Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c23
Fabrizio Starace Il Budget di Progetto
Notizie Autori
Fabrizio Starace
è direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell’AUSL di Modena e presidente della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP). Componente del Consiglio Superiore di Sanità, dal 2022 ne presiede la Sezione III. Nel 2020 è stato nominato membro del Comitato di esperti in materia economica e sociale istituito dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per pianificare la ripresa dall’emergenza COVID-19. Dal 2021 al 2023 ha coordinato il Tavolo tecnico ministeriale per la Salute Mentale. Tra le sue pubblicazioni, la cura del volume Il budget di salute nel sistema di welfare italiano (Il pensiero Scientifico Editore, 2024).
Abstract
Il coinvolgimento dei diretti interessati e la loro attivazione nel processo di cura costituisce ormai un principio assodato nelle politiche sociali co-progettate. Il Budget di Salute (BdS) sembra essere uno strumento appropriato, a condizione che venga applicato coerentemente con i suoi princìpi fondamentali. Il BdS, nella sua accezione corrente, viene utilizzato per dare sostegno a un insieme personalizzato di interventi di natura sia sociale che sanitaria, composti e armonizzati da un Progetto terapeutico riabilitativo individualizzato. Quando trasferiti all’area della disabilità, i princìpi del BdS assumono più specificamente la denominazione di Budget di Progetto (BdP), a sostegno di un Progetto personalizzato che include tutte le risorse disponibili. In sintesi, il BdP a sostegno del Progetto personalizzato e partecipato dalla persona con disabilità si pone come contenitore unico e strategicamente orientato di misure e interventi legati alla persona. La pratica maturata a partire dall’applicazione del Budget di Salute mostra che i sistemi di welfare, quando sostenuti da una cornice opportuna, sono in grado di accompagnare le persone nel riconquistare (o conquistare) la cittadinanza.
1. L’origine: il Budget di Salute [BdS]
Il coinvolgimento dei diretti
interessati e la loro attivazione nel processo di cura costituisce ormai un principio
assodato nelle politiche sociali co-progettate [Tognetti Bordogna et
al. 2019]; al contempo, il sistema sanitario ha messo in campo sempre
maggiori strategie per allineare i servizi alle necessità e alle richieste dei pazienti
[Tognetti Bordogna et al. 2020]; in questo processo l’integrazione
socio-sanitaria ha assunto un ruolo rilevante, dal momento che un sistema integrato e
personalizzato di interventi sociali e sanitari è capace di promuovere la salute dei
cittadini nel loro contesto di vita e all’interno della loro comunità di appartenenza.
Negli ultimi anni, un crescente
interesse è stato rivolto alle esperienze territoriali di integrazione socio-sanitaria
condotte attraverso l’applicazione del Budget di Salute (BdS) [Pellegrini e Ceroni
2019]. Con questa locuzione si indica lo strumento più articolato e composito utilizzato
per dare fedele attuazione ai princìpi dell’integrazione socio-sanitaria
[1]
. Essi perseguono la finalità di recuperare e/o mantenere e/o rafforzare
l’autonomia individuale di persone i cui bisogni «richiedono prestazioni sanitarie ed
azioni di protezione sociale, anche di lungo periodo, sulla base di progetti
personalizzati redatti sulla scorta di valutazioni multidimensionali»
[2]
.
Tali interventi, previsti dai Livelli
essenziali di assistenza (LEA), costituiscono diritti esigibili dai cittadini e hanno lo
scopo di recuperare, mantenere o rafforzare l’autonomia individuale delle persone,
contrastando l’istituzionalizzazione, la segregazione e la delega della cura a soggetti
terzi, attraverso il coinvolgimento della persona stessa e della sua comunità.
¶{p. 536}
Il Budget di Salute (BdS) sembra
essere uno strumento appropriato per rispondere alle questioni sopra descritte, a
condizione che venga applicato coerentemente con i suoi princìpi fondamentali e non
utilizzato solo come un’etichetta di tendenza per giustificare pratiche superate. Il BdS
svolge un ruolo potente di composizione degli interventi sociali e sanitari,
integrazione a volte praticata più a parole che nei fatti. La retorica dell’unitarietà
della persona, della «persona al centro», presente nei documenti di politica sociale e
sanitaria da almeno vent’anni, non è stata sempre seguita da scelte programmatorie,
gestionali, organizzative e amministrative conseguenti.
La diffusa riflessione sul tema è
giustificata da numerose e convergenti motivazioni: l’aumento della richiesta di
assistenza a lungo termine; l’analisi costi/opportunità di risposte istituzionali che
utilizzano logiche tayloriste per concentrare un gran numero di persone; la volontà di
incrementare la dimensione domiciliare degli interventi; una più ampia attenzione alle
strategie di capacitazione individuale, inclusione sociale e riduzione delle
disuguaglianze; il protagonismo dei diretti interessati e la loro determinazione a
influenzare le decisioni che li riguardano [Mosca 2018].
1.1. Gli elementi caratteristici del modello BdS
Il BdS, nella sua accezione
corrente, viene utilizzato per dare sostegno a un insieme personalizzato di
interventi di natura sia sociale che sanitaria, composti e armonizzati da un
Progetto terapeutico riabilitativo individualizzato (PTRI); la finalità del PTRI è
sostenere la vita in seno alla comunità di un o di una paziente che manifesta un
bisogno di salute anche articolato. Non è dunque un insieme di singole prestazioni
più o meno complesse, ma un progetto promosso, valutato, gestito e monitorato in
maniera integrata e concordata tra operatori sanitari, sociali e del privato
sociale, insieme ai diretti interessati e ai familiari. La progettazione avviene
nelle Unità di Valutazione Integrate, ovvero attraverso l’intreccio tra iniziativa
pubblica e risorse comunitarie, finalizzate a costruire un approccio integrato e
personalizzato ai bisogni di salute della persona.
In sintesi, l’investimento
economico, definito «Budget di Salute», rappresenta l’insieme delle risorse
economiche, professionali e umane necessarie per innescare un processo volto a
ridare a una persona, attraverso un progetto terapeutico riabilitativo individuale,
la possibilità di essere pienamente cittadina, processo alla cui produzione
partecipano la persona stessa, la sua famiglia e la sua comunità. La cittadinanza si
conquista, o si riconquista, non solo attraverso interventi volti a promuovere la
salute della persona, ma favorendone l’accesso al lavoro, alla casa, sostenendo la
sua vita di relazioni. ¶{p. 537}
Paragonando gli elementi
caratteristici del modello BdS con quelli della tradizionale presa in carico è
possibile notarne le profonde differenze: se nel modello tradizionale si parla di
«paziente», nella progettazione personalizzata sostenuta dal BdS ci si riferisce
alla «persona». Se nel primo la valutazione è individuale, nell’altro si fa
riferimento a una équipe multidimensionale e multiprofessionale, in cui la voce
della persona ha un ruolo fondamentale. Se tradizionalmente è centrale la diagnosi,
nel modello BdS ci si interessa al funzionamento della persona nei diversi contesti.
Se nell’uno si osservano i sintomi, nell’altro si pone l’accento sui determinanti
sociali della salute. Se nel modello tradizionale l’obiettivo è erogare una
prestazione riparativa, nel modello BdS si arriva a formulare un progetto
personalizzato [Starace 2011].
Un elemento innovativo
fondamentale del sistema è il riconoscimento del potere decisionale dei diretti
interessati, che escono dall’asimmetria rispetto alle valutazioni e alle proposte
formulate dai tecnici. In questo contesto di dialogo e di ruoli chiari, il sistema è
costretto ad adattarsi a nuovi equilibri, diversi dalla usuale zona di comfort
paternalistica. Le persone protagoniste dell’intervento e i loro familiari hanno un
ruolo diverso da quello tradizionale: non sono consumatori passivi di costose
prestazioni, ma soggetti che hanno la responsabilità del proprio progetto di
sostegno e che possono proporre e attuare le innovazioni necessarie [Tognetti
Bordogna et al. 2020].
È proprio il ruolo dei diretti
interessati che cambia maggiormente: il paternalismo lascia il posto alla centralità
dell’autonomia e dell’autodeterminazione; il paziente assistito diventa un cittadino
protagonista; l’intervento contenitivo si trasforma in inclusione e partecipazione
sociale; la responsabilità centralizzata, con tutto il potere in mano all’operatore
sanitario, diviene sussidiarietà; dal concetto di assistenza sanitaria si passa alla
promozione della salute anche attraverso lo sviluppo economico sociale della persona
e della sua comunità.
2. Applicare i principi del BdS all’area della disabilità: Il Budget di Progetto
Quando trasferiti all’area della disabilità
[3]
, i princìpi del BdS assumono più specificamente la denominazione di Budget
di Progetto (BdP), a sostegno di un Progetto personalizzato che include tutte le risorse
disponibili (umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche), comprese
¶{p. 538}quelle della persona interessata e le risorse naturali della
comunità di riferimento, da impegnare nelle diverse aree incluse nel progetto (salute,
lavoro, educazione, sport, ecc.). In linea con i princìpi della CRPD, ratificata
dall’Italia con la legge 3 marzo 2009, n. 18 il Progetto personalizzato dovrà tener
conto delle barriere, degli ostacoli e delle discriminazioni che una persona con
disabilità incontra e che limitano la piena ed effettiva partecipazione e il suo
godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Da una generica definizione di
svantaggio basato sulla patologia, si passa quindi al riconoscimento personalizzato
delle barriere, ostacoli e discriminazioni che la persona vive quotidianamente.
In questo processo assume peculiare
importanza la partecipazione del diretto interessato o della diretta interessata e di
chi lo/la rappresenta, affinché il progetto sia definito «secondo i suoi desideri, le
sue aspettative e le sue scelte, migliorandone le condizioni personali e di salute»
(art. 2 legge-delega n. 227/2021 in materia di disabilità).
La legge delega n. 227 del 21
dicembre 2021 indica con chiarezza la necessità che la persona interessata ed
eventualmente chi la rappresenta partecipi pienamente ai processi di riconoscimento
della condizione di disabilità e alla definizione del progetto personalizzato
partecipato; ciò a partire dall’esplicitazione delle sue capacità e potenzialità in un
«profilo di funzionamento» non circoscritto alla sua limitazione funzionale, per
cogliere e sostenere i processi di empowerment, di abilitazione e
di capacitazione utili a conseguire gli obiettivi di vita che si prefigge. L’indicazione
normativa appare dunque in linea con quanto ormai ampiamente consolidato con la modalità
operativa sostenuta dal budget di salute, sopra brevemente descritta.
Altro elemento caratterizzante il
dettato della legge delega n. 227/2021 è l’indicazione di ridurre
l’istituzionalizzazione delle persone con disabilità prevedendo «i sostegni e gli
accomodamenti ragionevoli che garantiscano l’effettivo godimento dei diritti e delle
libertà fondamentali, tra cui la possibilità di scegliere, in assenza di
discriminazioni, il proprio luogo di residenza e un’adeguata soluzione abitativa, anche
promuovendo il diritto alla domiciliarità delle cure e dei sostegni socioassistenziali».
A questo scopo sono previste «eventuali forme di finanziamento aggiuntivo» per sostenere
«figure professionali con il compito di curare la realizzazione del progetto,
monitorarne l’attuazione e assicurare il confronto con la persona con disabilità e i
suoi referenti familiari» (come nuove figure professionali quali i consiglieri alla
pari, i case manager, gli assistenti personali, ecc.) «e meccanismi
di riconversione delle risorse attualmente destinate alla istituzionalizzazione a favore
dei servizi di supporto alla domiciliarità e alla vita indipendente». Prima ancora che
fattori di tipo economico la questione qui citata riguarda la cultura degli operatori,
sia sanitari che sociali, che ¶{p. 539}ad oggi sono poco formati sia
relativamente all’importanza dell’impatto dei fattori sociali sulla salute degli
individui e delle comunità, sia riguardo alle tematiche della segregazione e
dell’istituzionalizzazione. Dunque, risulta di fondamentale importanza che tale cultura
sia implementata a partire dai sistemi di promozione culturale, che dovrebbero farsi
portavoce del cambio di sguardo che la CRPD ha portato nei confronti delle persone con
disabilità e dei loro diritti.
Oggi è noto come fattori ambientali,
sociali, culturali e comportamentali come il reddito, l’occupazione, l’abitazione e
l’istruzione influenzino non solo lo stato di salute degli individui e delle comunità,
ma anche la possibilità di accedere a una piena cittadinanza: il BdP appare la scelta
operativa efficace di cui i sistemi di welfare possono dotarsi per consentire alla
persona con disabilità di divenire cittadina nel mondo di tutti.
2.1. La composizione del Budget di Progetto
In sintesi, il BdP a sostegno
del Progetto personalizzato e partecipato dalla persona con disabilità si pone come
contenitore unico e strategicamente orientato di misure e interventi legati alla
persona, privilegiando non i soggetti di offerta dei servizi di welfare – come
avviene oggi – ma i soggetti di domanda degli stessi. Come nota Zamagni [2010],
quando è lo Stato a scegliere i servizi o le prestazioni per i cittadini, deve
necessariamente imporre standard di qualità, regolamentativi, avendo in mente un
cittadino medio. Ne deriva, per un verso, la non personalizzazione del modo di
soddisfacimento del bisogno, il che genera scontento; per l’altro verso, ciò provoca
una lievitazione dei costi, il che produce insostenibilità di sistema.
Oggi possiamo individuare almeno
tre linee di misure e interventi sostenuti da risorse pubbliche rivolti alla
disabilità: di area previdenziale, sanitaria e socio-sanitaria, socio-assistenziale.
In area previdenziale tipicamente sono comprese le pensioni di invalidità e le
indennità di accompagnamento, in tutte le diverse versioni e denominazioni. In area
sanitaria e socio-sanitaria sono previsti i servizi sanitari NPIA, Disabilità
(interventi riabilitativi), e quelli afferenti all’area della Salute mentale. Vanno
inoltre considerati i servizi ambulatoriali e domiciliari, quelli di Assistenza
Domiciliare Integrata, quelli di trasporto, nonché quelli residenziali e
semiresidenziali. In area socio-assistenziale sono compresi i servizi sociali di
base (comunali o di Ambito), i Servizi di Assistenza Domiciliare, i contributi
economici derivanti dal Fondo per la Non Autosufficienza per sostenere la
domiciliarità (nella disabilità grave e gravissima) o da quello per le Politiche
sociali, i servizi residenziali e semiresidenziali, le iniziative sostenute con i
¶{p. 540}fondi della legge n. 112/2016, nonché i servizi per
l’inserimento lavorativo. Come si evince da questa sintetica e certamente non
esaustiva rassegna il quadro è estremamente frammentario, affidato a
istituzioni/erogatori diversi: dalle provvidenze economiche erogate dall’INPS o dal
livello locale, alle prestazioni fornite dai servizi territoriali di comuni e ASL.
Il tutto è complicato dalla instabilità di alcune linee di finanziamento o dalla
diversa accessibilità dei servizi nei diversi contesti regionali.
Note
[1] Articolo 3-septies, d.lgs. n. 502/1992 e successivo D.P.C.M. 14 febbraio 2001 «Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie», nonché D.P.C.M. sui LEA del 12 gennaio 2017 agli articoli 24, 25, 26, 27, 28, 57, 60.
[2] Articolo 2, comma 1, D.P.C.M. 14 febbraio 2001.
[3] Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri (art. 1, comma 2, legge 3 marzo 2009, n. 18 – CRPD).