Massimo Roccella
I salari
DOI: 10.1401/9788815411143/c2
Alla luce di questo criterio-guida va ovviamente risolto in senso positivo il dibattuto problema della computabilità nella retribuzione feriale delle maggiorazioni per lavoro notturno a turni e dei compensi per straordinario fisso o continuativo: in entrambi i casi, infatti, si tratta di componenti della parte diretta della retribuzione [211]
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Si comprende altresì la correttezza del richiamo al carattere della continuità in funzione selettiva degli elementi della retribuzione feriale. Non soltanto perché ad esso ricorrono i contratti collettivi anche nella materia in esame, ma soprattutto perché si tratta dell’indice di determinazione socialmente più apprezzabile di quel reddito su cui il lavoratore fa, normalmente, affidamento e che la retribuzione feriale deve rispecchiare.
Il medesimo riferimento alla continuità di erogazione si trova utilizzato in giurisprudenza anche per determinare le componenti della retribuzione dei giorni festivi, dovuta ai lavoratori retribuiti non in misura fissa [212]
. Anche in questo caso il richiamo trova riscontro nella contrattualistica: nel ccnl per gli operai edili, dov’era contenuta, come per le ferie, la previsione di una serie di voci da non computare nella retribuzione delle festività, si dispone, a partire dal rinnovo del ’57, l’inclusione nella relativa base di calcolo «di ogni altro compenso di carattere continuativo» [213]
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La disposizione del contratto degli edili trae probabilmente ragione dalla necessità di tener conto della nozione legale di retribuzione contenuta nella legge 31 marzo 1954, n. 90. Più di frequente, peraltro, i contratti collettivi contengono definizioni sostan{p. 163}zialmente ricalcate su quella di legge (tessili) o si limitano a fare ad essa riferimento (metalmeccanici).
Il ricorso alla continuità, peraltro, nella questione specifica sembra non essenziale e, talvolta, può risultare inadatto a risolvere singoli problemi di computo. Per affrontare i quali si rende, piuttosto, necessario intendere la ratio legis, la quale, imponendo di corrispondere nelle festività «la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio» mostra di condividere con la disciplina legale della retribuzione feriale il medesimo obbiettivo di garanzia del reddito.
Carattere comune alla retribuzione dei periodi di riposo, in altre parole, sembra essere quello di non comportare alcun nocumento economico per il singolo. Ciò è addirittura lapalissiano nella normativa sulle festività, dove il riferimento combinato alla «retribuzione globale di fatto» e agli elementi accessori di questa rende indubbio che si sta parlando del complesso del salario individuale [214]
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Mentre però la quantificazione del reddito da corrispondere in occasione delle ferie appare possibile, trattandosi di compenso che matura in ragione di anno, solo mediante l’utilizzo di quel criterio selettore, in relazione ai giorni festivi è sufficiente limitarsi a tener conto degli emolumenti che il lavoratore avrebbe percepito qualora la giornata non fosse coincisa con una festività [215]
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Attenendosi a questo principio-guida riesce agevole risolvere la questione, assai dibattuta, relativa alla computabilità nella retribuzione dei giorni festivi delle maggiorazioni per lavoro notturno. Queste andranno escluse dalla base di calcolo se attinenti a prestazioni del tutto episodiche e occasionali, mentre se ne dovrà tenere conto, oltre che nelle fattispecie di lavoro prestato esclusivamente in turno notturno, quando risultino legate a prestazioni di lavoro notturno a turni alternati. In quest’ultimo caso, peraltro, la maggiorazione andrà computata solo se la ricorrenza della {p. 164}festività ha impedito di rendere una prestazione lavorativa notturna, di modo che «la retribuzione per quella giornata inattiva sia di dimensioni quantitative non inferiori a quelle di cui il lavoratore avrebbe fruito se avesse lavorato» [216]
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La soluzione, in tutto conforme all’ispirazione della legge, si trova accolta anche nella contrattualistica: l’art. 27 - parte generale del ccnl 20 luglio 1973 per gli addetti alle industrie tessili varie, ad esempio, prevede che «la retribuzione di fatto delle giornate festive cadenti in una settimana nella quale si presti lavoro notturno verrà maggiorata della percentuale prevista per lavoro notturno» [217]
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Anche laddove i contratti collettivi non contengano una norma del medesimo tenore è da ritenere, peraltro, che il criterio proposto, alla luce dell’intenzione del legislatore, rettamente intesa, sia da applicare.
Ragionando in base ai medesimi criteri interpretativi potrebbe forse giungersi ad ammettere, in contrasto con un recente orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione [218]
, la computabilità nella retribuzione delle ricorrenze festive anche del compenso per lavoro straordinario fisso e continuativo. Se il senso della disciplina legislativa, infatti, è quello di assicurare al lavoratore la medesima retribuzione che avrebbe percepito qualora avesse regolarmente effettuato la sua prestazione, sembrerebbe coerente tener conto anche di quel compenso.
In contrario non può persuadere la circostanza, ricordata dalla Suprema Corte per sostenere la propria decisione, secondo la quale sarebbe la legge stessa ad imporre la commisurazione del trattamento delle festività a quello corrispondente «ad un sesto dell’orario normale contrattuale».
La disciplina legislativa delle festività, per la verità, prevede che la relativa retribuzione sia ragguagliata a «quella corrispondente a un sesto dell’orario settimanale contrattuale o, in mancanza, a quello di legge», con disposizione di cui pare abbastanza agevole intendere la ratio a fronte della realtà delle relazioni {p. 165}industriali degli anni ’50, caratterizzate da un regime dell’orario di lavoro tipicamente articolato su sei giornate di otto ore ciascuna.
In presenza degli attuali regimi di orario, consistentemente inferiori rispetto a quello legale massimo [219]
, l’interpretazione letterale della norma dovrebbe cedere il passo a fronte della (verosimile) intenzione del legislatore, analogamente a quanto la stessa Cassazione ha ammesso in relazione alla questione della determinazione della retribuzione spettante nei giorni festivi, quando l’orario di lavoro, di 40 ore settimanali, sia distribuito su cinque giorni lavorativi: questione risolta nel senso che il relativo trattamento vada ragguagliato ad 8 ore lavorative (dividendosi quindi l’orario settimanale contrattuale per cinque, anziché per sei come vorrebbe la lettera della legge) [220]
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Il compenso per lavoro straordinario fisso potrebbe, dunque, ritenersi compreso nella retribuzione delle festività, almeno in relazione a fattispecie in cui le relative prestazioni siano rese giorno per giorno, caratterizzate, cioè, da costante quotidianità di effettuazione (più che da mera continuità) [221]
; eccezion fatta, in ogni caso, della parte eventualmente afferente a prestazioni eccedenti il limite legale massimo dell’orario di lavoro, la cui considerazione sarebbe ultronea rispetto alle finalità esplicitate dalla legge.
Non va sottaciuto, peraltro, che una valutazione complessiva {p. 166}del contesto normativo potrebbe, non immotivatamente, indurre a ritenere che qualsivoglia compenso erogato in connessione a prestazioni eccedenti l’orario settimanale contrattuale sia da espungere dal parametro retributivo fissato dalla legge. L’obbiettivo di assicurare al singolo un reddito costante, in altre parole, potrebbe, non forzatamente, essere apprezzato in modo diverso in relazione a un compenso che matura in ragione di anno (retribuzione feriale), da quanto sia ragionevole fare per individuare il trattamento di singole giornate (festive). Per altro verso non andrebbe trascurato il rilievo, comune, che la sanzione legislativa dell’obbligo di retribuire le ricorrenze festive è stata disposta per parificare la condizione normativa degli operai a quella degli impiegati: da questo punto di vista andrebbe tenuto conto che a questi ultimi le prestazioni straordinarie vengono retribuite solo se, e in quanto, effettivamente rese.
L’insieme di tali argomentazioni, ad ogni modo, seppure vale a sottolineare l’incerta legittimità dell’inclusione dei compensi per lavoro straordinario nella base di calcolo del trattamento retributivo delle festività, non appare estensibile alla variegata tipologia delle indennità accessorie e alle maggiorazioni per lavoro notturno (intese nei termini prima indicati), trattandosi di emolumenti comunque corrisposti in dipendenza di prestazioni rese nell’ambito orario settimanale contrattuale [222]
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Solo un cenno, infine, in relazione alla possibilità di ridurre il parametro retributivo delle festività, compensando il trattamento economico deteriore con la concessione di un maggior numero di riposi (retribuiti) [223]
. Tale possibilità, invero, sembra da escludere sia perché la disciplina legislativa può essere derogata soltanto in melius (arg. ex art. 4 legge n. 90/1954); sia perché — come è stato esattamente rilevato — appare impossibile operare un raffronto fra le due ipotesi prospettate, stante «l’eterogeneità dei parametri di riferimento» [224]
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La questione, del resto, sembra di sapore accademico: quando i contratti collettivi prevedono festività ulteriori rispetto a quelle
{p. 167}legali (ad es. la festività del Santo Patrono), si limitano ad estendere ad esse la stessa disciplina propria di queste ultime [225]
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Note
[211] La ricostruzione proposta nel testo è esemplarmente rispecchiata, per quanto riguarda la computabilità delle percentuali di maggiorazione per lavoro notturno, dall’evoluzione normativa del contratto collettivo dei tessili. Questo contratto inizialmente prevedeva la computabilità nella retribuzione feriale delle sole maggiorazioni per lavoro notturno continuativo (in sintonia, peraltro, con la giurisprudenza dell’epoca: v. retro in nota 153). Successivamente ha adottato, a fini di computo della relativa maggiorazione sugli istituti, una nozione convenzionale di lavoro notturno continuativo, intendendo per tale quello prestato per almeno sette mesi nell’anno di maturazione del diritto (ferie o gratifica natalizia: art. 8 ccnl 31 gennaio 1962). Più recentemente si è ammessa la piena computabilità della maggiorazione in questione, anche se connessa a lavoro notturno a turni alternati, con una formulazione secondo la quale essa «verrà computata, agli effetti del trattamento per ferie e tredicesima mensilità, in ragione di tanti dodicesimi quanti sono stati — nell’anno di maturazione dei rispettivi istituti — i mesi nei quali vi è stata la corresponsione». La soluzione, accolta nell’art. 32 del ccnl 23 settembre 1976, sembra in linea con il prevalente orientamento giurisprudenziale (v. ancora retro in nota 153) e risulta sicuramente conforme al criterio di assicurare, anche durante le ferie, una costanza di reddito.
[212] Ad es. Pret. Napoli, 14 maggio 1958, in «Riv. giur. lav.», 1958, II, p. 298 (in fattispecie riguardante il computo dell’indennità di mensa); App. Milano, 14 aprile 1961, ivi, 1961, II, p. 295 (in fattispecie riguardante la computabilità della maggiorazione per lavoro notturno continuativo); Pret. Genova, 15 maggio 1962, in «Orient. giur. lav.», 1963, p. 301 (in fattispecie riguardante la computabilità di compenso per straordinario continuativo).
[213] Si v. il combinato disposto degli artt. 21, 33 e 34 del ccnl 1° ottobre 1957.
[214] Contra Persiani, I nuovi problemi, cit., p. 89, secondo cui anche in questo caso il riferimento sarebbe alla retribuzione «normale». Il carattere individuale della retribuzione delle festività si evince altresì dalla circolare del Ministro del Lavoro 18 ottobre 1954, n. 142/13624, che sottolinea la computabilità anche dei superminimi individuali: in argomento cfr. Natoli, In tema di «normale retribuzione globale di fatto», in «Riv. giur. lav.», 1956, II, p. 505.
[215] Cfr., con rilievi analoghi, Bianchi D’Urso, op. ult. cit., p. 154 ss.
[216] Così Cass., n. 1376/1970, cit. in nota 204.
[217] II medesimo criterio di calcolo era già stato adottato dallo stesso contratto collettivo in relazione alla percentuale di maggiorazione per lavoro a squadre: si v. l’art. 20 - parte operai del ccnl 22 maggio 1970.
[218] Cass., S.U., n. 1075/1084, citata in nota 200; in senso analogo si v. anche Cass., 5 dicembre 1984, n. 6388, in «Riv. giur. Lav.», 1985, II, p. 102.
[219] Nel caso deciso dalle Sezioni Unite si trattava di un orario settimanale contrattuale di 36 ore cui in fatto si era aggiunto, in sede aziendale, uno straordinario fisso di quattro ore.
[220] Cfr. Cass., 4 maggio 1977, citata da Alleva, Commento sub art. 7 disc. spec. - parte prima, in Aa.Vv, Il contratto dei metalmeccanici, cit., p. 151.
[221] Lo stesso Spagnuolo Vigorita, pur muovendosi in una prospettiva radicalmente negatrice della computabilità delle maggiorazioni, ritiene che, nella norma di legge, «la dichiarata specificazione (della retribuzione) nel senso di giornaliera non consente di fare riferimento ad altri elementi integrativi, che non siano quelli acquisiti dal singolo quotidianamente»: op. cit., p. 194. L’inclusione dei compensi per lavoro straordinario fisso ne! trattamento retributivo delle festività è stata sostenuta, sulla scorta di altro orientamento giurisprudenziale, anche affermandosi che «nulla impedisce di ritenere che l’orario ordinario sia stato ampliato in sede aziendale, con conseguente trasformazione delle prestazioni che ai termini del ccnl sarebbero straordinarie in lavoro ordinario in base alla disciplina aziendale dell’orario, con conseguente computabilità del compenso in questione nella base di calcolo della retribuzione per le festività»: così Petroccelli e Zanello, op. cit., p. 82, rifacendosi a Cass., 6 luglio 1983, n. 4550.
[222] Del tutto convincenti, in proposito, le argomentazioni di Bianchi D’Urso, op. ult. cit., p. 155.
[223] L’ipotesi è prospettata da Persiani, op. ult. cit., p. 76.
[224] Mattatolo, op. cit., p. 617.
[225] Si v., ad esempio, la disciplina contenuta nel ccnl dei metalmeccanici: da ultimo art. 7 - parte operai ccnl 1° settembre 1983.