Note
  1. Le prime sperimentazioni del Budget di Salute sono registrabili, tra gli anni Novanta e gli inizi degli anni 2000, in Friuli Venezia Giulia.
  2. Un primo embrione della metodologia del Budget di Salute è rinvenibile nella deliberazione della Giunta regionale dell’Emilia-Romagna n. 1206 del 2007, che ha modificato la precedente deliberazione n. 1378/1999, ribadendo la centralità dei progetti individualizzati di vita e di cure affidati ai servizi territoriali, in collaborazione con le persone beneficiarie degli interventi e dei loro familiari, al fine di mantenere le persone non autosufficienti presso il proprio domicilio. Successivamente, la Regione adottò specifiche linee d’indirizzo a partire dal Piano Attuativo Salute Mentale 2009-2011. Il principale obiettivo delle linee di indirizzo era quello di favorire la più ampia protezione degli individui, intesa come «benessere psichico e sociale dei cittadini e dei residenti nel proprio territorio, la tutela del diritto alla salute, dei diritti di cittadinanza delle persone affette da malattie mentali e dipendenze patologiche, di ogni tipo e gravità, in ogni età della vita» [Giunta regionale dell’Emilia-Romagna – Direzione generale Sanità e Politiche Sociali, Piano Attuativo Salute Mentale anni 2009-2011, 6]. In argomento, per tutti, si veda F. Starace [2011].
  3. In questo senso, è stato segnalato che il Budget di Salute costituisce una valida alternativa al ricorso all’istituzionalizzazione, il quale «non si basa su principi di appropriatezza, ma su discutibili criteri di efficienza, cioè sul tentativo di abbattere i costi con la serializzazione dei bisogni e la relativa risposta per aggregazione, dimenticando che la salute è qualcosa che va oltre il mero trattamento sanitario [...]» [Mosca 2020].
  4. Si pensi, tra gli altri, alle leggi nn. 104/1992, 328/2000 e 112/2016.
  5. Occorre ricordare che ai sensi dell’articolo 117 Cost. alle Regioni è riconosciuta una competenza legislativa concorrente in materia di sanità, che ha legittimato gli enti territoriali a intervenire nell’ambito dei servizi socio-sanitari e, in particolare, nell’organizzazione e gestione della loro integrazione.
  6. Così recita l’articolo 4-bis citato: «Al fine di realizzare gli obiettivi di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della salute, sulla base di un atto di intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, coordina la sperimentazione, per il biennio 2020-2021, di strutture di prossimità per la promozione della salute e per la prevenzione, nonché per la presa in carico e la riabilitazione delle categorie di persone più fragili, ispirate al principio della piena integrazione socio-sanitaria, con il coinvolgimento delle istituzioni presenti nel territorio, del volontariato locale e degli enti del Terzo settore senza scopo di lucro. I progetti proposti devono prevedere modalità di intervento che riducano le scelte di istituzionalizzazione, favoriscano la domiciliarità e consentano la valutazione dei risultati ottenuti, anche attraverso il ricorso a strumenti innovativi quale il Budget di Salute individuale e di comunità».
  7. Così prevedeva l’articolo 15, comma 3, della legge in parola, finalizzato a sostenere e favorire l’autonomia delle persone anziane.
  8. Avvenuta in data 6 luglio 2022: Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Autonomie locali sul documento recante «Linee programmatiche: progettare il Budget di Salute con la persona – proposta degli elementi qualificanti».
  9. L’utilizzo delle Linee Guida è utile a: «contrastare e, se possibile, a prevenire la cronicizzazione, l’isolamento e lo stigma della persona con disturbi mentali, creando un legame tra il Sistema di Cura ed il Sistema di Comunità, finalizzato a un utilizzo appropriato e integrato delle risorse di entrambi» [Conferenza unificata 2022, 1].
  10. Attenta dottrina ha evidenziato che gli enti pubblici sono stati piuttosto refrattari a impiegare gli istituti giuridici dell’amministrazione condivisa sia per la «ontologica genericità delle norme europee in tema di contratti pubblici» sia per la «non sempre lineare normativa interna di recepimento», cui vanno ad aggiungersi le «perplessità sollevate dall’ANAC» in tema di applicazione del d.lgs. n. 117/2017 e, infine, il parere del Consiglio di Stato del 2018 [Gualdani 2021, 133].
  11. Le organizzazioni private, intese quale espressione del principio di sussidiarietà, «pongono in essere attività di pubblico interesse, che non di rado si inseriscono in procedimenti complessi che danno luogo – anche ma non solo – a provvedimenti amministrativi [...]» e «concorrono in modo decisivo (l’area dei servizi pubblici offre una serie smisurata di esempi)» alla definizione di atti amministrativi per fini pubblici. Così, Perfetti [2019, 62].
  12. Contenuti negli articoli 55, 56 e 57 del d.lgs. n. 117/2017, gli istituti giuridici cooperativi in argomento sono stati oggetto di specifica attuazione nel d.m. del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 72 del 31 marzo 2021, recante «Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore negli articoli 55-57 del decreto legislativo n. 117 del 2017». Per un primo commento al decreto in parola, si veda Tagliabue [2021, 7 ss.].
  13. Interessante al riguardo la posizione di attenta dottrina al fenomeno non lucrativo che non è più tanto individuato dallo scopo altruistico in opposizione a quello egoistico delle società tradizionali, quanto dalla rilevanza sociale. Così, Fusaro [2020, 230]. Del medesimo A. si segnala anche [2019a; 2019b; 2019c].
  14. Opportunamente dottrina autorevole ha evidenziato che «[l]’aggiunta dell’aggettivo “attivo” a “coinvolgimento” può sembrare ridondante, ma in realtà ha invece un significato anche pratico notevole, perché normalmente la partecipazione che si realizza attraverso il coinvolgimento di qualcuno nelle attività del soggetto agente non è una partecipazione attiva, autodeterminata, in quanto si viene coinvolti da qualcuno, non ci si coinvolge in qualcosa» [Arena 2020, 28].
  15. L’articolo 1, comma 1, della legge delega 6 giugno 2016, n. 106 ha disposto che il Governo avrebbe dovuto emanare i decreti legislativi «Al fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione [...]».
  16. In questo senso, l’articolo 4, comma 1, lett. o) della legge n. 106 del 2016 ha stabilito che i decreti legislativi che il Governo ha successivamente emanato dovevano «valorizzare il ruolo degli enti nella fase di programmazione, a livello territoriale, relativa anche al sistema integrato di interventi e servizi socio-assistenziali nonché di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale e individuare criteri e modalità per l’affidamento agli enti dei servizi d’interesse generale, improntati al rispetto di standard di qualità e impatto sociale del servizio, obiettività, trasparenza e semplificazione e nel rispetto della disciplina europea e nazionale in materia di affidamento dei servizi di interesse generale, nonché criteri e modalità per la verifica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni». In argomento, si veda Giglioni [2020, 91].
  17. È stato giustamente osservato che la Pubblica Amministrazione può decidere tra due modalità, segnatamente, le procedure a evidenza pubblica e gli istituti giuridici di cooperazione, che «sottendono differenti concezioni, ma anche differenti atteggiamenti nella risoluzione del bisogno» [Lombardi 2019].
  18. Che devono coincidere con le attività di interesse generale di cui all’articolo 5, d.lgs. n. 117/2017, tra le quali, nell’economia del presente volume, ricomprendono anche i servizi e gli interventi in ambito sociale e socio-sanitario.
  19. Appare opportuno in questa sede richiamare che le organizzazioni non profit, in quanto soggetti giuridici di diritto privato, si «affidano» alle scelte della Pubblica Amministrazione, operate a mezzo dei provvedimenti amministrativi. Sulla natura giuridica dell’affidamento, inteso talora quale interesse legittimo e talaltra alla stregua di diritto soggettivo, si veda Serra [2021].
  20. Rafforzamento «che la stessa Europa ci prescrive» [Donati 2021, 136].
  21. Nell’ambito della necessità di assicurare le adeguate risorse ai progetti da realizzarsi attraverso gli istituti giuridici cooperativi possono essere ricondotti anche gli altri princìpi di cui all’articolo 55, Codice del Terzo settore, segnatamente, quelli relativi alla copertura finanziaria e patrimoniale.
  22. Sul punto, si veda la decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea del 14 ottobre 2004, Commissione c. Repubblica Portoghese (in causa C-275/03), nella quale si affermava che «È incompatibile con il diritto europeo sui mezzi di tutela in materia di pubblici appalti (direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE) la norma del diritto nazionale che subordina il risarcimento dei danni alla dimostrazione da parte del danneggiato del dolo o della colpa della pubblica amministrazione». Per un commento alla sentenza de qua, si veda Protto [2005].
  23. Sul punto, sia permesso il rinvio a Santuari [2022, 300].
  24. Vi è chi legge nei rapporti giuridici di cui al Codice del Terzo settore un’importante occasione per «creare una nuova cultura amministrativa che sappia muoversi con destrezza tra i rapporti di co-progettazione e quelli invece di natura patrimoniale» [De Dea 2020].