Massimo Roccella
I salari
DOI: 10.1401/9788815411143/c2
Nello specifico non è priva di significato la circostanza che i contratti collettivi per gli operai metalmeccanici ed edili ricomprendano entrambi nella retribuzione feriale la paga base di fatto, senza ulteriori specificazioni il primo, con la precisazione il secondo che essa va intesa come «la paga attribuita all’operaio ad personam
(minimo contrattuale più eventuale superminimo)» [177]
. La formulazione, tecnicamente più pregevole, del ccnl per gli operai edili risulta, all’evidenza, conforme all’accezione in cui l’espressione «di fatto» viene utilizzata nella contrattualistica e può servire a comprendere l’analogo riferimento contenuto nel contratto dei metalmeccanici. Un’interpretazione più restrittiva in relazione a quest’ultimo, peraltro, oltre ad essere priva di ragionevoli giustificazioni, finirebbe col fare assurdamente coincidere le nozioni di paga-base (individuale) di fatto e paga base (tabellare) [178]
.
Anche nel contratto dei metalmeccanici, in definitiva, il parametro utilizzato per determinare la retribuzione feriale risulta riferito al salario (o stipendio) individuale. La contraria opinione, in realtà, sembra derivare dall’esigenza di sottoporre a critica la nozione giurisprudenziale di retribuzione onnicomprensiva e dalla contestuale, erronea, sovrapposizione dei concetti di retribuzione onnicomprensiva e retribuzione individuale [179]
. I due concetti, come si è visto, in effetti tendono a coincidere nella maggioranza delle disposizioni collettive. Non mancano, però, casi in cui, pur tenendosi conto della retribuzione individuale, si prescinde dal computare in essa, a determinati fini, alcune voci accessorie. Pare non contestabile, comunque, che anche in questi casi la considerazione di una porzione soltanto della retribuzione individuale non valga a configurare un rapporto di identità tra la stessa e i livelli generali di trattamento fissati dal contratto collettivo.{p. 153}
Resta ancora impregiudicata la questione relativa alla legittimità dell’esclusione di alcune voci retributive dalla base di calcolo della retribuzione feriale e, a monte, se effettivamente tali esclusioni ricorrano nelle fattispecie concrete. Nessun dubbio in proposito può sussistere in relazione alla normativa accolta nel ccnl per gli operai edili che ha sempre previsto, come si è già detto, un elenco analitico di voci non computabili ai fini della quantificazione delle competenze indirette [180]
. Analoga conclusione può sostenersi per la disciplina contenuta sino al 1970 nel contratto collettivo per gli operai metalmeccanici, che dettava una nozione di retribuzione feriale indicando in positivo gli elementi computabili [181]
. La vivace querelle interpretativa alimentata da tale disciplina è da ascrivere alla modificazione in essa introdotta dall’art. 14-parte operai del ccnl 19 aprile 1973, a mente del quale «le ferie sono retribuite con la retribuzione globale di fatto, eccettuati gli eventuali compensi che abbiano carattere accidentale in relazione a prestazioni lavorative svolte in particolari condizioni di luogo, ambiente e tempo». L’espressione, sicuramente contorta e ambigua, s’è prestata, com’è noto, a una duplice interpretazione: nel senso dell’esclusione tout court delle indennità accessorie dalla retribuzione feriale o, invece, nel senso dell’esclusione di tali indennità solo se corrisposte in via saltuaria o episodica [182]
. Quest’ultima lettura della norma, in verità, sembra essere avvalorata dal richiamo alla nozione generale di retribuzione (onnicomprensiva), contenuta nell’art. 12-parte operai del medesimo ccnl e dichiarata esplicitamente valida ai fini dei vari istituti contrattuali [183]
.{p. 154}
In questa sede non interessa, comunque, prendere partito per l’una o l’altra delle tesi in campo, non foss’altro perché la formulazione, tecnicamente molto approssimativa, del contratto dei metalmeccanici lascia effettivamente spazio alle opposte argomentazioni, in ultima analisi alle opzioni soggettive dell’interprete. Rileva, piuttosto, utilizzare la fattispecie specifica per considerazioni d’ordine più generale. Assumendo, in via di mera ipotesi, che la scelta negoziale racchiusa nel contratto dei metalmeccanici sia nel senso dell’esclusione, sempre e comunque, delle indennità accessorie dal trattamento economico feriale, si tratta, in altre parole, di rispondere alla domanda se tale esclusione sia legittima [184]
o se non sia invece da condividere quella giurisprudenza che ha dichiarato la nullità parziale della clausola in questione.
La legittimità dell’esclusione delle indennità accessorie dalla retribuzione feriale è stata argomentata, oltre che sulla base di considerazioni d’ordine testuale, con riferimento al principio di parità di trattamento [185]
, in applicazione del quale si è sostenuta la ragionevolezza della corresponsione a ciascun lavoratore, in occasione del periodo di ferie, dei soli elementi retributivi di carattere generale. Senonché la pertinenza del richiamo pare quanto {p. 155}meno dubbia. Emerge, viceversa, con forza l’impressione che ancora una volta in materia retributiva del principio di parità si voglia dare un’interpretazione deviante e capovolta, con l’effetto di assecondare la «tendenza al livellamento verso il basso delle retribuzioni» [186]
.
Un’applicazione corretta del principio di parità, direttamente connesso a quello di proporzionalità sancito dal 1° comma dell’art. 36 Cost., postulerebbe infatti che, in forza di essa, venissero corrette differenze di trattamento irragionevoli e (come tali) socialmente inaccettabili. Ora, non sembra che di ciò si possa parlare in relazione alla corresponsione dell’integrale trattamento economico (comprese le indennità accessorie), anche durante le ferie, a lavoratori che svolgono la normale prestazione in particolari condizioni di rischio o disagio. Sul piano sociale non è pensabile che tale trattamento maggiorato rispetto ai livelli generali di contratto collettivo sia percepito come arbitrario da altri lavoratori che, svolgendo la propria prestazione in condizioni di normalità lavorativa, si trovano a non usufruirne. Sul piano tecnico-giuridico esso discende dalla necessità di compensare la particolare qualità di una determinata prestazione lavorativa, in aderenza al dettato costituzionale, il cui cono d’ombra va correttamente inteso come proiettato non solo sulla retribuzione corrente, ma anche su quella del riposo feriale [187]
.
Il richiamo al principio di parità sarebbe risultato probabilmente più congruente, e sicuramente più apprezzabile, se fosse stato utilizzato in funzione correttiva della reale disparità di trattamento che è dato riscontrare nella materia della retribuzione feriale: quella fra operai e impiegati. Dall’insieme della contrattualistica, infatti, affiora con nettezza la scelta di definire in termini onnicomprensivi il trattamento economico feriale di questi ultimi, mentre una nozione più ristretta (anche se pur sempre riferita al salario individuale) di retribuzione feriale appare adottata (talvolta) in relazione alle categorie operaie [188]
.{p. 156}
L’appello al principio di parità nell’accezione su indicata, anziché contribuire al superamento di discriminazioni normative persistenti anche dopo la realizzazione dell’inquadramento unico, sembra dunque andare in direzione esattamente opposta, nel senso di consolidare situazioni di disparità a danno degli operai, con l’obbiettivo evidente di contenere, anche per questa via, i costi del lavoro.
Anche a prescindere dal principio di parità, del resto, sono rintracciabili nell’ordinamento sufficienti indici normativi che avvalorano l’opinione che propende a commisurare la retribuzione feriale all’integrale trattamento economico normalmente percepito. Per un verso il riferimento generico alla retribuzione contenuto nella disciplina codicistica e costituzionale delle ferie non legittima la conclusione che si sia voluto abbandonare la stessa alla disponibilità dei privati ed alle loro previsioni contrattuali» [189]
. Esso, al contrario, sembra evocare la nozione più lata di retribuzione-corrispettivo [190]
. Per altro verso esistono norme di legge, in relazione a fattispecie specifiche di riposo feriale, abbastanza chiaramente ispirate a una nozione onnicomprensiva di retribuzione: così è disposto dalla legge 2 aprile 1958, n. 339 per il trattamento economico feriale del personale domestico, come pure dal r.d.l. 24 giugno 1937, n. 1334 in ordine al congedo matrimoniale degli impiegati [191]
. Più recentemente la commisurazione del trattamento feriale alla retribuzione normalmente percepita (in essa compreso finanche il controvalore delle prestazioni in natura) risulta imposta dall’art. 7 della legge 10 aprile 1981, n. 157, con la quale si è dato ratifica ed esecuzione alla convenzione 24 giugno 1970, n. 132 dell’OIL. Significativamente di tale disposi
{p. 157}zione è già stata fatta applicazione in giurisprudenza, in fattispecie relative al computo di straordinario continuativo nella retribuzione feriale di operai metalmeccanici [192]
.
Note
[177] In questi termini la formulazione riprodotta a partire dal ccnl 1° ottobre 1957 (art. 21); da ultimo si veda l’art. 26 del ccnl 6 luglio 1983.
[178] In contrario non varrebbe replicare che la prima delle due nozioni potrebbe ritenersi caratterizzata dalla comprensione in essa degli scatti di anzianità, giacché la stessa è stata introdotta nella contrattazione collettiva dei metalmeccanici quando ancora la disciplina degli scatti non era stata estesa agli appartenenti alla categoria operaia.
[179] Evidente l’equivoco quando, in riferimento alla retribuzione feriale, si afferma che il contratto collettivo ha stabilito «l’esclusione dal computo di ogni compenso non previsto in contratto con carattere di generalità, ma connesso a prestazioni lavorative particolari, e come tali comportanti speciali indennità retributive» (così L. Spagnuolo Vigorita, op. cit., p. 192). La sola esclusione delle indennità accessorie, infatti, ammesso che effettivamente ricorra, nulla dice in ordine alla valutazione degli aumenti individuali di merito, che costituiscono pur sempre l’essenza del carattere individuale del salario.
[180] Si v., da ultimo, l’art. 19 ccnl 6 luglio 1983.
[181] A mente dell’art. 19-parte operai del ccnl 8 gennaio 1970 «le ferie sono retribuite con la retribuzione globale di fatto. Per retribuzione globale di fatto, agli effetti del presente articolo, si intende la paga base di fatto e l’indennità di contingenza, più: per gli operai lavoranti ad economia la percentuale del 5%...; per gli operai normalmente lavoranti a cottimo, l’utile medio di cottimo...».
[182] Nel primo senso si v., per tutte, Pret.Terni, 23 dicembre 1983, in «Orient. giur. lav.», 1984, p. 412; Trib. Milano, 6 dicembre 1983, ivi, p. 419. La stessa interpretazione della norma contrattuale si ritrova in Pret. Milano, 2 dicembre 1980 (citata in nota 153), che peraltro ne trae ragione per una dichiarazione di parziale nullità della stessa ex art. 1419, 2° comma, cod. civ. Nel secondo senso si v., per tutte, Cass., n. 3044/1981 (citata in nota 153).
[183] Secondo la norma citata «la retribuzione oraria dei lavoratori, anche ai fini dei vari istituti contrattuali, si determina dividendo per 173 i minimi tabellari della classificazione unica, gli aumenti periodici di anzianità, l’indennità di contingenza, gli aumenti di merito nonché gli altri compensi già eventualmente fissati a mese ed aggiungendo a tali valori gli altri elementi orari della retribuzione quali cottimi, incentivi, indennità varie, ecc.». Della disposizione è stata proposta anche un’altra interpretazione, tendente ad escludere le maggiorazioni (e, in generale, le indennità accessorie) dalla nozione di retribuzione oraria ivi accolta, sulla base del rilievo che tali voci retributive non potrebbero far parte della retribuzione oraria perché sono da calcolare in percentuale della stessa: cfr. Sotgiu, op. cit., p. 43 s. Ma l’affermazione, oltre a contrastare col chiaro dettato della norma contrattuale, suona apodittica, non tenendo conto del fatto che i contratti collettivi possono ben quantificare un emolumento in relazione alla retribuzione (ovviamente agli altri elementi della retribuzione) e poi stabilire che lo stesso entri a farne parte. Così è, ad esempio, nel ccnl dei tessili dove le maggiorazioni per lavoro notturno o a squadre, che pure sono previste come componenti della retribuzione di fatto, vanno calcolate, appunto, in percentuale della retribuzione di fatto: si v., da ultimo, il combinato disposto degli artt. 31, 32 e 33 del ccnl 31 luglio 1983. Nel senso del testo cfr. Mariucci, La contrattazione collettiva, Bologna, il Mulino, 1985, p. 421, n. 104.
[184] Come ritiene parte della giurisprudenza e la prevalente dottrina. In senso contrario si v. però Carinci, Commento sub art. 14 Disc. spec., Parte prima, in Aa. Vv., Il contratto dei metalmeccanici, Bologna, Zanichelli, 1978, p. 175, secondo cui quell’esclusione è «di non cristallina legittimità».
[185] Cfr. Persiani, op. ult. cit., p. 468; Bianchi D’Urso, Onnicomprensività, cit., p. 135.
[186] R. Greco, Diritto del lavoro dell’emergenza e libertà dell’azione sindacale. Note per una valutazione di costituzionalità dopo l’intervento della Corte costituzionale sulla normativa del 1971/78, in «Foro it.», 1981, I, c. 14.
[187] Cfr., per rilievi simili, Mattatolo, Sulla utilizzazione del principio di onnicomprensività della retribuzione come «criterio residuale», in «Riv. it. dir. lav.», 1983, II, p. 619; in giurisprudenza, da ultimo, Pret. Roma, 23 marzo 1985, in «Riv. giur. lav.», 1985, II, p. 104.
[188] Ma non sempre: si v. retro nel testo quanto detto a proposito del ccnl dei tessili.
[189] Briguori Spina, op. cit., p. 282.
[190] Nello stesso senso sembra doversi interpretare il riferimento alla «retribuzione» contenuto nel r.d.l. 13 novembre 1924, n. 1825 (art. 7), per quantificare il trattamento economico feriale degli impiegati. Tant’è vero che il successivo art. 10, utilizzando l’espressione più ristretta «stipendio», sente la necessità di specificare che ad esso sono equiparati, ai fini del computo nella base di calcolo dell’indennità di anzianità, tutte le indennità continuative e di ammontare determinato, le provvigioni, i premi di produzione e le partecipazioni agli utili.
[191] A norma del r.d.l. 24 giugno 1937, n. 1334 «durante il congedo straordinario l’impiegato è considerato ad ogni effetto in attività di servizio». La formula legislativa è interpretata in senso restrittivo, ma, in verità, senza argomentazioni, da Mannacio, op. cit., p. 371; nel senso del testo si v. invece Tosi, op. cit., p. 56.
[192] Pret. Legnano, 10 febbraio 1984, in «Orient. giur. lav.», 1984, p. 451; Pret. Torino, 10 dicembre 1984, in «Lavoro ’80», 1985, p. 585.