Ciro Tarantino (a cura di)
Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c24

Alceste Santuari Il Budget di Progetto: uno strumento innovativo di partenariato pubblico-privato

Notizie Autori
Alceste Santuari insegna Diritto degli enti non profit e della cooperazione ed Economic Public Law all’Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Ricopre il ruolo di presidente di organismi di vigilanza in strutture socio-sanitarie e società pubbliche. Tra le sue pubblicazioni: Diritto delle imprese socialmente responsabili. Manuale degli enti del terzo settore, delle cooperative, delle società benefit e dei loro rapporti con le P.A. (FrancoAngeli, 2024); Lineamenti di diritto degli enti del terzo settore e delle cooperative (FrancoAngeli, 2022); Il budget di salute e la presa in carico delle persone fragili: profili giuridici e procedure amministrative di uno strumento innovativo di partenariato pubblico-privato (FrancoAngeli, 2022).
Abstract
Il Budget di Salute intende favorire processi riabilitativi dinamici, personali e individualizzati allo scopo di evitare progettualità statiche con conseguenti rischi di allontanamento dai bisogni reali, dagli obiettivi di salute delle persone e di cronicizzazione dei percorsi sul medio lungo periodo. Il progetto promosso e finanziato dalla Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della salute denominato «Soggetto, persona e cittadino», coordinato dalla Regione Emilia-Romagna e dall’Azienda USL di Parma, grazie al contributo dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), ha prodotto l’elaborazione delle «Linee programmatiche: progettare il Budget di Salute con la persona». In questo contesto, dunque, le Linee programmatiche si propongono di «mantenere la persona nel suo ambiente di vita e prevenire l’istituzionalizzazione». Il Budget di Salute può essere considerato la «piattaforma» attraverso cui è possibile realizzare una più efficace ed efficiente integrazione tra servizi socio-assistenziali e socio-sanitari, le prestazioni e i servizi in esso contemplati. La Riforma del Terzo settore ha delineato un quadro normativo di favore in cui collocare inedite forme di cooperazione tra organizzazioni non profit ed enti locali. In questo contesto, la missione delle organizzazioni pubbliche non si esaurisce nella sola produzione efficiente dei servizi pubblici, ma implica la definizione e la «gestione» di legami fra istituzioni pubbliche e comunità locali di riferimento. L’articolo 55 inoltre individua nei princìpi di efficacia, efficienza ed economicità gli altri canoni cui le Pubbliche Amministrazioni sono chiamate a conformarsi nell’agire collaborativo. L’affermazione della responsabilità della Pubblica Amministrazione per i danni cagionati, con il suo comportamento, ai soggetti privati organizzati rafforza il diritto a una tutela piena ed effettiva, anche nei confronti dei poteri pubblici. È nel contesto fin qui delineato che trova una sua propria collocazione naturale il metodo «Budget di Salute», inteso quale processo che sottende, necessariamente, il coinvolgimento, la collaborazione e la responsabilizzazione multilivello di diversi portatori di interesse, i quali sono chiamati a sperimentare schemi e processi di partnership con le aziende sanitarie locali, con lo specifico obiettivo di innalzare i livelli essenziali delle prestazioni e, conseguentemente, incrementare i diritti di cittadinanza.

1. Il Budget di Salute: dalle sperimentazioni regionali al riconoscimento a livello nazionale

La personalizzazione dei percorsi riabilitativi delle persone rese fragili, l’integrazione socio-sanitaria quale «cifra» identificativa degli interventi e delle azioni a favore delle persone con fragilità, nonché la necessità di delineare strumenti e modelli innovativi di risposta alle specifiche esigenze degli utenti/beneficiari ha condotto alla prima individuazione del «Budget di Salute» (BdS) quale sperimentazione nell’area della salute mentale [1]
.
Questa metodologia, che si è successivamente sviluppata nell’ambito della Regione Emilia-Romagna [2]
, si fonda sulla consapevolezza che gli impedimenti esogeni all’esercizio dei diritti alla formazione, alla salute, alla socialità, all’inserimento lavorativo costituiscano determinanti in grado di trasformare le persone vulnerabili in un «caso».
La metodologia del BdS intende promuovere una specifica valorizzazione delle persone con disabilità, finalizzata a: a) fornire un set di attività e di interventi a favore delle persone con disabilità, in specie {p. 544}mentale; b) rafforzare soluzioni organizzative, gestionali e, quindi, anche giuridiche di deistituzionalizzazione delle persone con disabilità mentale [3]
e c) promuovere azioni che permettano un reale ed efficace inserimento delle persone con disabilità nella comunità locale e nel processo lavorativo.
In questa cornice, il Budget di Salute intende favorire processi riabilitativi dinamici, personali e individualizzati allo scopo di evitare progettualità statiche con conseguenti rischi di allontanamento dai bisogni reali, dagli obiettivi di salute delle persone e di cronicizzazione dei percorsi sul medio lungo periodo. Nella definizione e nell’attuazione del BdS, pertanto, il coinvolgimento di una gamma di attori, istituzionali, non profit e familiari, rappresenta la conditio sine qua non affinché i percorsi di inclusione socio-sanitaria e socio-lavorativa delle persone con disabilità possano risultare efficaci.
Il coinvolgimento di una pluralità di attori, istituzionali e non, tuttavia, non corrisponde a uno schema univoco e standardizzato: diversi, infatti, sono il livello di detto coinvolgimento, la platea dei soggetti coinvolti, nonché il grado di interazione e integrazione tra gli stessi, da cui discendono necessariamente modelli e strumenti diversi che, in questi ultimi anni, sia il legislatore nazionale [4]
sia quelli regionali si sono preoccupati di regolare [5]
.
In epoca recente, il legislatore nazionale ha dimostrato di essere particolarmente attento alla metodologia rappresentata dal BdS: in quest’ottica, deve essere interpretata la previsione contenuta nell’articolo 4-bis della legge 17 luglio 2020, n. 77, di conversione con modificazioni del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, concernente «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19», in vigore dal 19 luglio 2020. (c.d. Decreto Rilancio) [6]
.{p. 545}
La novella in parola individua il BdS quale misura funzionale alla realizzazione di progetti di vita delle persone con disabilità, sia in forma individuale sia in forma comunitaria. In questa prospettiva, la previsione normativa de qua richiama e ribadisce taluni degli aspetti centrali degli interventi legislativi sopra esaminati: il BdS deve essere finalizzato alla costruzione, gestione e condivisione di percorsi e progetti in grado di consentire la capacitazione delle persone rese fragili e con disabilità. In considerazione della posizione di queste ultime nell’ambito delle comunità di appartenenza, l’articolo 4-bis prevede il rafforzamento dell’autonomia e delle tutele delle persone con disabilità attraverso interventi e attività non soltanto in termini individuali ma anche in una dimensione collettiva. È questa la dimensione che identifica uno degli aspetti innovativi del metodo del BdS quale strumento, anche giuridico, di coesione e solidarietà sociale, attraverso il quale coinvolgere una pluralità di soggetti e in grado di attivare risorse, anche di natura economico-finanziaria, mirate a costruire percorsi di effettiva inclusione sociale.
Dal punto di vista dell’architettura istituzionale disegnata per realizzare gli obiettivi legati alla metodologia del BdS, l’articolo 4-bis attribuisce alla Conferenza Stato-Regioni il compito di definire, in via sperimentale per un biennio, strutture di prossimità e modelli organizzativi volti a favorire azioni e interventi di promozione, prevenzione, riabilitazione e presa in carico delle persone fragili. La realizzazione di questa finalità si poggia su quattro assi portanti, segnatamente:
  1. l’integrazione socio-sanitaria degli interventi in oggetto;
  2. il ricorso a strumenti che riducano l’istituzionalizzazione delle persone con disabilità;
  3. il coinvolgimento di una pluralità di soggetti, pubblici e privati non lucrativi e, infine,
  4. le responsabilità istituzionali.
Di seguito, si intende brevemente analizzare ciascuno dei su richiamati assi.
  1. L’integrazione socio-sanitaria sottende soprattutto il dialogo costante tra «componenti» di servizio e attività, quali quella sanitaria, espressa nelle e dalle competenze delle aziende sanitarie locali e quella sociale, incardinata nelle prerogative istituzionali degli enti locali, singoli o associati. La metodologia del BdS costituisce un reale stress test per l’integrazione in parola, intesa non tanto quale condizione necessaria quanto come approccio valorizzatore iniziale dell’intero «schema» del BdS. In altri termini, l’integrazione socio-sanitaria rappresenta la conditio sine qua non per la {p. 546}realizzazione dei progetti di cui al progetto di vita implicati nel BdS. In questa prospettiva, sia le prestazioni integrate sia l’integrazione istituzionale tra diverse competenze pubbliche sono in grado di sostenere e rendere possibile un’adeguata «contaminazione» tra istituzioni e attività che formano gli interventi e le attività di un welfare comunitario al cui centro risiedono le aspettative, i bisogni e le esigenze delle persone con disabilità.
  2. Per sua stessa natura, uno strumento e un progetto come quello insito nel metodo del BdS non può che risultare funzionale a individuare percorsi e soluzioni antitetici o comunque alternativi alla tradizionale istituzionalizzazione delle persone con disabilità. Il processo di de-istituzionalizzazione delle persone fragili, comunque, non deve necessariamente coincidere con la permanenza nell’ambiente familiare, come, in particolare, valorizzato dalla legge n. 328/2000 [7]
    . In un contesto sociale e comunitario in cui, nel corso degli ultimi decenni, anche grazie a istituti e strumenti giuridici quali il trust per soggetti deboli e all’amministratore di sostegno, le persone disabili sono in grado di poter sperimentare spazi e percorsi di autonomia individuale, sostenuti dalle famiglie di origine, in coerenza con quanto riconosciuto nella CRPD.
  3. L’articolo 4-bis in parola valorizza in modo particolare il coinvolgimento dei soggetti non lucrativi nell’ottica di includere i medesimi nei processi e percorsi di definizione degli interventi e delle azioni a favore delle persone con disabilità. Gli enti non profit, in quanto svolgono le loro attività di interesse generale in assenza di uno scopo di lucro, rappresentano i partner naturali degli enti pubblici nella programmazione e progettazione di interventi, attività e servizi di natura socio-assistenziale e socio-sanitaria. L’articolo 4-bis conferma che la collaborazione tra Pubbliche Amministrazioni e soggetti non lucrativi non rappresenta una «second best», ma identifica una modalità ordinaria di partnership. Nella logica di definire interventi e azioni che sappiano essere organici e funzionali alle politiche pubbliche, alle PA procedenti è affidato dunque il compito di coinvolgere i soggetti non profit, nonché altri soggetti pubblici, coerentemente con gli strumenti programmatori condivisi, quali il piano di inclusione zonale e il piano integrato della salute.
  4. Da ultimo, l’articolo 4-bis, al fine di diffondere e promuovere il BdS su tutto il territorio nazionale, richiede che il Ministero della salute svolga un ruolo chiave nell’azione di coordinamento, monitoraggio e valutazione delle sperimentazioni avviate e di quelle che dovranno essere avviate. Si ritiene, infatti, che l’azione ministeriale, soprattutto in un contesto di riconosciute diseguaglianze territoriali sia riconosciuta quale «collante» {p. 547}necessario per garantire che la metodologia innovativa del BdS possa trovare un’adeguata applicazione nei vari contesti territoriali.

1.1. Le Linee programmatiche: progettare il Budget di Salute con la persona – proposta degli elementi qualificanti. Un’analisi del loro impatto sull’evoluzione del Budget di Salute

Il progetto promosso e finanziato dalla Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della salute denominato «Soggetto, persona e cittadino», coordinato dalla Regione Emilia-Romagna e dall’Azienda USL di Parma, grazie al contributo dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), ha prodotto l’elaborazione delle «Linee programmatiche: progettare il Budget di Salute con la persona – proposta degli elementi qualificanti». Le Linee in parola, dopo essere state sottoposte a consultazione pubblica, sono state approvate in occasione dell’apposita Consensus Conference del 30 settembre 2021, a seguito della quale esse sono state inviate alla Conferenza Stato-Regioni per la loro definitiva adozione [8]
.
Le Linee in argomento si collocano nel percorso evolutivo definito, inter alia, dal D.P.C.M. del 12 gennaio 2017, che ha riconosciuto il Budget di Salute nella determinazione di Progetti Terapeutici Riabilitativi Personalizzati (PTRP) quale strumento d’integrazione socio-sanitaria a favore delle persone con disturbi mentali gravi e complessi a partire dalla pre-adolescenza. Allo scopo di favorire un processo di recovery delle persone in parola occorre utilizzare risorse collettive e avviare plurime opportunità di partnership, cui possono seguire, secondo un ampio processo di inclusione − non solo dal lato del soggetto beneficiario, ma anche dal punto di vista dei soggetti giuridici deputati alla realizzazione di un percorso di guarigione individualizzato − processi di miglioramento del sistema di welfare comunitario.
In questo contesto, dunque, le Linee programmatiche si propongono di «mantenere la persona nel suo ambiente di vita e prevenire l’istituzionalizzazione», consentendo a coloro che necessitano di specifici supporti, di restare presso la propria abitazione, come evoluzione all’assistenza residenziale. Ne consegue che le Linee programmatiche operano una netta scelta di campo contro l’esclusione e la cronicizzazione delle persone con disabilità mentale, favorendo, al contrario, modalità di raccordo tra la
{p. 548}rete dei servizi di cura e la comunità, realizzabile mediante un adeguato impiego delle risorse [9]
.
Note
[1] Le prime sperimentazioni del Budget di Salute sono registrabili, tra gli anni Novanta e gli inizi degli anni 2000, in Friuli Venezia Giulia.
[2] Un primo embrione della metodologia del Budget di Salute è rinvenibile nella deliberazione della Giunta regionale dell’Emilia-Romagna n. 1206 del 2007, che ha modificato la precedente deliberazione n. 1378/1999, ribadendo la centralità dei progetti individualizzati di vita e di cure affidati ai servizi territoriali, in collaborazione con le persone beneficiarie degli interventi e dei loro familiari, al fine di mantenere le persone non autosufficienti presso il proprio domicilio. Successivamente, la Regione adottò specifiche linee d’indirizzo a partire dal Piano Attuativo Salute Mentale 2009-2011. Il principale obiettivo delle linee di indirizzo era quello di favorire la più ampia protezione degli individui, intesa come «benessere psichico e sociale dei cittadini e dei residenti nel proprio territorio, la tutela del diritto alla salute, dei diritti di cittadinanza delle persone affette da malattie mentali e dipendenze patologiche, di ogni tipo e gravità, in ogni età della vita» [Giunta regionale dell’Emilia-Romagna – Direzione generale Sanità e Politiche Sociali, Piano Attuativo Salute Mentale anni 2009-2011, 6]. In argomento, per tutti, si veda F. Starace [2011].
[3] In questo senso, è stato segnalato che il Budget di Salute costituisce una valida alternativa al ricorso all’istituzionalizzazione, il quale «non si basa su principi di appropriatezza, ma su discutibili criteri di efficienza, cioè sul tentativo di abbattere i costi con la serializzazione dei bisogni e la relativa risposta per aggregazione, dimenticando che la salute è qualcosa che va oltre il mero trattamento sanitario [...]» [Mosca 2020].
[4] Si pensi, tra gli altri, alle leggi nn. 104/1992, 328/2000 e 112/2016.
[5] Occorre ricordare che ai sensi dell’articolo 117 Cost. alle Regioni è riconosciuta una competenza legislativa concorrente in materia di sanità, che ha legittimato gli enti territoriali a intervenire nell’ambito dei servizi socio-sanitari e, in particolare, nell’organizzazione e gestione della loro integrazione.
[6] Così recita l’articolo 4-bis citato: «Al fine di realizzare gli obiettivi di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della salute, sulla base di un atto di intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, coordina la sperimentazione, per il biennio 2020-2021, di strutture di prossimità per la promozione della salute e per la prevenzione, nonché per la presa in carico e la riabilitazione delle categorie di persone più fragili, ispirate al principio della piena integrazione socio-sanitaria, con il coinvolgimento delle istituzioni presenti nel territorio, del volontariato locale e degli enti del Terzo settore senza scopo di lucro. I progetti proposti devono prevedere modalità di intervento che riducano le scelte di istituzionalizzazione, favoriscano la domiciliarità e consentano la valutazione dei risultati ottenuti, anche attraverso il ricorso a strumenti innovativi quale il Budget di Salute individuale e di comunità».
[7] Così prevedeva l’articolo 15, comma 3, della legge in parola, finalizzato a sostenere e favorire l’autonomia delle persone anziane.
[8] Avvenuta in data 6 luglio 2022: Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Autonomie locali sul documento recante «Linee programmatiche: progettare il Budget di Salute con la persona – proposta degli elementi qualificanti».
[9] L’utilizzo delle Linee Guida è utile a: «contrastare e, se possibile, a prevenire la cronicizzazione, l’isolamento e lo stigma della persona con disturbi mentali, creando un legame tra il Sistema di Cura ed il Sistema di Comunità, finalizzato a un utilizzo appropriato e integrato delle risorse di entrambi» [Conferenza unificata 2022, 1].