Ciro Tarantino (a cura di)
Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c7

3. Conclusioni

La fotografia che fin qui si è restituita della residenzialità in Italia per le persone con disabilità si fonda su un’impostazione che mette al centro i Servizi piuttosto che le persone, perché tale fotografia è basata sui dati disponibili al momento più completi e sistematici, che derivano dalla rilevazione operata dall’ISTAT presso i Servizi pubblici e privati che offrono prestazioni socio-assistenziali o socio-sanitarie. Partendo invece dalle Guidelines on Deinstitutionalization, Including in Emergencies, adottate dal Committee on the Rights of Persons with Disabilities [12]
, elemento cruciale richiesto per l’organizzazione della raccolta dei dati è il coinvolgimento diretto delle persone con disabilità e soprattutto il principio della deistituzionalizzazione come cardine per la costruzione di un sistema che metta al centro la persona e non le istituzioni in cui possono ritrovarsi, più o meno volontariamente, a vivere, qualsiasi esse siano. Ovviamente bisogna intendersi bene su questo punto, perché il termine istituzionalizzazione può dare adito a molti fraintendimenti [Merlo 2019; Merlo e Tarantino 2018]. Qui serve a sottolineare come, al momento, il sistema di rilevazione sia fondato sul funzionamento delle istituzioni chiamate a gestire queste specifiche popolazioni delle persone con disabilità e degli anziani. Bisogna anche ricordare che non vi è una rilevazione dati, all’interno nell’universo della popolazione degli anziani presa nel suo complesso, della specifica condizione di disabilità, scomparendo quest’ultima come categoria autonoma al compimento dei 65 anni di età, impedendo così di seguire la traiettoria specifica di quel soggetto che è stato inquadrato all’interno della categoria di disabile nel suo periodo di minore età e per tutta la durata dell’età adulta. Si tratta, per quel che riguarda l’approccio più vicino al dettato e allo spirito della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, di un approccio che sicuramente può essere ricondotto al più generale spostamento da una prospettiva ispirata al modello dell’integrazione – che richiede l’attivazione diretta dei soggetti per adattarsi ai contesti – opposta alla prospettiva inclusiva, che mira invece a mettere al centro il contesto, che deve favorire la libera e diretta partecipazione dei soggetti con disabilità, modificandosi [Pizzo 2021]. Il sistema di raccolta dati attuale, quello dell’ISTAT cui abbiamo fatto ricorso, ma anche gran parte di quelli nazionali citati all’inizio, pubblici e privati, mette al centro i servizi, che in realtà svolgono una funzione passiva, istituzionale, attivandosi nel momento della scelta dei soggetti o delle persone e dei Servizi titolati a intervenire per rispondere a una situazione generalmente letta in termini di crisi, di un evento critico, in realtà spesso connessa alla {p. 191}presenza di soggetti che presentano un qualche vizio di forma [Tarantino 2021], cioè della difficile gestione della presenza di soggetti in un contesto non pronto e non idoneo a favorire la partecipazione dei soggetti stessi alla determinazione della propria prospettiva di vita, del proprio progetto di vita. Un sistema di organizzazione di raccolta dati che invece rispetti maggiormente quanto indicato dalla Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità non può non mettere al centro la persona e la propria traiettoria di vita, superando quindi la prospettiva che frammenta questa stessa traiettoria.
Un altro problema che sta emergendo con forza negli ultimi anni è quello della possibile sovrapposizione e confusione delle categorie di disabilità e di non autosufficienza, in parte probabilmente dovute anche al peso dei numeri della non autosufficienza e da questo assorbimento della categoria di disabilità in quella di anzianità, alla soglia dei 65 anni di età. Per quel che riguarda il rapporto tra queste due categorie, possiamo prendere in considerazione l’Indagine ISTAT su Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari [ISTAT 2014], che trova anche possibilità di comparazione a livello europeo, poiché si tratta di un’indagine, prevista dal regolamento UE n. 141/2013 e ha l’obiettivo di confrontare la situazione nei diversi Paesi europei riguardo i principali aspetti sulle condizioni di salute, prevenzione e ricorso ai servizi sanitari, riversando poi i relativi dati nel complessivo specifico database dell’EUROSTAT. Con riguardo allo stato di salute della popolazione, attraverso questa indagine si diffondono le informazioni relative alla presenza di malattie croniche e comorbilità, alla presenza di sintomi depressivi, alla percezione del dolore fisico e l’interferenza nelle attività quotidiane, alla presenza di limitazioni funzionali (gravi difficoltà nella vista, nell’udito, gravi difficoltà motorie), nonché alla compromissione dell’autonomia (gravi limitazioni nelle attività di cura personale o ADL - Activities Daily Living, in cui rientrano, per esempio, l’alzarsi dal letto, lavarsi, vestirsi, mangiare, da una parte; gravi limitazioni nelle attività domestiche o IADL - Instrumental Activities of Daily Living, in cui rientrano cucinare, usare il telefono, fare la spesa, dall’altro). Per il ricorso ai servizi sanitari sono rese disponibili le informazioni raccolte sui ricoveri ospedalieri, le visite mediche (generiche, specialistiche, odontoiatriche), l’assistenza domiciliare, le difficoltà di accesso a prestazioni e cure sanitarie, il consumo di farmaci. A queste informazioni si aggiungono quelle sulla percezione del sostegno sociale (Oslo social support scale), le informazioni sulle cure e l’assistenza fornite a familiari e non familiari [ibidem]. Anche questa indagine presenta alcuni problemi, perché, per fare solo un esempio, il campione non prende in considerazione la popolazione sotto i 15 anni, escludendo così una parte della popolazione minorile abbastanza rilevante. Il vantaggio, invece, di questa Rilevazione è l’adozione del concetto di salute in termini funzionali, considerando {p. 192}quindi le limitazioni funzionali delle persone e rendendo così la disabilità e la non autosufficienza due condizioni che possiamo considerare come punti su un continuum rappresentato dalla salute funzionale, che va dalla piena salute, come condizione di pieno benessere e quindi migliore condizione possibile, alla non autosufficienza, come peggiore condizione di salute possibile.
Se guardiamo ad alcuni dati che emergono da questa indagine, possiamo vedere come in Italia,
nel 2019, le persone con disabilità – ovvero che soffrono a causa di problemi di salute, di gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere attività abituali – sono 3 milioni e 150 mila (il 5,2% della popolazione). Gli anziani sono i più colpiti: quasi 1 milione e mezzo di ultrasettantacinquenni (il 22% della popolazione in quella fascia di età) si trovano in condizione di disabilità e 1 milione di essi sono donne. La «geografia della disabilità» vede al primo posto le Isole, con una prevalenza del 6,5%, contro il 4,5% del Nord ovest. Le Regioni nelle quali il fenomeno è più diffuso sono l’Umbria e la Sardegna (rispettivamente, il 6,9% e il 7,9% della popolazione). Lombardia e Trentino-Alto Adige sono, invece, le Regioni con la prevalenza più bassa: il 4,1% e 3,8% rispettivamente. Il 29% delle persone con disabilità vive sola, il 27,4% con il coniuge, il 16,2% con il coniuge e i figli, il 7,4% con i figli e senza coniuge, circa il 9% con uno o entrambi i genitori, il restante 11% circa vive in altre tipologie di nucleo familiare. Un aspetto rilevante per le condizioni di vita degli anziani è costituito dalla tipologia di limitazioni funzionali e dal livello di riduzione dell’autonomia personale a provvedere alla cura di sé (lavarsi, vestirsi, mangiare da soli, ecc.) o a svolgere le attività domestiche quotidiane (preparare i pasti, fare la spesa, usare il telefono, prendere le medicine, ecc.). Nella popolazione di 15 anni e più il 2% ha gravi limitazioni nella vista, il 4,1% nell’udito e il 7,2% nel camminare. L’11,2% degli anziani riferisce gravi difficoltà in almeno un’attività di cura della persona (Activities of daily living, ADL). Si tratta in gran parte di ultrasettantacinquenni (1 milione e 200 mila), quasi 1 su 5 in questa fascia di età. Passando ad esaminare le limitazioni nelle attività quotidiane strumentali di tipo domestico (Instrumental activities of daily living, IADL), si stima che, complessivamente, il 30,3% degli anziani ha gravi difficoltà a svolgerle; dopo i 75 anni, tale valore sale a quasi 1 anziano su 2 (47,1%). È soprattutto nelle attività domestiche pesanti che gli anziani perdono più facilmente l’autonomia (29,8% degli anziani). Seguono quelle che implicano una certa autonomia fisica come fare la spesa (17,0%) e svolgere faccende domestiche leggere (15,0%). La gestione delle risorse economiche e delle attività amministrative riguarda il 13,5%, il preparare i pasti l’11,5%. Quote inferiori di anziani invece riferiscono gravi difficoltà nel prendere le medicine (8,5%) e usare il telefono (7,3%) [ISTAT 2021b].
Questi dati ci portano a comprendere come le limitazioni funzionali siano maggiormente presenti nella popolazione anziana, rendendo quasi residuale la questione delle limitazioni funzionali nell’età adulta o tra i minori. {p. 193}
Il fatto che la maggior parte dei soggetti con problemi funzionali siano anziani, suggerisce che i casi di disabilità innata/congenita siano una minoranza, rispetto alla prevalenza di problemi di salute funzionale che sono esito di quel processo di accumulazione di rischi biologici ma anche sociali e ambientali che potremmo riassumere con il termine di invecchiamento. Qualunque sia l’area di limitazione considerata [...] l’età è il principale fattore di rischio [Della Bella e Lucchini 2015, 26].
L’età e l’invecchiamento, come esposizione al rischio della moltiplicazione di limitazioni, si trasforma così in un sistema di progressiva creazione di una popolazione a rischio di non autosufficienza, di scivolamento verso il polo estremo negativo della traiettoria della salute, attraendo così, nel medesimo campo e nel medesimo processo definitorio negativo, le altre condizioni lungo questa linea, tra cui quella della disabilità, secondo una dinamica che potremmo ricondurre alla produzione di popolazioni a rischio [Castel 2011].
Una nuova prospettiva di raccolta dati presuppone il superamento della centralità del servizio e la necessità di individuare i principali ostacoli alla partecipazione delle persone con disabilità, oltre all’integrazione di tutte le informazioni che non siano solo quelle relative all’assistenza. Alla fotografia della residenzialità sarebbe forse necessario integrare le informazioni circa il livello di partecipazione alle scelte e alle attività, così da costruire un sistema di dati che integri tutti quegli interventi che prevedono la non residenzialità, restituendo così la reale condizione di effettiva partecipazione e presenza delle persone con disabilità e delle persone non autosufficienti che non fissi per forza la loro posizione in un solo punto lungo il continuum che deve essere quello dei possibili interventi, così come non fissi la possibile presenza in un solo punto, che rischia di assumere sempre più la forma di unico orizzonte o di un destino quasi certo, che è quello della non autosufficienza con annessa residenzialità istituzionale. Perciò l’obiettivo, oggi, deve essere quello di raccogliere dati statistici e risultati di ricerche che favoriscano l’attuazione della Convenzione, per cui vanno prioritariamente individuati indicatori di potenziali ostacoli all’esercizio dei diritti delle persone con disabilità. Il sistema dovrà sì raccogliere informazioni sui servizi presenti sul territorio, ma integrare tale dato con il monitoraggio di tutte le azioni volte alla promozione e all’implementazione della vita indipendente delle persone con disabilità. La costruzione di un nuovo modello di rilevazione dei dati dovrebbe essere ormai centrata non più sul monitoraggio di un sistema di welfare che, in particolare in Italia, è sempre stato incentrato sul «trasferimento» monetario come una sorta di «risarcimento» di quello che viene presentato come un «danno» o sulla costruzione di servizi in una logica di compensazione per i soggetti in condizione di disabilità. Si
{p. 194}può dire che finora la raccolta dei dati ha privilegiato quello che rientra anche in una specifica linea di intervento del Secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità [13]
, la Linea di intervento 3 (Salute, diritto alla vita, abilitazione e riabilitazione), fornendo un monitoraggio sganciato dalle altre Linee di intervento previste dal medesimo Programma, come per esempio l’auspicato monitoraggio delle politiche previste nella Linea di intervento 2, Politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l’inclusione nella società, che, come evidenziato anche nella specifica Linea di intervento 8, che riguarda il sistema statistico e di reporting sull’attuazione delle politiche, dovrebbe essere il riferimento principale, centrato sulla persona con disabilità, del livello di attuazione dei principi della Convenzione, ricongiungendo così il complesso dei dati attorno alla persona con disabilità attraverso tutte le dimensioni della vita quotidiana, secondo un modello che EUROSTAT in parte già implementa [EUROSTAT 2023], mettendo assieme e così restituendo la dimensione dei bisogni di assistenza, quella del long-term care, quella della povertà e le disuguaglianze connesse alla condizione di disabilità, la situazione finanziaria e la condizione abitativa, congiungendo il ricorso ai dati ufficiali, provenienti dagli istituti di statistica dei vari Paesi europei, e survey ad hoc. Si tratta di un sistema verso cui va anche l’ISTAT, tentando di integrare le banche date disponibili con indagini campionarie [ISTAT 2023] e che sembra possa finalmente meglio rispondere in maniera più adeguata a quanto richiesto dalla Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità.
Note
[13] Il testo del Secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 12 ottobre 2017, è disponibile al seguente link: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/12/12/17A08310/SG.