Ciro Tarantino (a cura di)
Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c9
È evidente, però, come la riserva di legge assoluta, prevista dalla laconica disciplina recata dall’articolo 13 Cost., non sia rinforzata. Questa divergenza di impostazioni tra i valori compositivi della CEDU e della Costituzione ha pertanto indotto la dottrina a qualificare lo stesso articolo 13 Cost. alla stregua di norma meramente procedimentale, segnata
{p. 219}dal «vuoto dei fini» o alternativamente come un segmento di previsioni garantiste semplificato. La tesi che rinviene cogenti limiti contenutistici e finalistici alle disposizioni legislative privative della libertà ha trovato rinnovato vigore in forza della portata dell’articolo 117 Cost., come, modificato dalla l. cost. n. 3 del 2001, nonché in base al valore assegnato alle fonti pattizie internazionali dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, alla luce dell’impianto della carta fondamentale [31]
.
Il rilievo attuale di tale disputa interpretativa si scorge non appena si colga che, accettando il principio del vuoto dei fini, il legislatore nazionale potrebbe prevedere nuove forme di limitazione della libertà personale per il tramite di misure di prevenzione, di provvedimenti di sicurezza di varia natura del tutto svincolati dal numero chiuso di finalità perseguibili secondo Costituzione. Ne discenderebbe, pertanto, che l’area dei limiti finalistici per la persecuzione dei quali si potrebbero introdurre disposizioni limitative della libertà fisica risulterebbe ampia e indeterminata, riflettendosi in senso elastico sulla potenziale conformazione del diritto protetto dall’articolo 13 Cost.

3.2. I rapporti con la libertà di autodeterminarsi e la libertà di movimento e circolazione

Le più rilevanti trattazioni sistematiche sulla libertà personale nell’ordinamento italiano hanno sempre fatto leva, ai fini della definizione dell’oggetto di studio, sul valore del distinguo tra il bene tutelato dall’articolo 13 Cost., da una parte, e quelli protetti dagli articoli 16 e 23 Cost., dall’altra. Questo classico modo di procedere, almeno per la dottrina italiana, scaturiva da una constatazione pragmatica. Il problema non poteva essere eluso in primo luogo perché la Corte costituzionale era stata indotta ad occuparsene. La Corte, non di rado, ha combinato sincreticamente i propri approdi giurisprudenziali così da individuare il campo di tutela della libertà personale con i criteri di distinzione tra libertà di circolazione e di autodeterminazione da una parte, e garanzie poste dall’articolo 13 Cost., dall’altra. Il rapporto tra questi strutturati orientamenti giurisprudenziali, peraltro, non è stato privo di elementi di incoerenza e di a-sistematicità. In dottrina, vi si è fatto riferimento, tuttavia, proprio per rispondere alle esigenze di sistematicità, riponendo una certa implicita fiducia nel fatto che le distinzioni e le separazioni tra campi di operatività delle diverse situazioni giuridiche soggettive tutelate in Costituzione potessero in certa misura agevolare lo studio della libertà dalle coercizioni sulla base di una {p. 220}definizione positiva del diritto in questione. Si sarebbe così evitato di individuarlo per il tramite riduttivo delle misure limitative e privative, e cioè – come si chiariva in precedenza – a contrario. Tuttavia, tali aspettative di sistematizzazione sono risultate tradite, giacché anche lo studio comparativo di ciò che significa e implica autodeterminazione e libertà di circolare ha finito con il seguire la medesima sorte del concetto di libertà personale: quella di essere definito circolarmente sulla scorta delle misure incidenti in modo limitativo su tali situazioni giuridiche soggettive. Su tale quadro di insieme, si è innestato poi il consolidamento della giurisprudenza della Corte EDU, secondo cui ad esempio, l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza dell’interessato non ha carattere privativo della libertà di movimento (id est: della libertà personale) [32]
, e comporta, invece, una mera limitazione della libertà di circolazione, protetta dall’articolo 2 Prot. 4 CEDU [33]
. La Corte di Strasburgo argomenta per l’esclusione dell’applicabilità del sistema di garanzie di cui all’articolo 5 CEDU, evidenziando che non si ricade in misure privative della libertà personale quando, per effetto del provvedimento, si è «liberi di lasciare la propria abitazione durante le ore diurne e di mantenere relazioni con il mondo esterno». Osservare l’aleatorietà di fondo di questo criterio distintivo è piuttosto agevole, specie se si ha a mente che nel lontano 1980, la stessa Corte EDU aveva invece ritenuto incidente sul bene protetto dall’articolo 5 della Convenzione una misura di confino su un’isola [34]
, irrogata a titolo di sorveglianza speciale.

3.3. L’influenza della CEDU sul concetto e sul contenuto di libertà personale

Più in generale, la capacità conformativa dello statuto della disciplina della libertà personale dispiegata dall’articolo 5 CEDU si è rivelata, nei fatti, assai esigua [Pace 2001], con la sola eccezione della delicata questione delle condizioni esecutive delle misure privative; quest’ultima ha rappresentato, invece, un campo della massima delicatezza, con riguardo alle condizioni di detenzione carceraria. Non è mancato poi, un notevole influsso derivato dalla sentenza De Tommaso c. Italia, sull’intero ambito del sistema di prevenzione ante delictum.
Le ragioni di questo limitato impatto sono da rintracciare nella logica processuale – e nelle conseguenze giuridiche che da essa scaturiscono – in seno al giudizio presso la Corte di Strasburgo. L’ultimatività quale requisito di accesso alla giustizia convenzionale e la natura di processo che vede contrapposti il cittadino ricorrente e lo Stato controparte, cui può comminarsi quasi esclusivamente una sanzione di natura pecuniaria, sono fattori che incidono non poco nel non fare emergere, con il dovuto nitore, gli elementi di distonia testuale che pure si colgono in sede di rapporto tra la struttura giuridica dell’articolo 13 Cost. e quella dell’articolo 5 CEDU. Si tratta, invero, di differenze non secondarie, visto che esse presidiano sia i presupposti giustificativi e finalistici della privazione della libertà personale (puntualmente delimitati a livello convenzionale, totalmente assenti nella disciplina costituzionale del 1948), sia le tecniche di garanzia che nell’articolo 5 CEDU incorporano, almeno in parte, le tecniche di difesa processuale, mentre nell’impostazione dell’articolo 13 Cost. si risolvono principalmente nella capacità garantista esplicata dalla riserva di giurisdizione.

4. Il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale e l’oggetto delle sue funzioni di controllo con riguardo alla condizione di disabilità

L’istituzione del Garante per i diritti delle persone private della libertà personale ha determinato una ridefinizione del perimetro, dei contenuti e delle determinanti dell’effettività della libertà personale nell’ordinamento. L’Autorità garante ha ritenuto, sin dagli esordi della propria azione, di ripartire in aree e settori i propri ambiti di controllo e di verifica [35]
. Ne è derivato un contributo rilevante se non nello stabilire quale sia il complessivo statuto giuridico della libertà personale, almeno nel chiarire quale siano le situazioni, i contesti e le determinanti per le quali la libertà fisica dalla coercizione diviene a rischio di sacrificio o di limitazione. Dunque, un’analisi che, sebbene si ponga alla base di esigenze per lo più operative, epistemologicamente non è senza effetti. È pur vero che anche questa opera di sistemazione non si sottrae alla logica circolare per cui la libertà che qui si esamina si individua per le misure che la minacciano e la vulnerano; tuttavia, le Relazioni al Parlamento per gli anni 2016 e 2017 lasciavano {p. 222}intravvedere gli effetti di una prospettiva di indagine a largo spettro che non si limita a elencare e cogliere, una per una, le misure potenzialmente privative e limitative.
Al contrario, emerge una terza via che trascende il tentativo di individuare positivamente in che consista il bene giuridico di cui all’articolo 13 Cost. e, al contempo, ricusa di ricostruirne lo statuto al contrario, cioè muovendo dal pulviscolare elenco delle misure che incidono su tale diritto fondamentale. Non a caso, questa prospettiva di studio ha l’indubbia virtù di cogliere, tra le pieghe dell’ordinamento, quelle aree o zone che nascondono allo sguardo le limitazioni occulte della libertà in esame o ne concretano una compressione implicita.
D’altra parte, l’istituzione e le finalità del Garante hanno risentito dello stato complessivo degli studi sulla libertà personale, ma, a rebours, esse concorrono oggi a trasformarli. Nel mondo delle misure coercitive in Italia, fa irruzione, infatti, un’Autorità che assume in sé poteri e prerogative tipici degli organi di controllo [36]
. {p. 223}
Se la natura di tale funzione svolta dal Garante può dirsi pacifica, non è però agevole cogliere se essa ne esaurisca i confini del ruolo; inoltre, è ancora una volta l’oggetto della funzione di controllo a essere tutt’altro che scontato. Pertanto, l’indagine sui suoi confini merita di essere precisata, se non si vuole incorrere in equivoci di metodo e in conseguenze pratiche che rischiano di condurre a un riduzionismo o persino allo smarrimento delle non trascurabili potenzialità di cui è dotato tale istituto. Rileva innanzitutto chiedersi se il raggio di azione del Garante sia orientato alla sola verifica del rispetto di quanto disposto dall’articolo 13, comma 4, Cost., e quindi a porre al centro delle sue verifiche, unicamente le condizioni modali che vive chi è privato della libertà personale o si trova in condizione di limitazione nel suo esercizio.
Nel caso si risponda negativamente a tale primo quesito, ne seguirà, l’assunzione quale oggetto delle funzioni del Garante, la libertà personale nel suo significato costituzionale più ampio e omnicomprensivo [37]
. Che il ruolo del Garante non possa ridursi alla mera sorveglianza delle modalità con cui si realizzano le restrizioni della libertà personale, lo dimostrano plurimi e concordanti elementi logici, derivanti da un’interpretazione sistematica del suo statuto di funzionamento. In primo luogo, l’assegnazione di un compito di vigilanza deve essere effettuato alla luce della stella polare delle discipline interne e sovranazionali, per il rispetto delle quali, notoriamente, non basta che le singole condizioni detentive, limitative o privative della libertà personale non violino il limite dei trattamenti disumani e degradanti, ma occorre anche che si rispettino le altre garanzie procedurali e contenutistiche della limitazione della libertà fisica delle persone, ivi compresi i limiti finalistici per i quali esse sono previste comminate o eseguite. Ne deriva che la funzione di controllo del Garante può e anzi deve spingersi a valutare la compatibilità delle singole discipline di legge
{p. 224}con le guarentigie costituzionali, con quelle previste dalla CEDU e dalle altre fonti pattizie internazionali che riguardano la libertà della persona. Non a caso, il Garante è soggetto consultato, cioè chiamato a esprimersi con puntuali pareri, sui testi di normazione primaria che modifichino e comunque incidano sulla libertà personale in Italia.
Note
[31] Cfr., al riguardo, le storiche e gemellari Corte costituzionale sentt. nn. 348 e 349 del 2009.
[32] Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Grande Camera, sent. 23 febbraio 2017, De Tommaso contro Italia. Sulla pronuncia si dovrà tornare in seguito, data la sua rilevanza anche in tema di pericolosità sociale e di qualità delle disposizioni di natura penale. Basti qui rilevare che la sentenza fa segnare una certa prossimità della logica di giudizio impiegata con la Corte costituzionale, sullo specifico profilo dei rapporti tra libertà personale e libertà di circolazione, a muovere proprio dalle relative misure limitative.
[33] Sul punto, Viganò [2016].
[34] Si fa riferimento alla celebre Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sent. 6 novembre 1980, Guzzardi contro Italia.
[35] Per considerare il panorama europeo, conviene muovere dall’istituzione francese che, a partire dal nome dell’Autorità, sottopone ad attività di controllo i luoghi della restrizione; sul punto, cfr., infatti, il Contrôleur Général des lieux de privation de liberté [2017]. Sembra trattarsi di un istituto che muove dalla precompressione della separatezza ordinamentale dei luoghi di restrizione della libertà personale, giacché, tra l’altro, al loro interno l’Autorità deve verificare il rispetto dei diritti fondamentali nella loro interezza.
[36] L’articolo 7 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, ha istituito il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale e gli ha attribuito le funzioni puntualmente enumerate nel comma 5 del medesimo articolo che così dispone: Il Garante nazionale, oltre a promuovere e favorire rapporti di collaborazione con i garanti territoriali, ovvero con altre figure istituzionali comunque denominate, che hanno competenza nelle stesse materie: a) vigila, affinché l’esecuzione della custodia dei detenuti, degli internati, dei soggetti sottoposti a custodia cautelare in carcere o ad altre forme di limitazione della libertà personale sia attuata in conformità alle norme e ai principi stabiliti dalla Costituzione, dalle convenzioni internazionali sui diritti umani ratificate dall’Italia, dalle leggi dello Stato e dai regolamenti; b) visita, senza necessità di autorizzazione, gli istituti penitenziari, gli ospedali psichiatrici giudiziari e le strutture sanitarie destinate ad accogliere le persone sottoposte a misure di sicurezza detentive, le comunità terapeutiche e di accoglienza o comunque le strutture pubbliche e private dove si trovano persone sottoposte a misure alternative o alla misura cautelare degli arresti domiciliari, gli istituti penali per minori e le comunità di accoglienza per minori sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria, nonché, previo avviso e senza che da ciò possa derivare danno per le attività investigative in corso, le camere di sicurezza delle Forze di polizia, accedendo, senza restrizioni, a qualunque locale adibito o comunque funzionale alle esigenze restrittive; c) prende visione, previo consenso anche verbale dell’interessato, degli atti contenuti nel fascicolo della persona detenuta o privata della libertà personale e comunque degli atti riferibili alle condizioni di detenzione o di privazione della libertà; d) richiede alle amministrazioni responsabili delle strutture indicate alla lettera b) le informazioni e i documenti necessari; nel caso in cui l’amministrazione non fornisca risposta nel termine di trenta giorni, informa il magistrato di sorveglianza competente e può richiedere l’emissione di un ordine di esibizione; e) verifica il rispetto degli adempimenti connessi ai diritti previsti agli articoli 20, 21, 22, e 23 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni, presso i centri di identificazione e di espulsione previsti dall’articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, accedendo senza restrizione alcuna in qualunque locale; f) formula specifiche raccomandazioni all’amministrazione interessata, se accerta violazioni alle norme dell’ordinamento ovvero la fondatezza delle istanze e dei reclami proposti ai sensi dell’articolo 35 della legge 26 luglio 1975, n. 354. L’amministrazione interessata, in caso di diniego, comunica il dissenso motivato nel termine di trenta giorni; g) trasmette annualmente una relazione sull’attività svolta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché al Ministro dell’interno e al Ministro della giustizia.
[37] Per il sistema francese, è eloquente lo stesso nome dell’istituzione omologa: Le Contrôleur général des lieux de privation de liberté. La direttrice per declinare le funzioni di controllo di quell’istituzione risiede certamente nell’indagine sui luoghi ove si realizzano le limitazioni della libertà personale. Una scelta che, evidentemente, il legislatore italiano ha ritenuto di non seguire, confermando l’opportunità di prendere in considerazione non solo le sedi e gli ambiti spaziali teatro di privazioni e compressioni della libertà fisica, ma la completa congerie delle misure che su di essa incidono, anche quando non integrano forme più o meno classiche di detenzione o internamento.