972, p. 1031. In dottrina cfr. Peretti Griva, Il concetto di retribuzione e il rimborso spese per vitto ed alloggio, in «Mass. giur. lav.», 1953, p. 260.
  124. Milano, 6 novembre 1974, in «Orient. giur. lav.», 1975, p. 167. All’interno di questo filone giurisprudenziale, in realtà, si distinguono quelle decisioni che fanno applicazione analogica tout court, senz’altra mediazione, dei principi dettati dall’art. 12 legge 153/1969, da altre che ritengono necessaria un’indagine caso per caso, volta ad accertare la natura retributiva e/o di rimborso spese dell’emolumento attraverso la ricostruzione della volontà contrattuale, e, «solo quando l’utilizzazione di tale mezzo sia rimasta infruttuosa» reputano «al giudice del merito consentito di ricorrere al criterio (succedaneo) dell’equità e, in tale ambito, ai criteri dettati, in materia previdenziale, dall’art. 27 del d.p.r. 30 maggio 1955, n. 797 e dall’art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153»: così, da ultima, Cass., 10 novembre 1981, n. 5963, in «Riv. it. dir. lav.», 1982, II, p. 282 ed anche Cass., 11 agosto 1983, n. 5358, in «Giur. it.», 1984, I, 1, c. 492, con nota di Berruti, L’individuazione della trasferta nella giurisprudenza della Cassazione. Nello stesso senso si v., in dottrina, Bianchi D’Urso, Onnicomprensività, cit., p. 233 ss.
  125. Cfr. Cass., 11 aprile 1978, n. 1716, in «Mass. giur. lav.», 1978, p. 718; Cass., 15 dicembre 1979, n. 6528, in «Not. giur. lav.», 1980, p. 345. Sull’indennità di trasferta in generale si v., in dottrina, Massart, Le indennità di trasferta e missione di fronte alla retribuzione, in «Riv. giur. lav.», 1963, I, p. 35; Fontana, L’indennità di trasferta, in «Dir. lav.», 1977, I, p. 177; Sarzina, L’indennità di trasferta nella giurisprudenza della Cassazione, in «Orient. giur. lav.», 1983, p. 648.
  126. A partire da Cass., 7 dicembre 1960, n. 3201, in «Giust. civ.», 1961, I, p. 639. In dottrina si v. Richard, L’indennità di tram dei lavoratori del credito ha natura di rimborso spese?, in «Riv. dir. lav.», 1959, II, p. 150; Balletti, La natura retributiva dell’indennità di cassa e dell’indennità concorso spese tram, in «Temi nap.», 1961, I, p. 356.
  127. L’art. 89 dispone infatti che «sarà inoltre corrisposta, in aggiunta all’indennità di anzianità nella misura stabilita..., una speciale erogazione pari all’ulteriore importo che spetterebbe a ciascun interessato qualora, ai fini della determinazione della predetta indennità di anzianità, si tenesse conto anche dell’eventuale concorso spese tranviarie...».
  128. Art. 85 ccnl 18 giugno 1970.
  129. Cfr. Pret.Milano, 13 ottobre 1980; Trib. Milano, 3 febbraio 1981; Pret. Torino, 2 marzo 1981: tutte in «Lavoro ’80», 1981, pp. 184, 495, 963; Pret. Milano, 1° ottobre 1981, in «Lavoro ‘80», 1982, p. 145; Pret. Milano, 27 aprile 1982, ivi, 1982, p. 722.
  130. Così Trib. Milano, 9 marzo 1982, in «Giust. civ.», 1982, I, p. 3144. Conforme, in dottrina, Papaleoni, Indennità di anzianità e indennità estero, ivi, 1981, I, p. 1386; Id., Ancora sui rapporti tra trattamento estero e indennità di anzianità, ivi, 1982, I, p. 3146.
  131. Cfr. Cass., 30 gennaio 1981, n. 718, in «Giust. civ.», 1981, I, p. 1383. Il ragionamento della Cassazione, ovviamente, si attaglia a fortiori al caso in cui la prestazione lavorativa si sia svolta all’estero non per un periodo di tempo più o meno lungo, ma per tutta la durata del rapporto, con conseguente corresponsione continuativa dell’indennità estero. Non può tacersi, tuttavia, del rischio (latente nella sentenza n. 718/1981) che, privilegiando il riferimento ad un’accezione troppo rigida di «ultima retribuzione» (ex art. 2120, co. 3°, cod. civ.), anziché alla continuità di corresponsione dell’emolumento, si pervenga a risultati incongrui sotto il profilo dell’equità: cfr., ad esempio, Cass., 12 gennaio 1983, n. 197, in «Giust. civ.», 1983, I, p. 2427, che ha negato la computabilità del trattamento estero nella liquidazione perché il rapporto di lavoro si era estinto, quattordici giorni dopo il rientro del dipendente in Italia, per dimissioni (in fattispecie, quindi, dove non era neppure ipotizzabile un intento fraudolento del lavoratore). La computabilità dell’indennità estero nella base di calcolo dell’indennità di anzianità era già stata riconosciuta da Cass., 11 luglio 1969, n. 2547, in «Mass. giur. lav.», 1970, p. 372, con nota di Sandulli, A proposito della c. d. indennità «estero»: note in margine al concetto di normalità e continuità degli elementi retributivi. Altre sentenze si richiamano agli orientamenti seguiti in tema di indennità di trasferta, ammettendo la computabilità dell’indennità estero nella misura del 50% o a seguito dell’accertamento, da effettuare in relazione al caso concreto, della quota retributiva di essa: in questo senso si v., per tutte, le argomentazioni svolte nella motivazione di Cass., 8 giugno 1983, n. 3926, in «Giust. civ.», 1984, I, p. 1250 ss. e, in dottrina, Meucci, Indennità di missione all’estero, revoca per rientro in sede, ininvocabilità del principio dell’irriducibilità retributiva ex art. 2103 c.c. ed indennità di anzianità, in «Mass. giur. lav.», 1982, p. 195.
  132. Cfr. Trib. Roma, 2 giugno 1974, in «Foro it.», 1974, I, c. 866. Nel pubblico impiego Cons. St., sez. IV, 6 maggio 1980, n. 524, in «Consiglio di Stato», 1980, I, p. 654, ha ritenuto di natura non retributiva l’indennità di servizio all’estero prevista dall’art. 171 d.p.r. 5 gennaio 1967, n. 18.
  133. Si v., ad esempio, Cons. St., sez. V, 3 febbraio 1962, n. 128, in «Consiglio di Stato», 1962, I, p. 265 e, in generale, la giurisprudenza citata in nota 83. In argomento di particolare rilievo è la sentenza della Corte cost. 116/1976, cit.
  134. Cfr. Cons. St., sez. VI, 20 ottobre 1964, n. 718, in «Consiglio di Stato», 1964, I, p. 1774 (per la computabilità di contributi assicurativi assunti a proprio carico dall’ente); sez. VI, 2 aprile 1971, n. 238, ivi, 1971, I, p. 826 (per la computabilità di gratifiche fisse e continuative); sez. V, 14 dicembre 1973, n. 1154, ivi, 1973, I, p. 1929 (per la computabilità di premi e gratifiche, purché non aleatori e con carattere di generalità); sez. VI, 1 febbraio 1977, n. 64, ivi, 1977, I, p. 182 (per la computabilità gratifiche natalizia e pasquale), sez. IV, 15 novembre 1977, n. 945, ivi, 1977, I, p. 1599 (per la computabilità di un’indennità di studio, a seguito di Corte cost. 116/1976); TAR Lazio, sez. III, 23 maggio 1977, n. 288, in «Trib. amm. reg.», 1977, I, p. 2077 (per la computabilità della gratifica annuale, purché continuativa e non discrezionale); TAR Piemonte, 31 gennaio 1979, n. 61, ivi, 1979, I, p. 853 (per la computabilità di indennità di cassa e di vigilanza continuative).
  135. Cfr., ad esempio, Cons. St., sez. IV, 23 aprile 1969, n. 123, in «Consiglio di Stato», 1969, I, p. 533; sez. VI, 24 febbraio 1976, n. 109, ivi, 1976, I,p. 240; TAR Liguria, 16 ottobre 1975, n. 171, in «Trib. amm. reg.», 1975, I, p. 3397: tutte per la non computabilità di indennità di rappresentanza, anche se fisse e continuative. Quanto ai premi, numerose decisioni, sin dall’epoca corporativa, ne ritengono assolutamente discrezionale la corresponsione: cfr., per tutte, Cons. St., sez. VI, 30 aprile 1957, n. 188, in «Consiglio di Stato», 1957, I, p. 504; sez. IV, 27 marzo 1973, n. 275, ivi, 1973, I, p. 396.
  136. Cfr. Pandolfo, Il trattamento economico nel parastato, in Aa. Vv., Il riordinamento degli enti pubblici, Milano, Franco Angeli, 1977, p. 188. Per il settore privato la computabilità degli assegni familiari ai fini del calcolo della liquidazione è stata sostenuta da Flammia, Assegni familiari e retribuzione, in «Foro it.», 1954, I, c. 1331 (ma con rilievi poco convincenti). In genere nei contratti collettivi non si fa menzione degli assegni familiari: il ccnl del commercio, a partire dal 1958, specifica comunque espressamente la non computabilità degli a.f. ai fini della liquidazione.
  137. Cons. St., sez. V, 20 dicembre 1974, n. 638, in «Riv. amm.», 1975, III, p. 53; conforme soltanto TAR Calabria, 12 dicembre 1978, n. 113, in «Trib. amm. reg.», 1979, I, p. 691. Numerose le decisioni di segno contrario: cfr., per tutte. Cons. St., sez. IV, 27 marzo 1973, n. 275, in «Consiglio di Stato», 1973, I, p. 396; TAR Emilia-Romagna, 24 aprile 1980, n. 276, in «Trib. amm. reg.», 1980, I, p. 2543.
  138. Problema affrontato soprattutto in relazione all’indennità di contingenza. Ma l’affermazione è già presente nella giurisprudenza del periodo corporativo, con riguardo alla disciplina dettata dall’art. 10 della legge sull’impiego privato: cfr. Bianchi D’Urso, Onnicomprensività, cit., p. 43.
  139. Cfr., ad esempio, Cass., 11 luglio 1969, n. 2547, cit. in nota 129.
  140. Cfr. Cass., 18 maggio 1976, n. 1778, in «Riv. dir. lav.», 1977, II, p. 121 (in fattispecie riguardante il lavoro festivo dei giornalisti).
  141. Cfr. Cass., 6 novembre 1974, n. 3374, in «Foro it.», 1975, I, c. 1163.
  142. Cfr. Cass., 7 luglio 1981, n. 4465, in «Foro it.», 1982, I, c. 2183; Cass., 28 maggio 1982, n. 3297, ivi, 1982, I, c. 2181; ma esistono anche precedenti più antichi: cfr., per tutte, Cass., 23 agosto 1954, n. 2984, in «Rep. giur. it.», 1954, c. 1716; Cass., 9 ottobre 1957, n. 3682, in «Foro it.», 1958, I, c. 206.
  143. V. retro, cap. I. Del resto, anche per decidere sulla computabilità di singoli emolumenti ai fini della liquidazione, la giurisprudenza ha spesso sottolineato la circostanza ch’essi si rendevano necessari per conformare la retribuzione al parametro di sufficienza richiesto dall’art. 36 Cost. (così ad esempio per la contingenza, l’indennità di mensa, l’indennità concorso spese tram).
  144. La norma era contenuta nell’art. 33 parte operai ccnl 31 gennaio 1947 e venne soppressa già con l’art. 38 ccnl 6 dicembre 1950.
  145. ccnl 21 dicembre 1963, art. 42.
  146. ccnl 1° luglio 1979, artt. 27 e 37.
  147. La norma dovette essere pensata, originariamente, con riferimento all’indennità di contingenza ed è poi sempre stata ripresa in modo tralaticio.
  148. Cfr. da ultimo il combinato disposto degli art. 52 e 81 ccnl 1° luglio 1979.
  149. L’affermazione del testo è valida, ovviamente, solo con riferimento alle categorie contrattuali prese in considerazione. Definizioni analitiche di retribuzione ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto si trovano anche in altri ccnl: cfr. Di Vezza, Gli aspetti economici della contrattazione nazionale, in «Contrattazione», 1983, 4, pp. 33-36.
  150. Cfr. Hernandez, Indagine critica sulla nozione di retribuzione elaborata dalla giurisprudenza, in «Riv. dir. lav.», 1963, I, p. 175.
  151. Trib. Monza, 11 maggio 1955, in «Riv. giur. lav.», 1955, II, p. 376.
  152. Trib. Milano, 14 gennaio 1957, in «Rep. giur. ir.», 1957, c. 1996.
  153. Trib. Milano, 13 luglio 1961, in «Giur. it.», 1961, I,2, c. 795; Cass., 21 aprile 1958, n. 1315, in «Mass. giur. lav.», 1958, p. 131; Cass., 14 aprile 1961, n. 795, in «Riv. dir. lav.», 1962, II, p. 78.
  154. Pret. Genova, 15 maggio 1962, in «Orient. giur. lav.», 1963, p. 301.
  155. Cass., 25 luglio 1967, n. 1935, in «Foro it.», 1967, I, c. 2040. Il riferimento a una nozione rigida di continuità, evidente in questa sentenza della Cassazione, è stato disatteso, peraltro, dalla successiva evoluzione giurisprudenziale non soltanto con riguardo alla determinazione degli elementi computabili nella base di calcolo dell’indennità di anzianità (v. retro in nota 138), rispetto ai quali, come si è visto, è stata ritenuta sufficiente una periodicità (continuativa) di corresponsione, ma anche in relazione alle voci retributive da tenere in conto per la quantificazione delle competenze indirette. L’indennità per lavoro notturno a turni alternati, ad esempio, è stata ritenuta computabile nella retribuzione feriale, fra le tante, da Trib. Milano, 11 novembre 1977, in «Orient. giur. lav.», 1977, p. 1158; Pret. Milano, 2 dicembre 1980, in «Lavoro ’80», 1981, p. 176 (ove la chiara affermazione che anche per i lavoratori che effettuano il lavoro notturno a turni ricorre «la ripetitività predeterminata che è riconducibile al concetto di continuità giuridica»); Cass., 8 maggio 1981, n. 3044, ivi, p. 744.
    L’utilizzo della continuità quale criterio discriminante degli elementi da includere nella retribuzione feriale risulta diffuso, come si è accennato nel testo, anche nella dottrina meno recente: cfr. D’Eufemia, L’orario di lavoro e i riposi, in Trattato di diritto del lavoro, diretto da Borsi e Pergolesi, Padova, Cedam, 1959, p. 262; Id., Diritto del lavoro, Napoli, Jovene, 1963, p. 236; Corrado, Trattato di diritto del lavoro, III, Torino, Utet, 1969, p. 193.
  156. V. retro, par. 4.
  157. Si veda il combinato disposto degli artt. 17 - parte generale, 13 - parte operai e 9 - parte impiegati del ccnl 20 luglio 1973. La disciplina è rimasta immutata sino al più recente rinnovo contrattuale della categoria (ccnl 31 luglio 1983).
  158. Si veda il combinato disposto degli artt. 13 e 17 del ccnl 1° agosto 1959. Anche in questo caso la normativa risulta riprodotta sino ai giorni nostri, da ultimo nel combinato disposto degli artt. 47 e 65 del ccnl 6 luglio 1983. Nel contratto collettivo del settore, del resto, è sempre stata attribuita specifica rilevanza alla continuità di erogazione per qualificare in termini retributivi un determinato emolumento, anche prima che col rinnovo del ’59 venisse introdotta una elencazione analitica degli elementi del trattamento economico globale: si veda in proposito la nozione generale di retribuzione mensile contenuta nell’art. 16 del ccnl 14 novembre 1947, a mente della quale deve intendersi per tale « l’importo complessivo dello stipendio... e — in quanto abbiano carattere certo, determinato e continuativo — delle indennità, dei compensi e dei premi, nonché delle provvigioni».
  159. V. ancora retro par. 4.
  160. A norma dell’art. 13 del ccnl 14 novembre 1947 «l’impiegato ha diritto per ogni anno di servizio ad un periodo di riposo feriale integralmente retribuito come il normale periodo di lavor».
  161. Sulla base del combinato disposto degli artt. 13 e 16 del citato ccnl. Quest’ultima norma, oltre a contenere una nozione generale (onnicomprensiva) di retribuzione (v. in nota 156), chiariva che «per stipendio mensile intendesi l’importo corrisposto di fatto al lavoratore... composto dal minimo contrattuale di stipendio, dagli assegni di merito o ad personam e dagli aumenti periodici di anzianità». Da tale disposizione derivava la computabilità anche degli aumenti di merito nella retribuzione feriale, mentre quella delle indennità accessorie poteva argomentarsi, oltre che dal tenore della specifica nozione di retribuzione feriale contenuta nell’art. 13, con riferimento alla nozione generale di retribuzione mensile.
  162. Si v. l’art. 16 del ccnl 31 gennaio 1952.
  163. Così, testualmente, si esprime l’art. 13 del ccnl 1° agosto 1959.
  164. Si v. il combinato disposto degli artt. 13 e 27 del ccnl da ultimo citato. Di rilievo il fatto che, in questo settore, l’approdo ad una nozione pienamente onnicomprensiva di retribuzione sia stato raggiunto dapprima in relazione all’istituto delle ferie e solo col successivo ccnl 21 dicembre 1963 anche per l’indennità di anzianità, con l’espressa previsione di computo pure ai fini della liquidazione di tutte le indennità a carattere specifico (combinato disposto degli artt. 8 e 42 del ccnl da ultimo citato: sul punto v. retro par. 5).
  165. L’art. 17 del ccnl 31 gennaio 1947 disponeva, per gli operai, che «la retribuzione delle ferie sarà calcolata in base alla retribuzione di fatto…». L’art. 18-parte impiegati prevedeva, più genericamente, che «l’impiegato ha diritto, per ogni anno di servizio, ad un periodo di riposo, con decorrenza della retribuzione». 11 riferimento alla retribuzione, peraltro, poteva essere interpretato alla luce dell’art. 9, che conteneva una nozione di stipendio di fatto (comprensiva di: a) stipendio base; b) aumenti periodici di anzianità; c) condizioni di miglior favore, in esse compresi gli aumenti in merito) e anche dell’art. 10 che, pur disciplinando specificamente le modalità di corresponsione della retribuzione, conteneva un’elencazione analitica e onnicomprensiva degli elementi della stessa (stipendio, compensi per ore straordinarie, festive, notturne, emolumenti variabili, indennità ecc.). A partire dal ccnl del ’73 anche per gli impiegati si fa riferimento, per definire il trattamento economico delle ferie, alla retribuzione di fatto, in ovvia connessione con la nozione generale di retribuzione di fatto introdotta dall’art. 17-parte generale del medesimo ccnl. La disciplina della retribuzione feriale, peraltro, non sembra di carattere innovativo: più semplicemente essa indica, con maggior precisione, criteri di computo già rintracciabili, in via interpretativa, nella normativa collettiva precedente.
  166. Quest’ultima venne istituita dall’art. 7 del ccnl 14 maggio 1964. Sembra indubitabile la sua inclusione nella retribuzione dei dipendenti che, di fatto, la percepiscono e, conseguentemente, la sua corresponsione anche in occasione del periodo di ferie. Contra, ma con argomentazione affrettata e non convincente, D’Avossa, Contratto del Commercio. Commentario, Milano, Ipsoa Informatica, 1983, p. 61.
  167. Qualche dubbio poteva essere sorto in relazione alla disciplina contenuta nell’accordo 7 giugno 1948, a mente della quale «durante il periodo di ferie decorrono a favore del lavoratore le retribuzioni fisse normalmente corrisposte». Ma l’utilizzo dell’espressione tutte nel successivo ccnl (ricordato nel testo) sembra chiaramente indicare l’intenzione di non escludere alcun compenso dal trattamento delle ferie.
  168. La disciplina del trattamento economico feriale fa riferimento alla retribuzione del lavoratore. Se si fosse voluto sottolineare una considerazione della stessa in termini collettivo-generali (anziché concreto-individuali) sarebbe stato più congruo usare l’espressione al plurale o in forma impersonale.
  169. Cfr. gli artt. 18 e ss. del ccnl 14 novembre 1949 e, da ultimo, gli artt. 32 e ss. del ccnl 17 febbraio 1983.
  170. Così l’art. 34 del ccnl 1° ottobre 1957 in relazione alle indennità per lavori speciali disagiati, in alta montagna e in zona malarica. La normativa è riprodotta, da ultimo, nell’art. 19 del ccnl 6 luglio 1983.
  171. Così, per la prima volta, il combinato disposto degli art. 21 e 34 del ccnl 1° ottobre 1957.
  172. Cfr. L. Spagnuolo Vigorita, op. cit., p. 193. Sin dal ccnl 25 giugno 1948 (art. 16) nel settore metalmeccanico si prevede che «l’impiegato ha diritto ogni anno ad un periodo di ferie, con decorrenza della retribuzione globale di fatto come se avesse prestato servizio». Non sembra doversi attribuire particolare significato alla scomparsa dell’inciso «come se avesse prestato servizio», a partire dal rinnovo contrattuale del ’73, stante il perdurante riferimento alla retribuzione globale di fatto, che, già di per sé, evoca l’integralità del trattamento economico (individuale). In senso contrario si v. Sotgiu, op. cit., p. 45, con argomentazioni tratte dalla disciplina dettata dal medesimo contratto collettivo per la retribuzione feriale degli operai: disciplina, peraltro, di cui sembra sconsigliabile l’estensione in via analogica, non foss’altro perché la sua contorta formulazione ne ha reso notoriamente problematica l’esatta applicazione anche in riferimento alla categoria per la quale è stata dettata (ma su ciò si v. infra nel testo).
  173. Anch’essa sin dal ccnl 25 giugno 1948 (art. 19 - parte operai).
  174. Secondo la nota costruzione di Persiani espressa nello scritto citato in nota 57 e ribadita nel successivo Determinazione delle singole voci retributive ed interpretazione del contratto collettivo, cit., p. 466; nello stesso senso, ma senza ulteriori argomentazioni, si v. Sotgiu, op. cit., p. 45.
  175. La ragione per cui sovente la contrattualistica include gli scatti nella retribuzione di fatto discende dalla circostanza che essi cominciano a maturare solo dopo il decorso di una certa anzianità aziendale di servizio, cosicché, in fatto, è possibile riscontrarli o meno nelle singole buste paga. La disciplina collettiva per gli impiegati del settore edile, ad esempio, ha sempre previsto, sino al ccnl 1° gennaio 1973, una nozione di stipendio di fatto (v. retro in nota 159) comprensiva anche degli scatti di anzianità. Ciò non toglie che altre discipline collettive, come è il caso di quella (ricordata nel testo) del settore commerciale, facciano rientrare gli scatti nella retribuzione normale.
  176. Connotato essenziale, ma non esclusivo: si è già visto, ad esempio, che la nozione di retribuzione di fatto accolta dal contratto dei tessili ricomprende, oltre ad aumenti individuali di merito e scatti, anche le maggiorazioni ed ogni sorta di indennità accessoria, purché continuativa.
  177. In questi termini la formulazione riprodotta a partire dal ccnl 1° ottobre 1957 (art. 21); da ultimo si veda l’art. 26 del ccnl 6 luglio 1983.
  178. In contrario non varrebbe replicare che la prima delle due nozioni potrebbe ritenersi caratterizzata dalla comprensione in essa degli scatti di anzianità, giacché la stessa è stata introdotta nella contrattazione collettiva dei metalmeccanici quando ancora la disciplina degli scatti non era stata estesa agli appartenenti alla categoria operaia.
  179. Evidente l’equivoco quando, in riferimento alla retribuzione feriale, si afferma che il contratto collettivo ha stabilito «l’esclusione dal computo di ogni compenso non previsto in contratto con carattere di generalità, ma connesso a prestazioni lavorative particolari, e come tali comportanti speciali indennità retributive» (così L. Spagnuolo Vigorita, op. cit., p. 192). La sola esclusione delle indennità accessorie, infatti, ammesso che effettivamente ricorra, nulla dice in ordine alla valutazione degli aumenti individuali di merito, che costituiscono pur sempre l’essenza del carattere individuale del salario.
  180. Si v., da ultimo, l’art. 19 ccnl 6 luglio 1983.
  181. A mente dell’art. 19-parte operai del ccnl 8 gennaio 1970 «le ferie sono retribuite con la retribuzione globale di fatto. Per retribuzione globale di fatto, agli effetti del presente articolo, si intende la paga base di fatto e l’indennità di contingenza, più: per gli operai lavoranti ad economia la percentuale del 5%...; per gli operai normalmente lavoranti a cottimo, l’utile medio di cottimo...».
  182. Nel primo senso si v., per tutte, Pret.Terni, 23 dicembre 1983, in «Orient. giur. lav.», 1984, p. 412; Trib. Milano, 6 dicembre 1983, ivi, p. 419. La stessa interpretazione della norma contrattuale si ritrova in Pret. Milano, 2 dicembre 1980 (citata in nota 153), che peraltro ne trae ragione per una dichiarazione di parziale nullità della stessa ex art. 1419, 2° comma, cod. civ.
    Nel secondo senso si v., per tutte, Cass., n. 3044/1981 (citata in nota 153).
  183. Secondo la norma citata «la retribuzione oraria dei lavoratori, anche ai fini dei vari istituti contrattuali, si determina dividendo per 173 i minimi tabellari della classificazione unica, gli aumenti periodici di anzianità, l’indennità di contingenza, gli aumenti di merito nonché gli altri compensi già eventualmente fissati a mese ed aggiungendo a tali valori gli altri elementi orari della retribuzione quali cottimi, incentivi, indennità varie, ecc.». Della disposizione è stata proposta anche un’altra interpretazione, tendente ad escludere le maggiorazioni (e, in generale, le indennità accessorie) dalla nozione di retribuzione oraria ivi accolta, sulla base del rilievo che tali voci retributive non potrebbero far parte della retribuzione oraria perché sono da calcolare in percentuale della stessa: cfr. Sotgiu, op. cit., p. 43 s. Ma l’affermazione, oltre a contrastare col chiaro dettato della norma contrattuale, suona apodittica, non tenendo conto del fatto che i contratti collettivi possono ben quantificare un emolumento in relazione alla retribuzione (ovviamente agli altri elementi della retribuzione) e poi stabilire che lo stesso entri a farne parte. Così è, ad esempio, nel ccnl dei tessili dove le maggiorazioni per lavoro notturno o a squadre, che pure sono previste come componenti della retribuzione di fatto, vanno calcolate, appunto, in percentuale della retribuzione di fatto: si v., da ultimo, il combinato disposto degli artt. 31, 32 e 33 del ccnl 31 luglio 1983. Nel senso del testo cfr. Mariucci, La contrattazione collettiva, Bologna, il Mulino, 1985, p. 421, n. 104.
  184. Come ritiene parte della giurisprudenza e la prevalente dottrina. In senso contrario si v. però Carinci, Commento sub art. 14 Disc. spec., Parte prima, in Aa. Vv., Il contratto dei metalmeccanici, Bologna, Zanichelli, 1978, p. 175, secondo cui quell’esclusione è «di non cristallina legittimità».
  185. Cfr. Persiani, op. ult. cit., p. 468; Bianchi D’Urso, Onnicomprensività, cit., p. 135.
  186. R. Greco, Diritto del lavoro dell’emergenza e libertà dell’azione sindacale. Note per una valutazione di costituzionalità dopo l’intervento della Corte costituzionale sulla normativa del 1971/78, in «Foro it.», 1981, I, c. 14.
  187. Cfr., per rilievi simili, Mattatolo, Sulla utilizzazione del principio di onnicomprensività della retribuzione come «criterio residuale», in «Riv. it. dir. lav.», 1983, II, p. 619; in giurisprudenza, da ultimo, Pret. Roma, 23 marzo 1985, in «Riv. giur. lav.», 1985, II, p. 104.
  188. Ma non sempre: si v. retro nel testo quanto detto a proposito del ccnl dei tessili.
  189. Briguori Spina, op. cit., p. 282.
  190. Nello stesso senso sembra doversi interpretare il riferimento alla «retribuzione» contenuto nel r.d.l. 13 novembre 1924, n. 1825 (art. 7), per quantificare il trattamento economico feriale degli impiegati. Tant’è vero che il successivo art. 10, utilizzando l’espressione più ristretta «stipendio», sente la necessità di specificare che ad esso sono equiparati, ai fini del computo nella base di calcolo dell’indennità di anzianità, tutte le indennità continuative e di ammontare determinato, le provvigioni, i premi di produzione e le partecipazioni agli utili.
  191. A norma del r.d.l. 24 giugno 1937, n. 1334 «durante il congedo straordinario l’impiegato è considerato ad ogni effetto in attività di servizio». La formula legislativa è interpretata in senso restrittivo, ma, in verità, senza argomentazioni, da Mannacio, op. cit., p. 371; nel senso del testo si v. invece Tosi, op. cit., p. 56.
  192. Pret. Legnano, 10 febbraio 1984, in «Orient. giur. lav.», 1984, p. 451; Pret. Torino, 10 dicembre 1984, in «Lavoro ’80», 1985, p. 585.
  193. Proporzionalmente alla durata della prestazione, anche se al di fuori di un nesso di rigida connessione con le singole unità di lavoro rese dal lavoratore: in argomento cfr., con diffusi rilievi, Treu, Onerosità, cit., p. 294 ss.
  194. Cfr. Bianchi D’Urso, op. ult. cit., p. 132.
  195. Camerlynck e Lyon-Caen, Droit du travail, Parigi, Dalloz, 198010, p. 327.
  196. Ivi, p. 327. Cfr. anche Lyon-Caen, Les salaires, cit., p. 192.
  197. Art. 40 del d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3.
  198. In argomento si vedano i rilievi svolti retro, par. 1.
  199. Si v., fra le più recenti, Trib. Milano, 28 novembre 1981, in «Orient. giur. lav.», 1982, p. 431; Trib. Parma, 7 luglio 1982, in «Riv. it. dir. lav.», 1983, II, p. 66; Cass., 6 novembre 1982, n. 5843, in «Foro it.», 1983, I, c. 1276; Cass., 14 dicembre 1982, n. 6892, in «Giust. civ.», 1983, I, p. 2019 (con nota adesiva di Meucci). Anche in giurisprudenza, peraltro, sono sempre esistite posizioni più restrittive: oltre alle sentenze citate in nota 179 si v., per tutte, Trib. Roma, 22 gennaio 1980, in «Foro it.», 1980, I,c. 701; Trib. Bologna, 4 maggio 1982, in «Riv. it. dir. lav.», 1983, II, p. 66; Trib. Milano, 29 gennaio 1983, ivi, 1983, II, p. 612; Cass., 15 luglio 1982, n. 4148, in «Foro it.», 1982, I, c. 2445.
  200. Così la nota Cass., 3 febbraio 1978, n. 509, in «Dir. lav.», 1978, II, p. 335 (con nota contraria di Martinengo).
  201. In questo senso si v., per tutte, la pur pregevole sentenza del Pretore di Milano citata in nota 153.
  202. Così Cass., n. 3044/1981, citata in nota 153.
  203. Pubblicate e commentate da tutte le riviste di giurisprudenza del lavoro. Per citazioni specifiche si rimanda alle note seguenti.
  204. Cass., S.U., 13 febbraio 1984, n. 1081, in «Foro it.», 1984, I, c. 677 (esclude dal trattamento feriale l’indennità di disagio di turno); Cass., S.U., 13 febbraio 1984, n. 1075, ivi, c. 679 (esclude lo straordinario fisso praticato nel settore delle aziende tipografiche); Cass., S.LI., 13 febbraio 1984, n. 1069, ivi, c. 680 (esclude il contributo pasto previsto dal contratto collettivo per i dipendenti da aziende di credito). In senso analogo alla sentenza da ultimo citata si esprimono Cass., S.IL, 13 febbraio 1984, n. 1072, in «Riv. it. dir. lav.», 1984, II, p. 266; Cass., S.U., 13 febbraio 1984, n. 1076, in «Riv. giur. lav.», 1984, II, p. 43; Cass., S.U., 13 febbraio 1984, n. 1073, in «Mass. giur. lav.», 1984, p. 8; si v. anche Cass., 22 novembre 1984, n. 6041, in «Riv. it. dir. lav.», 1985, II, p. 3.
  205. Cass., S.U., n. 1081/1984, cit.
  206. Cfr., con pertinenti rilievi, Petroccelli e Zanello, Per una prima giuda alla lettura delle decisioni delle Sezioni Unite in materia di c. d. onnicomprensività della retribuzione, in «Riv. giur. lav.», 1984, II, p. 80. Con riferimento alla nozione di retribuzione feriale accolta nel citato accordo interconfederale Pret. Genova, 31 dicembre 1954, in «Riv. giur. lav.», 1955, II, p. 128, reputò invalido l’art. 29 del ccnl 18 gennaio 1950 per gli operai edili, «in quanto esclude dal computo alcuni elementi componenti la retribuzione globale di fatto». Più recentemente, il richiamo a tale nozione si ritrova in Trib. Bologna, 19 ottobre 1984, in «Lavoro ‘80», 1985, p. 239; Pret. Bologna, 11 dicembre 1984, ivi, p. 245.
  207. Così Cass., S.U., n. 1069/1984, cit.
  208. Cass., 9 settembre 1970, n. 1376, in «Foro it.», 1970, I, c. 2422; Cass., 22 giugno 1971, n. 1981, ivi, 1971, I, c. 1830: entrambe in relazione al premio di produzione previsto dalla disciplina collettiva dei metalmeccanici.
  209. Per quello francese si v. ancora Camerlynck e Lyon-Caen, op. cit., p. 328; per quello belga Geysen, op. cit., p. 365.
  210. Il contratto dei tessili eccettua dalla retribuzione di fatto, utilizzabile ai fini dei diversi istituti, «gli elementi retributivi a carattere continuativo che vengono corrisposti o di cui il lavoratore beneficia a scadenze superiori al mese»: tali elementi rientrano nella nozione contrattuale di «retribuzione globale di fatto» (così, da ultimo, l’art. 33 del ccnl 31 luglio 1983); il contratto collettivo per gli impiegati edili esclude dalla base di calcolo della retribuzione feriale i ratei della tredicesima, del premio annuo e del premio di fedeltà (si v. il combinato disposto degli art. 47 e 65 del ccnl 6 luglio 1983). Del resto anche la norma sulla nozione di retribuzione oraria contenuta nel contratto dei metalmeccanici e dichiarata valida anche ai fini dei vari istituti contrattuali (v. retro in nota 180) non comprende le voci retributive corrisposte con cadenza eccedente quella mensile.
  211. La ricostruzione proposta nel testo è esemplarmente rispecchiata, per quanto riguarda la computabilità delle percentuali di maggiorazione per lavoro notturno, dall’evoluzione normativa del contratto collettivo dei tessili. Questo contratto inizialmente prevedeva la computabilità nella retribuzione feriale delle sole maggiorazioni per lavoro notturno continuativo (in sintonia, peraltro, con la giurisprudenza dell’epoca: v. retro in nota 153). Successivamente ha adottato, a fini di computo della relativa maggiorazione sugli istituti, una nozione convenzionale di lavoro notturno continuativo, intendendo per tale quello prestato per almeno sette mesi nell’anno di maturazione del diritto (ferie o gratifica natalizia: art. 8 ccnl 31 gennaio 1962). Più recentemente si è ammessa la piena computabilità della maggiorazione in questione, anche se connessa a lavoro notturno a turni alternati, con una formulazione secondo la quale essa «verrà computata, agli effetti del trattamento per ferie e tredicesima mensilità, in ragione di tanti dodicesimi quanti sono stati — nell’anno di maturazione dei rispettivi istituti — i mesi nei quali vi è stata la corresponsione». La soluzione, accolta nell’art. 32 del ccnl 23 settembre 1976, sembra in linea con il prevalente orientamento giurisprudenziale (v. ancora retro in nota 153) e risulta sicuramente conforme al criterio di assicurare, anche durante le ferie, una costanza di reddito.
  212. Ad es. Pret. Napoli, 14 maggio 1958, in «Riv. giur. lav.», 1958, II, p. 298 (in fattispecie riguardante il computo dell’indennità di mensa); App. Milano, 14 aprile 1961, ivi, 1961, II, p. 295 (in fattispecie riguardante la computabilità della maggiorazione per lavoro notturno continuativo); Pret. Genova, 15 maggio 1962, in «Orient. giur. lav.», 1963, p. 301 (in fattispecie riguardante la computabilità di compenso per straordinario continuativo).
  213. Si v. il combinato disposto degli artt. 21, 33 e 34 del ccnl 1° ottobre 1957.
  214. Contra Persiani, I nuovi problemi, cit., p. 89, secondo cui anche in questo caso il riferimento sarebbe alla retribuzione «normale». Il carattere individuale della retribuzione delle festività si evince altresì dalla circolare del Ministro del Lavoro 18 ottobre 1954, n. 142/13624, che sottolinea la computabilità anche dei superminimi individuali: in argomento cfr. Natoli, In tema di «normale retribuzione globale di fatto», in «Riv. giur. lav.», 1956, II, p. 505.
  215. Cfr., con rilievi analoghi, Bianchi D’Urso, op. ult. cit., p. 154 ss.
  216. Così Cass., n. 1376/1970, cit. in nota 204.
  217. II medesimo criterio di calcolo era già stato adottato dallo stesso contratto collettivo in relazione alla percentuale di maggiorazione per lavoro a squadre: si v. l’art. 20 - parte operai del ccnl 22 maggio 1970.
  218. Cass., S.U., n. 1075/1084, citata in nota 200; in senso analogo si v. anche Cass., 5 dicembre 1984, n. 6388, in «Riv. giur. Lav.», 1985, II, p. 102.
  219. Nel caso deciso dalle Sezioni Unite si trattava di un orario settimanale contrattuale di 36 ore cui in fatto si era aggiunto, in sede aziendale, uno straordinario fisso di quattro ore.
  220. Cfr. Cass., 4 maggio 1977, citata da Alleva, Commento sub art. 7 disc. spec. - parte prima, in Aa.Vv, Il contratto dei metalmeccanici, cit., p. 151.
  221. Lo stesso Spagnuolo Vigorita, pur muovendosi in una prospettiva radicalmente negatrice della computabilità delle maggiorazioni, ritiene che, nella norma di legge, «la dichiarata specificazione (della retribuzione) nel senso di giornaliera non consente di fare riferimento ad altri elementi integrativi, che non siano quelli acquisiti dal singolo quotidianamente»: op. cit., p. 194.
    L’inclusione dei compensi per lavoro straordinario fisso ne! trattamento retributivo delle festività è stata sostenuta, sulla scorta di altro orientamento giurisprudenziale, anche affermandosi che «nulla impedisce di ritenere che l’orario ordinario sia stato ampliato in sede aziendale, con conseguente trasformazione delle prestazioni che ai termini del ccnl sarebbero straordinarie in lavoro ordinario in base alla disciplina aziendale dell’orario, con conseguente computabilità del compenso in questione nella base di calcolo della retribuzione per le festività»: così Petroccelli e Zanello, op. cit., p. 82, rifacendosi a Cass., 6 luglio 1983, n. 4550.
  222. Del tutto convincenti, in proposito, le argomentazioni di Bianchi D’Urso, op. ult. cit., p. 155.
  223. L’ipotesi è prospettata da Persiani, op. ult. cit., p. 76.
  224. Mattatolo, op. cit., p. 617.
  225. Si v., ad esempio, la disciplina contenuta nel ccnl dei metalmeccanici: da ultimo art. 7 - parte operai ccnl 1° settembre 1983.
  226. Cfr. Persiani, Determinazione delle singole voci retributive, cit., p. 462; Romeo, Recenti linee della giurisprudenza a proposito della c.d. «onnicomprensività» della retribuzione: il caso del lavoro straordinario, in «Dir. e giur.», 1983, p. 388. Ma già, nello stesso senso, si v. Mengoni, In tema di aumento di retribuzione per lavoro straordinario, in «Foro it.», 1956, I, c. 985.
  227. Trib. Milano, 21 giugno 1950, in «Rep. giur. it.», 1950, c. 1498; Trib. Roma, 13 luglio 1955, in «Riv. giur. lav.», 1956, II, p. 66. Nei contratti collettivi dei tessili e degli edili l’iniziale esclusione della contingenza dalla base di calcolo delle maggiorazioni per lavoro straordinario venne prontamente corretta, rispettivamente col ccnl 6 dicembre 1950 (tessili), 18 gennaio 1950 (operai edili), 31 gennaio 1952 (impiegati edili). Nel contratto del commercio, invece, l’inserimento della contingenza nella base di calcolo è stato disposto soltanto in tempi recenti, col rinnovo del dicembre 1979.
  228. Si v., fra le tante, App. Roma, 19 settembre 1957, in «Rep. giur. it.», 1957, c. 1993; Cass., 16 ottobre 1958, n. 3294, in «Mass. giur. lav.», 1958, p. 230; fra le più recenti Cass., S.U., 26 marzo 1982, n. 1889, in «Riv. it. dir. lav.», 1982, II, p. 843. Cfr., in dottrina, Berruti, I problemi, cit., p. 67; Cascio- li, Il lavoro straordinario, in «Giur. di merito», 1979, IV, p. 757.
  229. Si v. il combinato disposto degli artt. 17 e 26 parte generale del ccnl 20 luglio 1973 per gli addetti alle industrie tessili varie, nonché il combinato disposto degli artt. 13 e 16 del ccnl 1° agosto 1959 per gli impiegati edili: entrambe le discipline risultano riprodotte sino ai giorni nostri.
  230. La citazione è da Cass., 10 novembre 1981, n. 5963, in «Riv. it. dir. lav.», 1982, II, p. 282.
  231. A norma dell’art. 8 - parte operai del ccnl 31 gennaio 1947 le percentuali di maggiorazione «si applicheranno sul salario individuale di fatto...». L’art. 15 - pane impiegati disponeva analogamente il computo delle percentuali di maggiorazione sulla base costituita dallo stipendio individuale di fatto.
  232. A partire dal ccnl 1° ottobre 1956 per gli operai è dal ccnl 20 luglio 1973 anche per gli impiegati.
  233. Si v. ancora la disciplina contrattuale citata in nota 223.
  234. II riferimento agli aumenti di merito è esplicito nella disciplina contrattuale per gli operai ed impiegati dell’edilizia e per gli impiegati metalmeccanici, implicito nel richiamo alla paga base di fatto contenuto nella parte operai del contratto dei metalmeccanici. Quanto all’inclusione di altri emolumenti tipicamente individuali basti ricordare i «compensi e premi aventi carattere continuativo e determinato» previsti dal ccnl per gli impiegati edili, gli assegni di grado e le indennità per lavori svolti in locali sotterranei inseriti nella base di calcolo delle maggiorazioni nel ccnl dei bancari.
    Di passata può rilevarsi come nel contratto dei metalmeccanici la disciplina dello straordinario abbia sempre contenuto (sia nella parte impiegati che in quella operai) una clausola del seguente tenore: «Le percentuali di maggiorazione per il lavoro straordinario, notturno e festivo da corrispondersi oltre alla normale retribuzione e da calcolarsi sugli elementi della stessa indicati al comma successivo...». Poiché nel comma successivo fra gli elementi della normale retribuzione emerge l’inclusione degli aumenti di merito (vale a dire del più tipico dei compensi individuali), ne consegue che anche nel contratto dei metalmeccanici la retribuzione normale è testualmente concepita come retribuzione individuale, determinabile solo a posteriori in relazione al singolo caso concreto.
  235. Talvolta i contratti collettivi si limitano ad indicare le voci retributive da inserire nella base di calcolo (metalmeccanici); altre volte indicano anche esplicitamente gli elementi non computabili (edili - parte impiegati).
  236. Cfr., per tutte, Trib. Milano, 26 maggio 1955, in «Mass. giur. lav.», 1955, p. 182; Cass., 10 gennaio 1958, n. 48, in «Giust. civ.», 1958, I, p. 454. La vicenda è ricordata, recentemente, da Maiella, Il lavoro straordinario. (Rassegna di giurisprudenza 1968-1979), in «Giur. it.», 1980, IV, c. 272.
  237. A partire dalla sentenza 28 aprile 1959, n. 1245, in «Giur. it.», 1959, I,1, c. 738. L’evoluzione della giurisprudenza della Suprema Corte è ben tratteggiata nella nota di Magurno a Cass., 27 maggio 1980, n. 3470, in «Foro it.», 1981, I, c. 164.
  238. Si v. retro il par. 5.
  239. Esatti rilievi in proposito in Bianchi D’Urso, op. ult. cit., p. 176.
  240. Ad esempio Cass., 30 agosto 1962, n. 2716, in «Rep. giur. it.», 1962, c. 2402 e, fra le più recenti, Cass., n. 3470/1980, citata in nota 231.
  241. Cass., S.U., 4 aprile 1984, n. 2183, in «Riv. giur. lav.», 1984, II, p. 41.
  242. Cfr. Trib. Torino, 11 febbraio 1981, in «Foro it.», 1982, I, c. 2958, che ha riformato Pret. Torino, 31 gennaio 1980, ivi, c. 2959, orientata ad applicare una nozione di retribuzione rigidamente onnicomprensiva, a prescindere dalla considerazione dell’entità delle maggiorazioni contrattualmente previste. Le due sentenze sono annotate da Tortorici, Criteri per la determinazione della maggiorazione prevista per il lavoro notturno, in «Giur. it.», 1982, I, 2, c. 565.
  243. Cass., 23 luglio 1973, n. 2050, in «Giust. civ.», 1973, I, p. 2591; nello stesso senso, fra le altre, Cass., 23 settembre 1970, n. 1688, in «Foro it.», 1970, I, c. 2772; App. Trento, 31 dicembre 1959, in «Riv. dir. lav.», I960, II, p. 42 (in fattispecie, quest’ultima, di straordinario à forfait). In dottrina cfr. Maiella, op. cit., c. 269; Cascioli, op. cit., p. 758.
  244. Si v., per tutte, Cass., 29 aprile 1981, n. 2641, in «Mass. giur. lav.», 1982, p. 489; Cass., S.U., n. 1889/1982, citata in nota 222; da ultimo Pret. Roma, 18 marzo 1985, in «Riv. giur. lav.», 1985, II, p. 105; contra Trib. Napoli, 15 ottobre 1982, in «Riv. it. dir. lav.», 1983, II, p. 621.
  245. Giurisprudenza consolidata: per tutte si v. Cass., 21 gennaio 1981, n. 502, in «Riv. giur. lav.», 1981, II, p. 406; Cass., 23 novembre 1982, n. 6316, ivi, 1983, II, p. 287; contra Trib. Padova, 27 settembre 1974, in «Mass. giur. lav.», 1975, p. 359.
  246. Cfr. in proposito Martinengo, Compenso per lavoro straordinario, continuità e criteri di computo della retribuzione, in «Dir. lav.», 1978, II, p. 353.
  247. Cass., 24 ottobre 1974, n. 3110, in «Rep. giur. it.», 1974, c. 2288.
  248. Cfr. Magrini, Gli effetti dello sciopero sull’obbligazione retributiva nelle tendenze della giurisprudenza italiana, in «Dir. Lav.», 1978, I, p. 142 sst; Lambertucci, Recenti sviluppi interpretativi in materia di mancata corresponsione dei ratei di tredicesima mensilità relativi a periodi di sciopero, in «Riv. giur. lav.», 1981, II, p. 406 ss; ma già, nella dottrina meno recente. Torrente, Sciopero, gratifica e tredicesima mensilità, ivi, 1951, II, p. 358 ss. Per l’opinione contraria si v., per tutti, Meucci, L’incidenza delle astensioni dal lavoro per sciopero sulla gratifica natalizia e tredicesima mensilità, in «Mass. giur. lav.», 1975, p. 359 ss.
  249. Cfr. Lambertucci, op. cit., p. 410 e già Natoli, A proposito di sciopero e di gratifica natalizia, in «Riv. giur. lav.», 1963, II, p. 189 ss. In giurisprudenza, d’altro canto, è stato escluso che lo sciopero influisca sull’anzianità di servizio del lavoratore ai fini della maturazione degli scatti e del computo della liquidazione, ritenendosi che «l’anzianità di servizio tiene conto non solo dei periodi di tempo in cui vi è stata la prestazione lavorativa ma anche di quelle fasi in cui vi è stata legittima sospensione dell’attività lavorativa (ferie, malattia)» e che «anche lo sciopero comporta una legittima astensione dalla prestazione trattandosi di diritto direttamente sancito con norma precettiva dalla costituzione»: Trib. Milano, 17 luglio 1975, in «Orient. giur. lav.», 1977, p. 555; conf. App. Ancona, 6 marzo 1969, ivi, 1969, p. 346.
  250. Bianchi D Urso, op. ult. cit., p. 181. Nel senso del testo si v. invece Tosi, La retribuzione nel diritto del lavoro dell’emergenza, in «Giornale dir. lav e rel. ind.», 1979, p. 522.
  251. Pret. Torino, 31 maggio 1980, in «Banca, borsa c titoli di credito», 1981, p. 215 ss., ritiene di affermare, in via interpretativa, l’inclusione delle mensilità aggiuntive nella base di calcolo delle maggiorazioni anche alla stregua della disciplina contenuta nel ccnl del 1976, ma con argomentazione di dubbio fondamento. Contra, correttamente, Pret. Milano, 18 luglio 1980, ivi, p. 215 e, in dottrina, Di Ruocco, op. cit., p. 105.
  252. Con riferimento al solo stipendio nel settore statale; allo stipendio e alla contingenza nel settore degli enti locali. In giurisprudenza si v. Cons. St., sez. V, 31 ottobre 1959, n. 710, in «Consiglio di Stato», 1959, I, p. 1372 (per l’esclusione dalla base di calcolo dell’indennità di carovita); Cons. St., sez. I, parere 1658/75, ivi, 1977, I, p. 670 (per l’esclusione dell’assegno personale). L’inclusione del rateo di tredicesima nella base di calcolo delle maggiorazioni è stata, peraltro, via via prevista, per i diversi comparti, con apposite norme modificative della disciplina previgente ed è ora regolamentata, con disposizione applicabile all’intero pubblico impiego, dall’art. 10 del d.p.r. 1° febbraio 1986, n. 13.
  253. Si v. l’art. 17 del ccnl 20 luglio 1973.
  254. Nel senso dell’esistenza di un principio generale di onnicomprensività retributiva si v., ad esempio, Cass., 3 febbraio 1978, n. 509, citata in nota 196, che, peraltro, con riferimento alla tredicesima mensilità, si richiama anche alla nozione di retribuzione globale di fatto accolta dall’art. 17 dell’accordo interconfederale 27 ottobre 1946, reso poi efficace erga omnes con il d.p.r. 28 luglio 1960, n. 1070. Altre citazioni di giurisprudenza conforme possono leggersi nella rassegna di Petroccelli e Zanello, op. cit., p. 80.
  255. Cass., 14 aprile 1961, n. 795, in «Riv. giur. lav.», 1961, II, p. 267 interpreta la nozione di retribuzione globale di fatto ai fini del compenso feriale e della gratifica natalizia, definita dal ccnl per gli addetti all’industria dolciaria con espressa indicazione degli elementi in essa compresi (paga base, eventuali aumenti di merito, contingenza), nel senso di includervi anche la maggiorazione per lavoro notturno continuativo. Più correttamente avrebbe potuto dichiarare la nullità della clausola contrattuale in relazione alla retribuzione feriale (secondo i criteri esposti retro, par. 6), salvaguardandone la legittimità limitatamente alla gratifica natalizia.
  256. Cass., S.U., 3 febbraio 1979, n. 738, in «Orient. giur. lav.», 1979, p. 1059; Cass., 3 febbraio 1979, n. 743, ivi, p. 1061; Cass., 14 maggio 1979, n. 2790, in «Mass. giur. lav.», 1980, p. 626; Pret. Palermo, 1 aprile 1982, in «Foro it.», 1983, I, c. 1401. Le decisioni ricordate, e altre di analogo tenore, attribuiscono rilievo determinante alla disciplina collettiva della tredicesima, ragguagliata ad «una mensilità della retribuzione in att.», trascurando di considerare che essa è rimasta immutata sin dal ccnl 28 giugno 1958, il che indurrebbe a pensare che la successiva normativa sul premio aziendale andrebbe considerata, rispetto alla prima, in rapporto di specialità. Alla stessa conclusione si sarebbe potuto pervenire se si fosse opportunamente valutato il comportamento delle parti stipulanti il contratto collettivo (ex art. 1362 cod. civ.): in tal caso si sarebbe dovuto tener conto che il premio aziendale venne istituito a seguito di una mediazione ministeriale in base alla quale si conveniva che esso sarebbe stato corrisposto solo su dodici mensilità. La computabilità del premio aziendale nella base di calcolo delle mensilità supplementari, d’altro canto, è stata disposta, con norma innovativa, dall’art. 135 del ccnl 17 dicembre 1979: sul punto si v. D’Avossa, op. ult. cit., p. 109. In senso contrario alla computabilità si v. Pret. Milano, 10 dicembre 1980, in «Lavoro ’80», 1981, p. 181; Cass., 14 gennaio 1977, n. 201, in «Giur. it.», 1978, I, 1, c. 892; più recentemente Cass., S.U., 13 febbraio 1984, n. 1085, in «Mass. giur. lav.», 1984, p. 5, anche in base al rilievo che la mensilità aggiuntiva «in quanto forma di retribuzione differita, legata da sinallagma non già rispetto a singole, individuate prestazioni di lavoro, ma rispetto all’attività lavorativa annuale globalmente intesa, di per sé non esprime quello stretto collegamento con un’effettiva prestazione di lavoro, che la clausola contrattuale relativa al premio aziendale sembra esigere»: argomentazione senz’altro condividibile, ma che, opportunamente sviluppata, dovrebbe condurre a rivedere la consolidata giurisprudenza del Supremo Collegio in ordine all’incidenza dello sciopero sui compensi spettanti a titolo di mensilità supplementari.
    Solo di passata può rimarcarsi che la computabilità, sempre espressamente riconosciuta dal contratto collettivo, del premio aziendale sulla retribuzione feriale conferma che questa non va ragguagliata alle sole componenti della retribuzione normale: si v. retro par. 6.
  257. Pret. Milano, 12 febbraio 1975, in «Orient. giur. lav.»,1975, p. 492.
  258. Si v. il combinato disposto degli artt. 17 - pane gen., 14 - pane op., 4 - parte imp. del ccnl 20 luglio 1973.
  259. Nel senso indicato retro, par. 4.
  260. Persiani, I nuovi problemi, cit., p. 85, con riferimento a una sentenza del Tribunale di Monza.
  261. L’operazione ermeneutica criticata si trova in Sotgiu, op. cit., p. 42 ss.
  262. Cfr. ancora gli scritti citati di Persiani e Sotgiu.
  263. L’art. 19 del ccnl 25 giugno 1948 dispone, infatti, che la nozione di retribuzione feriale deve considerarsi applicabile soltanto «agli effetti del presente articolo».
  264. Cfr. L. Spagnuolo Vigorita, op. cit., p. 190.
  265. Diversamente opinando, del resto, se ne dovrebbe dedurre, in fattispecie di prestazione a tempo parziale, che «occorrerebbe retribuire un lavoro a mezzo tempo con una gratifica pari a due mensilità, ciò che non è certamente nell’intenzione delle parti stipulanti»: così, esattamente. Pret. Legnano, 10 febbraio 1984, cit. in nota 189.
    Il riferimento alla continuità di corresponsione sembra opportuno anche per decidere della computabilità dei compensi per lavoro straordinario nella tredicesima mensilità dei dipendenti da aziende commerciali, che deve essere ragguagliata, come si è detto, alla «retribuzione in atto», temperandosi, in tal modo, il risultato dell’interpretazione letterale che indurrebbe a quantificare la mensilità aggiuntiva in misura pari alla retribuzione del mese di dicembre: cfr., in senso conforme, D’Avossa, op. ult. cit., p. 109.
    Nessun problema interpretativo, viceversa, si pone quando, come nel contratto dei bancari, il riferimento alla retribuzione del mese di dicembre risulta accompagnato dall’elencazione degli elementi computabili: si v., da ultimo, l’art. 40 del ccnl 17 febbraio 1983.
  266. Sul piano storico si può ricordare che la problematica evocata nel testo si era già presentata nel periodo corporativo in relazione alla clausola del contratto collettivo nazionale 14 ottobre 1938 che quantificava la gratifica natalizia degli operai dell’industria in misura pari «all’importo di una settimana di retribuzione normale», specificando che essa andava intesa come «quella percepita normalmente dall’operaio secondo l’orario settimanale da esso effettuato nello stabilimento, con un minimo di 40 ore». Le incertezze interpretative suscitate da questa normativa vennero troncate dal chiaro disposto del successivo ccnl 16 ottobre 1939, a mente del quale «l’importo della settimana di retribuzione normale, di cui all’art. 2 del contratto interconfederale 14 ottobre 1938, sarà calcolato sulla base dell’orario medio settimanale(comprese le eventuali ore di lavoro straordinario) effettivamente compiuto da ogni singolo lavoratore nel trimestre precedente al periodo di paga in cui avviene la liquidazione della gratifica natalizia».
  267. Si v., per tutte, Cass., 12 marzo 1980, n. 1656, in «Arch. civ.», 1980, p. 737; Cass., 23 marzo 1981, n. 2433, in «Mass. giur. lav.», 1982, p. 485; Cass., 14 gennaio 1983, n. 287, in «Foro it.», 1983, I, c. 1273.
  268. Cass., 1081/1984, citata in nota 200. Nello stesso senso precedentemente si v., per tutte, Cass., 3 aprile 1980, n. 2198, in «Arch. civ.», 1980, p. 846; Cass., 24 giugno 1981, n. 4119, in «Foro it.», 1982, I, c. 2184. In dottrina cfr. Adda, Computo della tredicesima mensilità: orientamenti giurisprudenziali e nuove tendenze della Cassazione, in « Rass. giur. Enel », 1982, p. 455 ss.
  269. In argomento cfr., per tutti, Tosi, op. ult. cit., p. 523; Treu, Giurisprudenza della Corte di Cassazione, cit., p. 449. Si v. anche infra, cap. III, parag. 3.2.
  270. Come ha fatto Cass., 1085/1984, che pure, coerentemente, avrebbe potuto richiamare la nozione di retribuzione ai fini della tredicesima contenuta nel ccnl 28 giugno 1958, recepito nel d.p.r. 2 gennaio 1962, n. 481. Sul punto cfr. anche Marazza, Tredicesima mensilità, principio di omnicomprensività e contrattazione collettiva estesa erga omnes, in «Dir. lav.», 1984, I, p. 530 ss.
  271. Cass., S.U., 7 novembre 1981, n. 5887, in «Mass. giur. lav.», 1982, p. 44.
  272. Bianchi D’Urso, op. ult. cit., p. 169.
  273. Non a caso la dottrina ricordata evita di accompagnare l’argomentazione con puntuali riferimenti a discipline collettive, avvalorando la sensazione che la questione sia sostanzialmente di sapore accademico.
  274. Si ricordino ancora, in proposito, le nozioni generali di retribuzione contenute nel contratto dei tessili e nella parte impiegati del contratto degli edili.
  275. Cfr. Treu, Onerosità, cit., p. 195 ss., 257 ss. L’opposta, e tradizionale, tesi, che attribuisce natura previdenziale alle prestazioni economiche di malattia del datore di lavoro, è stata di recente riproposta da Vaccaro, La sospensione del rapporto di lavoro, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1983, p. 166 ss.
  276. Cfr., per tutte, Cass., 25 novembre 1976, n. 4476, in «Foro it.», 1977, I, c. 879; Cass., 17 novembre 1977, n. 5509, in «Probl. Sicur. Soc.», 1978, p. 377; Cass., 8 aprile 1978, n. 1641, in «Arch. civ.», 1978, p. 1127.
  277. Sul punto si v. retro, par. 2, spec. nota 34. Il riferimento alla natura giuridica dell’integrazione dell’indennità di malattia è utilizzato, ad esempio, da Pret. Pavia, 8 ottobre 1980, in «Foro it.», 1981, I, c. 2329, per decidere in senso positivo a proposito dell’inserimento nel relativo parametro di calcolo dell’indennità di lavoro notturno, sulla base dell’assunto che «se l’integrazione malattia è retribuzione, ben si spiega che essa venga determinata in base a tutti gli elementi retributivi continuativamente corrisposti». Ma l’argomentazione, nel complesso della motivazione, per il resto correttamente basata sull’interpretazione della disciplina collettiva, risulta palesemente ridondante.
  278. Cass., n. 509/1978, citata in nota 196.
  279. Nel ccnl 15 dicembre 1966 per gli operai metalmeccanici, nel rinnovo del 1970 per i tessili, in quello del ’73 per gli edili.
  280. L’incidenza dell’indennità per lavoro notturno sul trattamento di malattia, ad esempio, è affermata da Pret. Pavia, citata in nota 271, in base all’interpretazione della disciplina collettiva dei metalmeccanici; negata da Pret. Milano, 17 luglio 1978, in «Orient. giur. lav.», 1978, p. 821, con riferimento alla normativa contrattuale per gli addetti all’industria alimentare.
  281. Si v., rispettivamente, l’allegato («Disciplina delle prestazioni delle Casse Edili») al ccnl 31 gennaio 1973 per i dipendenti dalle imprese edili e l’art. 16 - pane operai del ccnl 20 luglio 1973 per gli addetti alle industrie tessili varie.
  282. Si v. retro, par. 4.
  283. Così Pret. Pavia, citata in nota 271. La stessa interpretazione, sempre con riferimento alla normativa dei metalmeccanici, si trova già in Pret. Pavia, 5 novembre 1976, in «Orient. giur. lav.», 1977, p. 138, la quale, peraltro, trattandosi di lavoratore in Cassa integrazione, ha ritenuto sussistente l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere soltanto la differenza tra trattamento di Cig e trattamento di malattia, stante «la considerazione che la ratio delle disposizioni contrattuali è nel non far incidere, in nessun modo, il rischio degli eventi “malattia” o “infortunio” sui lavoratori».
  284. Cfr. Cass., 3 aprile 1980, n. 2198, in «Arch. civ.», 1980, p. 845, con riferimento all’incidenza sul trattamento di malattia dell’indennità di tavolo di commutazione corrisposta ai dipendenti della SIP.
  285. Cfr. ancora l’art. 16 - parte operai del ccnl 20 luglio 1973 per gli addetti alle industrie tessili varie. In dottrina il riferimento alla continuità di corresponsione in funzione selettiva degli elementi retributivi computabili nel trattamento di malattia è accolto da Vaccaro, op. cit., p. 201.
  286. Nel senso che essa vada intesa come retribuzione globale si v. Vaccaro, op. cit., p. 205; contra Bianchi D’Urso, op. ult. cit., p. 196.
  287. Esatti rilievi, in questo senso, in Cass., S.U., n. 1069/1984, citata in nota 200 e, in dottrina, in Bianchi D’Urso, op. ult. cit., p. 195.
  288. Prima della legge n. 364/1975 l’importo della tredicesima andava ragguagliato ad un dodicesimo dello stipendio annuo, aumentato dei soli scatti di anzianità eventualmente maturati. L’esclusione dalla base di calcolo dell’indennità integrativa speciale è stata affermata da Cons. St., sez. IV, 30 ottobre 1963, n. 660, in «Consiglio di Stato», 1963, I, p. 1339; sez. IV, 30 agosto 1977, n. 750, ivi, 1977, I, p. 1291 (entrambe in fattispecie riguardanti l’impiego statale). Per l’esclusione del premio di rendimento si è pronunciato Cons. St., sez. VI, 30 aprile 1965, n. 269, ivi, 1965, I, p. 791 (settore parastatale). Più volte, invece, si è affermata la computabilità dell’assegno ad personam, sulla base dell’assunto ch’esso va considerato parte integrante dello stipendio: cfr., per tutte, Cons. St., sez. VI, 14 maggio 1965, n. 315, ivi, 1965, I, p. 976.
  289. Per una disamina puntuale si rinvia all’eccellente analisi di Liso, La mobilità del lavoratore in azienda: il quadro legale, Milano, Franco Angeli, 1982, p. 225 ss.
  290. Persiani, op. ult. cit., p. 67.
  291. Cfr. D Antona, Mutamento di mansioni e garanzie della retribuzione: sul primo e secondo comma dell’art. 2103 cod. civ., in «Riv. giur. lav.», 1980 II, p. 713 ss.; Liso, op. cit., p. 232.
  292. Per uno spunto in questo senso si v., pur nel contesto di una decisione discutibile, Cass., 22 ottobre 1975, n. 3472, in «Mass. giur. lav.», 1976, p. 178.
  293. Così, correttamente. Pret.Roma, 5 gennaio 1981, in «Foro it.», 1982, I,c. 526 e, in dottrina, Liso, op. cit., p. 240.
  294. Cfr. D’Antona, op. loc. cit.
  295. La precisazione è in Dini, Ancora in tema di mutamento di mansioni ed indennità accessorie, in «Orient, giur. lav.», 1983, p. 634.
  296. Dini, op. cit., p. 635, sulla scia del quale si v. anche la conforme opinione di Bianchi D’Urso, op. ult. cit., p. 273.
  297. Manzoni, I promessi sposi, Firenze, Palumbo, 1966, p. 772.
  298. Cfr. Cass., 10 agosto 1979, n. 4672, in «Riv. giur. lav.», 1980, II, p. 692.
  299. Cfr. Pret. Roma, cit. in nota 287; Pret. Torino, 5 maggio 1983, in «Riv. it. dir. lav.», 1983, II, p. 917.
  300. Per il quale si v., per tutti, D’Antona, op. ult. cit.; Suppiej, Il rapporto di lavoro, Padova, Cedam, 1982, p. 336 e già Id., Mansioni del lavoratore, in Commentano dello Statuto dei lavoratori, (a cura di Prosperetti), I, Milano, Giuffré, 1975, p. 359.
  301. Cass., 9 gennaio 1981, n. 191, in «Giust. civ.», 1981, I, p. 710; nello stesso senso si v. Cass., 11 maggio 1982, n. 2950, in «Riv. it. dir. lav.», 1983, II, p. 577; 25 maggio 1982, n. 3210, in «Orient. giur. lav.», 1983, p. 630; 12 novembre 1984, n. 5715, in «Foro it.», 1985, I, c. 482.
  302. Liso, op. cit., p. 235, il quale giustamente sottolinea come il criterio indicato dalla Cassazione imponga al giudice di valutare «al di là della generica funzione determinativa del valore corrispettivo, la specifica funzione svolta dalla voce retributiva (se cioè essa sia stata istituita per retribuire un elemento oggettivo o soggettivo) e quindi di ricostruire una improbabile comune intenzione delle parti collettive su un punto che — data la complessa natura della contrattazione collettiva — sarebbe spesso più prudente ritenere rimasto nella sfera dei motivi».
  303. Pret. Torino, cit. in nota 293. Che l’orientamento della Cassazione sia stato travisato dal giudice torinese risulta confermato dalla successiva sentenza della Suprema Corte n. 3926/1983, citata in nota 129, che appunto esclude l’indennità di servizio all’estero dal concetto di retribuzione irriducibile ex art. 13 dello Statuto dei lavoratori.
  304. Per la verità soprattutto dalla dottrina: cfr. Di Ruocco, op. cit., p. 64; Nicolini, Mutamento di mansioni e irriducibilità della retribuzione: l’indennità di rischio, in «Riv. it. dir. lav.», 1984, II, p. 418. In senso contrario si v. in giurisprudenza Pret. Ferrara, ivi, 1984, II, p. 418.
  305. Citazioni da Bianchi D’Urso, op. ult. cit., rispettivamente pp. 263, 272.
  306. Alla stregua dell’opinione riferita, ad esempio, l’indennità per addetti a macchine contabili National, attribuita dalla contrattazione collettiva in stretto collegamento con l’espletamento di una data mansione, senza esplicitare se con essa si sia voluto o meno compensare anche uno specifico contenuto di professionalità, dovrebbe andare perduta nello spostamento a mansioni equivalenti. Con dubbia coerenza, pertanto, Bianchi D’Urso, op. loc. ult. cit., la ritiene parte della retribuzione irriducibile. A svolgere compiutamente le implicazioni della tesi di questo autore, anzi, neanche tutti gli aumenti di merito andrebbero conservati nel mutamento di mansioni: dalla retribuzione irriducibile dovrebbero infatti escludersi i superminimi c.d. generici e quelli concordati in considerazione di particolari qualità del lavoratore strettamente inerenti alle mansioni di provenienza: in argomento, anche con riferimento alla complessa problematica relativa alla sorte dei superminimi nel caso di adibizione del lavoratore a mansioni superiori, si v. Liso, op. cit., p. 247 ss.
  307. Tale ipotesi ricostruttiva, com’è noto, è dovuta a Liso, op. cit., p. 238 ss.
  308. Va condiviso quindi l’orientamento, più volte espresso dalla Cassazione, secondo il quale, nel caso di modifica delle mansioni da discontinue a continue, è da ritenere legittima la riduzione della retribuzione complessiva per effetto del minore orario di lavoro settimanale previsto per gli addetti a mansioni continue: Cass., 14 dicembre 1982, n. 6876, in «Giust. civ.», 1983, I, p. 2435; 17 giugno 1983, n. 4189, in «Giur. it.», 1984, I, 1, c. 1339.
  309. Giustamente, ad esempio, Trib. Torino, 23 dicembre 1981, in «Mass. giur. lav.», 1982, p. 195, ha reputato sopprimibile l’indennità estero a fronte di «un’ipotesi di modifica della destinazione di lavoro, senza che siano state dedotte o provate diversità nelle mansioni svolte in Italia e all’estero», giacché non può dirsi «che il mutamento della modalità topografica dello svolgimento della mansione rappresenta in sé e per sé un mutamento della mansione». Analoghe considerazioni si attaglierebbero alle ipotesi di un lavoratore spostato dal turno di notte a quello diurno (non andrebbe conservato l’importo dell’indennità di turno) o trasferito a svolgere le stesse mansioni in un reparto privo di quei fattori ambientali che precedentemente avevano determinato la corresponsione di una indennità di nocività.
  310. Liso, op. cit., p. 244, con significative puntualizzazioni al riguardo.
  311. Cui si rifà ancora, da ultimo, Ghera, Mobilità introaziendale e limiti dell’art. 13 dello Statuto dei lavoratori, in «Mass. giur. lav.», 1984, p. 399.
  312. Cruz Villalón, Las modificaciones de la prestacion de trabajo, Madrid, Servicio de publicaciones Ministerio de Trabajo, 1983, p. 195. L’opinione, riferita all’art. 23.4 dell’Estatuto de los trabajadores, è accompagnata dal rilievo, estensibile alla disciplina italiana, che «il principio di corrispettività e di equilibrio soffre parzialmente un’alterazione quando si tratti di modificazioni unilaterali..., giacché è l’ordinamento stesso a fissare una corrispondenza oggettiva predeterminata».
  313. Mazzotta, Mutamento di mansioni, retribuzione irriducibile e corrispettività, in «Foro it.», 1982, I, c. 520.
  314. Liso, op. cit., p. 237.
  315. L’opinione si trova espressa nel primo intervento delle Sezioni Unite sulla materia in esame: Cass., S.U., n. 5887/1981, citata in nota 265.
  316. Alla quale è da accostare, adesso, la nozione di retribuzione contenuta nella legge 29 maggio 1982, n. 297 sulla disciplina del trattamento di fine rapporto. Per l’interpretazione di tale nozione e, in particolare, del riferimento al requisito di «non occasionalità» di corresponsione degli elementi computabili, non puramente omologabile a quello di continuità previsto dalla vecchia normativa, si v., per tutti, il commento alla legge di Giugni, De Luca Tamajo e Ferraro, in «Nuove leggi civ. comm.», 1983, p. 265 s.
  317. Cfr., ad esempio, Cass., 21 giugno 1980, n. 3918, in «Rep. Foro it.», 1980, c. 1692. Il criterio è ripreso, da ultimo, in Pret. Roma, 23 marzo 1985, citata in nota 184.
  318. Cfr. Persiani, Determinazione, cit., p. 469 ed anche Ghera, Nozione, cit., c. 15.
  319. Cfr. Bianchi D’Urso, op. ult. cit., p. 121, che parla di «indennità volte a compensare (o forse meglio a “risarcire”) alcune qualità estrinseche ed eventuali della prestazione», contraddicendosi, peraltro, subito dopo, laddove afferma che la distinzione proposta «non incide sulla natura sostanzialmente retributiva dell’uno e dell’altro gruppo di compensi» (ivi, p. 123).
  320. Ibidem, p. 121.
  321. Persiani, op. ult. cit., p. 467.
  322. Cfr. ancora Persiani, op. loc. ult. cit.
  323. Limitatamente alla retribuzione feriale va comunque ricordato che l’esistenza di rigidità legislative nella determinazione della relativa quantificazione è comprovata dall’art. 98 delle disposizioni di attuazione del codice civile, che legittima l’intervento dell’autonomia collettiva solo per quanto riguarda la durata del periodo di riposo annuale, mentre non pone limitazioni di sorta, ad esempio, alla definizione contrattuale dell’insieme del trattamento di malattia.
  324. Esatti rilievi al riguardo in Mattatolo, op. cit., p. 620.
  325. Ghezzi e Romagnoli, Il rapporto di lavoro, Bologna, Zanichelli, 1984, p. 176.
  326. Contra, ma senza particolare sviluppo dell’affermazione, Giugni, De Luca Tamajo e Ferraro, op. cit., p. 264 ed anche Ghera e G. Santoro-Passarelli, Il nuovo trattamento di fine lavoro, Milano, Giuffré, 1982, p. 29. La derogabilità della nozione di retribuzione introdotta dalla legge n. 297/1982 può, in realtà, essere spiegata tenendo conto che tale nozione, secondo le più attendibili interpretazioni, risulta addirittura più ampia di quella ospitata nel vecchio art. 2121 cod. civ. Non a caso vi è stato chi, muovendo da tale rilievo, ha ritenuto che la nuova legge porti acqua al mulino dei sostenitori del principio di onnicomprensività (Cessari, Ascesa e declino di un istituto, in «Riv. it. dir. lav.», 1982, I, p. 427).
    La possibilità di trarre dall’analisi della medesima disposizione deduzioni di segno opposto dovrebbe comunque sconsigliare l’opportunità di un suo utilizzo in chiave di ricostruzione sistematica: sul punto si v. esatte affermazioni in Miscione, Un po’ di razionalità, in «Pol. dir.», 1982, p. 344.
  327. La citazione è riportata nel commento alla legge di Pera, in «Nuove leggi civ. comm.», 1980, p. 874. L’innovazione normativa, maturata su sollecitazione delle stesse parti sindacali, ha puntato essenzialmente a contenere l’incidenza sulle competenze indirette dello straordinario fisso che costituisce caratteristica strutturale del rapporto di lavoro nel settore. Precedentemente, e allo stesso scopo, era stato riformato, come si ricorderà, l’art. 361 cod. nav., affidandosi alla contrattazione collettiva la determinazione degli emolumenti computabili ai fini del trattamento di liquidazione.
  328. Così Pera, op. cit., p. 875.