Ciro Tarantino (a cura di)
Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c29

Luca Fazzi Linee guida e strategie per la prevenzione e la gestione del maltrattamento in RSA

Notizie Autori
Luca Fazzi insegna Servizi sociali innovativi e Teorie e approcci al servizio sociale presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento. Direttore del master in Gestione delle imprese sociali, si occupa di organizzazione dei servizi sociali e sanitari e di organizzazioni della società civile. Tra le sue pubblicazioni: Il maltrattamento dell’anziano in Rsa. Analisi del fenomeno, strumenti per l’individuazione, strategie di prevenzione (Maggioli, 2021).
Abstract
Come prevenire e gestire il fenomeno del maltrattamento di anziani e disabili adulti nelle strutture residenziali è da diversi anni oggetto di studio in molti Paesi del mondo. Il presupposto essenziale di ogni strategia tesa a prevenire il maltrattamento nelle RSA parte dagli indirizzi e dagli obiettivi che si prefiggono gli enti. Gli obiettivi di prevenzione e gestione del maltrattamento dovrebbero essere considerati a tutti gli effetti obiettivi aziendali. Il maltrattamento è un fenomeno che una volta normalizzato è difficile da osservare. Molte forme di maltrattamento entrano a fare parte delle routine quotidiane e sono interiorizzate come normali pratiche di lavoro. Uno dei grandi problemi della prevenzione, così come della gestione degli episodi di maltrattamento, è rappresentato dalle segnalazioni. La ricerca empirica rileva una difficoltà diffusa a segnalare i maltrattamenti nelle strutture residenziali causata da diverse ragioni. Quando si assiste a qualche episodio conclamato di abuso è consuetudine individuare la causa nelle cosiddette «mele marce»: operatori che trasgrediscono ai comportamenti professionali e deontologici e che si approfittano della loro discrezionalità per compiere atti di maltrattamento di cui i superiori sono all’oscuro. È opinione condivisa che la probabilità che si verifichino episodi di maltrattamento aumenta anche in relazione al tipo di modello organizzativo. Un ultimo aspetto fondamentale rispetto a cui intervenire riguarda la gestione degli episodi di maltrattamento. Uno dei problemi che si rilevano nella maggior parte delle strutture è che quando viene alla luce un abuso non ci sono regole e sistemi organizzati per prendere in mano le situazioni e il tutto tende a essere delegato a una gestione emergenziale. Un protocollo di gestione dei casi di maltrattamento infine dovrebbe prevedere la possibilità di attivare processi di supporto alle persone maltrattate. Il sostegno alle conseguenze del maltrattamento è dunque una competenza fondamentale da sviluppare e che dovrebbe diventare parte integrante della formazione e dell’organizzazione del lavoro delle strutture residenziali.

1. Un’introduzione: il ruolo delle politiche e della legislazione

Come prevenire e gestire il fenomeno del maltrattamento di anziani e disabili adulti nelle strutture residenziali è da diversi anni oggetto di studio in molti Paesi del mondo. Le strategie devono tenere conto di molteplici fattori, ma l’idea condivisa dalla maggior parte dei ricercatori è che sia necessario adottare politiche mirate alla conoscenza e alla prevenzione, non delegando l’intera responsabilità solo alla volontarietà delle singole strutture di affrontare il tema [Fazzi 2021; Araten-Bergman et al. 2017]. Un intervento sia normativo che di indirizzo svolge da questo punto di vista un fondamentale ruolo per prevenire e gestire il fenomeno.
Negli ultimi anni le preoccupazioni maggiori dei legislatori nazionali e regionali rispetto all’assistenza residenziale hanno riguardato la gestione dei costi e l’emergenza COVID [Gori e Luppi 2022].
Con l’incremento della popolazione anziana con grandi patologie in particolare, la spesa per la residenzialità è aumentata e sono stati introdotti a ondate successive nuovi standard per il controllo del budget. Le figure dirigenziali delle RSA sempre più si sono dovute confrontare con i problemi di controllo di gestione e di razionalizzazione dell’assistenza e mancano spesso incentivi, conoscenze e competenze per affrontare con cognizione di causa il fenomeno del maltrattamento. Con l’esplosione della pandemia la priorità è stata di mettere in sicurezza le strutture e questo è stato fatto principalmente adottando le circolari ministeriali e gestendo l’emergenza.
La fase post pandemica apre tutta una serie di questioni dirimenti sul futuro delle RSA e tra queste quella del maltrattamento assume un ruolo non secondario anche a seguito dell’incremento di visibilità dato al fenomeno dalla chiusura prolungata delle strutture e dalle ripetute denunce di familiari e associazioni di tutela e advocacy.
Le misure che i legislatori possono mettere in campo sono molteplici e hanno sia carattere vincolante come l’obbligo per le strutture dell’adozione {p. 648}di specifici comportamenti che di indirizzo generale. Specifiche prescrizioni possono essere inserite nelle richieste di accreditamento regionali mentre gli atti di indirizzo sono documenti di orientamento che possono assumere la forma di linee guida.

2. Obiettivi, leadership e linee guida

Il presupposto essenziale di ogni strategia tesa a prevenire il maltrattamento nelle RSA parte dagli indirizzi e dagli obiettivi che si prefiggono gli enti. Gli obiettivi di prevenzione e gestione del maltrattamento dovrebbero essere considerati a tutti gli effetti obiettivi aziendali. Se si vuole introdurre una nuova consapevolezza e una nuova cultura di prevenzione dei maltrattamenti nelle RSA è indispensabile che si lavori sul doppio binario della cultura e della formazione da un lato e delle regole e degli impegni istituzionali dall’altro. Gli obiettivi classicamente costituiscono un indicatore importante per valutare l’operato sia degli enti che dei dirigenti responsabili della loro conduzione. Attraverso l’aziendalizzazione delle RSA per esempio sono stati introdotti gli obiettivi di bilancio che hanno segnato in modo importante sia gli stili di management dominanti, che le priorità perseguite da molte strutture. Introdurre un obbligo di individuazione formale di obiettivi di prevenzione del maltrattamento significa 1) che i dirigenti hanno una responsabilità diretta in materia di prevenzione del maltrattamento e in base anche ad essa vanno valutati e 2) che devono essere presentate e rese operative azioni congruenti e verificabili con gli obiettivi prefissati.
Le figure dei direttori sono centrali per le decisioni di una RSA [Zanutto 2013]. Ne consegue che il solo obbligo di individuare obiettivi per la prevenzione del maltrattamento nell’ambito della programmazione annuale delle attività non è di per sé sufficiente per attuare efficaci politiche di prevenzione e gestione del maltrattamento. Per aiutare le figure apicali a sviluppare conoscenze e capacità di prevenire l’abuso nelle sue variegate forme un ruolo importante è svolto dalla preparazione e dalla messa a disposizione di linee guida. Le linee guida sono raccomandazioni finalizzate all’assunzione di decisioni appropriate per la gestione di specifici problemi, molto utilizzate in sanità, ma adottate anche per la prevenzione del maltrattamento in altri ambiti come l’infanzia.
Mentre a livello internazionale l’uso di linee guida è diffuso da anni, in Italia attualmente le uniche linee guida per la prevenzione e gestione del maltrattamento sono state elaborate da UPIPA – l’Unione provinciale istituzioni per l’assistenza del Trentino e sono da due anni in fase di sperimentazione [Fazzi e Giordani 2023]. Le linee guida UPIPA si suddividono {p. 649}in cinque aree: la prima riguarda le politiche e le linee di indirizzo degli enti; la seconda l’osservazione e il monitoraggio del rischio attraverso la definizione di strumenti e indicatori per monitorare il fenomeno; la terza la formazione e la gestione del personale, la quarta i modelli e i processi organizzativi e l’ultima le procedure di gestione del maltrattamento una volta che i maltrattamenti si sono manifestati [UPIPA 2019].
Le scelte dell’applicazione delle linee guida sono delegate ai singoli enti che differiscono per dimensioni, modelli organizzativi, e possibilità di utilizzo delle risorse. In questo senso le linee guida non sono prescrizioni come possono risultare i protocolli, bensì orientamenti che forniscono indicazioni che ciascun ente è chiamato ad adattare alle proprie esigenze, strategiche, organizzative e funzionali. Si possono pertanto avere nelle programmazioni annuali degli enti obiettivi e misure diverse per la prevenzione del maltrattamento. Per esempio: un ente può definire come obiettivo del primo anno la realizzazione di un programma di formazione per il personale; come obiettivo del secondo anno l’introduzione di un sistema di monitoraggio strutturale del maltrattamento, ecc.
L’elemento decisivo è che ogni RSA, nel rispetto delle proprie autonomie gestionali e organizzative, ha la possibilità di inserire nel suo piano annuale, delle attività mirate alla prevenzione del maltrattamento seguendo la logica del «vestito su misura», valorizzando quindi gli apporti interni e promuovendo una cultura della gestione strategica degli enti.

3. Strumenti di osservazione e sistemi di monitoraggio

Il maltrattamento è un fenomeno che una volta normalizzato è difficile da osservare. Molte forme di maltrattamento entrano a fare parte delle routine quotidiane e sono interiorizzate come normali pratiche di lavoro. La letteratura internazionale rileva come sia proprio questo effetto di normalizzazione uno dei fattori di rischio più importanti rispetto al processo di «endemizzazione» dei maltrattamenti. Negli ultimi vent’anni sono stati creati molteplici strumenti per conoscere e osservare sia i comportamenti maltrattanti e le loro conseguenze che i fattori di rischio e di protezione [Schofield 2017]. Ogni forma di maltrattamento per esempio è collegata a specifici indicatori e fattori di rischio di cui personale e direzioni dovrebbero essere informati e consapevoli. Quando un ospite di una struttura per esempio indossa gli stessi indumenti per alcuni giorni, presenta un aspetto poco curato, ha un’igiene orale scadente oppure le labbra costantemente secche si è di fronte a segnali espliciti di trascuratezza o incuria. Se in un soggetto fragile si rilevano improvvisi cambi di umore, depressione, perdita di interessi e loquacità o si moltiplicano le richieste di tornare {p. 650}a casa dopo un periodo di tranquillità è importante comprendere se si sta verificando qualche forma di maltrattamento psicologico ed emotivo, magari anche non intenzionale e determinato da scarsa preparazione o alto stress del personale.
Oltre che fornire strumenti di osservazione dei segnali di maltrattamento, è particolarmente rilevante che le RSA si dotino di sistemi informativi per il monitoraggio dei fattori di rischio. I fattori di rischio sono situazioni o condizioni che la ricerca empirica ha rilevato essere associate alla maggiore probabilità della comparsa di particolari conseguenze. I fattori di rischio si distinguono in genere tra modificabili e non modificabili e bisogna essere coscienti che la natura stessa del lavoro di cura con persone molto fragili espone intrinsecamente a un pericolo maggiore di stress, burnout e aggressività. Molti fattori di rischio sono tuttavia anche in ambienti particolarmente difficili da modificare; per fare ciò è fondamentale però disporre di un sistema di rilevazione e monitoraggio adeguato.
Il rischio di maltrattamento di anziani e disabili in struttura è associato a indicatori standard ampiamente conosciuti e di relativamente facile reperimento. Per esempio il rischio di maltrattamenti tende a essere maggiore in presenza di un alto livello medio di dipendenza degli anziani e dei disabili e della diffusione di particolari patologie e condizioni fisiche e cognitive associate a comportamenti problematici e aggressivi. Tra il 2020 e il 2021 il blocco di nuovi ingressi nelle RSA causato dalle chiusure per COVID ha creato una sorta di tappo di bottiglia che ha generato un accumulo di domande di ricovero. In diverse RSA, i posti lasciati vuoti a seguito dei decessi degli ospiti sono stati riempiti in un arco molto breve di tempo con un fortissimo aggravio dei carichi di lavoro e un conseguente incremento delle condizioni di stress dei lavoratori e una riduzione della possibilità di rispondere ai bisogni dei più fragili. Rapide variazioni delle caratteristiche degli ospiti possono riguardare più semplicemente la composizione percentuale delle persone con demenza in un piano o in un reparto. Avere cognizione di tali variazioni e delle loro conseguenze e disporre di un sistema di allerte codificato per registrare eventuali situazioni di rischio può consentire di introdurre correttivi e azioni di sostegno per il personale e nell’organizzazione del lavoro e di evitare l’esplodere di episodi critici.
L’istituzione di sistemi di monitoraggio stabili nelle RSA sui fattori di rischio di maltrattamento può funzionare come strumento di prevenzione anche rispetto al controllo delle caratteristiche del personale. Lavorare in condizioni di stress prolungato come è accaduto durante la pandemia, tende ad aumentare le condizioni di burnout del personale e di conseguenza il rischio di comportamenti aggressivi [Shinan-Altman e Cohen 2009]. Avere su un piano uno o due operatori in burnout è un fattore di rischio rispetto al quale porre la massima attenzione perché è probabile {p. 651}che l’atteggiamento nei confronti dei fragili da parte del personale tenda a essere caratterizzato da distanza emotiva e forte frustrazione.
Una situazione di rischio si profila anche quando nel breve periodo un certo numero di operatori esperti si dimette o cambia lavoro ed è sostituito da personale inesperto, o a bassa qualificazione che dispone di meno competenze per gestire relazioni complesse con le persone fragili. Anche in questi casi, un monitoraggio costante è la principale garanzia per avviare misure di prevenzione e correzione come una supervisione per il personale oppure politiche di turnazione nei reparti o di formazione sul campo per i nuovi assunti.
Infine da riconoscere, osservare e monitorare come fattori di rischio sono anche talune condizioni organizzative come la dimensione degli organici in rapporto agli ospiti, i carichi di lavoro, le ore di straordinario richieste ai singoli operatori, e in generale il clima organizzativo. Da monitorare sono in particolare gli aumenti di carichi di lavoro a causa del turnover del personale o di riorganizzazione dei compiti, l’incremento di richieste di ore di lavoro straordinario per sopperire alla mancanza di personale, l’assenza o il mancato aggiornamento periodico dei Piani assistenziali individuali che indicano una scarsa o mancante personalizzazione delle cure.
L’introduzione di sistemi informativi e monitoraggio dei fattori di rischio può essere una decisione dei singoli enti ma più efficace sarebbe che diventasse un requisito per l’accreditamento a livello regionale in modo tale da conferire alla funzione del monitoraggio un carattere di obbligatorietà e di aumentare a livello istituzionale l’attenzione sui fattori di rischio di maltrattamento.

4. «Reporting» e segnalazioni

Uno dei grandi problemi della prevenzione, così come della gestione degli episodi di maltrattamento, è rappresentato dalle segnalazioni. La ricerca empirica rileva una difficoltà diffusa a segnalare i maltrattamenti nelle strutture residenziali causata da diverse ragioni. In primo luogo, le segnalazioni sono legate al modo con cui le persone percepiscono le situazioni di maltrattamento [Ziminski Pickering e Rempusheski 2014]. «Non si può pretendere troppo», «non si può fare diversamente», «così van le cose, purtroppo» sono affermazioni usate spesso per giustificare situazioni di maltrattamento insite nelle pratiche quotidiane dell’assistenza e che mettono in luce la difficoltà di comprensione e categorizzazione dei comportamenti maltrattanti. Con questi presupposti, il mancato rispetto della privacy, l’infantilizzazione, la poca abilitazione, la trascuratezza,
{p. 652}diventano elementi che fanno parte integrante del lavoro di assistenza e che assumono per tale motivo lo status di pratiche non modificabili.