Ciro Tarantino (a cura di)
Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c15
A differenza della prima prospettiva, la seconda consente di valutare la bontà o meno della relazione di supporto, e pare dunque preferibile. Il punto necessita certamente di essere ulteriormente approfondito, ma pone una serie di questioni che sono rilevanti per la definizione della portata precettiva dell’articolo 12, par. 4. Quest’ultimo, infatti, impone agli Stati parte di intervenire quando ci sono preoccupazioni di abuso, ma sempre nel rispetto della volontà e delle preferenze del soggetto [37]
. La questione nodale attiene pertanto alla possibilità di considerare autonome la volontà e le preferenze che risultino da relazioni oppressive, al fine di comprendere se esse vadano rispettate [ibidem, 54] quale espressione dell’autentica volontà dell’individuo. Ciò permette di definire le condizioni e i limiti dell’intervento statale nella sfera di autodeterminazione e libertà; peraltro, lo Stato interferisce nella sfera individuale anche ai sensi dell’articolo 12, par. 3, in quanto è tenuto a predisporre le condizioni
{p. 358}dell’azione e a supportare la capacità della persona. In ultima analisi, allora, anche in presenza di relazioni in cui siano ravvisabili forme di influenza indebita, si richiede di procedere a un bilanciamento – che potrà avvenire unicamente in relazione al caso concreto e senza che possano operare meccanismi presuntivi – tra la libertà (personale e di scelta) della persona e la sua protezione [Craigie 2021], avuto riguardo al peculiare ruolo assunto da quest’ultima nel contesto della capacità legale universale. Chiaramente, resta esclusa l’ammissibilità di una salvaguardia incapacitante, in quanto è comunque necessario proteggere l’integrità del processo di identificazione della volontà e delle preferenze dell’individuo.
In tal modo, la CRPD riconosce l’intreccio tra la concezione positiva e quella negativa della libertà, laddove l’autodeterminazione presuppone, e anzi implica, l’indipendenza da costrizioni, intrusioni o impedimenti [38]
. Anche per tale via, emerge allora lo stretto legame tra l’articolo 12 e l’articolo 19 CRPD, che presenta appunto il volto di una libertà di scelta (in relazione a dove e con chi vivere), ma richiede al contempo la predisposizione delle condizioni idonee a tal fine, ossia la disponibilità di sostegni e l’assenza di coercizione, influenza indebita e conflitti di interessi, in una prospettiva che sul piano teorico sembra riconducibile all’antipaternalismo moderato [39]
.

4. Brevi cenni in prospettiva comparata

L’attitudine trasformativa dell’articolo 12 CRPD lo rende di difficile implementazione, in quanto fissa standard molto esigenti. Non a caso, negli Stati parte ha indotto l’adozione di un atteggiamento difensivo, manifestatosi in primo luogo nell’apposizione di riserve e dichiarazioni interpretative in fase di ratifica [40]
, al fine di mitigarne l’impatto all’interno dei singoli ordinamenti. Tra questi figura il Canada, al quale spesso ci si {p. 359}riferisce come esempio della corretta attuazione di quel principio di supported decision making che costituisce un’estrinsecazione della capacità legale universale. Tuttavia, l’esempio è solo parzialmente corretto, poiché quella canadese è una realtà caratterizzata da un’alta differenziazione tra le diverse Province, solo alcune delle quali si sono ispirate al principio del supporto nella regolazione giuridica della capacità legale. In altre, al contrario, è possibile individuare la compresenza dei due modelli decisionali (di supporto e sostitutivo), grazie all’apposizione di riserve all’articolo 12 dirette a consentire il ricorso al meccanismo sostitutivo nelle circostanze considerate appropriate e in presenza di idonee garanzie [41]
.
Una seconda spia dell’atteggiamento difensivo degli Stati può essere ravvisata nelle modalità prescelte per implementare l’articolo 12. Di norma, anziché procedere all’abolizione dei sistemi di incapacitazione esistenti, secondo quanto richiesto dal Comitato ONU all’interno del General Comment n. 1, gli Stati hanno intrapreso processi di carattere riformista. La tendenza più diffusa è stata infatti quella di prendere a parametro la legislazione nazionale preesistente [42]
, mantenendo fermi i modelli di decisione sostitutiva e i correlati meccanismi di incapacitazione. Alla luce di quanto osservato, appare tuttavia evidente come la coesistenza tra i due modelli decisionali (supporto e sostituzione) sia impossibile.
Poiché non ha apposto alcuna riserva alla CRPD, l’ordinamento italiano è tenuto a dare completa attuazione anche all’articolo 12. Si spiega così la puntuale censura del Comitato CRPD, espressa nelle note osservazioni conclusive al report sullo stato di implementazione della Convenzione presentato dall’Italia nel 2016, ove in relazione all’articolo 12 l’organismo internazionale rileva come il meccanismo sostitutivo continui a operare non tanto attraverso il ricorso agli istituti dell’interdizione e all’inabilitazione, oggi caduti in desuetudine, quanto tramite l’amministrazione di sostegno, per la possibilità di prevedere poteri sostitutivi in capo all’amministratore {p. 360}di sostegno. Per questo, «[t]he Committee recommends that the State party repeals all laws that permit substituted decision-making by legal guardians, including the mechanism of administrative support and the enactment and implementation of supported decision-making provisions, including the training of professionals in the justice, health and social sectors» [43]
.
Negli ultimi anni, la giurisprudenza italiana si è certamente rivelata sensibile nei confronti del processo di decostruzione dell’ottocentesco binarismo tra capacità e incapacità e del riconoscimento della capacità legale universale ad esso correlato [44]
.
Tuttavia, alla luce di quanto è emerso finora, è chiaro come sia necessario procedere anche a una riforma sistemica sul piano legislativo, diretta ad abrogare gli istituti patentemente incapacitanti e a emendare quelli che, pur ispirati a una prospettiva personalista, comunque rivelino il non completo abbandono della logica incapacitante, per esempio laddove contemplano la possibilità di ricorrere al regime sostitutivo [45]
. Del resto, tale processo è già stato intrapreso da altri ordinamenti. Per quanto in questa sede non si possa ambire ad altro rispetto all’individuazione di alcuni aspetti di rilievo, richiamare i processi di riforma avvenuti permette {p. 361}di comprendere come l’adeguamento ai parametri internazionali richiesto all’ordinamento italiano faccia parte di un fenomeno ben più ampio, che negli ultimi anni ha portato a rilevanti trasformazioni giuridiche in numerosi ordinamenti del mondo.
Se già prima della ratifica della Convenzione i Paesi scandinavi presentavano taluni istituti che andavano nella direzione dell’articolo 12 [46]
, si può ricordare come nel 2016 la Costa Rica sia stata uno tra i primi Stati ad avere provato a implementare il paradigma del supporto, anche per rispondere alle censure del Comitato CRPD. Tra le riforme più recenti, vale inoltre la pena di richiamare quelle che hanno interessato i Paesi Latinoamericani (Perù nel 2018, Colombia nel 2019, Argentina nel 2022) e, nel contesto euro-unitario, Bulgaria (2019), Spagna (2022), Irlanda (2022) e Germania (2023) [47]
.
Le differenze tra i vari ordinamenti giuridici consentono di individuare al più alcune ricorrenze, che ai sensi dell’articolo 12 devono essere considerate indefettibili. Si tratta, in particolare, dell’eguale riconoscimento delle persone con disabilità di fronte alla legge e della creazione di sistemi di sostegno al processo decisionale, nell’ottica dell’assistenza o della co-decisione. In molti casi sono previste delle salvaguardie contro possibili abusi [48]
– si tratta di aspetti che, alla luce di quanto osservato in questa sede, non possono peraltro in alcun modo ritenersi facoltativi – mentre in altri [49]
sono state approvate modifiche per vietare le dichiarazioni di incapacità legale assoluta, del pari richiesta dall’articolo 12. Le somiglianze riguardano però anche i limiti dei processi di riforma intrapresi, che rivelano come, se da un lato i diversi ordinamenti hanno proceduto all’implementazione del paradigma del supporto, dall’altro mantengono comunque una certa resistenza rispetto al completo abbandono del modello sostitutivo, il che chiaramente costituisce un ostacolo alla realizzazione della trasformazione strutturale richiesta dall’articolo 12. Ciononostante, si può guardare a tali esperienze come tappe intermedie di un processo in fieri, che talvolta ancora necessita di essere compreso nella sua complessità e rilevanza.
L’Irlanda è lo Stato che si è più avvicinato alla completa implementazione dell’articolo 12. Sul piano dei principi, ha riconosciuto il diritto di autodeterminazione delle persone con disabilità e accolto il principio del supporto. Ha inoltre individuato alcuni processi decisionali assistiti, {p. 362}a intensità crescente – partendo da accordi di assistenza decisionale, per passare a quelli di codecisione, all’ordine di rappresentanza decisionale e, infine, alle disposizioni anticipate di trattamento [50]
–, i quali possono trovare applicazione a seguito dell’effettuazione di un test funzionale [51]
. Prevede altresì l’istituzione di un nuovo servizio pubblico di supporto [52]
. Infine, per quanto concerne le persone che si trovino in contesti istituzionalizzanti, stabilisce che debba essere sempre rispettata la loro capacità decisionale e che le misure prese al riguardo rispettino la giurisprudenza del Comitato CRPD, in particolare in riferimento all’articolo 14.

5. Un nuovo paradigma: conclusioni e aperture

La disamina effettuata in questa sede permette di svolgere alcune considerazioni conclusive in merito al paradigma della capacità legale accolto all’interno della CRPD. Innanzitutto, deve ribadirsi come l’articolo 12 riaffermi – e non attribuisca – un diritto umano universale, di cui tutti i soggetti sono titolari [53]
, che non può essere negato in ragione della disabilità pena la violazione del principio di eguaglianza. Riconoscere nella capacità legale un diritto universale implica che ogni persona sia titolare del diritto di effettuare le scelte che la riguardano e di agire conseguentemente, secondo la propria volontà e preferenze [54]
. L’eventualità che, nel caso concreto, si renda necessario apprestare un sostegno a tal fine, non può dunque in alcun modo incidere sulla titolarità del diritto né, nella mutata prospettiva che la CRPD impone di adottare, può essere considerata espressione dell’incapacità del soggetto. Infatti, la Convenzione abbandona la già richiamata concezione individualistica del sé e dei diritti che ha dominato il pensiero giuridico e il diritto positivo negli ultimi secoli – e in relazione alla quale l’istituto della capacità ha assunto, non di rado, una funzione discriminatoria –, a favore di una prospettiva relazionale [55]
. Nel mutato quadro teorico-concettuale, il mantenimento dell’idea binaria
{p. 363}della capacità, ossia della netta alternativa tra un pieno e un vuoto [56]
, rivela la propria obsolescenza e non può trovare legittimità alcuna. Invero, il superamento della dicotomia in oggetto richiede e implica l’adesione a una concezione di capacità di tipo graduale: in base al paradigma accolto all’interno della CRPD, che proibisce in modo categorico tanto il mancato riconoscimento, quanto la completa ablazione della capacità legale, alla persona è sempre riferibile un ampio spettro di capacità e competenze, le quali non rilevano in relazione a una disabilità genericamente intesa, ma in rapporto alla concreta situazione in ordine alla quale si richiede una specifica competenza della persona.
Note
[37] Anche in questo caso, le salvaguardie possono assumere forme differenti, come la presenza di sistemi di monitoraggio esterno o l’allocazione di precise responsabilità in capo ai soggetti che prendono parte al processo di supporto.
[38] Di recente, Paolo Addis [2021] ha richiamato le considerazioni di Franco Modugno in merito alle nozioni di libertà accolte nella Costituzione italiana, la cui impostazione non sembra dissimile da quella della CRPD.
[39] Sul concetto in questione, cfr. Addis [2021] e infra, in questa ricerca.
[40] Tale possibilità è prevista dall’articolo 19 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati. Al riguardo, dal punto di vista interpretativo emerge il problema dell’estensione dei limiti apponibili alle riserve all’articolo 12 CRPD. Alla luce di quanto osservato, e data la fondamentale importanza dell’articolo 12 in ordine al riconoscimento della capacità legale universale, diretta a favorire l’eguale riconoscimento delle persone con disabilità di fronte alla legge, in particolare tramite la transizione dalla sostituzione al supporto, ci si può interrogare sul rispetto dell’articolo 46, par. 1 CRPD, che sul punto riprende quanto stabilito dall’articolo 19 della Convenzione di Vienna, e in base al quale non sono ammesse riserve incompatibili con l’oggetto e lo scopo della Convenzione stessa.
[41] Per un’analisi, Caivano [2014]; Bach e Kerzner [2010; 2020].
[42] O, negli ordinamenti appartenenti al sistema del Consiglio d’Europa, alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani, che peraltro si sta aprendo al riconoscimento della capacità legale universale. Nell’ambito del Consiglio d’Europa, già prima della CRPD il Comitato dei Ministri aveva adottato alcune raccomandazioni (nel 1999, 2004 e 2009) in cui esortava gli Stati membri ad applicare principi come non discriminazione, flessibilità, preservazione della capacità legale, proporzionalità e rispetto dei desideri delle persone sottoposte a procedimenti relativi alla capacità. Se certamente non si può ritenere che queste raccomandazioni siano mosse dalla volontà di adempiere a quanto stabilito dall’articolo 12 CRPD, atteso che ne precedono l’entrata in vigore, al loro interno si possono però riconoscere gli elementi qualificanti di tale previsione normativa. Più interessante è invece il percorso evolutivo della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani, in relazione alla dichiarazione di assoluta incapacità e all’istituzionalizzazione (su cui si veda brevemente infra, par. 5).
[43] Concluding Observations on the Initial Report of Italy, punti 27-28. Nel tempo, le censure in merito alla presenza di istituti di incapacitazione hanno riguardato anche altri ordinamenti: cfr., ad esempio, Concluding Observations of the Committee on the Rights of Persons with Disabilities: Tunisia, Fifth Session: 11-15 April 2011 (Geneva, 2011). CRPD/C/ESP/CO/1, nonché i report relativi a Spagna (CRPD/C/ESP/CO/1), Ungheria (CRPD/C/HUN/CO/1), Perù (CRPD/C/PER/CO/1), Argentina (CRPD/C/ARG/CO/1), Cina (CRPD/C/CHN/CO/1), Paraguay (CRPD/C/PRY/CO/1), Austria (CRPD/C/AUT/CO/1), Norvegia (CRPD/C/NOR/CO/1, maggio 2019, parr. 19-20), Nepal (CRPD/C/NPL/CO/1, 16 aprile 2018, parr. 21-22), Repubblica Ceca (CRPD/C/CZE/CO/1, 15 maggio 2015, parr. 22-23).
[44] Gli esiti più rilevanti di questo orientamento giurisprudenziale riguardano, oltre al riconoscimento esplicito della necessità di muovere oltre l’impianto ottocentesco della capacità, quello del diritto della persona con disabilità che sia sottoposta a istituti di protezione di compiere anche atti personalissimi, il cui presupposto non può che essere un mutamento di paradigma in ordine alla presunzione di capacità relativa a chi sia disabile. Al riguardo, di recente la giurisprudenza ha considerato l’audizione personale del beneficiario di amministrazione di sostegno un adempimento essenziale ai fini dell’applicazione della misura di protezione, laddove consente di rispettare la dignità della persona e si rivela strumentale allo scopo stesso dell’istituto. Anche in tale circostanza, è dunque necessario rispettare i diritti, la volontà e le preferenze della persona, in quanto altrimenti si produrrebbe un’ingiustificata limitazione della capacità d’agire dell’interessato. In merito ai profili summenzionati, cfr. Corte costituzionale sentt. nn. 114 e 144 del 2019; Cass. civ., I sez., sent. n. 11536 del 2017; Cass. civ. I sez., ord. n. 2462 del 2022; Cass. civ., I sez., ord. n. 3462 del 2022; Cass. civ., I sez., ord. n. 1667 del 2023; Cass. civ., III sez., ord. n. 9384 del 2023.
[45] Il riferimento è in primo luogo alle censure relative all’amministrazione di sostegno, ma la medesima logica sembra accolta anche dalla legge n. 219 del 2017 sulle Disposizioni anticipate di trattamento, che all’articolo 3 ammette l’interdizione e l’inabilitazione, nonché il potere sostitutivo dell’amministratore di sostegno.
[46] In una prospettiva più ampia, sull’inclusione delle persone con disabilità nel welfare finlandese quali soggetti agenti, anche in riferimento alla CRPD, cfr. Mustaniemi-Laakso, Katsui e Heikkilä [2022].
[47] In merito alle varie riforme, cfr. Martinez-Pujalte [2019]; Donnelly, Harding e Tas¸ciog˘lu [2022]; Flynn, Arstein-Kerslake, de Bhailis e Serra [2020]; Bach e Espejo Yaksic [2022].
[48] Così la Costa Rica, il Perù e la Colombia.
[49] Ad esempio, in Germania e nella Repubblica Ceca.
[50] Per un utile orientamento in merito alle diverse tipologie di accordo, cfr. Lynch e Howlett [2022, 14-15].
[51] In mancanza di criteri di accertamento della capacità pienamente conformi all’articolo 12, quest’ultimo può infatti essere considerato compatibile con la CRPD, qualora non sia applicato in modo discriminatorio.
[52] Si tratta del Decision Support Service, a cui sono stati assegnati compiti informativi, di regolamentazione e registrazione degli accordi di supporto decisionale, nonché di supervisione e monitoraggio, ivi compreso il ruolo di amicus curiae.
[53] La capacità legale universale non riguarda, pertanto, solo le persone con disabilità (sul punto, cfr. Dhanda [2012]; Francis [2021]; Opgenhaffen [2022]; nel contesto italiano, sia permesso richiamare nuovamente Bernardini [2021]).
[54] Chiaramente, fermo restando il principio milliano del danno.
[55] La disabilità stessa è definita in termini relazionali, ai sensi dell’articolo 1, par. 2 CRPD.
[56] Si richiama al «pieno» e al «vuoto» relativi alla concezione ottocentesca di capacità la Corte di Cassazione italiana, in Cass. civ., I sez., sent. n. 11536 del 2017.