Ciro Tarantino (a cura di)
Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c29
Un secondo elemento che distingue i modelli organizzativi in una prospettiva di prevenzione del maltrattamento è il livello di integrazione
{p. 657}con la rete dei servizi sanitari e sociali territoriali. L’integrazione con i medici di medicina generale, gli psicologi dell’ASL, i professionisti della filiera dei servizi sociali, ecc., permette di prendere in carico gli ospiti con informazioni più ampie relativamente alla storia e alle caratteristiche delle persone fragili. Questo riduce il rischio di una focalizzazione dell’assistenza solo sugli aspetti fisici e cognitivi dovuto spesso anche alla mancanza di informazioni e riduce il rischio di sottovalutare aspetti della personalità che vanno invece riconosciuti e tutelati.
L’integrazione, inoltre, aumenta la capacità diagnostica e di comprensione dei segnali di maltrattamento. Diversi sintomi di abuso soprattutto per persone con gravi patologie possono essere facilmente fraintesi. Una frattura in un anziano è spesso causata da problemi delle ossa e non è facile stabilire senza uno sguardo esperto di un medico se essa sia piuttosto dovuta a uno strattonamento. Stati depressivi profondi, o l’emersione di istinti suicidari, a loro volta possono avere cause legate alla condizione fisica delle persone oppure derivare da reiterati comportamenti di umiliazione psicologica e per capire il nesso tra la condizione emotiva e le sue cause è indispensabile il consulto con uno psicologo.
L’apertura delle strutture infine è essenziale per aumentare l’interazione sociale e favorire il controllo e la collaborazione con familiari, parenti e altri membri della comunità [Schiamberg et al. 2011]. Durante la pandemia gli stessi dirigenti e operatori hanno segnalato tra gli effetti dell’interruzione delle visite la riduzione della possibilità di controllo e assistenza continuativa degli ospiti. Trascorrendo più tempo vicino ai propri congiunti i familiari non solo possono aiutare il personale nell’assistenza continuativa degli ospiti, ma hanno anche la possibilità di controllare le condizioni fisiche e psicologiche degli stessi e la regolarità dell’assistenza erogata. Con la presenza quotidiana di un familiare, è molto difficile che il personale dimentichi di somministrare le medicine nel giusto orario o che tratti la persona fragile in modo sbrigativo o poco rispettoso. Gli enti dovrebbero garantire dunque, in una situazione di normalità post pandemica, orari lunghi e possibilità di visite durante tutta la settimana ai familiari e ai parenti e promuovere scambi e attività condivise con la comunità locale.

7. La gestione del maltrattamento

Un ultimo aspetto fondamentale rispetto a cui intervenire riguarda la gestione degli episodi di maltrattamento. Uno dei principali problemi che si rilevano nella maggior parte delle strutture è che quando viene alla luce un abuso non ci sono regole e sistemi organizzati per prendere in mano le {p. 658}situazioni e il tutto tende a essere delegato a una gestione emergenziale. L’esistenza di protocolli formalizzati rappresenta un fattore essenziale per affrontare le conseguenze dei maltrattamenti ed evitare il rischio della confusione organizzativa e procedurale.
La responsabilità di gestire gli episodi di maltrattamento ricade ai diversi livelli dell’ente e dipende dalla gravità dell’accaduto. Quando si verificano episodi gravi o ripetuti che possono causare conseguenze sul piano fisico e psicologico degli ospiti, è necessario approntare da parte delle direzioni delle procedure lineari che tengano conto dell’assistenza e messa in protezione della vittima (o della sospetta vittima) e prevedano l’avvio di un iter strutturato di valutazione e intervento.
Per assistere una persona fragile oggetto di maltrattamento è importante che il personale sia consapevole che bisogna non lasciare sola la vittima, e che si deve cercare subito di rassicurarla e restarle vicino. Al contempo, è necessario chiamare qualcuno capace di affrontare la situazione: un coordinatore di piano, uno psicologo o un medico a seconda dei casi e va redatto un resoconto scritto dell’evento e preso contatto con la direzione della struttura.
Una volta informati dei fatti, i responsabili delle strutture devono prendere in mano la situazione ed è particolarmente importante non sottostimare i segnali, anche se dovessero rivelarsi in seguito non rilevanti o addirittura privi di fondamento. Maggiore è la percezione che il problema sia preso seriamente in considerazione dall’istituzione, e più alta sarà la sensibilità che il personale e l’intera organizzazione maturerà nei confronti della tematica.
L’iter da seguire per valutare responsabilità e conseguenze degli episodi di maltrattamento deve essere incentrato sulla massima trasparenza. Le persone coinvolte negli episodi di maltrattamento vanno tutte ascoltate in modo da disporre di un quadro informativo completo da valutarsi in base al criterio della coerenza tra le diverse versioni e le versioni e le evidenze. Al fine di valutare le informazioni in modo il più possibile oggettivo, è opportuno siano presenti ai colloqui più di una figura competente, oltre al direttore o a un suo delegato, come lo psicologo o il medico.
La persona maltrattata dovrebbe essere informata dell’avvio di un iter di approfondimento dei fatti, ma non sempre questo è possibile a causa delle precarie condizioni cognitive e fisiche di molti ospiti delle strutture per cui si deve in molti casi contattare i familiari, o l’eventuale amministratore di sostegno. In conformità con gli obblighi legali è essenziale che qualsiasi decisione tenga in considerazione anche il parere della vittima o dei suoi rappresentanti, in modo da valutare al meglio i provvedimenti da prendere, tenendo conto delle contingenze e delle possibili conseguenze sul futuro assistenziale in struttura.{p. 659}
I procedimenti possono terminare con denunce, sanzioni oppure con atti riparativi. L’opportunità di prendere in considerazione anche le pratiche riparative è data dal fatto che il lavoro in RSA è molto complesso e il rischio di errori, anche banali, tende a essere di per sé molto alto.
In generale: 1) se il comportamento maltrattante può configurarsi come reato; 2) se la legislazione lo raffigura come reato doloso e o colposo e 3) se la legge lo definisce come un reato procedibile di ufficio oppure colposo causato da negligenza, imprudenza o imperizia si deve procedere per vie legali. È importante valutare sempre con grande attenzione il tipo di decisione da prendere in presenza di episodi di maltrattamento. Se si tratta di accadimenti occasionali, non deliberati, esito magari di condizioni di lavoro difficili oppure di incomprensioni involontarie tra operatori e ospiti che sono rielaborate e comprese dalle parti, i provvedimenti dovrebbero avere prevalentemente una funzione pedagogica finalizzata a costruire un clima di vivibilità e professionalità nelle pratiche di assistenza quotidiane. Un provvedimento disciplinare lascia sempre tracce e resta impresso nel percorso lavorativo degli operatori per cui prima di essere avviato richiede di essere soppesato con grande attenzione.
Un protocollo di gestione dei casi di maltrattamento infine dovrebbe prevedere la possibilità di attivare processi di supporto alle persone maltrattate. Le diverse forme di maltrattamento possono dare luogo a sintomi traumatici gravi come la paura di stare da soli, la vergogna, la depressione, l’ansia, l’insonnia e l’alterazione del sonno, gli incubi, la difficoltà di trattenere relazioni sociali, i cambiamenti nell’appetito, e nei casi più gravi anche stress post-traumatici. Il sostegno alle conseguenze del maltrattamento è dunque una competenza fondamentale da sviluppare e che dovrebbe diventare parte integrante della formazione e dell’organizzazione del lavoro delle strutture residenziali.