Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c5

L’interlegalità come metodo? La decisione giudiziale negli spazi giuridici ibridi

Notizie Autori
Paola Parolari è ricercatrice di Filosofia del diritto, Università degli Studi di Brescia.
Abstract
Si affronta qui nel concreto l’importanza che l’interlegalità assume nell’ambito delle decisioni giurisprudenziali dei casi, in quanto da considerarsi non come principio o criterio per stabilire un ordine gerarchico tra i vari ordinamenti giuridici in competizione, ma come metodo interpretativo in grado di porre uno spazio di confronto neutrale che possa sostituire l’approccio prospettico di tipo monofocale. In questo capitolo sono, infatti, analizzati i cosiddetti “spazi giuridici ibridi”, in cui inevitabilmente confluisce una molteplicità di centri di produzione giuridica e quindi di interessi tra loro sovrapposti, in cui è necessario disporre di metodi efficaci che possano guidare in modo adeguato la ricostruzione delle norme.

1. Introduzione

Nel mondo globalizzato contemporaneo, sempre più interconnesso sotto il profilo economico, politico e sociale, si moltiplicano gli «spazi giuridici ibridi» [1]
in cui ordinamenti differenti si intersecano, concorrono ed entrano in competizione rispetto all’inquadramento delle fattispecie concrete e alla risoluzione delle controversie. Il diritto diviene così un «tessuto composito, determinato dalle relazioni di convergenza o di conflitto che di volta in volta corrono tra legalità diverse» [2]
, al punto che «non si può più propriamente parlare di diritto e di legalità ma piuttosto di interdiritto (interlaw) e di interlegalità (interlegality [3]
(§ 2). In questo contesto, chi è investito del compito di risolvere le controversie si trova sempre più ad agire come una sorta di «inter-legality hub» [4]
. E, se da un lato barricarsi entro i confini di un singolo ordinamento giuridico rischia di compromettere l’effettiva tutela dei diritti delle parti in causa, dall’altro mancano {p. 120}però «criteri ordinatori» [5]
che definiscano in modo chiaro e univoco le relazioni tra (norme di) ordinamenti giuridici differenti (§ 3). I giudici si ritrovano quindi da soli nel districare i nodi di una realtà giuridica sempre più complessa e disordinata [6]
: da qui, la sollecitazione ad aprire una riflessione sul metodo maggiormente idoneo a guidarli nella ricostruzione delle norme applicabili al caso concreto in contesti di interlegalità (§ 4).

2. Spazi giuridici ibridi e disordine delle fonti del diritto: la sfida dell’interlegalità

A dispetto di quanto prefigurato e auspicato dai fautori del globalismo giuridico e del costituzionalismo globale, il diritto del mondo globalizzato non ha assunto la forma di uno {p. 121}spazio giuridico unificato e ordinato. Al contrario, così come complessa e policentrica è la globalizzazione, complesso e policentrico è anche il diritto che ne costituisce espressione [7]
. Coesistono infatti una molteplicità estremamente eterogenea di «regimi regolativi» [8]
che ruotano intorno ad una pluralità (altrettanto eterogenea) di centri e di processi di produzione normativa [9]
, molti dei quali non sono riconducibili all’autorità degli stati o delle principali organizzazioni internazionali e sovranazionali. Come ben sintetizza Roger Cotterrell, quindi, «i molti siti del pluralismo giuridico globale “non costituiscono un ordinamento giuridico (legal system)”»: al contrario, «l’autorità giuridica è relativa e contingente» [10]
. {p. 122}
In questo contesto, fonti del diritto di diversa natura e origine possono interagire tra loro in vari modi e per diverse ragioni. In alcuni casi, esiste una rete di rinvii incrociati che le mette in relazione, come nel caso delle fonti nazionali e internazionali (regionali e globali) in materia di diritti fondamentali [11]
. Ancor più stretta è poi l’interdipendenza che si instaura tra l’ordinamento giuridico di un’organizzazione sovranazionale come l’Unione europea e quelli degli stati membri, in ragione del processo di reciproca integrazione costantemente in atto [12]
.
D’altra parte, anche quando mancano rinvii incrociati e/o non c’è un quadro istituzionale sovranazionale, la persistente frammentazione giuridica del mondo globalizzato contemporaneo entra comunque in tensione con la sempre più profonda interconnessione economica, politica e sociale che lo caratterizza. Gli ambiti di applicazione di diversi ordinamenti giuridici possono così venire a sovrapporsi – sia sotto il profilo oggettivo (delle materie che disciplinano) che sotto quello soggettivo (dei soggetti a cui si rivolgono) – anche {p. 123}a prescindere da qualsiasi interrelazione formale. Inoltre, poiché le fattispecie concrete presentano in genere una pluralità di profili sostanziali, possono assumere rilevanza per ordinamenti giuridici che rispondono a logiche differenti [13]
e le cui intersezioni si determinano proprio in relazione alla specificità del caso concreto [14]
.
Quali che siano le dinamiche che generano gli spazi giuridici ibridi, si moltiplicano quindi le situazioni in cui agli stessi atti o fatti sono applicabili norme riconducibili a ordinamenti giuridici diversi. Spesso mancano, però, sia norme di riconoscimento che consentano di considerare validi in un ordinamento atti compiuti in conformità alle prescrizioni di un altro, sia criteri per risolvere in modo univoco eventuali conflitti normativi. In particolare, viene meno quell’efficace criterio ordinatore che è il principio gerarchico: come evidenzia Gunther Teubner, infatti, si è andato affermando un nuovo modello «eterarchico» delle relazioni tra diverse fonti del diritto [15]
.
{p. 124}
Note
[1] P.S. Berman, Global Legal Pluralism. A Jurisprudence of Law beyond Borders, Cambridge, Cambridge University Press, 2012, p. 13, definisce ibridi quegli spazi giuridici «where more than one legal, or quasi-legal, regime occupies the same social field».
[2] G. Palombella, Interlegalità. L’interconnessione tra ordini giuridici, il diritto, e il ruolo delle corti, in «Diritto e Questioni pubbliche», 2018, n. 2, pp. 315 ss.
[3] B. de Sousa Santos, Law: A Map of Misreading. Toward a Postmodern Conception of Law, in «Journal of Law and Society», 14, 1987, n. 3, pp. 279 ss., 288.
[4] Y. Shany, International Courts as Interlegality Hubs, in J. Klabbers e G. Palombella (a cura di), The Challenge of Inter-legality, Cambridge, Cambridge University Press, 2019, pp. 319 ss.
[5] E. Cannizzaro, Carta dei diritti fondamentali UE e Cedu, intervista di Roberto Conti, in «Giustizia Insieme», 27 novembre 2020, p. 8, su www.giustiziainsieme.it.
[6] Il termine «disordine» è usato sempre più spesso per descrivere i caratteri del diritto contemporaneo. Di «global disorder of normative orders» parla, ad esempio, N. Walker, Beyond Boundary Disputes and Basic Grids: Mapping the Global Disorder of Normative Orders, in «I**CON», 6, 2008, nn. 3-4, pp. 373 ss. Di disordine delle fonti parlano invece, anche se in termini non sempre coincidenti, G.B. Berti, Diffusione della normatività e nuovo disordine delle fonti, in «Rivista di diritto privato», 8, 2003, n. 3, pp. 461 ss.; U. Breccia, Immagini della giuridicità contemporanea tra disordine delle fonti e ritorno al diritto, in «Politica del diritto», 37, 2006, n. 3, pp. 361 ss.; L. Carlassare, Le fonti del diritto (dir. cost.), in Enciclopedia del Diritto. Annali II, Milano, Giuffrè, 2008, pp. 536 ss.; T. Mazzarese, La (mancata) tutela dei diritti fondamentali fra sfide del costituzionalismo (inter)nazionale e disordine delle fonti del diritto, in Id. (a cura di), Disordine delle fonti e tutela dei diritti fondamentali, parte monografica di «Diritto & Questioni pubbliche», 17, 2017, n. 1, pp. 109 ss.; T. Mazzarese, Le fonti del diritto e il loro (dis)ordine, in «Lo Stato. Rivista di Scienza Costituzionale e Teoria del Diritto», 12, 2019, pp. 461 ss.; P. Parolari, Tutela giudiziale dei diritti fondamentali nel contesto europeo: il «dialogo» tra le corti nel disordine delle fonti, in Mazzarese (a cura di), Disordine delle fonti e tutela dei diritti fondamentali, cit., pp. 31 ss.; B. Pastore, Sul disordine delle fonti del diritto (inter)nazionale, in Mazzarese (a cura di), Disordine delle fonti e tutela dei diritti fondamentali, cit., pp. 13 ss.
[7] Di «polycentric globalization» parlano A. Fischer-Lescano e G. Teubner, Regime-Collisions: The Vain Search for Legal Unity in the Fragmentation of Global Law, in «Michigan Journal of International Law», 25, 2004, n. 4, pp. 999 ss.: 1009. Sulla nozione di legal polycentricity si vedano, in particolare, H. Petersen e H. Zahle, Preface, in Iid. (a cura di), Legal Polycentricity. Consequences of Pluralism in Law, Aldershot, Dartmouth, 1995.
[8] Come ben sintetizza R. Cotterrell, Does Global Legal Pluralism Need a Concept of Law?, in U. Baxi, C. McCrudden e A. Paliwala (a cura di), Law’s Ethical, Global and Theoretical Contexts: Essays in Honour of William Twining, Cambridge, Cambridge University Press, 2015, pp. 303 ss.: 310, infatti, «in general, in transnational arenas, regulatory regimes of great diversity – private and public, state and international, “soft” and “hard”, legislated and negotiated, centralized and diffuse – co-exist, often in very unclear relations with each other. While some are rooted in territorial jurisdiction, the scope of others is functionally defined. Some operate through “horizontal” co-ordination (…) while others operate more “vertically” through hierarchies of authority located in specific rule-making or adjudicatory institutions».
[9] Di centri di produzione del diritto parlano Petersen e Zahle, Preface, cit., p. 8, dove spiegano come «the use of the term “legal polycentricity” indicates an understanding of “law” as being engendered in many centres – not only within a hierarchical structure – and consequently also as having many forms». Di processi parla invece G. Teubner, Foreword: Legal Regimes of Global Non-State Actors, in Id. (a cura di), Global Law Without a State, Aldershot, Dartmouth, 1997, xiii-xvii, là dove scrive che la «globalization of law creates a moltitude of decentred law-making processes in various sectors of society».
[10] R. Cotterrell, Does Global Legal Pluralism Need a Concept of Law?, cit., pp. 309-310, traduzione mia. In questo contesto, l’espressione «pluralismo giuridico globale» è utilizzata con valenza descrittiva, per riferirsi alla coesistenza di una pluralità di ordinamenti giuridici differenti nello spazio giuridico globale.
[11] Da un lato, molti Stati hanno introdotto nella propria costituzione una qualche forma di rinvio al diritto internazionale; dall’altro, simmetricamente, le ormai numerose carte dei diritti promosse da diverse organizzazioni internazionali normalmente rinviano al diritto (costituzionale) interno degli Stati parte. A. Ruggeri, I diritti fondamentali tra carte internazionali e costituzione (dalla forza delle fonti alle ragioni dell’interpretazione), in M. Vogliotti (a cura di), Il tramonto della modernità giuridica, Torino, Giappichelli, 2008, pp. 145 ss.: 148 parla a questo proposito di «“costituzionalizzazione” dell’ordinamento internazionale (e sovranazionale)» e di «“internazionalizzazione” dell’ordinamento interno» degli Stati. Per effetto di questi processi, l’individuazione, l’attuazione e la tutela dei diritti fondamentali possono ormai avvenire solo all’intersezione tra fonti nazionali, internazionali e sovranazionali del diritto.
[12] Considero sovranazionali le organizzazioni a cui sia stata attribuita dagli Stati la competenza a legiferare, attraverso i propri organi, su determinate questioni, producendo norme che non si limitano a creare obblighi per gli Stati ma producono anche effetti diretti all’interno degli Stati. Sul concetto di integrazione giuridica, proprio con riferimento all’Unione europea, si rinvia a G. Itzcovich, Integrazione giuridica. Un’analisi concettuale, in «Diritto pubblico», 11, 2005, n. 3, pp. 749 ss.
[13] A questo proposito, J. Klabbers e G. Palombella, Introduction. Situating Interlegality, in Id. (a cura di), The Challenge of Inter-legality, cit., 2019, pp. 1 ss.: 11 osservano che, poiché le stesse fattispecie concrete presentano in genere una pluralità di profili sostanziali, si prestano in genere a diverse qualificazioni giuridiche quando le si consideri dal punto di vista di ordinamenti differenti.
[14] Ad esempio, qualora uno stato conferisca permessi speciali per cacciare le balene nel mare antartico a fini scientifici, la legittimità di tali permessi è in astratto valutabile sia sotto il profilo della sua conformità alle condizioni previste nella Convenzione Internazionale sulla regolamentazione della caccia alle balene (1946) – per stabilire, in particolare, se il numero di balene concretamente uccise dai beneficiari del permesso sia compatibile con lo scopo della ricerca scientifica – sia alla luce della Convenzione per la protezione delle risorse marine viventi in Antartide (1980): l’uccisione di un considerevole numero di balene può avere infatti un impatto significativo sull’ecosistema dell’Antartide oltre che, in una sorta di reazione a catena, sui cambiamenti climatici. Si veda, a questo proposito, l’articolato commento di L. Pineschi, Interlegality and the Protection of Marine Ecosystems, in J. Klabbers e G. Palombella (a cura di), The Challenge of Inter-legality, cit., pp. 188 ss., sul caso Whaling in the Antarctic (Australia v. Japan: New Zealand intervening) deciso nel 2014 dalla Corte internazionale di Giustizia.
[15] G. Teubner, Foreword: Legal Regimes of Global Non-State Actors, cit., xiii-xvi.