Massimo Roccella
I salari
DOI: 10.1401/9788815411143/c2
Pur muovendo da un assunto condividibile, anche l’orientamento maggioritario finisce, peraltro, con l’approdare sovente a conclusioni discutibili, non foss’altro perché, di fatto, in contrasto con l’affermazione di partenza. Così è dell’opinione che, dopo aver interpretato in senso onnicomprensivo la nozione di retribuzione globale di fatto utilizzata dal contratto collettivo ai fini del compenso feriale, ritiene di dover applicare il medesimo canone ermeneutico per la gratifica natalizia, nonostante la disciplina convenzionale contenga un parametro di riferimento più circoscritto [255]
; come pure della convinzione, più volte espressa, a pro{p. 176}posito della computabilità nella tredicesima del premio aziendale introdotto dal ccnl 31 luglio 1970 per i dipendenti da aziende commerciali, quantunque la disciplina pattizia ne limiti l’incidenza ai compensi per ferie, integrazione dell’indennità di malattia, indennità di anzianità: argomentandosi, in questo caso, il risultato interpretativo vuoi dalla specifica nozione di retribuzione utilizzata dal contratto collettivo ai fini della tredicesima, vuoi dalla configurazione contrattuale, comune a tredicesima e premio aziendale, come istituti legati a effettive prestazioni di lavoro [256]
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La forzatura risulta ancora più evidente laddove, interpretata la clausola collettiva nel senso dell’esclusione di un determinato emolumento legato alle giornate di effettivo lavoro dalla base di calcolo della tredicesima, se ne dichiara la nullità, giacché le mensilità aggiuntive «valgono per quello che sono e cioè un particolare sistema di erogazione di aumenti di stipendio: in quanto tali,..., risentono di tutte le variazioni della retribuzione erogata in maniera tradizionale (vale a dire per i dodici mesi dell’anno)» [257]
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In tutte queste ipotesi l’asserita natura contrattuale della tredicesima viene persa di vista nel corso dell’argomentazione, pervenendosi a decisioni di fatto basate, più o meno surrettiziamente, sull’utilizzo di una nozione unitaria di retribuzione, applicabile tanto agli istituti di origine legale, quanto a quelli introdotti dalla contrattazione. Si smarrisce, in altre parole, la percezione dell’esatta configurazione giuridica di un istituto che, per essere di derivazione collettiva, potrebbe anche prescindere del tutto dal riferimento a una nozione di retribuzione, con conseguente legittimità, al limite, anche di una disciplina convenzionale che quantificasse l’importo della tredicesima in cifra fissa, eventualmente inferiore a quello di una mensilità di stipendio (o salario).
Non sembra meritare rilievi di segno negativo, invece, il ricorso, comune in giurisprudenza, al criterio di continuità di corresponsione in funzione interpretativa di clausole collettive che definiscono il parametro di calcolo della tredicesima senza specificare espressamente (tutte) le voci retributive incluse (o quelle escluse). Anche con riferimento alle mensilità aggiuntive tale criterio è rintracciabile nei contratti collettivi, ad esempio in quello del settore tessile dove gratifica natalizia e tredicesima sono commisurate ad una mensilità della retribuzione di fatto, comprensiva, oltre che degli elementi esplicitamente indicati, anche di «tutti gli altri comunque denominati di carattere continuativo» [258]
. Può ricordarsi, inoltre, come la nozione legale di retribuzione globale di fatto, introdotta dalla legge 21 marzo 1953, n. 215 per quantifica{p. 178}re l’importo della tredicesima spettante agli addetti alla vigilanza, custodia e pulizia degli immobili urbani, sia definita in rapporto non solo a salario base, indennità di carovita e contingenza, ma anche alle «eventuali indennità speciali corrisposte a carattere continuativo». Pur non estensibile oltre la fattispecie specificamente regolata, non sembra che l’indicazione legislativa possa essere considerata del tutto priva di rilevanza sul piano sistematico. Al contrario essa lascia trasparire la convinzione, anche del legislatore, che la continuità di corresponsione costituisca un indice tutt’altro che arbitrario per definire l’esatta portata di nozioni generali (e non ulteriormente specificate) di retribuzione, servendo da un canto ad escludere la valutazione di emolumenti meramente occasionali, dall’altro ad evitare interpretazioni indebitamente restrittive.
Il riferimento alla continuità di corresponsione in funzione selettiva degli elementi computabili può prestarsi, con specifico riguardo all’istituto in esame, a forzature interpretative quando venga utilizzato per inserire nella base di calcolo voci retributive esplicitamente escluse dalla disciplina collettiva. A fronte di nozioni indeterminate, frequenti nella contrattualistica per definire il parametro di computo delle mensilità aggiuntive, quali quella di retribuzione globale di fatto (metalmeccanici) o retribuzione in atto (commercio), esso mostra invece di poter essere applicato con risultati convincenti.
Anche in questo caso non sono mancate, naturalmente, soprattutto in relazione alla nozione di retribuzione globale di fatto accolta dal contratto dei metalmeccanici ai fini della gratifica natalizia dovuta agli operai, interpretazioni diverse, tendenti a limitarne l’importo ai soli elementi normali della retribuzione [259]
. Le argomentazioni usate, peraltro, appaiono tutte di dubbia consistenza. Non persuade, ad esempio, il rilievo secondo il quale «la prevista inclusione del cottimo induce a ritenere, implicitamente, escluse tutte le altre voci accessorie» [260]
, sia perché non pare che il cottimo possa correttamente configurarsi come voce accessoria, sia soprattutto perché l’espressa previsione è stata disposta, all’evidenza, per chiarire che ai fini della gratifica natalizia si deve tener {p. 179}conto del guadagno effettivo di cottimo, anziché della percentuale contrattuale minima (come per la determinazione delle maggiorazioni per lavoro straordinario).
Nessuna deduzione, poi, è possibile trarre dalla nozione circoscritta di retribuzione (paga base di fatto, più percentuale del 5 %, più contingenza) contenuta nel ccnl 8 gennaio 1970 all’interno della disciplina dell’orario di lavoro. Tale nozione, in realtà, venne introdotta per la prima volta dall’art. 6 del ccnl 17 febbraio 1963, in connessione con le prime riduzioni dell’orario di lavoro, al fine di identificare gli emolumenti da computare sui compensi aggiuntivi che si sarebbero dovuti corrispondere per attuare la riduzione d’orario a parità di salario. La finalità specifica della normativa, non a caso scomparsa nel ccnl del ’73 dopo il raggiungimento dell’orario settimanale di 40 ore, esclude che ad essa si possa attribuire alcun significato generale. In particolare appare paradossale il tentativo di ricorrere ad una disciplina, presente solo nei rinnovi contrattuali del ’63, del ’66 e del ’70, per interpretare la nozione di retribuzione globale di fatto ai fini della gratifica natalizia, adottata nel contratto dei metalmeccanici del 1948 e rimasta immutata fino ai giorni nostri [261]
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Vero è che il contratto dei metalmeccanici non ha mai dettato una nozione generale di retribuzione, quale, con tecniche diverse, è stata inserita in quelli dei tessili e degli edili.
Anche la nozione circoscritta di retribuzione globale di fatto (della cui dubbia legittimità si è già detto: v. retro, par. 6) contenuta nella disciplina delle ferie non pare utilizzabile, come pure si è voluto [262]
, per interpretare il disposto relativo alla gratifica natalizia, essendo stata introdotta nel ccnl 25 giugno 1948 con espressa delimitazione della sua sfera applicativa al compenso feriale [263]
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La corresponsione della gratifica natalizia sulla base della retribuzione globale di fatto, prevista in numerosi contratti collettivi di categorie industriali stipulati alla fine degli anni ’40, si conforma, in realtà, alla disciplina di carattere generale contenuta nell’art. 17 dell’accordo interconfederale 27 ottobre 1946, dove le {p. 180}nozioni di retribuzione globale di fatto (per la gratifica operaia) e retribuzione globale mensile di fatto (per la tredicesima impiegatizia) appaiono utilizzate senza delimitazioni di sorta. Nel contratto dei metalmeccanici, in particolare, i criteri contrattuali di computo della gratifica natalizia risultano del tutto corrispondenti a quelli dettati per la tredicesima, commisurata intera retribuzione di fatto percepita, con disposizione che anche l’opinione più restrittiva intende riferita all’insieme del guadagno individuale [264]
: cosicché la diversa lettura della disciplina della gratifica natalizia finisce, ancora una volta, col risolversi nella prospettazione di un trattamento deteriore ai danni degli appartenenti a qualifiche operaie.
Nozioni contrattuali come quelle di «retribuzione globale di fatto» o «retribuzione in atto», in altre parole, in mancanza di chiare indicazioni contrarie, sembrano esprimere l’intenzione delle parti collettive di comprendere nel parametro di computo l’insieme dei compensi normalmente percepiti dal singolo durante il periodo di maturazione del diritto alla mensilità aggiuntiva, con la sola ragionevole esclusione di quelli attribuitigli in via saltuaria o occasionale.
Se caratterizzati da continuità di corresponsione vanno inclusi pertanto nelle mensilità aggiuntive le più svariate indennità, le maggiorazioni per lavoro notturno e, probabilmente, anche i compensi per lavoro straordinario. Ad escludere questi ultimi, infatti, non sembra sufficiente il rilievo che la specifica normativa è, talvolta, accompagnata dal riferimento al numero di ore corrispondente al normale orario mensile (ad esempio 173 ore di retribuzione globale di fatto). Tale riferimento, non a caso previsto in relazione solo ai lavoratori retribuiti secondo le ore di lavoro effettuate, è mutato nel corso del tempo in dipendenza della progressiva riduzione dell’orario di lavoro. Ad esso nessun altro valore pare logico attribuire se non quello di comportare una quantificazione della gratifica natalizia sulla base del guadagno mensile medio effettivo nell’anno di maturazione del diritto, che, in ipotesi, può risultare comprensivo anche di compensi per lavoro straordinario (continuativo) [265]
. D’altro canto va considerato che l’espres{p. 181}sa menzione di questi ultimi, quanto meno nei contratti collettivi delle categorie dell’industria, non sarebbe possibile, essendo l’esecuzione di lavoro straordinario ammessa nelle imprese industriali solo in circostanze eccezionali (ex legge 30 ottobre 1955, n. 1079). Una volta però che, in via di fatto, le prestazioni straordinarie siano state svolte continuativamente con erogazione dei relativi compensi, di essi si potrà ben tenere conto anche ai fini delle mensilità aggiuntive, liquidabili sulla base della «retribuzione globale di fatto» [266]
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Fatte salve le distorsioni applicative di cui si è detto, la giurisprudenza mostra di ricostruire correttamente i contorni dell’istituto delle mensilità aggiuntive tutte le volte che, riconosciutane la natura puramente contrattuale, lascia dipendere dall’accertamento della volontà delle parti collettive la decisione sull’inclusione di
{p. 182}un determinato emolumento nella relativa base di calcolo [267]
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Note
[255] Cass., 14 aprile 1961, n. 795, in «Riv. giur. lav.», 1961, II, p. 267 interpreta la nozione di retribuzione globale di fatto ai fini del compenso feriale e della gratifica natalizia, definita dal ccnl per gli addetti all’industria dolciaria con espressa indicazione degli elementi in essa compresi (paga base, eventuali aumenti di merito, contingenza), nel senso di includervi anche la maggiorazione per lavoro notturno continuativo. Più correttamente avrebbe potuto dichiarare la nullità della clausola contrattuale in relazione alla retribuzione feriale (secondo i criteri esposti retro, par. 6), salvaguardandone la legittimità limitatamente alla gratifica natalizia.
[256] Cass., S.U., 3 febbraio 1979, n. 738, in «Orient. giur. lav.», 1979, p. 1059; Cass., 3 febbraio 1979, n. 743, ivi, p. 1061; Cass., 14 maggio 1979, n. 2790, in «Mass. giur. lav.», 1980, p. 626; Pret. Palermo, 1 aprile 1982, in «Foro it.», 1983, I, c. 1401. Le decisioni ricordate, e altre di analogo tenore, attribuiscono rilievo determinante alla disciplina collettiva della tredicesima, ragguagliata ad «una mensilità della retribuzione in att.», trascurando di considerare che essa è rimasta immutata sin dal ccnl 28 giugno 1958, il che indurrebbe a pensare che la successiva normativa sul premio aziendale andrebbe considerata, rispetto alla prima, in rapporto di specialità. Alla stessa conclusione si sarebbe potuto pervenire se si fosse opportunamente valutato il comportamento delle parti stipulanti il contratto collettivo (ex art. 1362 cod. civ.): in tal caso si sarebbe dovuto tener conto che il premio aziendale venne istituito a seguito di una mediazione ministeriale in base alla quale si conveniva che esso sarebbe stato corrisposto solo su dodici mensilità. La computabilità del premio aziendale nella base di calcolo delle mensilità supplementari, d’altro canto, è stata disposta, con norma innovativa, dall’art. 135 del ccnl 17 dicembre 1979: sul punto si v. D’Avossa, op. ult. cit., p. 109. In senso contrario alla computabilità si v. Pret. Milano, 10 dicembre 1980, in «Lavoro ’80», 1981, p. 181; Cass., 14 gennaio 1977, n. 201, in «Giur. it.», 1978, I, 1, c. 892; più recentemente Cass., S.U., 13 febbraio 1984, n. 1085, in «Mass. giur. lav.», 1984, p. 5, anche in base al rilievo che la mensilità aggiuntiva «in quanto forma di retribuzione differita, legata da sinallagma non già rispetto a singole, individuate prestazioni di lavoro, ma rispetto all’attività lavorativa annuale globalmente intesa, di per sé non esprime quello stretto collegamento con un’effettiva prestazione di lavoro, che la clausola contrattuale relativa al premio aziendale sembra esigere»: argomentazione senz’altro condividibile, ma che, opportunamente sviluppata, dovrebbe condurre a rivedere la consolidata giurisprudenza del Supremo Collegio in ordine all’incidenza dello sciopero sui compensi spettanti a titolo di mensilità supplementari. Solo di passata può rimarcarsi che la computabilità, sempre espressamente riconosciuta dal contratto collettivo, del premio aziendale sulla retribuzione feriale conferma che questa non va ragguagliata alle sole componenti della retribuzione normale: si v. retro par. 6.
[257] Pret. Milano, 12 febbraio 1975, in «Orient. giur. lav.»,1975, p. 492.
[258] Si v. il combinato disposto degli artt. 17 - pane gen., 14 - pane op., 4 - parte imp. del ccnl 20 luglio 1973.
[259] Nel senso indicato retro, par. 4.
[260] Persiani, I nuovi problemi, cit., p. 85, con riferimento a una sentenza del Tribunale di Monza.
[261] L’operazione ermeneutica criticata si trova in Sotgiu, op. cit., p. 42 ss.
[262] Cfr. ancora gli scritti citati di Persiani e Sotgiu.
[263] L’art. 19 del ccnl 25 giugno 1948 dispone, infatti, che la nozione di retribuzione feriale deve considerarsi applicabile soltanto «agli effetti del presente articolo».
[264] Cfr. L. Spagnuolo Vigorita, op. cit., p. 190.
[265] Diversamente opinando, del resto, se ne dovrebbe dedurre, in fattispecie di prestazione a tempo parziale, che «occorrerebbe retribuire un lavoro a mezzo tempo con una gratifica pari a due mensilità, ciò che non è certamente nell’intenzione delle parti stipulanti»: così, esattamente. Pret. Legnano, 10 febbraio 1984, cit. in nota 189. Il riferimento alla continuità di corresponsione sembra opportuno anche per decidere della computabilità dei compensi per lavoro straordinario nella tredicesima mensilità dei dipendenti da aziende commerciali, che deve essere ragguagliata, come si è detto, alla «retribuzione in atto», temperandosi, in tal modo, il risultato dell’interpretazione letterale che indurrebbe a quantificare la mensilità aggiuntiva in misura pari alla retribuzione del mese di dicembre: cfr., in senso conforme, D’Avossa, op. ult. cit., p. 109. Nessun problema interpretativo, viceversa, si pone quando, come nel contratto dei bancari, il riferimento alla retribuzione del mese di dicembre risulta accompagnato dall’elencazione degli elementi computabili: si v., da ultimo, l’art. 40 del ccnl 17 febbraio 1983.
[266] Sul piano storico si può ricordare che la problematica evocata nel testo si era già presentata nel periodo corporativo in relazione alla clausola del contratto collettivo nazionale 14 ottobre 1938 che quantificava la gratifica natalizia degli operai dell’industria in misura pari «all’importo di una settimana di retribuzione normale», specificando che essa andava intesa come «quella percepita normalmente dall’operaio secondo l’orario settimanale da esso effettuato nello stabilimento, con un minimo di 40 ore». Le incertezze interpretative suscitate da questa normativa vennero troncate dal chiaro disposto del successivo ccnl 16 ottobre 1939, a mente del quale «l’importo della settimana di retribuzione normale, di cui all’art. 2 del contratto interconfederale 14 ottobre 1938, sarà calcolato sulla base dell’orario medio settimanale(comprese le eventuali ore di lavoro straordinario) effettivamente compiuto da ogni singolo lavoratore nel trimestre precedente al periodo di paga in cui avviene la liquidazione della gratifica natalizia».
[267] Si v., per tutte, Cass., 12 marzo 1980, n. 1656, in «Arch. civ.», 1980, p. 737; Cass., 23 marzo 1981, n. 2433, in «Mass. giur. lav.», 1982, p. 485; Cass., 14 gennaio 1983, n. 287, in «Foro it.», 1983, I, c. 1273.