Note
-
La Convenzione sui diritti delle persone con disabilità è stata approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, sottoscritta dall’Italia il 30 marzo 2007 e ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18.
-
Legge 9 gennaio 2004, n. 6 recante «Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizione e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali», pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale» del 19 gennaio 2004, n. 14.
-
Legge 13 maggio 1978, n. 180 recante accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori, pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale» del 16 maggio 1978, n. 133.
-
Articolo 1, legge n. 6/2004.
-
Cass. civ. 25 ottobre 2012, n. 18320.
-
Cass. civ. 3 febbraio 2022, n. 3462 e Cass. civ. 11 luglio 2022, n. 21887.
-
Cfr. Cass. civ. 26 ottobre 2011, n. 22332; Cass. civ. 12 giugno 2006, n. 13584. Cfr. in particolare: Cass. civ. 29 novembre 2006, n. 25366 ove è stato osservato: «con l’amministrazione di sostegno il legislatore ha inteso configurare uno strumento elastico, modellato a misura delle esigenze del caso concreto, che si distingue dalla interdizione non sotto il profilo quantitativo, ma sotto quello funzionale e ciò induce a non escludere che, in linea generale, anche in presenza di patologie particolarmente gravi, possa farsi ricorso sia all’uno che all’altro strumento di tutela, e che soltanto la specificità delle singole fattispecie, e delle esigenze da soddisfare di volta in volta, possa determinare la scelta tra i diversi istituti, con l’avvertenza che quello della interdizione ha comunque carattere residuale, intendendo il legislatore riservarlo, in considerazione della gravità degli effetti che da esso derivano, a quelle ipotesi in cui nessuna efficacia protettiva sortirebbe una diversa misura. Una tale scelta [...] non può non essere influenzata dal tipo di attività che deve essere compiuta in nome del beneficiario della protezione. Ad un’attività minima, estremamente semplice, e tale da non rischiare di pregiudicare gli interessi del soggetto, ed, in definitiva, ad una ipotesi in cui non risulti necessaria una limitazione generale della capacità dell’interessato, corrisponderà l’amministrazione di sostegno, che si fa preferire non solo sul piano pratico, in considerazione della maggiore snellezza della procedura, ma altresì su quello etico-sociale, per il maggior rispetto della dignità dell’individuo che essa sottende, in contrapposizione alle più invasive misure della inabilitazione e della interdizione, le quali attribuiscono uno status di incapacità, concernente, nel primo caso, i soli atti di straordinaria amministrazione, ed estesa, per l’interdizione, anche a quelli di amministrazione ordinaria».
-
Articolo 418, comma 3, c.c. «Se nel corso del giudizio di interdizione o di inabilitazione appare opportuno applicare l’amministrazione di sostegno, il giudice, d’ufficio o ad istanza di parte, dispone la trasmissione del procedimento al giudice tutelare. In tal caso il giudice competente per l’interdizione o per l’inabilitazione può adottare i provvedimenti urgenti di cui al quarto comma dell’articolo 405».
-
Cfr. articolo 411, comma 1, c.c. e i relativi richiami nonché Cass. pen. 3 dicembre 2014, n. 50754 circa la qualifica di pubblico ufficiale dell’amministratore di sostegno, al pari del tutore dell’interdetto.
-
Cfr. articoli 412 e 427 c.c. dove nel novero dei soggetti legittimati, in materia di amministrazione di sostegno, figura altresì il Pubblico Ministero, diversamente dalla tutela.
-
Cfr. articoli 375 e 411, comma 1, c.c. nella formulazione ante Riforma Cartabia.
-
Cfr. articolo 30 D.P.R. n. 115/2002 e Circ. Min. Giust. 12 maggio 2014.
-
Cfr. Cass. civ. 17 aprile 2013 n. 9389 in materia di amministrazione di sostegno, nonché, nell’ambito della tutela, l’articolo 343, comma 2, c.c.
-
Tribunale di Trieste, 5 dicembre 2006, n. 913.
-
Tribunale di Chieti, 27 settembre 2021, n. 633.
-
Legge 8 novembre 2000, n. 328 recante «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», pubblicata su «Gazzetta Ufficiale» del 13 novembre 2000, n. 265.
-
Articolo 14 legge n. 328/2000.
-
Tribunale di Varese, 20 aprile 2010.
-
Cfr. Tribunale di Varese, 12 marzo 2012, ove si è affermato che il paziente con sclerosi laterale amiotrofica (SLA) può fare testamento dettando le proprie volontà all’amministratore di sostegno avvalendosi del comunicatore oculare, non potendosi ammettere che un individuo perda la facoltà di testare a causa della propria malattia, trattandosi di una discriminazione fondata sulla disabilità. Per i pazienti con SLA, peraltro, deve ritenersi sussistente un vero e proprio diritto alla comunicazione non verbale, mediante l’utilizzo di un comunicatore a puntamento oculare.
-
Tribunale di Modena, 26 ottobre 2007; Tribunale di Cagliari, 15 giugno 2010.
-
Sul requisito dello spirito di liberalità nella donazione la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 15 marzo 2016, n. 5068 ha affermato che l’animus donandi assume rilievo causale e che un’erronea convinzione del donante determina l’impossibilità assoluta di realizzazione del programma negoziale e quindi la carenza della causa donativa. Sulla scorta di tali principi si è ritenuto, in giurisprudenza, che la donazione del beneficiario dell’amministrazione di sostegno richieda la persistenza della capacità e l’espressa, autonoma e attuale volontà di donare in capo al beneficiario, nonché l’assenza di pregiudizio per la tutela degli interessi personali e patrimoniali dello stesso: cfr. Tribunale La Spezia, 2 ottobre 2010.
-
Così tra i primi: Tribunale di Modena, 28 gennaio 2004; Tribunale di Trieste, 5 aprile 2007; Tribunale di Modena, 20 marzo 2008; Tribunale di Modena, 5 novembre 2008; Tribunale di Palermo, 9 dicembre 2009; Tribunale di Perugia 20 giugno 2013; Tribunale di Cagliari, 16 luglio 2015.
-
Cass. civ. 16 ottobre 2007, n. 21748.
-
Legge 22 dicembre 2017, n. 219 recante «Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento» pubblicata in «Gazzetta Ufficiale» del 16 gennaio 2018, n. 12.
-
Nella richiamata pronuncia Englaro, la Suprema Corte afferma che la volontà espressa dal paziente in stato di incoscienza, va ricostruita sempre che la stessa «sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della voce del paziente medesimo, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona».
-
Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina (Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicina), conclusa a Oviedo il 4 aprile 1997 e approvata dall’Assemblea Federale il 20 marzo 2008, ratificata dall’Italia con legge 28 marzo 2001, n. 145, pubblicata in «Gazzetta Ufficiale» del 24 aprile 2001, n. 95.
-
Articolo 3, ultimo comma, legge n. 219/2017: «Nel caso in cui il rappresentante legale della persona interdetta o inabilitata oppure l’amministratore di sostegno, in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) di cui all’articolo 4, o il rappresentante legale della persona minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile o del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria».
-
È ragionevole ritenere, oltre che maggiormente armonico rispetto al sistema normativo delineato dalla legge n. 219/2017, che il giudice tutelare possa essere investito del conflitto anche nel caso opposto, ossia ove il legale rappresentante richieda all’équipe medica la prosecuzione delle cure già intraprese, ma il medico opponga un rifiuto, ritenendo, viceversa, tale prosecuzione inutile o dannosa per il paziente.
-
Corte cost. 13 giugno 2019, n. 144.
-
Tribunale di Pavia, 24 marzo 2018.
-
In tal senso, peraltro, si era orientato il Tribunale di Modena nel noto caso di Vincenza Santoro, settantenne malata di SLA che aveva manifestato il desiderio di non essere sottoposta a terapie invasive e, in particolare, nonostante l’aggravarsi della patologia, all’intervento di tracheotomia con successiva intubazione di installazione di macchinario per la ventilazione meccanica che le avrebbe forse allungato la vita ma senza possibilità di salvarla data la prognosi infausta. Cfr. Tribunale di Modena, 13 maggio 2008: «può procedersi alla nomina di un amministratore di sostegno per persona attualmente capace, ma affetta da un gravissimo morbo progressivo, allo scopo di sostituirla – una volta sopravvenuto uno stato di incapacità – nell’espressione del diniego ad eventuali future terapie rianimatorie invasive (nella specie: la ventilazione forzata con tracheotomia) espressamente fin d’ora rifiutate dal paziente».
-
La norma presenta una formulazione ampia e riguarda anche il conflitto tra amministratore di sostegno e beneficiario sulle questioni di carattere patrimoniale.
-
Corte cost. 19 gennaio 2007, n. 4: in tale pronuncia la Corte costituzionale ha rigettato la questione di costituzionalità, in riferimento agli articoli 2 e 3 Cost., degli articoli 407 e 410 c.c. «nella parte in cui non subordinano al consenso dell’interessato l’attivazione della predetta misura ed il compimento dei singoli atti gestionali, o comunque non attribuiscono efficacia paralizzante al suo dissenso in ordine a tale attivazione al compimento di tali atti». Cfr. altresì Cass. civ. 27 settembre 2017, n. 22602, ove la Suprema Corte ha affermato l’irrilevanza giuridica del dissenso del beneficiando, nel momento in cui la riluttanza della persona fragile verso l’attivazione della misura di protezione dell’amministrazione di sostegno si fondi su un «senso di orgoglio ingiustificato», affidando quindi all’apprezzamento del giudice tutelare la valutazione del dissenso dell’interessato in relazione alla cura complessiva della sua persona.
-
Tra le prime applicazioni dell’articolo 3, comma 4, legge n. 219/2017, si veda Tribunale di Modena, 23 marzo 2018: «l’amministratore di sostegno di persona incapace di manifestare la propria volontà può legittimamente esprimere il consenso informato, ovvero il rifiuto, ai trattamenti medico sanitari: ciò in base alla normativa internazionale, alla legislazione nazionale e all’elaborazione giurisprudenziale. È precipuo dovere dell’amministratore assumere quali unici criteri ispiratori della propria decisione l’interesse del beneficiario e la volontà eventualmente espressa in precedenza dal beneficiario stesso».
-
Legge 14 febbraio 1904, n. 36 recante «disposizioni sui manicomi e sugli alienati», pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale» del 22 febbraio 1904, n. 43.
-
L’autore osserva che: «se è vero che l’ospedale psichiatrico costituiva, in quanto tale, una riprova dell’interferenza culturale tra sicurezza pubblica e salute mentale, non può negarsi altresì che la protezione dell’ordine pubblico si trasformava, con la pratica manicomiale, in un fattore assoluto, poiché il fine terapeutico riabilitativo dell’istituto diveniva recessivo, fino ad essere sterilizzato e poi addirittura sovvertito da quello sanzionatorio e repressivo».
-
Cfr. articolo 2 legge n. 36/1904.
-
Legge 18 marzo 1968, n. 431 recante «provvidenze per l’assistenza psichiatrica», pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale» del 20 aprile 1968, n. 101.
-
Articolo 1 legge n. 180/1978: «gli accertamenti e trattamenti sanitari sono volontari».
-
Legge 23 dicembre 1978, n. 833 recante «Istituzione del servizio sanitario nazionale», pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale» del 28 dicembre 1978, n. 360.
-
Articolo 35 legge n. 833/1978.
-
Tribunale di Chieti, 6 ottobre 2020.
-
Tribunale di Chieti, 13 gennaio 2023; Tribunale di Chieti, 22 gennaio 2022; Tribunale di Lucca, 30 marzo 2023. Si propone, in particolare, la consultazione del provvedimento del Tribunale di Chieti pubblicato sulla Banca Dati della Giurisprudenza Abruzzese (www.giurisprudenza.abruzzo.it): sui limiti dei poteri del giudice tutelare di disporre il c.d. ricovero coatto del beneficiario di amministrazione di sostegno in struttura di cura e assistenza – Tribunale di Chieti, 13 ottobre 2021, est. Genovese.
-
Cfr. Tribunale di Modena, 26 novembre 2008: «l’art. 371 c.c., norma sicuramente applicabile ad un istituto (l’amministrazione di sostegno) il cui scopo primario è la tutela della persona e la cui mancata menzione nell’art. 411, comma 1o, c.c. (come novellato dalla legge n. 6 del 2004) dipende, ragionevolmente, dalla circostanza che il precetto è destinato a trovare applicazione nei soli casi ritenuti dal magistrato a differenza di quelli espressamente nominati dalla norma (articoli da 349 a 353 e da 374 a 376)»; Tribunale di Vercelli, 28 marzo 2018: «l’inserimento del beneficiario in casa di ricovero è operazione sicuramente lecita e ammissibile nell’ambito della amministrazione di sostegno, e ciò anche indipendentemente dal dissenso del beneficiario, ove pretestuoso; infatti, l’art. 358 c.c. – norma che dispone che il minore in tutela (dunque l’interdetto) non può abbandonare l’istituto cui è stato destinato senza il permesso del tutore – disciplina una limitazione, o comunque un effetto, della interdizione, ed è dunque estensibile al beneficiario di ADS ex art. 411, u.c., c.c., non essendovi ragioni letterali per ritenere il contrario»; Tribunale di Udine, 3 novembre 2020: «ritenuto che l’opposizione espressa a voce dalla beneficiaria alla misura del collocamento in struttura, debba essere inquadrata nel quadro di patologia “francamente delirante, con rifiuto sistemico dei farmaci, rifiuto di supporto nell’igiene ed in ogni forma di assistenza” nonché in coerenza con le condizioni ambientali nelle quali la beneficiaria vive e si muove, adottando condotte pericolose per la propria incolumità e per quella degli altri (fughe di gas ed allagamenti), in particolare del personale preposto alla sua assistenza; ritenuto per l’effetto di poter adottare come criterio valutativo della genuinità di detto dissenso quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza 4/2007, nella parte in cui afferma che se è pur vero che, alla stregua della normativa vigente, il giudice deve tener conto delle richieste dell’interessato, tale doverosa considerazione riguarda, peraltro, il solo caso in cui dette richieste siano compatibili con l’interesse del beneficiario, e tale compatibilità costituisce altresì il criterio guida al quale deve attenersi il giudice tutelare nel risolvere ogni contrasto tra l’amministratore di sostegno ed il beneficiario medesimo, in ordine ad ogni singolo atto gestionale da compiere, a maggior ragione quelli concernenti la tutela della sua salute ed incolumità; ritenuto che la pandemia in atto consigli l’adozione di misure a protezione della beneficiaria la quale, senza averne consapevolezza, esce di casa ignara di limiti e prescrizioni via via disposte dalle Autorità, in termini di cautele per sé e per i terzi».
-
Cfr. articolo 411, comma 1, c.c. «Si applicano all’amministratore di sostegno, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli da 349 a 353 e da 374 a 388».
-
Né tanto meno, peraltro, tale equiparazione si ritiene possa essere operata per una persona nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di interdizione, nei casi in cui l’interdetto sia ancora in grado di manifestare la propria volontà all’ingresso in una struttura sanitaria.
-
Consiglio d’Europa, Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT), Internamenti forzati negli istituti psichiatrici, estratto dall’8o rapporto generale del CPT, pubblicato il 1998, reperibile sul sito: https://rm.coe.int/16806cd433.
-
Cfr. Tribunale di Savona, 12 febbraio 2021.
-
Articolo 5 CEDU: «1. Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, se non nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge: a) se è detenuto regolarmente in seguito a condanna da parte di un tribunale competente; b) se si trova in regolare stato di arresto o di detenzione per violazione di un provvedimento emesso, conformemente alla legge, da un tribunale o allo scopo di garantire l’esecuzione di un obbligo prescritto dalla legge; c) se è stato arrestato o detenuto per essere tradotto dinanzi all’autorità giudiziaria competente, quando vi sono motivi plausibili di sospettare che egli abbia commesso un reato o vi sono motivi fondati di ritenere che sia necessario impedirgli di commettere un reato o di darsi alla fuga dopo averlo commesso; d) se si tratta della detenzione regolare di un minore decisa allo scopo di sorvegliare la sua educazione oppure della sua detenzione regolare al fine di tradurlo dinanzi all’autorità competente; e) se si tratta della detenzione regolare di una persona suscettibile di propagare una malattia contagiosa, di un alienato, di un alcolizzato, di un tossicomane o di un vagabondo; f) se si tratta dell’arresto o della detenzione regolari di una persona per impedirle di entrare illegalmente nel territorio, oppure di una persona contro la quale è in corso un procedimento d’espulsione o d’estradizione. 2. Ogni persona arrestata deve essere informata, al più presto e in una lingua a lei comprensibile, dei motivi dell’arresto e di ogni accusa formulata a suo carico. 3. Ogni persona arrestata o detenuta, conformemente alle condizioni previste dal paragrafo 1c del presente articolo, deve essere tradotta al più presto dinanzi a un giudice o a un altro magistrato autorizzato dalla legge a esercitare funzioni giudiziarie e ha diritto di essere giudicata entro un termine ragionevole o di essere messa in libertà durante la procedura. La scarcerazione può essere subordinata a garanzie che assicurino la comparizione dell’interessato all’udienza. 4. Ogni persona privata della libertà mediante arresto o detenzione ha il diritto di presentare un ricorso a un tribunale, affinché decida entro breve termine sulla legittimità della sua detenzione e ne ordini la scarcerazione se la detenzione è illegittima. 5. Ogni persona vittima di arresto o di detenzione in violazione di una delle disposizioni del presente articolo ha diritto a una riparazione».
-
Cfr. sul punto: Tribunale di Chieti, 22 gennaio 2022; Tribunale di Chieti, 28 gennaio 2023.
-
L’autore ritiene, in particolare, che l’amministrazione di sostegno e il TSO, sebbene abbiano presupposti diversi, «non si pongono, tuttavia, nel senso di reciproca indipendenza ed esclusione, sicché i relativi perimetri applicativi arrivano ad intersecarsi, ponendo in capo all’amministratore di sostegno un potere meno “formalizzato” (in quanto attivabile senza che debbano ricorrere tutti i presupposti di cui all’art. 34), ma potenzialmente più penetrante (in quanto assistito da un minore apparato di garanzie, in ordine alla durata, al controllo giudiziario ed alla ricorribilità delle misure in questione».
-
Ex multis: Tribunale di Catania, 22 settembre 2006; cfr. in particolare: Tribunale di Bari, 27 dicembre 2006, ove il giudice tutelare ha autorizzato l’amministratore di sostegno di una ragazza, che manifestava depressione e anoressia grave, ad esprimere il consenso al ricovero in ospedale in sostituzione della beneficiaria. Il giudice barese ha disposto «l’immediato ricovero coatto» della beneficiaria, prevedendo contestualmente «il divieto di contatto e/o colloqui anche telefonici» con i familiari, ed incaricando i Carabinieri del luogo di prestare «prontamente ogni collaborazione all’a.d.s. [...] per l’inserimento coatto in idonea struttura» e «ricondurre prontamente» la beneficiaria in ospedale in caso di allontanamento non autorizzato.
-
Tribunale di Cosenza, 28 ottobre 2004.
-
L’autore rileva, altresì, che nella fattispecie sottesa alla decisione del Tribunale di Cosenza in commento, anche l’applicazione della misura dell’interdizione sarebbe stata elusiva della c.d. legge Basaglia nonché «passibile delle medesime critiche in ordine al rispetto del principio costituzionale di determinatezza dei trattamenti sanitari obbligatori [...] poiché le norme che disciplinano l’interdizione non individuano certo una precisa tipologia di trattamenti sanitari a cui il soggetto interdetto possa essere obbligatoriamente sottoposto».
-
Sul punto va rammentato che la Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 5380 del 27 febbraio 2020, ha chiarito che, anche nel caso di amministrazione di sostegno in cui sia prevista la rappresentanza necessaria per il compimento di atti di straordinaria amministrazione, il beneficiario conserva «un’autonoma legittimazione processuale non solo ai fini dell’apertura della relativa procedura ma anche per impugnare i provvedimenti adottati dal giudice tutelare nel corso della stessa, essendo invece necessaria l’assistenza dell’amministratore di sostegno e la previa autorizzazione del giudice tutelare, a norma del combinato disposto degli articoli 372, n. 5, e 411 c.c. per l’instaurazione dei giudizi nei confronti di terzi estranei a tale procedura».
-
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Grande Camera, Stanev c. Bulgaria (n. 36760/06), 17 gennaio 2012.
-
La dicitura «alienato» è utilizzata proprio dall’articolo 5 della Convenzione e necessita evidentemente di essere superata, in quanto fa riferimento ancora al paradigma medico ed è in palese contrasto con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
-
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Mihailovs c. Lettonia (n. 35939/2010), 22 gennaio 2013. Il caso riguardava un soggetto epilettico, sottoposto a tutela su iniziativa della moglie, poi nominata tutore dello stesso. Nello stesso periodo, il ricorrente veniva ricoverato in un ospedale psichiatrico dove è rimasto per due anni per poi essere trasferito in una struttura statale socio-assistenziale su richiesta della moglie: in tale situazione, il ricorrente non poteva uscire dalla struttura da solo, né poteva ricevere visite senza il consenso del tutore o ricevere personalmente la corrispondenza. Dal procedimento, è risultato inoltre che gli ospiti della struttura che si allontanavano senza il permesso della direzione venivano ricercati dalle forze di polizia e ivi riportati coattivamente.
-
Tribunale di Modena, 6 agosto 2009: «l’amministrazione di sostegno non deve essere strumentalizzata dai servizi sociali e/o di salute mentale che, in difetto dei relativi presupposti, volessero in tal modo ottenere l’esonero dalle attività di assistenza cui sono istituzionalmente deputati. Conseguentemente, all’amministratore di sostegno può essere demandato l’incarico – esplorativo – di valutare se le condizioni del beneficiario siano realmente tali da giustificare una stabile Ads, oppure se, in mancanza di particolari esigenze patrimoniali e della persona, le relative problematiche possano invece trovare organica e naturale gestione da parte dei predetti pubblici organismi, senza necessità di imporre limitazioni della capacità d’agire dell’interessato».
-
La necessità di una progressiva e piena condivisione di questi principi ha condotto a inserire un’espressa previsione in tal senso nel Protocollo procedimentale in materia di amministrazione di sostegno stipulato tra il Tribunale di Chieti e l’Ordine degli Avvocati di Chieti, ove si è ritenuto di specificare i principi guida che, tra gli altri, devono condurre l’opera dell’amministratore di sostegno: par. 4: «Gli Avvocati ed i Praticanti Avvocati nominati Amministratori di Sostegno svolgono l’incarico affidato con attenzione alla cura del beneficiario e con diligente gestione dei rapporti giuridici facenti capo all’amministrato come previsto nel decreto di nomina, instaurando rapporti con i soggetti familiari e non che si occupano del beneficiario sia privati che pubblici, al fine di costruire una rete di relazioni utili al benessere della persona nel rispetto dei limiti e delle competenze di ciascuna figura professionale. L’incarico di Amministratore di Sostegno non va inteso come volto, unicamente, alla risoluzione di problemi burocratici, ma finalizzato alla costruzione di un progetto che migliori la qualità della vita della persona fragile stimolando, altresì, gli opportuni interventi da parte della famiglia e degli organi di assistenza».