Massimo Roccella
I salari
DOI: 10.1401/9788815411143/c2
Acquisita, anche con riferimento ai compensi per lavoro straordinario, l’accezione onnicomprensiva della retribuzione come base legale minima, derogabile in melius dall’autonomia privata, il problema di maggior rilievo teorico resta quello dell’inclusione, o meno, in tale base dei ratei delle mensilità aggiuntive. La soluzione positiva, frequente in giurisprudenza [244]
, appare legata da un intimo nesso di solidarietà con l’opinione che vuole decurtate le mensilità aggiuntive in proporzione delle ore di sciopero effettuate nel periodo di maturazione delle stesse [245]
: in entrambi
{p. 172}i casi, infatti, emerge una considerazione delle mensilità aggiuntive come emolumenti differiti quanto alla corresponsione, ma riducibili contabilmente alla retribuzione oraria, cui vanno commisurate le maggiorazioni e rispetto alla quale si operano le trattenute per sciopero.
Tale orientamento non manca di suscitare perplessità. Per quanto riguarda, in particolare, i criteri di computo delle maggiorazioni esso sembra dipendere da un’inesatta percezione dei limiti in cui risulta pertinente il richiamo a una nozione onnicomprensiva di retribuzione, limiti imposti dall’esigenza di evitare duplicazioni irragionevoli di trattamento (come si è visto in materia di retribuzione feriale) o processi di calcolo improntati ad una assurda circolarità, quale deriverebbe dalla computabilità dei ratei di mensilità aggiuntive sullo straordinario, accompagnata dalla successiva inclusione di quest’ultimo nella base di calcolo delle mensilità aggiuntive [246]
.
Anche in tema di compensi per lavoro straordinario, in altre parole, appare fuorviarne l’affermazione secondo cui la relativa nozione di retribuzione-parametro sarebbe «non più limitata di quella che si ricava dall’art. 2121 cod. civ. agli effetti del computo delle indennità di preavviso e di anzianità» [247]
. Viceversa si rivela quanto mai opportuno il ricorso al medesimo criterio-guida enunciato a proposito della determinazione della retribuzione feriale, con conseguente limitazione dell’applicazione delle maggiorazioni alle sole componenti della retribuzione diretta. Questa, del resto, sembra essere l’interpretazione più plausibile del richiamo di legge alla retribuzione ordinaria, da intendersi come comprensiva di tutti i compensi corrisposti al lavoratore in ragione della frazione temporale (oraria) di prestazione cui vanno rapportate le maggiorazioni, identificabili, appunto, con gli emolumenti direttamente percepibili alle singole scadenze di pagamento.
La riconduzione alla retribuzione oraria delle mensilità aggiuntive, d’altro canto, sembra da escludere anche da un punto di {p. 173}vista teorico. In linea generale, infatti, la mensilità aggiuntiva non può considerarsi erogata in corrispettivo della singola (quantità di) prestazione di lavoro, quanto piuttosto in relazione al raggiungimento di una determinata anzianità aziendale o, in altri termini, della mera sussistenza del rapporto di lavoro [248]
.
Sulla base delle stesse considerazioni va contestata l’asserita incidenza delle astensioni dal lavoro per sciopero sulle spettanze dovute a titolo di mensilità aggiuntive: non pare, infatti, che lo sciopero possa annoverarsi fra le cause interruttive dell’anzianità di servizio [249]
, dovendosi, piuttosto, ritenere esaurite le conseguenze economiche dello stesso attraverso la perdita (proporzionale) della retribuzione diretta.
Appare inaccettabile, in altre parole, l’opinione di chi, pur criticando l’inclusione dei ratei di mensilità aggiuntive nella base di calcolo delle maggiorazioni, mostra di condividere l’orientamento favorevole alla loro decurtazione in proporzione delle ore di sciopero, giudicandolo conseguente alla circostanza che «le mensilità aggiuntive competono solo a fronte di un’utile messa a disposizione delle energie lavorative» [250]
. I due assunti giurisprudenziali, infatti, costituiscono facce di una stessa medaglia, tribu{p. 174}tari entrambi della considerazione delle mensilità aggiuntive come componenti della retribuzione oraria: essi vanno, dunque, logicamente accettati o rifiutati insieme.
L’adesione all’indirizzo prevalente in giurisprudenza deve ritenersi possibile, e anzi necessaria, solo a fronte di conformi, specifiche disposizioni dei contratti collettivi, come è il caso del settore bancario, dove l’inclusione delle mensilità aggiuntive nella base di calcolo delle maggiorazioni per lavoro straordinario è stata esplicitamente prevista dall’art. 70 del ccnl 17 febbraio 1983 [251]
. Non diversamente è da dirsi con riguardo al pubblico impiego, nel quale norme di legge, in relazione a ciascun comparto, hanno tradizionalmente disegnato il parametro retributivo delle maggiorazioni in maniera alquanto circoscritta [252]
, tranne che nel settore parastatale dove l’inclusione nello stesso della tredicesima risulta espressamente imposta dal combinato disposto dell’art. 8 legge 20 marzo 1975, n. 70 e dell’art. 25 d.p.r. 26 maggio 1976, n. 411.
Le indicazioni emergenti dalla contrattualistica, comunque, depongono quasi sempre, implicitamente o esplicitamente, nel senso dell’esclusione delle mensilità aggiuntive dalla base di calcolo dei compensi per lavoro straordinario. Esemplare per chiarezza definitoria, da questo punto di vista, può essere considerato il contratto dei tessili, nel quale le mensilità aggiuntive sono ricomprese nella nozione di retribuzione globale di fatto ai fini del calcolo dell’indennità di anzianità [253]
, ma non nella nozione di retri{p. 175}buzione di fatto utilizzabile per determinare le competenze indirette e le maggiorazioni.
Resta così confermato, anche per questa via, il risultato interpretativo già raggiunto a proposito della retribuzione feriale, secondo il quale il riferimento alla nozione «onnicomprensiva» di retribuzione va opportunamente modulato in relazione alle specifiche caratteristiche di ciascun istituto.

8. Gli istituti di origine contrattuale: mensilità aggiuntive e integrazione dell’indennità di malattia

La valutazione della tredicesima mensilità come istituto di origine meramente contrattuale ha comportato, nella giurisprudenza largamente prevalente, il riconoscimento della sovranità dell’autonomia collettiva in ordine alla determinazione dei relativi criteri di computo, dovendosi considerare complessivamente alquanto marginale l’indirizzo che ha ritenuto applicabile in via analogica anche a questo istituto la nozione di retribuzione dettata dall’art. 2121 cod. civ. [254]
.
Pur muovendo da un assunto condividibile, anche l’orientamento maggioritario finisce, peraltro, con l’approdare sovente a conclusioni discutibili, non foss’altro perché, di fatto, in contrasto con l’affermazione di partenza. Così è dell’opinione che, dopo aver interpretato in senso onnicomprensivo la nozione di retribuzione globale di fatto utilizzata dal contratto collettivo ai fini del compenso feriale, ritiene di dover applicare il medesimo canone ermeneutico per la gratifica natalizia, nonostante la disciplina convenzionale contenga un parametro di riferimento più circoscritto [255]
; come pure della convinzione, più volte espressa, a pro{p. 176}posito della computabilità nella tredicesima del premio aziendale introdotto dal ccnl 31 luglio 1970 per i dipendenti da aziende commerciali, quantunque la disciplina pattizia ne limiti l’incidenza ai compensi per ferie, integrazione dell’indennità di malattia, indennità di anzianità: argomentandosi, in questo caso, il risultato interpretativo vuoi dalla specifica nozione di retribuzione utilizzata dal contratto collettivo ai fini della tredicesima, vuoi dalla configurazione contrattuale, comune a tredicesima e premio aziendale, come istituti legati a effettive prestazioni di lavoro [256]
.
{p. 177}
Note
[244] Si v., per tutte, Cass., 29 aprile 1981, n. 2641, in «Mass. giur. lav.», 1982, p. 489; Cass., S.U., n. 1889/1982, citata in nota 222; da ultimo Pret. Roma, 18 marzo 1985, in «Riv. giur. lav.», 1985, II, p. 105; contra Trib. Napoli, 15 ottobre 1982, in «Riv. it. dir. lav.», 1983, II, p. 621.
[245] Giurisprudenza consolidata: per tutte si v. Cass., 21 gennaio 1981, n. 502, in «Riv. giur. lav.», 1981, II, p. 406; Cass., 23 novembre 1982, n. 6316, ivi, 1983, II, p. 287; contra Trib. Padova, 27 settembre 1974, in «Mass. giur. lav.», 1975, p. 359.
[246] Cfr. in proposito Martinengo, Compenso per lavoro straordinario, continuità e criteri di computo della retribuzione, in «Dir. lav.», 1978, II, p. 353.
[247] Cass., 24 ottobre 1974, n. 3110, in «Rep. giur. it.», 1974, c. 2288.
[248] Cfr. Magrini, Gli effetti dello sciopero sull’obbligazione retributiva nelle tendenze della giurisprudenza italiana, in «Dir. Lav.», 1978, I, p. 142 sst; Lambertucci, Recenti sviluppi interpretativi in materia di mancata corresponsione dei ratei di tredicesima mensilità relativi a periodi di sciopero, in «Riv. giur. lav.», 1981, II, p. 406 ss; ma già, nella dottrina meno recente. Torrente, Sciopero, gratifica e tredicesima mensilità, ivi, 1951, II, p. 358 ss. Per l’opinione contraria si v., per tutti, Meucci, L’incidenza delle astensioni dal lavoro per sciopero sulla gratifica natalizia e tredicesima mensilità, in «Mass. giur. lav.», 1975, p. 359 ss.
[249] Cfr. Lambertucci, op. cit., p. 410 e già Natoli, A proposito di sciopero e di gratifica natalizia, in «Riv. giur. lav.», 1963, II, p. 189 ss. In giurisprudenza, d’altro canto, è stato escluso che lo sciopero influisca sull’anzianità di servizio del lavoratore ai fini della maturazione degli scatti e del computo della liquidazione, ritenendosi che «l’anzianità di servizio tiene conto non solo dei periodi di tempo in cui vi è stata la prestazione lavorativa ma anche di quelle fasi in cui vi è stata legittima sospensione dell’attività lavorativa (ferie, malattia)» e che «anche lo sciopero comporta una legittima astensione dalla prestazione trattandosi di diritto direttamente sancito con norma precettiva dalla costituzione»: Trib. Milano, 17 luglio 1975, in «Orient. giur. lav.», 1977, p. 555; conf. App. Ancona, 6 marzo 1969, ivi, 1969, p. 346.
[250] Bianchi D Urso, op. ult. cit., p. 181. Nel senso del testo si v. invece Tosi, La retribuzione nel diritto del lavoro dell’emergenza, in «Giornale dir. lav e rel. ind.», 1979, p. 522.
[251] Pret. Torino, 31 maggio 1980, in «Banca, borsa c titoli di credito», 1981, p. 215 ss., ritiene di affermare, in via interpretativa, l’inclusione delle mensilità aggiuntive nella base di calcolo delle maggiorazioni anche alla stregua della disciplina contenuta nel ccnl del 1976, ma con argomentazione di dubbio fondamento. Contra, correttamente, Pret. Milano, 18 luglio 1980, ivi, p. 215 e, in dottrina, Di Ruocco, op. cit., p. 105.
[252] Con riferimento al solo stipendio nel settore statale; allo stipendio e alla contingenza nel settore degli enti locali. In giurisprudenza si v. Cons. St., sez. V, 31 ottobre 1959, n. 710, in «Consiglio di Stato», 1959, I, p. 1372 (per l’esclusione dalla base di calcolo dell’indennità di carovita); Cons. St., sez. I, parere 1658/75, ivi, 1977, I, p. 670 (per l’esclusione dell’assegno personale). L’inclusione del rateo di tredicesima nella base di calcolo delle maggiorazioni è stata, peraltro, via via prevista, per i diversi comparti, con apposite norme modificative della disciplina previgente ed è ora regolamentata, con disposizione applicabile all’intero pubblico impiego, dall’art. 10 del d.p.r. 1° febbraio 1986, n. 13.
[253] Si v. l’art. 17 del ccnl 20 luglio 1973.
[254] Nel senso dell’esistenza di un principio generale di onnicomprensività retributiva si v., ad esempio, Cass., 3 febbraio 1978, n. 509, citata in nota 196, che, peraltro, con riferimento alla tredicesima mensilità, si richiama anche alla nozione di retribuzione globale di fatto accolta dall’art. 17 dell’accordo interconfederale 27 ottobre 1946, reso poi efficace erga omnes con il d.p.r. 28 luglio 1960, n. 1070. Altre citazioni di giurisprudenza conforme possono leggersi nella rassegna di Petroccelli e Zanello, op. cit., p. 80.
[255] Cass., 14 aprile 1961, n. 795, in «Riv. giur. lav.», 1961, II, p. 267 interpreta la nozione di retribuzione globale di fatto ai fini del compenso feriale e della gratifica natalizia, definita dal ccnl per gli addetti all’industria dolciaria con espressa indicazione degli elementi in essa compresi (paga base, eventuali aumenti di merito, contingenza), nel senso di includervi anche la maggiorazione per lavoro notturno continuativo. Più correttamente avrebbe potuto dichiarare la nullità della clausola contrattuale in relazione alla retribuzione feriale (secondo i criteri esposti retro, par. 6), salvaguardandone la legittimità limitatamente alla gratifica natalizia.
[256] Cass., S.U., 3 febbraio 1979, n. 738, in «Orient. giur. lav.», 1979, p. 1059; Cass., 3 febbraio 1979, n. 743, ivi, p. 1061; Cass., 14 maggio 1979, n. 2790, in «Mass. giur. lav.», 1980, p. 626; Pret. Palermo, 1 aprile 1982, in «Foro it.», 1983, I, c. 1401. Le decisioni ricordate, e altre di analogo tenore, attribuiscono rilievo determinante alla disciplina collettiva della tredicesima, ragguagliata ad «una mensilità della retribuzione in att.», trascurando di considerare che essa è rimasta immutata sin dal ccnl 28 giugno 1958, il che indurrebbe a pensare che la successiva normativa sul premio aziendale andrebbe considerata, rispetto alla prima, in rapporto di specialità. Alla stessa conclusione si sarebbe potuto pervenire se si fosse opportunamente valutato il comportamento delle parti stipulanti il contratto collettivo (ex art. 1362 cod. civ.): in tal caso si sarebbe dovuto tener conto che il premio aziendale venne istituito a seguito di una mediazione ministeriale in base alla quale si conveniva che esso sarebbe stato corrisposto solo su dodici mensilità. La computabilità del premio aziendale nella base di calcolo delle mensilità supplementari, d’altro canto, è stata disposta, con norma innovativa, dall’art. 135 del ccnl 17 dicembre 1979: sul punto si v. D’Avossa, op. ult. cit., p. 109. In senso contrario alla computabilità si v. Pret. Milano, 10 dicembre 1980, in «Lavoro ’80», 1981, p. 181; Cass., 14 gennaio 1977, n. 201, in «Giur. it.», 1978, I, 1, c. 892; più recentemente Cass., S.U., 13 febbraio 1984, n. 1085, in «Mass. giur. lav.», 1984, p. 5, anche in base al rilievo che la mensilità aggiuntiva «in quanto forma di retribuzione differita, legata da sinallagma non già rispetto a singole, individuate prestazioni di lavoro, ma rispetto all’attività lavorativa annuale globalmente intesa, di per sé non esprime quello stretto collegamento con un’effettiva prestazione di lavoro, che la clausola contrattuale relativa al premio aziendale sembra esigere»: argomentazione senz’altro condividibile, ma che, opportunamente sviluppata, dovrebbe condurre a rivedere la consolidata giurisprudenza del Supremo Collegio in ordine all’incidenza dello sciopero sui compensi spettanti a titolo di mensilità supplementari. Solo di passata può rimarcarsi che la computabilità, sempre espressamente riconosciuta dal contratto collettivo, del premio aziendale sulla retribuzione feriale conferma che questa non va ragguagliata alle sole componenti della retribuzione normale: si v. retro par. 6.