Note
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Massimiliano Verga è il papà di Moreno.
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Il concetto di «piena ed effettiva partecipazione» è ripreso in più punti nel testo della Convenzione, a partire dal Preambolo, lett. e).
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Alcuni commi della legge n. 104/1992 (art. 5) segnalano questi obiettivi: «d) assicurare alla famiglia della persona handicappata un’informazione di carattere sanitario e sociale per facilitare la comprensione dell’evento, anche in relazione alle possibilità di recupero e di integrazione della persona handicappata nella società; [...] h) garantire alla persona handicappata e alla famiglia adeguato sostegno psicologico e psicopedagogico, servizi di aiuto personale o familiare...».
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In particolare su questo aspetto, si rimanda all’approfondimento dedicato alla creazione di uno sportello informativo sulla disabilità, che auspicabilmente dovrebbe avere una sua diramazione proprio negli ospedali, a supporto di questo delicato snodo esistenziale. Vedi infra «A chi lo chiedo? Proposta per un Punto Unico Informativo sui benefici, le tutele e i servizi a favore delle persone con disabilità e dei loro familiari».
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Sul piano concettuale i termini non sono sinonimi. La storia della scuola italiana per tutti distingue tra una fase iniziale, definita dell’inserimento, la successiva, negli anni Novanta, basata sull’integrazione e quella odierna, avviata col nuovo millennio, centrata sull’inclusione. Quest’ultima, in ambito scolastico, è stata divulgata con la Conferenza dell’UNESCO di Salamanca del 1994 (e rafforzata dalla Convenzione ONU del 2006) che definisce, appunto, come inclusione un processo orientato da scelte culturali, politiche ed etiche realizzate da modelli scolastici indirizzati alla costruzione di un ambiente educativo capace di accogliere tutti, puntando sulla partecipazione e senza escludere: le differenze di ciascuno (la disabilità nel nostro caso) devono essere affrontate nelle classi di tutti, secondo il principio delle pari opportunità e della mancata discriminazione, secondo specifiche strategie e modalità che affrontano quelle condizioni, non secondo una logica che esclude in base a criteri di normalità.
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Si veda infra «Esperti di disabilità? Riflessioni sulla formazione in ambito socio-educativo e scolastico».
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Qui si adottano le nozioni di riproduzione sociale e di ineguaglianza delle diverse forme di capitale di cui dispongono gli individui e le configurazioni familiari proposte dalla sociologia di Pierre Bourdieu. Per quanto il sociologo francese non fosse un sostenitore della biografia come strumento di comprensione del sociale, la condizione di disabilità sembra rappresentare, proprio quando si studiano le biografie, uno di quegli «sconvolgimenti importanti» [Bourdieu 1998, 157] suscettibili di produrre cambiamenti di posizione sociale e di configurarsi come una caratteristica biologico-sociale che complica le condizioni della formazione e del realizzarsi dell’habitus [Schianchi 2019, 59].
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Si pensi al genogramma familiare adottato in famiglie in cui sono presenti situazioni di disabilità [Sorrentino 2006], oppure alle aperture possibili, all’interno di un incontro tra familiari e operatori, di alcuni servizi per la disabilità [Cuppari e Formenti 2023].