Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c22
È utile a questo scopo notare
che, nel momento in cui si rinuncia a una prospettiva abilista, a una prospettiva
cioè in cui la finalità della progettazione che accompagna una persona con
disabilità e renderla «meno disabile», il progetto personalizzato partecipato
potenzialmente non ha un termine nel tempo: l’accompagnamento alle comunità affinché
possano garantire la partecipazione può continuare anche per tutta la vita della
persona. Ciò avviene, ad esempio, laddove i sostegni sono da attivare in
¶{p. 528}modalità costante, laddove la manutenzione dei contesti è
da rinnovare periodicamente e in molteplici sfumature di altre situazioni.
Trattandosi infatti di una progettazione che si dipana all’interno della vita
quotidiana delle comunità, i processi sono soggetti a molte variabili: le comunità,
le città, i territori cambiano. Cambiano le reti di trasporti locali, cambiano gli
abitanti del quartiere, cambia il sindaco, cambia la gestione di quel locale e le
politiche di inserimento lavorativo. La molteplicità delle variabili che
contraddistinguono il mondo di tutti va integrata all’interno della valutazione dei
progetti, in modo da consentirne una leggibilità e una spendibilità di tale
valutazione in termini operativi.
La valutazione del progetto
personalizzato partecipato, infatti, ha sempre una doppia dimensione. Internamente
al progetto, l’integrazione persistente della molteplicità di variabili contestuali
nella valutazione di processi ed esiti di libertà consente alla persona e all’équipe
che l’accompagna di mantenere uno sguardo centrato sull’andamento del progetto, di
inserire i correttivi necessari, di individuare le barriere contestuali che stanno
limitando o ritardando il raggiungimento degli obiettivi definiti. Al contempo,
esternamente, in termini collettivi, la progettazione personalizzata analizza le
comunità dal punto di vista della partecipazione delle persone con disabilità,
individuando gli elementi di barriera e consentendo ai decisori che si occupano del
livello di inclusività di quella comunità di utilizzare queste informazioni – così
preziosamente dettagliate – per ridisegnare, ridefinire, riaccompagnare gli assetti
comunitari verso una maggiore inclusività.
5.2.1. Valutare l’accessibilità
Una dimensione della
valutazione sistematicamente integrata nella progettazione personalizzata è
quella relativa all’accessibilità. L’accessibilità – concetto chiave della
progettazione personalizzata partecipata – ha, a sua volta diverse dimensioni.
L’accessibilità materiale
dei contesti è quella maggiormente nota e comprende la dimensione tangibile
dell’accesso: gli aspetti strutturali (tra cui il più noto è costituto dalle
barriere architettoniche), quelli economici (i costi della partecipazione), la
distanza geografica costituiscono solo alcuni esempi degli elementi che
determinano l’accessibilità materiale di ciascuna esperienza sociale. Come già
descritto si tratta di barriere individuabili con relativa facilità anche da una
persona senza disabilità che non ne esperisce direttamente le limitazioni. Anche
per questa ragione esse costituiscono l’area dell’accesso maggiormente
conosciuta e regolata.
Come illustrato nel
contributo di Curto, inoltre, altre tipologie di barriere, che agiscono in modo
altrettanto ostacolante nei contesti della vita
¶{p. 529}quotidiana ma che tendono a risultare invisibili a chi
non ne esperisce gli impedimenti. Ciascuna di queste tipologie di barriere
necessita di interventi di valutazione sistematici e ricorsivi, volti a
monitorare strettamente la direzione e l’efficacia delle azioni che il progetto
prevede.
Tutti questi elementi,
infatti, sono socialmente costruiti, situati in termini spaziali e temporali ma
non per questo sono meno potenti: è stato descritto (cfr.
supra) come nelle specifiche esperienze delle persone
sia proprio l’incontro sistematico e reiterato con tali barriere che
cristallizza un sistema di esclusione che funziona da innesco per i processi di
istituzionalizzazione.
6. Conclusioni
La progettazione personalizzata
partecipata e orientata alla deistituzionalizzazione è un processo complesso e
multifattoriale messo in campo da professionisti ad alta e specifica formazione
all’interno di un sistema di welfare dagli assetti congruenti. Ad oggi, lo abbiamo
visto, le barriere culturali e operative a un’autentica messa in campo di modalità e
strumenti che si muovono nella cornice di tale progettazione sono ancora rilevanti.
Tuttavia, sono numerose le esperienze condotte in questi anni su territori che hanno
scelto di precorrere i tempi attuando pienamente il paradigma della CPRD mediante
progettazione personalizzata. Tali modelli di implementazione mostrano che si tratta di
una strada ampiamente percorribile nella molteplicità degli scenari di welfare
attualmente disponibili. L’eterogeneità che caratterizza il nostro sistema territoriale,
infatti, ne definisce anche una preziosa flessibilità a cui consegue la possibilità di
definire assetti territorio-specifici che consentono la piena attuazione di tali
modelli. A ciò si aggiunge, a fare da motore per il cambiamento, la diffusa
insoddisfazione degli operatori rispetto a metodologie e approcci attualmente utilizzati
che schiacciano la professionalità in termini esecutori e spesso confliggono con
l’evoluzione culturale della visione di disabilità di cui gli operatori stessi sono
portatori. È necessario inoltre citare la pressione progressivamente crescente delle
persone con disabilità e delle loro famiglie, che si muove sempre di più anche ai
margini della rappresentanza ufficiale, costituendo un elemento di consapevolezza che fa
da chiave per il cambiamento. Si tratta di movimenti spesso sotterranei, poco visibili
dal punto di vista mediatico, ma che stanno lentamente – ma inesorabilmente – portando a
una trasformazione strutturale dei servizi della disabilità verso un modello di
progettazione personalizzata in grado di eradicare definitivamente il ricorso
all’istituzionalizzazione.¶{p. 530}
Note