Le competenze digitali nella scuola
DOI: 10.1401/9788815412270/c2
Capitolo secondo Il quadro di riferimento per le competenze digitali dei cittadini (DigComp)
Abstract
Negli ultimi decenni si è consolidata la prassi positiva di definire quadri di riferimento sovranazionali relativamente ad alcuni aspetti fondamentali della vita sociale che coinvolgono i cittadini di diversi paesi. La transizione digitale si caratterizza per la rapidità di trasformazione della società, del suo funzionamento, dei rapporti e delle relazioni al suo interno. Focalizzando l’attenzione sulla scuola, è del tutto evidente l’intersezione con i traguardi formativi delle Indicazioni nazionali e delle Linee guida. I corsivi mettono in luce competenze tipiche promosse dalla scuola, trasversali a tutte le discipline e non proprie solamente dell’insegnamento dell’Italiano. La comunicazione e la collaborazione rivestono un ruolo di particolare importanza per la scuola e per la formazione in generale poiché identificano competenze cruciali nell’era digitale. La competenza di creare contenuti digitali è diventata sempre più importante per il cittadino di oggi e lo è ancora di più nell’ambito dell’istruzione e della formazione. Questa competenza è una componente chiave della cosiddetta alfabetizzazione digitale, essenziale per preparare gli studenti e le studentesse a un mondo orientato alla tecnologia e agli ambienti digitali. L’educazione alla cittadinanza digitale è certamente l’obiettivo principale che la società chiede alla scuola di assumere insieme ad altri attori importanti come la famiglia e altre agenzie educative. L’uso creativo e responsabile delle tecnologie digitali è importante nel mondo della scuola e dell’apprendimento in generale perché promuove lo sviluppo del pensiero critico, innovativo e coinvolge gli studenti e le studentesse nell’acquisizione di competenze complesse e avanzate che insistono su ambiti concettuali, tecnici e metodologici anche molto distanti e differenti tra di loro.
1. Il quadro di riferimento europeo
Negli ultimi decenni si è consolidata la prassi positiva di definire quadri di riferimento sovranazionali relativamente ad alcuni aspetti fondamentali della vita sociale che coinvolgono i cittadini di diversi paesi. Per quanto il fenomeno non sia solamente europeo, certamente l’Unione europea (UE) ha investito considerevolmente in questa direzione, talvolta producendo dei documenti di tale rilevanza e qualità tecnico-scientifica che sono stati adottati anche al di fuori del territorio dell’Unione.
Il CEFR (The Common European Framework of Reference for Languages)
[1]
rappresenta probabilmente l’esempio più rilevante. Esso ha assunto il ruolo di documento di riferimento anche per moltissimi paesi che non appartengono alla UE e molti di loro si trovano in altri continenti, con sistemi sociali, politici ed educativi molto diversi da quelli europei.
Dal punto di vista generale e metodologico l’idea di definire un quadro di riferimento è molto importante poiché esso pone le basi di un’infrastruttura logica che guida i singoli, le collettività, i paesi e le loro politiche. Ma, soprattutto, un quadro di riferimento permette alle persone di intendersi, di circolare e di confrontarsi. L’incontro tra la domanda e l’offerta, latamente intese, non solo quindi in senso strettamente economico, diviene più semplice, efficace ed efficiente. Ancora una volta l’esempio del CEFR rende del tutto evidente l’utilità di un quadro di riferimento se esso è riconosciuto da una vasta platea di soggetti, delle più diverse tipologie. Fino ad alcuni anni fa risultava molto difficile avere ¶{p. 40}un’idea abbastanza precisa delle competenze linguistiche delle persone e, tipicamente, si doveva ricorrere a una serie di verifiche, sovente esami veri e propri, per valutare le reali competenze di ciascuno di esprimersi in una lingua straniera. Oggi questa necessità è in buona parte venuta meno quando si è in possesso di una certificazione linguistica, espressa sulla scala del CEFR, rilasciata da un’istituzione che gode di una solida reputazione.
In questa sede interessa ancora maggiormente l’aspetto educativo-formativo e l’impatto che un buon quadro di riferimento può avere sulle pratiche didattiche e quindi sull’apprendimento. Tipicamente, un quadro di riferimento prevede la definizione, l’articolazione e la declinazione in livelli del costrutto che si vuole descrivere, ad esempio le competenze comunicative in una lingua straniera. La presenza di traguardi chiaramente formulati, di standard per misurare il loro raggiungimento e l’articolazione tassonomica della modalità di descrivere gli esiti rappresentano una possibilità straordinaria per organizzare una didattica realmente in grado di monitorare i progressi dei discenti, di stabilire se il livello di competenza conseguito è quello ritenuto adeguato a un certo stadio del processo di apprendimento, di promuovere una valutazione realmente formativa in grado di supportare l’apprendimento [Greenstein 2017; Ricci 2023a]. Naturalmente, non basta un quadro di riferimento, anche ben strutturato, per ottenere automaticamente risultati così importanti. È necessaria molta preparazione del corpo docente e dei dirigenti scolastici, è fondamentale un intervento importante dell’accademia nella fase della formazione iniziale e in servizio e di tutte le agenzie formative. La riprova che i processi elencati non si producano solo per legge è fornita in modo inequivocabile dalle Indicazioni nazionali e dalle Linee guida per la scuola italiana. Infatti, esse si fondano solo per l’insegnamento delle lingue straniere su una modalità criteriale, ossia basata sulla presenza di traguardi definiti centralmente dal legislatore e di standard in grado di verificarne l’effettivo raggiungimento. Per tutte le altre discipline il disegno è diverso, forse perché non esiste un CEFR, e le Indicazioni nazionali e le Linee guida individuano solo traguardi, sovente molto ge¶{p. 41}nerali, ma senza individuare standard e indicatori in grado di verificare il loro raggiungimento. Tuttavia, nonostante questa differenza sostanziale, non si osserva alcuna diversità rilevante nelle prassi valutative per le lingue straniere, da un lato, e di tutte le altre discipline, dall’altro [Ricci 2023b].
In questa cornice generale si colloca anche il Quadro europeo delle competenze digitali per i cittadini (DigComp) prodotto dalla Commissione europea attraverso il Joint Research Centre (JRC) a partire dal 2013, anno di pubblicazione del DigComp 1.0 [Punie, Brecko e Ferrari 2013]. L’esigenza di sviluppare il DigComp nasce da un insieme di fattori chiave di varia natura che riflettono le grandi sfide, le opportunità, ma anche i potenziali motivi di preoccupazione sui quali l’UE ha avvertito la necessità di intervenire, già a partire dal 2013, con documenti orientativi per tutti i paesi membri. In prima approssimazione è possibile individuare alcuni dei motivi che hanno spinto la Commissione europea a pubblicare la prima versione del DigComp, comunemente identificato con DigComp 1.0, già nel 2013.
– La comparsa e l’affermazione su scala sempre più ampia e generalizzata del digitale: l’ampliamento dell’uso delle tecnologie digitali in tutti gli aspetti della vita quotidiana di larghissime quote della popolazione di tutte le età ha reso necessario cercare di definire, almeno negli aspetti generali, e misurare le competenze digitali indispensabili per partecipare attivamente e in modo efficace nella società digitale.
– L’insorgere già nelle primissime fasi della transizione digitale di diverse forme di divari e disparità: si è immediatamente capito che molte persone avevano competenze digitali limitate o erano digitalmente escluse, soprattutto nelle fasce di età più elevate o nei contesti socio-economico-culturali meno favorevoli. DigComp è stato sviluppato per cercare di colmare, o quantomeno ridurre fortemente, questi divari fornendo un quadro comune per misurare e sviluppare le competenze digitali.
– L’individuazione del settore dell’istruzione e della formazione come ambiti chiave per sviluppare le competenze digitali: per sviluppare curricoli digitali adeguati i sistemi educativi (l’amministrazione scolastica a tutti i livelli, ¶{p. 42}i dirigenti scolastici, i docenti, gli studenti, le famiglie, gli educatori, i formatori, ecc.) hanno bisogno di riferimenti solidi e scientificamente robusti. L’assenza di un quadro di riferimento condiviso all’interno della UE avrebbe generato un ampliamento dei divari territoriali e aumentato il rischio di determinare forti incoerenze tra un paese e un altro, costituendo di fatto un forte limite alla mobilità dei cittadini che è, invece, un elemento fondativo dell’Unione europea. In questo modo DigComp ha fornito una struttura e un riferimento fondamentale per la progettazione di attività formative per la promozione delle competenze digitali a tutti i livelli.
– Le necessità del mercato del lavoro per crescere e mantenere la propria competitività a livello globale: è stato chiaro sin da subito che il mondo produttivo dell’Unione europea ha bisogno di potere contare su un capitale umano e sociale adeguatamente competente secondo quanto richiesto da una società che si avviava a grande velocità verso la digitalizzazione.
– La tenuta della democrazia e della coesione sociale: la trasformazione e la transizione digitale si intersecano in modo estremamente rilevante e profondo con aspetti legati ai fondamenti della convivenza civile sui quali si basa l’esistenza stessa dell’Unione europea e con questioni etiche di grandissima portata. Per garantire che la digitalizzazione sia una reale opportunità per tutti e per ciascuno è quindi fondamentale che la popolazione disponga di competenze adeguate che la guidino ad autoregolarsi e scegliere direzioni e soluzioni che rafforzino i fondamenti che sono alla base delle democrazie che compongono l’Unione europea.
In linea del tutto generale, un quadro di riferimento è sempre in divenire, provvisorio per sua natura intrinseca. È stato così per il CEFR che ha visto diversi aggiornamenti nel corso degli anni, ma lo è ancora di più per il DigComp poiché esso non si fonda su decenni di studi e di pratiche come è per l’apprendimento e l’insegnamento delle lingue straniere e, soprattutto, perché DigComp si riferisce a un ambito che si caratterizza per la sua rapidità di cambiamento e trasformazione.
DigComp ha conosciuto diversi cambiamenti a partire dal 2013, proprio per rispondere alle esigenze di un mondo e di una società in profondo e rapido cambiamento, non ¶{p. 43}solo dal punto di vista strettamente tecnico e tecnologico, ma anche per l’ampliamento dei campi di applicazione, fino a interessare, anche in modo rilevante, tutti i settori della società. In estrema sintesi, si possono individuare alcune tappe temporali rilevanti.
• DigComp 1.0 (2013): si tratta della prima versione del DigComp e si rivolgeva soprattutto, anche se non esclusivamente, al mondo dell’istruzione e della formazione. Questa prima versione mantiene tuttora una sua rilevanza poiché definisce la struttura che si ritrova nelle edizioni successive, quelle più recenti. DigComp 1.0 è già suddiviso in cinque aree di competenza, anche se le definizioni e soprattutto le graduazioni sono state modificate e approfondite nel tempo.
• DigComp 2.0 (2016): a tre anni dalla prima versione sono state introdotte le competenze legate alla cittadinanza digitale e all’alfabetizzazione sulla cosiddetta information literacy e mediatica. È stato un ampliamento molto importante che ha maggiormente preso in carico la dimensione sociale e del vivere in comunità delle competenze digitali.
• DigComp 2.1 (2017): l’aumento della rilevanza degli aspetti già introdotti nel 2016 e l’emergere di fenomeni sociali potenzialmente molto preoccupanti ha reso necessario un nuovo aggiornamento della versione del 2016 già solo dopo un anno.
• DigComp 2.2 (2020): si tratta della versione attualmente più recente in cui si cerca di prendere in esame le conseguenze della rapidissima evoluzione tecnologica sullo sviluppo e la promozione delle competenze digitali. Per questa ragione, le descrizioni dei livelli di competenza delle aree sono state ulteriormente sviluppate e operazionalizzate.
L’evoluzione di DigComp è stata quindi guidata dalla necessità di rimanere al passo con i cambiamenti tecnologici, le sfide emergenti in tutti i settori della società e le crescenti aspettative riguardo alle competenze digitali. Ogni nuova versione ha cercato di essere più completa, approfondita e adattabile per soddisfare le esigenze di diverse categorie di cittadini-utenti, compresi insegnanti, studenti, professionisti e organizzazioni. In questo lavoro si farà sempre riferimento alla versione DigComp 2.2 del 2020.
¶{p. 44}
Note
[1] Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER) nella versione italiana.