Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c14
Come il CPT ha sottolineato
all’inizio della pandemia COVID-19, le nuove circostanze avrebbero giustificato una
profonda riflessione sulla possibilità che le strutture socio-assistenziali a carattere
residenziale diventassero luoghi di grave segregazione con poca o nessuna supervisione
da parte di organismi di controllo esterni [CPT 2020c]. Tali circostanze sono state
affrontate in modo esaustivo dal CPT durante la sua recente visita periodica in Italia
nel corso del 2022, dove il grave grado di segregazione ha trasformato le RSA in luoghi
di privazione di fatto della libertà, e l’impoverimento del regime, l’assenza di diritti
connessi alla fruizione dello spazio esterno, il rigido regime di visite e
l’impoverimento delle
¶{p. 336}attività riabilitative e ricreative hanno
avuto un profondo effetto sullo stato somatico e psicologico dei residenti [CPT 2023].
L’esperienza del monitoraggio di
lungo periodo del CPT in Bulgaria dimostra che l’esistenza di queste residenze sanitarie
assistenziali in Bulgaria non è sostenibile. Il Comitato sostiene con decisione il piano
delle autorità bulgare di chiudere un certo numero di strutture socio-assistenziali a
carattere residenziale entro il 2022 e di sviluppare adeguate strutture di assistenza
comunitaria. Detto questo, la cosiddetta trans-istituzionalizzazione dei residenti dalle
strutture socio-assistenziali a carattere residenziale a «case famiglia» dove prima
sorgevano gli istituti o in altre località isolate non costituisce una vera e propria
deistituzionalizzazione, né consente un adeguato reinserimento degli utenti dei servizi
nella comunità [CPT 2022]. Pertanto, prima della chiusura di tutti questi istituti
obsoleti, il CPT ha chiesto alle autorità bulgare di adottare misure concrete e urgenti
volte a salvaguardare la dignità umana di tutte le persone ospitate nelle strutture
socio-assistenziali a carattere residenziale esistenti, prima della loro chiusura e
senza ulteriori ritardi. Il CPT ha chiarito che per le persone prive di sostegno
familiare, gli alloggi di assistenza sociale nella comunità dovrebbero consistere in
unità residenziali più personalizzate e con piccoli gruppi di residenti, idealmente in
aree urbane con tutte le strutture pertinenti nelle vicinanze. Tali alloggi dovrebbero
essere attrezzati in modo adeguato con personale numeroso e ben formato, che sia in
grado di soddisfare pienamente le esigenze di assistenza degli ospiti in un ambiente
dignitoso.
5. Conclusioni
In Europa, nell’area di competenza
del CPT, esistono ancora luoghi tra loro molto eterogenei in cui la detenzione
socio-assistenziale è regolata da modelli giuridici tra loro anche molto differenti e ci
sono aree di profonda istituzionalizzazione che hanno un impatto significativo su altri
aspetti della vita (anche in assenza di flagranti violazioni dell’art. 3 CEDU in termini
di immobilizzazione prolungata, cattive condizioni materiali, sovramedicazione, ecc.).
Il fatto che gli organismi di
monitoraggio si limitino ad accettare l’istituzionalizzazione in modo passivo e acritico
è fuorviante. Il CPT deve, ovviamente, stabilire se vi sia una privazione di fatto della
libertà e se ciò rientri nel suo mandato (il dibattito si complica ulteriormente se
viene esteso alle questioni relative alla tutela e ai cosiddetti
non-compliant). Infatti, il CPT ha tratto ispirazione da alcune
disposizioni della CRPD, ha invitato gli Stati membri a sviluppare progetti di
deistituzionalizzazione e ha richiesto informazioni sulla base dei loro sviluppi (ciò è
stato fatto a ¶{p. 337}fronte di risultanze negative). Ha inoltre
cercato di aggiornare e sviluppare i propri standard, in particolare in relazione ad
alcuni aspetti come il trattamento involontario, il processo decisionale in materia di
assistenza sanitaria e l’uso delle contenzioni.
Gli standard del CPT in materia di
collocamento delle persone nelle strutture socio-assistenziali a carattere residenziale
si sono evoluti nel corso degli anni e sono legati all’articolo 5 della CEDU, con
l’obiettivo di adattarsi ai diversi contesti giuridici esistenti nella regione del
Consiglio d’Europa. Le osservazioni del CPT sono state strettamente precedute dalla CEDU
in casi emblematici come Stanev c. Bulgaria. Inoltre, il CPT ha
rilasciato una delle sue dichiarazioni pubbliche in Bulgaria in relazione alla
detenzione all’interno delle strutture socio-assistenziali a carattere residenziale. In
prospettiva, è necessario affrontare le sfide che il futuro ci riserverà per quanto
riguarda il numero crescente di detenuti, le istituzioni più piccole (ma non meno
problematiche), di persistenza di case protette per i malati di Alzheimer e di sfide per
gli organismi di monitoraggio.
Infine, è necessario fare
riferimento all’articolo 19 della UNCRPD come uno dei criteri per la valutazione delle
tutele offerte nell’ambito delle strutture socio-assistenziali a carattere residenziale,
data la mancanza di opzioni valide per i residenti nella comunità. In particolare, resta
da chiedersi come il CPT possa adattarsi a un ambiente in continua evoluzione come
questo, tenendo presente che il rafforzamento delle tutele offerte ai residenti delle
strutture socio-assistenziali a carattere residenziale, come auspicato dal CPT nei suoi
rapporti, non può risolvere problemi generali come le cattive condizioni di vita, i
vincoli finanziari incontrati nella promozione della de-istituzionalizzazione, o la
carenza di personale in queste strutture, che porta al ricorso progressivo a misure
coercitive, come il trattamento forzato e l’uso della contenzione nei confronti dei
residenti.
Le recenti osservazioni del CPT in
scenari che sono stati a lungo al centro della sua attenzione, come la Bulgaria,
sembrano suggerire che, anche se il quadro giuridico è orientato verso la
de-istituzionalizzazione, la realtà concreta potrebbe essere diversa, in quanto la
transizione verso unità di cura di comunità più piccole richiede sforzi coerenti e
vigorosi da parte delle autorità nazionali in tutta la gamma del mandato del CPT.