Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c24
Ed è al perseguimento «condiviso»
dell’interesse pubblico che sono informati gli istituti giuridici cooperativi della
co-programmazione, della co-progettazione, dell’accreditamento e del convenzionamento
con gli enti del Terzo settore disciplinati dal d.lgs. n. 117/2017
[12]
. Il Codice del Terzo settore ha inteso dedicare specifiche previsioni alla
valorizzazione dei rapporti di collaborazione tra enti pubblici ed enti non profit, in
specie alla luce della rilevanza sociale che questi ultimi acquistano
nell’organizzazione, gestione ed erogazione di prestazioni e servizi di interesse generale
[13]
.
¶{p. 553}
Attraverso gli istituti giuridici
cooperativi, la Pubblica Amministrazione assicura il pieno e attivo coinvolgimento degli
enti non profit quali centri di imputazione e di riferimento di tutti gli interessi
[14]
, in un corretto rapporto tra fini e mezzi. L’ordinamento giuridico, in
questa prospettiva, riconosce e valorizza l’apporto originario degli enti non profit, la
cui attività risulta naturaliter funzionalizzata al perseguimento
di interessi metaindividuali e altruistici, risultando, in questo modo, a supporto della
garanzia della fruizione dei livelli essenziali delle prestazioni socio-sanitarie
[15]
.
In questa prospettiva, è dunque
possibile affermare che gli istituti giuridici di cooperazione esprimono un
favor esplicito nei confronti del coinvolgimento attivo delle
organizzazioni non profit, in quanto queste ultime sono espressamente costituite per
perseguire finalità di interesse generale in termini solidaristici
[16]
. Ciò permette di leggere e interpretare tutte le forme relazionali tra
Pubbliche Amministrazioni e soggetti non lucrativi non esclusivamente attraverso il
principio eurounitario di tutela della concorrenza, atteso che, proprio a livello
unionale, altri princìpi, quali quello di solidarietà e della coesione e integrazione
sociale definiscono l’azione precipua degli enti pubblici e degli enti non profit
[17]
. Finalità e ¶{p. 554}modalità di perseguimento delle
finalità medesime non escludono, tuttavia, che l’attività di interesse generale svolta
sia priva di metodo economico, ossia non sia orientata a compensare i costi con i ricavi
[Scoppetta 2020]. I ricavi eventualmente conseguiti nello svolgimento dell’attività
devono essere investiti nell’organizzazione solidaristica e, quindi, vincolati al
perseguimento dello scopo statutario dello specifico ente non lucrativo. Da ciò discende
che il paradigma solidaristico si contrappone alle logiche di mercato, dalle quali si
differenzia non soltanto per origine, ratio e finalità, ma anche
(e, necessariamente) in ragione delle diverse procedure amministrative adottate, fondate
sul concetto di amministrazione condivisa.
Poiché il Codice del Terzo settore
ha riconosciuto espressamente agli enti non profit l’attitudine a operare direttamente
per la cura di interessi generali [Bombardelli 2019], gli strumenti e gli istituti
giuridici impiegati dalle Pubbliche Amministrazioni devono implicare un diverso rapporto
tra enti pubblici ed enti del Terzo settore, non riconducibile ai canoni
contrattualistici, ma collocabile nella vasta area degli accordi collaborativi.
Nel contesto sopra delineato, gli
istituti giuridici cooperativi disciplinati dal Codice del Terzo settore esprimono un
modo diverso dell’essere Amministrazione pubblica e, conseguentemente, rappresentano le
scelte operative attraverso cui il modello dell’amministrazione condivisa o
collaborativa trova concreta applicazione. L’articolo 55 del d.lgs. n. 117/2017,
inserito nel Titolo VII, rubricato «Dei rapporti con gli enti pubblici», rappresenta la
«disposizione-manifesto» degli istituti collaborativi: in esso sono contemplati i
princìpi cui gli istituti in parola devono conformarsi, le azioni, le procedure e le
modalità di realizzazione e implementazione di quei princìpi, nonché i soggetti non
profit «abilitati» a collaborare e cooperare con gli enti pubblici [Bongini et
al. 2021]. Questi ultimi, nell’esercizio delle proprie funzioni
istituzionali di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi
e dei servizi
[18]
, sono chiamati a rispettare taluni princìpi, finalizzati ad assicurare il
coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore.
I princìpi richiamati nell’articolo
55, comma 1, del Codice del Terzo settore, invero, definiscono e orientano l’azione
delle Pubbliche Amministrazioni nei confronti degli enti non lucrativi
[19]
, riconducendo l’azione stessa nell’alveo dei rapporti collaborativi,
disciplinati dalla legge n. 241/1990. Accanto al principio di sussidiarietà, l’articolo
55 contempla il principio ¶{p. 555}di cooperazione, da intendersi quale
«metodo di lavoro» e approccio dei pubblici poteri, ispirato dalla condivisione con gli
enti del Terzo settore dei fini e delle modalità realizzative dei fini medesimi.
Cooperazione e condivisione presuppongono, infatti, una predisposizione, un orientamento
e, quindi, una volontà delle parti in gioco di identificare i «tratti comuni» e gli
obiettivi da realizzare insieme, in una logica antitetica a quella della
«contrapposizione» contrattuale. In quest’ottica, il principio di cooperazione implica
necessariamente una visione mutualistica dell’agire amministrativo, intesa quale
reciprocità da ricercare nella condivisione degli interventi, delle azioni, dei progetti
e delle attività da realizzarsi con gli enti non profit.
Da quanto sopra delineato discende
che il principio di cooperazione si propone quale alternativa rispetto alla funzione di
committenza pubblica, che definisce le decisioni degli enti pubblici allorquando essi si
trovino nelle condizioni/necessità di acquistare prestazioni e servizi sul mercato degli
operatori economici.
L’articolo 55 inoltre individua nei
princìpi di efficacia, efficienza ed economicità gli altri canoni cui le Pubbliche
Amministrazioni sono chiamate a conformarsi nell’agire collaborativo. Mentre l’efficacia
esprime il rapporto tra obiettivi programmati e obiettivi/risultati raggiunti,
l’efficienza indica il rapporto tra risultati/obiettivi raggiunti e risorse impiegate
per raggiungerli. L’economicità può essere interpretata secondo tre diverse accezioni,
segnatamente, la prima organizzativa, la seconda funzionale e la terza contabile.
L’economicità organizzativa identifica un’amministrazione pubblica nell’ambito della
quale è possibile registrare chiarezza e linearità nella distribuzione delle competenze
interne, che non possono che rinforzare l’azione complessiva delle Pubbliche Amministrazioni
[20]
. L’economicità funzionale caratterizza l’azione amministrativa che evita di
adottare iter procedimentali tortuosi, aggravati da passaggi
superflui, ripetitivi e, finanche, inutili. Infine, l’economicità contabile attiene
all’azione amministrativa attenta alle coperture finanziarie delle proprie decisioni di
spesa e impegnata nella valutazione comparativa delle utilità, specie sociali,
conseguibili rispetto agli oneri assunti
[21]
.
Tuttavia, il principio di
economicità implica ulteriori profili, quali la specializzazione e l’adeguatezza
dell’azione amministrativa. Entrambi sono finalizzati a rendere l’azione amministrativa
maggiormente adeguata nelle risposte ai bisogni e alle istanze che provengono dalla
comunità. Mentre ¶{p. 556}la specializzazione deve concepirsi quale
esigenza di dotare gli apparati amministrativi di strumenti di
governance idonei a conseguire i risultati previsti,
l’adeguatezza, alla stregua di quanto contemplato dal principio di efficacia, esprime il
rapporto tra obbiettivi prefissati e risultati raggiunti e quindi la capacità di un
sistema di realizzare in concreto il programma politico/amministrativo predeterminato.
I princìpi di cui sopra risultano
coerenti e applicabili ai rapporti giuridici non di natura competitiva intercorrenti tra
Pubbliche Amministrazioni e organizzazioni non profit, poiché queste ultime si attendono
che l’azione della Pubblica Amministrazione, con la quale essi sono chiamati a
collaborare per garantire i livelli essenziali delle prestazioni socio-sanitarie, valuti
con attenzione gli obiettivi e i mezzi per perseguirli, le risorse da allocare agli
interventi da realizzare, nonché identifichi le procedure ritenute più idonee e adeguate
per realizzare finalità di natura solidaristica.
Il legislatore ha inteso collocare
i rapporti tra Pubbliche Amministrazioni ed enti non profit anche nell’«orbita» di altri
princìpi, i quali – in particolare, se considerati nella logica cooperativa che
caratterizza i rapporti in argomento – consentono di cogliere, da un lato, il ruolo
fondamentale degli enti pubblici e, dall’altro, lo specifico apporto degli enti del
Terzo settore. In quest’ottica, invero, appare significativo che la Pubblica
Amministrazione sia chiamata a conformare la propria azione ai princìpi di
responsabilità ed unicità, nonché a quello di autonomia organizzativa e regolamentare
quando intenda attivare percorsi collaborativi con le organizzazioni non lucrative.
Responsabilità e unicità sottendono
la necessità che ciascun servizio o attività amministrativa deve essere identificabile
in capo a un unico organo responsabile, singolo o collegiale. L’identificazione
dell’organo contribuisce a rendere più trasparente l’azione della Pubblica
Amministrazione, soprattutto nel senso di individuare la motivazione adeguata a supporto
della decisione espressa da quell’organo di coinvolgere attivamente gli enti non profit
nella programmazione, organizzazione, gestione ed erogazione di servizi, attività,
interventi e progetti aventi natura collettiva. Il progressivo riequilibrio dei rapporti
tra autorità e libertà, espresso dalle istanze partecipative del privato, dalle facoltà
a questi attribuite, ma pure dalla possibilità, per la Pubblica Amministrazione, di
agire attraverso l’uso di strumenti privatistici costituiscono tutti elementi che
contribuiscono a considerare superata l’interpretazione in forza della quale la Pubblica
Amministrazione risponde soltanto secondo le regole di diritto privato
[22]
. ¶{p. 557}Detti elementi contribuiscono altresì a improntare
e calibrare l’azione amministrativa nella direzione di realizzare lo Stato sociale,
impedendo alla funzione (amministrativa) di sopraffare il fine (pubblico).
L’affermazione della responsabilità
della Pubblica Amministrazione per i danni cagionati, con il suo comportamento, ai
soggetti privati organizzati rafforza il diritto a una tutela piena ed effettiva, anche
nei confronti dei poteri pubblici. Al riguardo, tuttavia, occorre ribadire la necessità
di operare un chiarimento in ordine alla tipologia di rapporto giuridico che si instaura
tra pubblici poteri e soggetti privati. In altri termini, si tratta di introdurre una
differenza teleologica tra il rapporto che si instaura tra i soggetti coinvolti nella
dinamica procedimentale e quello che interessa gli aspiranti contraenti in pendenza di
una trattativa. L’interesse delle organizzazioni non profit è quello che il procedimento
si svolga nel rispetto delle regole di imparzialità, trasparenza, partecipazione, poiché
a essere tutelato è l’affidamento nella correttezza procedimentale dell’amministrazione.
In questo contesto, l’adeguata
motivazione funge allora quale necessaria garanzia di trasparenza sia nei confronti
degli enti non profit chiamati a collaborare con la Pubblica Amministrazione sia nei
confronti di tutti gli altri soggetti giuridici, ivi compresi quelli economici, che
possono dunque conoscere l’orientamento assunto dall’ente pubblico a favore degli enti
non profit, così da garantirne anche la giustiziabilità delle scelte operate dalla
Pubblica Amministrazione
[23]
.
Coerentemente, in questo senso, il
principio di unicità individua l’esigenza che l’azione della Pubblica Amministrazione
sia considerabile quale armonica e dotata di completezza, in antitesi a interventi
sporadici e parziali, avulsi da una visione di insieme dell’agire amministrativo. In
ragione, soprattutto, della complessità dei bisogni sociali e sanitari che emergono
nella e dalla popolazione, l’unicità dell’azione amministrativa risulta a
fortiori apprezzabile: gli interventi e le attività progettate e
realizzate nel comparto socio-sanitario rispondono all’esigenza di approntare risposte
che siano quanto più possibile complete, integrate e coordinate.
In questa prospettiva, al fine di
valorizzare e rafforzare l’azione della Pubblica Amministrazione nella prospettiva sopra
delineata, l’articolo 55 richiama, da ultimo, il principio di autonomia organizzativa e
regolamentare. Si tratta di un principio essenziale nella progettazione, organizzazione,
gestione ed erogazione delle attività di interesse generale di cui al Codice del Terzo
settore, atteso che esse richiedono, per loro stessa natura, approcci flessibili e
modulabili in base alle esigenze di un determinato territorio.
¶{p. 558}
Note
[12] Contenuti negli articoli 55, 56 e 57 del d.lgs. n. 117/2017, gli istituti giuridici cooperativi in argomento sono stati oggetto di specifica attuazione nel d.m. del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 72 del 31 marzo 2021, recante «Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore negli articoli 55-57 del decreto legislativo n. 117 del 2017». Per un primo commento al decreto in parola, si veda Tagliabue [2021, 7 ss.].
[13] Interessante al riguardo la posizione di attenta dottrina al fenomeno non lucrativo che non è più tanto individuato dallo scopo altruistico in opposizione a quello egoistico delle società tradizionali, quanto dalla rilevanza sociale. Così, Fusaro [2020, 230]. Del medesimo A. si segnala anche [2019a; 2019b; 2019c].
[14] Opportunamente dottrina autorevole ha evidenziato che «[l]’aggiunta dell’aggettivo “attivo” a “coinvolgimento” può sembrare ridondante, ma in realtà ha invece un significato anche pratico notevole, perché normalmente la partecipazione che si realizza attraverso il coinvolgimento di qualcuno nelle attività del soggetto agente non è una partecipazione attiva, autodeterminata, in quanto si viene coinvolti da qualcuno, non ci si coinvolge in qualcosa» [Arena 2020, 28].
[15] L’articolo 1, comma 1, della legge delega 6 giugno 2016, n. 106 ha disposto che il Governo avrebbe dovuto emanare i decreti legislativi «Al fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione [...]».
[16] In questo senso, l’articolo 4, comma 1, lett. o) della legge n. 106 del 2016 ha stabilito che i decreti legislativi che il Governo ha successivamente emanato dovevano «valorizzare il ruolo degli enti nella fase di programmazione, a livello territoriale, relativa anche al sistema integrato di interventi e servizi socio-assistenziali nonché di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale e individuare criteri e modalità per l’affidamento agli enti dei servizi d’interesse generale, improntati al rispetto di standard di qualità e impatto sociale del servizio, obiettività, trasparenza e semplificazione e nel rispetto della disciplina europea e nazionale in materia di affidamento dei servizi di interesse generale, nonché criteri e modalità per la verifica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni». In argomento, si veda Giglioni [2020, 91].
[17] È stato giustamente osservato che la Pubblica Amministrazione può decidere tra due modalità, segnatamente, le procedure a evidenza pubblica e gli istituti giuridici di cooperazione, che «sottendono differenti concezioni, ma anche differenti atteggiamenti nella risoluzione del bisogno» [Lombardi 2019].
[18] Che devono coincidere con le attività di interesse generale di cui all’articolo 5, d.lgs. n. 117/2017, tra le quali, nell’economia del presente volume, ricomprendono anche i servizi e gli interventi in ambito sociale e socio-sanitario.
[19] Appare opportuno in questa sede richiamare che le organizzazioni non profit, in quanto soggetti giuridici di diritto privato, si «affidano» alle scelte della Pubblica Amministrazione, operate a mezzo dei provvedimenti amministrativi. Sulla natura giuridica dell’affidamento, inteso talora quale interesse legittimo e talaltra alla stregua di diritto soggettivo, si veda Serra [2021].
[20] Rafforzamento «che la stessa Europa ci prescrive» [Donati 2021, 136].
[21] Nell’ambito della necessità di assicurare le adeguate risorse ai progetti da realizzarsi attraverso gli istituti giuridici cooperativi possono essere ricondotti anche gli altri princìpi di cui all’articolo 55, Codice del Terzo settore, segnatamente, quelli relativi alla copertura finanziaria e patrimoniale.
[22] Sul punto, si veda la decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea del 14 ottobre 2004, Commissione c. Repubblica Portoghese (in causa C-275/03), nella quale si affermava che «È incompatibile con il diritto europeo sui mezzi di tutela in materia di pubblici appalti (direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE) la norma del diritto nazionale che subordina il risarcimento dei danni alla dimostrazione da parte del danneggiato del dolo o della colpa della pubblica amministrazione». Per un commento alla sentenza de qua, si veda Protto [2005].
[23] Sul punto, sia permesso il rinvio a Santuari [2022, 300].