Massimo Roccella
I salari
DOI: 10.1401/9788815411143/c2
In argomento, comunque, continuano a sussistere rilevanti divergenze interpretative. All’indennità di trasferta in cifra fissa, ad esempio, un filone giurisprudenziale nega carattere retributivo, sia pure parziale, quando l’emolumento è corrisposto per prestazioni fuori della normale sede di lavoro [122]
. Un diverso orientamento valuta l’indennità di trasferta forfettaria di natura parzialmente retributiva, nei 2/5 del suo ammontare secondo decisioni meno recenti [123]
, oppure in misura pari al 50%, in applicazione analogica di quanto previsto dalla legislazione previdenziale [124]
, e ne afferma conseguentemente la computabilità nel calcolo dell’indennità di anzianità, se corrisposta in via continuativa. Un terzo gruppo di decisioni, riguardanti essenzialmente lavoratori
{p. 137}c.d. «trasfertisti», riconosce all’indennità di trasferta carattere integralmente retributivo [125]
.
In passato, a cavallo fra gli anni ’50 e ‘60, si era discusso sulla valutazione, ai fini della liquidazione, dell’indennità di «concorso spese tram» prevista dalla contrattazione collettiva del settore bancario. L’affermazione, inizialmente prevalente, del carattere di rimborso spese dell’emolumento fu successivamente smentita dalla giurisprudenza della Suprema Corte [126]
. Il consolidarsi del revirement della Cassazione non mancò, ancora una volta, di riflettersi sulla contrattualistica: nel ccnl 27 agosto 1964 l’incidenza dell’indennità in parola sulla liquidazione venne riconosciuta con la consueta tecnica indiretta già utilizzata in passato per la contingenza e l’indennità di mensa [127]
. Nel successivo rinnovo contrattuale si pervenne a un riconoscimento pieno [128]
.
Soprattutto in tempi recenti si è constatata una notevole vertenzialità giudiziaria a proposito delle cosiddette indennità per lavoro all’estero (indennità di residenza, indennità di rappresentanza), di rilevante interesse, se non altro per la consistenza economica, spesso non trascurabile, degli emolumenti in questione. La giurisprudenza ha ripetutamente affermato la computabilità delle indennità estero nella base di calcolo dell’indennità di anzianità, qualora l’analisi del sinallagma contrattuale riveli che la ragione dell’erogazione è da ricondursi non ad un rimborso spese tecnica{p. 138}mente inteso, ma alla volontà di compensare la prestazione lavorativa svolta in condizioni particolari [129]
. Non mancano, per la verità, orientamenti di segno opposto, che sembrano evocare le argomentazioni a suo tempo utilizzate per escludere l’incidenza sulla liquidazione delle indennità di contingenza e di mensa. Si è sostenuta, in altre parole, la natura di per sé occasionale del trattamento estero che, «in quanto compenso precario, non può essere considerato utile ai fini del computo del trattamento di liquidazione, indipendentemente dal luogo in cui il rapporto sia cessato» [130]
. Al riguardo sembrano, tuttavia, ancora convincenti i rilievi della Cassazione, la quale ha opportunamente sottolineato che, quando la permanenza del lavoratore all’estero per un notevole periodo di tempo abbia determinato una situazione di normalità lavorativa, cui corrisponde un particolare trattamento economico, non v’è ragione di considerare quest’ultimo come occasionale, temporaneo, precario, escludendolo di conseguenza dalla base di calcolo dell’indennità di anzianità [131]
.{p. 139}
L’orientamento giurisprudenziale espansivo del concetto di retribuzione si è tradotto, in questo caso, in dichiarazioni di nullità soprattutto di clausole di contratti individuali di lavoro, che, notoriamente, prevedono assai spesso la non computabilità del trattamento estero ai fini del calcolo delle competenze indirette [132]
.
Il principio di onnicomprensività retributiva elaborato dalla giurisprudenza ordinaria ha trovato riscontro soltanto parziale negli indirizzi della magistratura amministrativa. Per quanto attiene all’indennità di licenziamento del personale non di ruolo, il Consiglio di Stato ha interpretato costantemente la relativa nozione di retribuzione in maniera assai ampia, comprensiva di tutti gli elementi accessori continuativi, con esclusione però di assegni ritenuti di carattere incerto (come le gratificazioni) o precario (come, ad esempio, l’indennità di alloggio) [133]
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Più in generale l’elemento continuità, talvolta temperato dagli ulteriori requisiti della non discrezionalità e della generalità di corresponsione, è stato spesso valorizzato ai fini della computabilità di svariati elementi accessori, soprattutto in fattispecie riguardanti indennità di anzianità del settore parastatale [134]
.{p. 140}
Nel complesso sembra però essere prevalso un atteggiamento restrittivo, che ha ritenuto insufficiente la connotazione continuativa di un dato emolumento, riconoscendovi di volta in volta i caratteri del rimborso spese (indennità di trasferta, indennità di rappresentanza) o dell’elargizione meramente discrezionale (premi di rendimento, di operosità) [135]
.
Comune, infine, ai settori privato e pubblico è l’esclusione dal computo dei trattamenti di fine rapporto rispettivamente degli assegni familiari e delle quote aggiunte di famiglia, attesa la natura pacificamente non retributiva di tali emolumenti. La contraria opinione, sostenuta da taluno in relazione all’indennità di anzianità del parastato [136]
, poggia in realtà su un unico arresto del Consiglio di Stato, rimasto senza apprezzabile seguito [137]
.
L’elaborazione giurisprudenziale della nozione di retribuzio{p. 141}ne utile ai fini del calcolo dell’indennità di anzianità appare, complessivamente, in linea con le indicazioni normative desumibili dall’art. 2121 cod. civ. e merita, storicamente, il riconoscimento di aver contribuito a stabilizzare nella struttura salariale una pluralità di voci accessorie, originariamente sorte con ambigue connotazioni, quando non con intenti apertamente elusivi della disciplina legale.
Piuttosto, val la pena di sottolineare ancora come, in relazione a singole fattispecie, la giurisprudenza abbia avuto modo di affinare il contenuto normativo della disposizione codicistica. Si è così chiarito che la continuità in essa prevista non contrasta con la variabilità nell’ammontare di un dato emolumento [138]
, non ne implica la definitività di corresponsione [139]
ed è riconoscibile anche in attribuzioni a carattere periodico, purché non meramente occasionali o episodiche [140]
. Quanto alla obbligatorietà si è precisato, soprattutto in fattispecie relative alla computabilità di compensi per lavoro straordinario, che essa va riferita non alla prestazione lavorativa, ma a quella retributiva, e che quest’ultima va considerata obbligatoria sol che sia corrisposta in dipendenza dello svolgimento di una concreta attività di lavoro [141]
.
La teorizzazione finale del principio di onnicomprensività retributiva ha finito, peraltro, con l’essere applicata in maniera meno rigida di quanto, di solito, si ritiene. È stata infatti ammessa la legittimità dell’esclusione convenzionale di singoli elementi retributivi dalla base di calcolo dell’indennità di anzianità, purché il trattamento di fine rapporto assicurato dal contratto collettivo risulti globalmente migliorativo rispetto a quello che discenderebbe dalla mera applicazione della disciplina legale [142]
.
{p. 142}
Note
[122] Cfr. Cass., 26 ottobre 1974, n. 3185, in «Orient. giur. lav.», 1976, p. 414; Cass., 19 luglio 1968, n. 2607, ivi, 1969, p. 73.
[123] Cfr. Cass., 27 luglio 1937, n. 2756, in «Mass. giur. lav.», 1937, p. 433; App. Torino, 25 giugno 1957, in «Riv. dir. lav.», 1959, 11, p. 150; più recentemente App. Torino, 13 aprile 1972, in «Not. giur. lav.», 1972, p. 1031. In dottrina cfr. Peretti Griva, Il concetto di retribuzione e il rimborso spese per vitto ed alloggio, in «Mass. giur. lav.», 1953, p. 260.
[124] Milano, 6 novembre 1974, in «Orient. giur. lav.», 1975, p. 167. All’interno di questo filone giurisprudenziale, in realtà, si distinguono quelle decisioni che fanno applicazione analogica tout court, senz’altra mediazione, dei principi dettati dall’art. 12 legge 153/1969, da altre che ritengono necessaria un’indagine caso per caso, volta ad accertare la natura retributiva e/o di rimborso spese dell’emolumento attraverso la ricostruzione della volontà contrattuale, e, «solo quando l’utilizzazione di tale mezzo sia rimasta infruttuosa» reputano «al giudice del merito consentito di ricorrere al criterio (succedaneo) dell’equità e, in tale ambito, ai criteri dettati, in materia previdenziale, dall’art. 27 del d.p.r. 30 maggio 1955, n. 797 e dall’art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153»: così, da ultima, Cass., 10 novembre 1981, n. 5963, in «Riv. it. dir. lav.», 1982, II, p. 282 ed anche Cass., 11 agosto 1983, n. 5358, in «Giur. it.», 1984, I, 1, c. 492, con nota di Berruti, L’individuazione della trasferta nella giurisprudenza della Cassazione. Nello stesso senso si v., in dottrina, Bianchi D’Urso, Onnicomprensività, cit., p. 233 ss.
[125] Cfr. Cass., 11 aprile 1978, n. 1716, in «Mass. giur. lav.», 1978, p. 718; Cass., 15 dicembre 1979, n. 6528, in «Not. giur. lav.», 1980, p. 345. Sull’indennità di trasferta in generale si v., in dottrina, Massart, Le indennità di trasferta e missione di fronte alla retribuzione, in «Riv. giur. lav.», 1963, I, p. 35; Fontana, L’indennità di trasferta, in «Dir. lav.», 1977, I, p. 177; Sarzina, L’indennità di trasferta nella giurisprudenza della Cassazione, in «Orient. giur. lav.», 1983, p. 648.
[126] A partire da Cass., 7 dicembre 1960, n. 3201, in «Giust. civ.», 1961, I, p. 639. In dottrina si v. Richard, L’indennità di tram dei lavoratori del credito ha natura di rimborso spese?, in «Riv. dir. lav.», 1959, II, p. 150; Balletti, La natura retributiva dell’indennità di cassa e dell’indennità concorso spese tram, in «Temi nap.», 1961, I, p. 356.
[127] L’art. 89 dispone infatti che «sarà inoltre corrisposta, in aggiunta all’indennità di anzianità nella misura stabilita..., una speciale erogazione pari all’ulteriore importo che spetterebbe a ciascun interessato qualora, ai fini della determinazione della predetta indennità di anzianità, si tenesse conto anche dell’eventuale concorso spese tranviarie...».
[128] Art. 85 ccnl 18 giugno 1970.
[129] Cfr. Pret.Milano, 13 ottobre 1980; Trib. Milano, 3 febbraio 1981; Pret. Torino, 2 marzo 1981: tutte in «Lavoro ’80», 1981, pp. 184, 495, 963; Pret. Milano, 1° ottobre 1981, in «Lavoro ‘80», 1982, p. 145; Pret. Milano, 27 aprile 1982, ivi, 1982, p. 722.
[130] Così Trib. Milano, 9 marzo 1982, in «Giust. civ.», 1982, I, p. 3144. Conforme, in dottrina, Papaleoni, Indennità di anzianità e indennità estero, ivi, 1981, I, p. 1386; Id., Ancora sui rapporti tra trattamento estero e indennità di anzianità, ivi, 1982, I, p. 3146.
[131] Cfr. Cass., 30 gennaio 1981, n. 718, in «Giust. civ.», 1981, I, p. 1383. Il ragionamento della Cassazione, ovviamente, si attaglia a fortiori al caso in cui la prestazione lavorativa si sia svolta all’estero non per un periodo di tempo più o meno lungo, ma per tutta la durata del rapporto, con conseguente corresponsione continuativa dell’indennità estero. Non può tacersi, tuttavia, del rischio (latente nella sentenza n. 718/1981) che, privilegiando il riferimento ad un’accezione troppo rigida di «ultima retribuzione» (ex art. 2120, co. 3°, cod. civ.), anziché alla continuità di corresponsione dell’emolumento, si pervenga a risultati incongrui sotto il profilo dell’equità: cfr., ad esempio, Cass., 12 gennaio 1983, n. 197, in «Giust. civ.», 1983, I, p. 2427, che ha negato la computabilità del trattamento estero nella liquidazione perché il rapporto di lavoro si era estinto, quattordici giorni dopo il rientro del dipendente in Italia, per dimissioni (in fattispecie, quindi, dove non era neppure ipotizzabile un intento fraudolento del lavoratore). La computabilità dell’indennità estero nella base di calcolo dell’indennità di anzianità era già stata riconosciuta da Cass., 11 luglio 1969, n. 2547, in «Mass. giur. lav.», 1970, p. 372, con nota di Sandulli, A proposito della c. d. indennità «estero»: note in margine al concetto di normalità e continuità degli elementi retributivi. Altre sentenze si richiamano agli orientamenti seguiti in tema di indennità di trasferta, ammettendo la computabilità dell’indennità estero nella misura del 50% o a seguito dell’accertamento, da effettuare in relazione al caso concreto, della quota retributiva di essa: in questo senso si v., per tutte, le argomentazioni svolte nella motivazione di Cass., 8 giugno 1983, n. 3926, in «Giust. civ.», 1984, I, p. 1250 ss. e, in dottrina, Meucci, Indennità di missione all’estero, revoca per rientro in sede, ininvocabilità del principio dell’irriducibilità retributiva ex art. 2103 c.c. ed indennità di anzianità, in «Mass. giur. lav.», 1982, p. 195.
[132] Cfr. Trib. Roma, 2 giugno 1974, in «Foro it.», 1974, I, c. 866. Nel pubblico impiego Cons. St., sez. IV, 6 maggio 1980, n. 524, in «Consiglio di Stato», 1980, I, p. 654, ha ritenuto di natura non retributiva l’indennità di servizio all’estero prevista dall’art. 171 d.p.r. 5 gennaio 1967, n. 18.
[133] Si v., ad esempio, Cons. St., sez. V, 3 febbraio 1962, n. 128, in «Consiglio di Stato», 1962, I, p. 265 e, in generale, la giurisprudenza citata in nota 83. In argomento di particolare rilievo è la sentenza della Corte cost. 116/1976, cit.
[134] Cfr. Cons. St., sez. VI, 20 ottobre 1964, n. 718, in «Consiglio di Stato», 1964, I, p. 1774 (per la computabilità di contributi assicurativi assunti a proprio carico dall’ente); sez. VI, 2 aprile 1971, n. 238, ivi, 1971, I, p. 826 (per la computabilità di gratifiche fisse e continuative); sez. V, 14 dicembre 1973, n. 1154, ivi, 1973, I, p. 1929 (per la computabilità di premi e gratifiche, purché non aleatori e con carattere di generalità); sez. VI, 1 febbraio 1977, n. 64, ivi, 1977, I, p. 182 (per la computabilità gratifiche natalizia e pasquale), sez. IV, 15 novembre 1977, n. 945, ivi, 1977, I, p. 1599 (per la computabilità di un’indennità di studio, a seguito di Corte cost. 116/1976); TAR Lazio, sez. III, 23 maggio 1977, n. 288, in «Trib. amm. reg.», 1977, I, p. 2077 (per la computabilità della gratifica annuale, purché continuativa e non discrezionale); TAR Piemonte, 31 gennaio 1979, n. 61, ivi, 1979, I, p. 853 (per la computabilità di indennità di cassa e di vigilanza continuative).
[135] Cfr., ad esempio, Cons. St., sez. IV, 23 aprile 1969, n. 123, in «Consiglio di Stato», 1969, I, p. 533; sez. VI, 24 febbraio 1976, n. 109, ivi, 1976, I,p. 240; TAR Liguria, 16 ottobre 1975, n. 171, in «Trib. amm. reg.», 1975, I, p. 3397: tutte per la non computabilità di indennità di rappresentanza, anche se fisse e continuative. Quanto ai premi, numerose decisioni, sin dall’epoca corporativa, ne ritengono assolutamente discrezionale la corresponsione: cfr., per tutte, Cons. St., sez. VI, 30 aprile 1957, n. 188, in «Consiglio di Stato», 1957, I, p. 504; sez. IV, 27 marzo 1973, n. 275, ivi, 1973, I, p. 396.
[136] Cfr. Pandolfo, Il trattamento economico nel parastato, in Aa. Vv., Il riordinamento degli enti pubblici, Milano, Franco Angeli, 1977, p. 188. Per il settore privato la computabilità degli assegni familiari ai fini del calcolo della liquidazione è stata sostenuta da Flammia, Assegni familiari e retribuzione, in «Foro it.», 1954, I, c. 1331 (ma con rilievi poco convincenti). In genere nei contratti collettivi non si fa menzione degli assegni familiari: il ccnl del commercio, a partire dal 1958, specifica comunque espressamente la non computabilità degli a.f. ai fini della liquidazione.
[137] Cons. St., sez. V, 20 dicembre 1974, n. 638, in «Riv. amm.», 1975, III, p. 53; conforme soltanto TAR Calabria, 12 dicembre 1978, n. 113, in «Trib. amm. reg.», 1979, I, p. 691. Numerose le decisioni di segno contrario: cfr., per tutte. Cons. St., sez. IV, 27 marzo 1973, n. 275, in «Consiglio di Stato», 1973, I, p. 396; TAR Emilia-Romagna, 24 aprile 1980, n. 276, in «Trib. amm. reg.», 1980, I, p. 2543.
[138] Problema affrontato soprattutto in relazione all’indennità di contingenza. Ma l’affermazione è già presente nella giurisprudenza del periodo corporativo, con riguardo alla disciplina dettata dall’art. 10 della legge sull’impiego privato: cfr. Bianchi D’Urso, Onnicomprensività, cit., p. 43.
[139] Cfr., ad esempio, Cass., 11 luglio 1969, n. 2547, cit. in nota 129.
[140] Cfr. Cass., 18 maggio 1976, n. 1778, in «Riv. dir. lav.», 1977, II, p. 121 (in fattispecie riguardante il lavoro festivo dei giornalisti).
[141] Cfr. Cass., 6 novembre 1974, n. 3374, in «Foro it.», 1975, I, c. 1163.
[142] Cfr. Cass., 7 luglio 1981, n. 4465, in «Foro it.», 1982, I, c. 2183; Cass., 28 maggio 1982, n. 3297, ivi, 1982, I, c. 2181; ma esistono anche precedenti più antichi: cfr., per tutte, Cass., 23 agosto 1954, n. 2984, in «Rep. giur. it.», 1954, c. 1716; Cass., 9 ottobre 1957, n. 3682, in «Foro it.», 1958, I, c. 206.