Note
  1. «Il perché dell’esclusione si rinviene abbastanza agevolmente: un sistema economico basato sulla redditività e che può permettersi il lusso di “assistere” ampiamente i suoi soggetti, che spesso ne sono le vittime, ma che considera onerosa la prevenzione [dei motivi di esclusione] e reinserimento professionale; un sistema culturale che non sa più far vivere le differenze perché i suoi schemi sono quelli dell’identità, del “tutti uguali”; un sistema di potere medico, basato sulla “clinica” e sulla sua storia».
  2. «L’interferenza di uno Stato o di una persona nei confronti di un’altra persona, contro la volontà di quest’ultima, difesa o motivata dall’affermare che la persona interferita sarà protetta da un danno o ne beneficerà».
  3. «What, then, is the rightful limit to the sovereignty of the individual over himself? Where does the authority of society begin? How much of human life should be assigned to individuality, and how much to society?» («Qual è, quindi, il limite legittimo della sovranità dell’individuo su sé stesso? Dove inizia l’autorità della società? Quanto della vita umana deve essere assegnato all’individuo, e quanto alla società?»): è questo l’interrogativo con cui si apre il IV capitolo del On Liberty di Mill. Per quanto riguarda l’impostazione kantiana, si è osservato che si fa solitamente riferimento a un passaggio di un’opera minore del filosofo di Königsberg, in cui si afferma «a dire il vero in maniera piuttosto incidentale, che “un governo [...] fondato sul principio della benevolenza verso il popolo, come un padre verso i suoi figli [...], dove dunque i sudditi, come figli minorenni, che non sanno decidere cosa sia loro veramente utile o dannoso, siano costretti a comportarsi in modo puramente passivo, così da dover aspettare soltanto dai giudizi del capo dello Stato come debbano essere felici [...] è il massimo dispotismo pensabile”»: lo riporta Bresciani [2021, 249]. Quest’ultimo A. evidenzia – condivisibilmente – come a suo parere andrebbe tenuta in dovuta considerazione quella che è l’impostazione kantiana in termini generali: «l’atteggiamento della dottrina giuridica verso il paternalismo, difatti, risponde proprio al detto comune che Kant intende sfatare: tutti tendono a rifiutare il paternalismo in teoria, salvo ammetterlo senza particolari riserve nella pratica» (ibidem).
  4. Ovvero, così come è possibile configurare un paternalismo hard e soft è possibile prospettare un antipaternalismo hard e un antipaternalismo soft, un antipaternalismo ampio e un antipaternalismo ristretto, e così via.
  5. Quanto appena affermato, peraltro, non deve indurre a eccessive e semplicistiche mitizzazioni dell’individualismo presente nella società statunitense; cfr. al riguardo Shain [1994].
  6. Quanto appena affermato, come è ovvio, non intende sminuire la rilevanza della cultura liberaldemocratica all’interno della «coscienza costituente» italiana fra il 1946 e il 1947; in proposito, per buona parte in linea con quanto già affermato da Guido Dorso, si è sottolineato che «la cultura liberaldemocratica all’epoca [della fase costituente] si presentava in maniera articolata e plurale, divisa in un’ala post giolittiana rappresentata dal Partito liberale e dalla Democrazia del lavoro che si collocarono, sul piano programmatico e degli uomini, nel solco di una continuità con il parlamentarismo prefascista e un’ala rivoluzionaria nel campo istituzionale e politico, progressista nel campo sociale rappresentata dal Partito repubblicano e dal Partito d’azione» e che essa può essere studiata con difficoltà «in maniera univoca, come fosse un unico soggetto portatore di un unico interesse nel campo istituzionale, nel campo ideologico, nel campo politico inteso anche come campo partitico»: così Frosini [2017, 2]; l’espressione «coscienza costituente» è di Costantino Mortati.
  7. Per un commento alla disposizione in questione, si vedano almeno Amato [1977] e Ruotolo [2006].
  8. Sull’evoluzione del concetto di libertà personale, si rinvia ad Amato [1967, passim].
  9. Così Corte cost., sent. n. 11 del 1956, al punto 2 del Considerato in diritto.
  10. In questi termini, Corte cost., sent. n. 105 del 2001, al punto 4 del Considerato in diritto.
  11. Ove si statuisce che «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche [...]».
  12. Su questo aspetto il giudice delle leggi richiama puntualmente la sent. n. 22 del 2022.
  13. ... e «che la medesima esigenza costituzionale di preservare la libertà dell’individuo, comprimibile solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria nei soli casi e modi previsti dalla legge, [deve] essere avvertita non soltanto innanzi allo spiegamento di forme coercitive [...], ma anche per quei casi nei quali la legge assoggetta l’individuo a specifiche prescrizioni che si riflettono sulla facoltà di disporre di sé e del proprio corpo, [...] recando al contempo “una menomazione o mortificazione della dignità o del prestigio della persona” (sentenze n. 419 del 1994 e n. 68 del 1964)»; cfr. il quinto punto del Considerato in diritto.
  14. Poco oltre, nel rilevare come la disciplina de qua fosse costituzionalmente legittima, la Consulta ha osservato anche che «l’accertamento dello stato di positività [al Covid-19] non si congiunge ad alcuno stigma morale, e non può cagionare mortificazione della pari dignità sociale, anche alla luce del fatto che si tratta di una condizione condivisa con milioni di individui, accomunati da null’altro che dall’esposizione ad un agente patogeno trasmissibile per via aerea»; su questo passaggio si tornerà più avanti.
  15. A una conclusione analoga giunge, tramite un interessante iter argomentativo, anche Bresciani [2021, 250]; l’A. in questione rileva che «se è vero [...] che ogni atto paternalista implica un disconoscimento dell’eguale capacità della persona protetta, [gli] sembra difficile negare che nella prospettiva del diritto positivo l’art. 3 Cost. richieda che ogni legge paternalista sia assistita da una giustificazione ragionevole [...]. Nella pratica, la ricostruzione della legge paternalista come legge derogatrice del principio di eguaglianza postula che lo standard per valutarne la validità in sede di giudizio di costituzionalità dovrebbe essere quello del vaglio positivo di ragionevolezza».
  16. Si pensi – giusto per limitarsi alla giurisprudenza costituzionale più recente – a questioni come quella inerente alla costituzionalità della norma che incriminava l’aiuto al suicidio (affrontata dalla Corte costituzionale nella sent. n. 249 del 2019) o alla legittimità costituzionale della disciplina sanzionatoria, sul piano penale, della prostituzione esercitata volontariamente e consapevolmente (sent. n. 141 del 2019). Le due sentenze in questione – delle quali, peraltro, è stato redattore uno degli autori dei quali si sono ampiamente citate, in questa sede, le teorie – riguardano casi piuttosto complessi, che non è possibile analizzare in questa sede. Incidentalmente, si può rilevare che la sent. n. 141/2019, a oggi, è l’unica pronuncia, considerato l’intero corpus della giurisprudenza costituzionale, in cui si citi espressamente il concetto di paternalismo, evocato dal giudice a quo nella propria ordinanza di rimessione.
  17. A partire, in particolare dalla legge n. 517 del 1977, con l’abolizione delle classi speciali, e dalla legge n. 180 del 1978, relativa alla chiusura dei manicomi. Sull’importanza della seconda delle due fonti citate, la legge Basaglia, cfr. Piccione [2010, passim]. Sul rapporto fra diritti costituzionali e salute mentale, cfr. ex plurimis Rossi [2015].
  18. Oltre a quello di cui si è riportato un passaggio, si vedano altresì i commenti di Palmisano [2017] e di Fiala-Butora, Rimmermann e Gur [2018].
  19. Ivi comprese quelle con disabilità derivanti da problemi di salute mentale; sul punto, cfr. il General comment n. 5 del Comitato ONU, disponibile all’indirizzo https://www.ohchr.org/en/documents/general-comments-and-recommendations/general-comment-no5-article-19-right-live e il relativo commento, dedicato proprio alle ricadute del General comment sulle persone con disabilità derivanti da problemi di salute mentale, di Gooding [2018].
  20. ... mettendo quindi a repentaglio la garanzia di altri diritti pure tutelati dalla Convenzione ONU, come, ad esempio, quello consacrato all’articolo 15, relativo al divieto di sottoporre le persone con disabilità a tortura, a pene o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti.
  21. Sull’opportunità di un approccio disability neutral al fine di limitare gli interventi esterni nella sfera personale e giuridica delle persone con disabilità, cfr. Flynn e Arstein-Kerslake [2017].
  22. Sui trattati sui diritti umani come strumento paternalista, cfr. Lixinski e Peleg [2022].
  23. Resta inteso che è possibile, ovviamente, utilizzare le tecnologie digitali in una prospettiva capacitante e antipaternalista: si rimanda, sul punto, alle considerazioni di Gooding, Arstein-Kerslake e Flynn [2015].
  24. Il riferimento è a BVerfG, Beschluss der 2. Kammer des Zweiten Senats, del 30 gennaio 2020 – 2 BvR 1005/18 –, Rn. 1-50; la decisione è disponibile online all’indirizzo https://www.bundesverfassungsgericht.de/SharedDocs/Entscheidungen/DE/2020/01/rk20200130_2bvr100518.html.
  25. In lingua originale, «Niemand darf wegen seiner Behinderung benachteiligt werden» («Nessuno può essere discriminato a causa della sua disabilità»). Sulla disposizione in questione, inserita nel testo del Grundgesetz dalla legge di modifica del 27 ottobre 1994, I 3146, cfr. Fiano [2021].
  26. ... ove si statuisce che «Gli Stati Parti adottano misure efficaci a garantire alle persone con disabilità la mobilità personale con la maggiore autonomia possibile, provvedendo in particolare a: a) facilitare la mobilità personale delle persone con disabilità nei modi e nei tempi da loro scelti ed a costi accessibili; b) agevolare l’accesso da parte delle persone con disabilità ad ausilii per la mobilità, apparati ed accessori, tecnologie di supporto, a forme di assistenza da parte di persone o animali e servizi di mediazione di qualità, in particolare rendendoli disponibili a costi accessibili; c) fornire alle persone con disabilità e al personale specializzato che lavora con esse una formazione sulle tecniche di mobilità; d) incoraggiare i produttori di ausilii alla mobilità, apparati e accessori e tecnologie di supporto a prendere in considerazione tutti gli aspetti della mobilità delle persone con disabilità».
  27. La disposizione in questione dice che «Gli Stati Parti adottano misure efficaci e adeguate, in particolare facendo ricorso a forme di mutuo sostegno, al fine di permettere alle persone con disabilità di ottenere e conservare la massima autonomia, le piene facoltà fisiche, mentali, sociali e professionali, ed il pieno inserimento e partecipazione in tutti gli ambiti della vita [...]» e che «gli Stati Parti organizzano, rafforzano e sviluppano servizi e programmi complessivi per l’abilitazione e la riabilitazione, in particolare nei settori della sanità, dell’occupazione, dell’istruzione e dei servizi sociali, in modo che questi servizi e programmi [...] facilitino la partecipazione e l’integrazione nella comunità e in tutti gli aspetti della società, siano volontariamente posti a disposizione delle persone con disabilità nei luoghi più vicini possibili alle proprie comunità, comprese le aree rurali [...]».
  28. ... ove si afferma che «1. Gli Stati Parti riconoscono che tutte le persone sono uguali dinanzi alla legge ed hanno diritto, senza alcuna discriminazione, a uguale protezione e uguale beneficio dalla legge. 2. Gli Stati Parti devono vietare ogni forma di discriminazione fondata sulla disabilità e garantire alle persone con disabilità uguale ed effettiva protezione giuridica contro ogni discriminazione qualunque ne sia il fondamento. 3. Al fine di promuovere l’uguaglianza ed eliminare le discriminazioni, gli Stati Parti adottano tutti i provvedimenti appropriati, per garantire che siano forniti accomodamenti ragionevoli. 4. Le misure specifiche che sono necessarie ad accelerare o conseguire de facto l’uguaglianza delle persone con disabilità non costituiscono una discriminazione ai sensi della presente Convenzione».
  29. «che prendono la forma di approcci paternalistici alla cura che limitano l’autonomia ed erodono l’identità individuale».
  30. «È difficile parlare del diritto formale di vivere in modo indipendente e di essere connessi alla comunità senza parlare dei tipi di servizi necessari per renderlo realtà».
  31. «La riforma del settore dei servizi è direttamente collegata al pieno ripristino del potere delle persone con disabilità sulla propria vita».
  32. «Il passaggio a qualsiasi nuovo paradigma di servizio impone la co-progettazione fin dall’inizio e richiede voci diverse attorno al tavolo, ovvero quelle dei rappresentanti delle persone con disabilità così come quelle dei fornitori di servizi desiderosi di cambiamento».
  33. Ove si registrano, peraltro, interessanti evoluzioni, almeno per quel che riguarda la prospettiva adottata in questo contributo. Si pensi, da ultimo, alla legge regionale del Friuli Venezia Giulia del 14 novembre 2022, n. 16; all’articolo 1, comma 2, lett. f), si rinviene una definizione del concetto di capacitazione, così formulata: «[...] approccio che restituisce dignità, centralità e maggior livello di qualità della vita possibile alla persona con disabilità, coniugando lo sviluppo delle capacità con l’ampliamento delle opportunità di agire le stesse, al fine di rendere concretamente esigibili le libertà e i diritti fondamentali, compreso quello di autodeterminazione. Tale approccio, pertanto, si focalizza sia sugli aspetti interni, sviluppando le potenzialità e le abilità del singolo individuo, sia sugli aspetti di sistema, garantendo i prerequisiti e le condizioni esterne, necessari a rendere concretamente realizzabile il progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato. Tale approccio capacitante riesce così a tener conto dell’azione reciproca svolta dalle caratteristiche individuali e dalle restrizioni sociali e propone di misurare i risultati in termini di espansione delle opportunità di scelta e quindi delle libertà delle persone». Poco più avanti, all’articolo 2, lett. e) si legge che fra gli obiettivi della legge c’è anche «promuovere il massimo livello di autodeterminazione possibile, l’esercizio della responsabilità e dei doveri, la capacità di autorappresentanza, nonché agire per favorire il più alto grado di autonomia delle persone con disabilità». Non è qui possibile, ovviamente, analizzare compiutamente delle disposizioni così evocative, ma è evidente come si tratti di un’impostazione concettuale in linea con quella propugnata, nel complesso, in questo scritto.
  34. Da intendere quale «determinante della libertà nello stato costituzionale», secondo quanto illustrato da Piccione [2021].
  35. Come quella derivante dalla suggestione «che radicava (anche) nei principi di imparzialità e buon andamento un nuovo modo di leggere i rapporti tra cittadini – e non più sudditi – e PA»; così Caranta [2006], nel richiamare a sua volta Benvenuti [1975].
  36. Sulla distinzione fra istruzione ed educazione, si rinvia a Corte cost., sent. n. 7 del 1967.