Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c29
Uno dei grandi problemi della
prevenzione, così come della gestione degli episodi di maltrattamento, è rappresentato
dalle segnalazioni. La ricerca empirica rileva una difficoltà diffusa a segnalare i
maltrattamenti nelle strutture residenziali causata da diverse ragioni. In primo luogo,
le segnalazioni sono legate al modo con cui le persone percepiscono le situazioni di
maltrattamento [Ziminski Pickering e Rempusheski 2014]. «Non si può pretendere troppo»,
«non si può fare diversamente», «così van le cose, purtroppo» sono affermazioni usate
spesso per giustificare situazioni di maltrattamento insite nelle pratiche quotidiane
dell’assistenza e che mettono in luce la difficoltà di comprensione e categorizzazione
dei comportamenti maltrattanti. Con questi presupposti, il mancato rispetto della
privacy, l’infantilizzazione, la poca abilitazione, la trascuratezza,
¶{p. 652}diventano elementi che fanno parte integrante del lavoro di
assistenza e che assumono per tale motivo lo status di pratiche non
modificabili.
In secondo luogo, le persone
fragili, i familiari e i parenti mostrano una forte ritrosia a segnalare e denunciare i
maltrattamenti. Anziani e disabili possono avere difficoltà a effettuare le segnalazioni
per incapacità, vergogna, atteggiamenti di sudditanza psicologica e sociale e timore di
ripercussioni [Mysyuk et al. 2016]. Anche i familiari possono
presentare gli stessi problemi, inoltre molti di loro vivono una condizione di forte
dipendenza nei confronti delle strutture che sono la soluzione terminale di
problematiche che il nucleo non riesce a gestire in autonomia. Il rapporto di potere tra
strutture e familiari risulta così molto sbilanciato e questo favorisce lo sviluppo di
atteggiamenti di accondiscendenza anche verso comportamenti che sono reputati impropri
nei confronti dei congiunti assistiti. Inoltre una paura diffusa è che sollevare istanze
e accuse di maltrattamento possa produrre come risultato reazioni vendicative verso i
fragili. Invece di modificare le situazioni si rischia così di incancrenire i problemi.
In terzo luogo, esiste un fenomeno
di omertà strisciante tra il personale. Gli operatori vivono quotidianamente
l’esperienza della relazione con i fragili e vedono come l’assistenza è erogata dai
colleghi. Denunciare un sopruso o un atto di maltrattamento può risultare però
estremamente complicato se la persona responsabile è il collega con cui si condividono i
turni e con cui anche in futuro si è costretti a collaborare. La difficoltà di
dimostrare gli avvenuti maltrattamenti soprattutto quando essi sono rivolti a fragili
con scarse o nulle capacità di comunicazione rende ancora più difficile l’atto della
denuncia, perché una volta segnalato un collega rischiano di aprirsi contenziosi che non
producono risultati oppure, nel caso opposto, determinano sanzioni destinate ad
avvelenare gravemente il clima lavorativo. «Chi me lo fa fare a denunciare» è dunque una
frase che è spesso detta da operatori che, pur consapevoli della natura di certi atti,
preferiscono non esporsi oppure si limitano a cercare di dissuadere i colleghi in modo
informale dal ripetere le stesse azioni.
Per affrontare questi problemi è
indispensabile che gli enti affrontino di petto la questione delle segnalazioni.
Il presupposto per promuovere una
cultura della segnalazione è la conoscenza del fenomeno del maltrattamento e delle sue
diverse articolazioni. Se non si nomina il termine maltrattamento per identificare un
certo tipo di azione, quell’azione semplicemente non esiste come maltrattamento [Fraga
Dominguez et al. 2021]. Quindi è essenziale che gli enti informino
ospiti, familiari e personale su quali sono i comportamenti da tenere e quali sono
invece le azioni che si configurano come abuso. Questo può essere fatto nell’ambito
della definizione di regolamenti per ¶{p. 653}segnalare gli episodi di
maltrattamento che andrebbero resi obbligatori per tutti gli enti che assistono persone
fragili. I regolamenti dovrebbero contenere indicazioni congruenti con gli obblighi e i
vincoli di legge e i codici deontologici e professionali e definire le fattispecie di
comportamenti da segnalare, gli iter di segnalazione e le figure di
riferimento con cui relazionarsi con relative modalità e tempistiche. Per la loro
costruzione è particolarmente importante coinvolgere attivamente anche il personale e le
eventuali rappresentanze sindacali in modo da sottolineare gli obiettivi sia di
prevenzione di atti che mettono a rischio non solo gli ospiti ma anche la qualità del
lavoro di tutto il personale.
Oltre all’introduzione di appositi
regolamenti, la promozione della cultura della segnalazione richiede siano messi a
disposizione da parte degli enti strumenti e canali comunicativi idonei a portare alla
luce e trattare in modo adeguato gli episodi di maltrattamento. Personale, ospiti e
familiari devono per segnalare gli episodi di maltrattamento disporre di moduli e
strumenti accessibili, comprensibili e facilmente utilizzabili. Se non si sa come
segnalare, cosa e a chi, il messaggio implicito è che una segnalazione non serve. Per
facilitare le comunicazioni le segnalazioni andrebbero rese possibili sia per via
cartacea che telematica.
Infine, per superare gli ostacoli
che disincentivano le segnalazioni è importante creare contesti e situazioni in cui le
persone che segnalano si sentano accolte e ascoltate. Ogni ente dovrebbe individuare un
referente istituzionale e garantire la privacy per i segnalanti e questo a maggior
ragione è importante per coloro che temono ripercussioni su di sé o i propri congiunti.
Disporre di figure attrezzate a interagire con i segnalanti è particolarmente rilevante
perché si tratta di comunicazioni molto spesso cariche di emotività e che necessitano di
un’elaborazione consapevole sia nei casi in cui gli eventi segnalati abbiano costituito
effettivamente episodi di maltrattamento che in quelli in cui prevalgono le
incomprensioni e le percezioni distorte della realtà.
5. Selezione, formazione e gestione del personale
La selezione, la formazione e la
gestione del personale costituiscono un ulteriore essenziale fattore di prevenzione del
maltrattamento [Lim 2020]. Quando si assiste a qualche episodio conclamato di abuso è
consuetudine individuare la causa nelle cosiddette «mele marce»: operatori che
trasgrediscono ai comportamenti professionali e deontologici e che si approfittano della
loro discrezionalità per compiere atti di maltrattamento di cui i superiori sono
all’oscuro. Naturalmente nella somministrazione dell’assistenza sono continui i momenti
in cui gli operatori si trovano da ¶{p. 654}soli con le persone fragili
e dispongono di un potere discrezionale per mettere in atto forme di abuso. Per esempio
questo può accadere quando un operatore entra in una stanza oppure accompagna una
persona fragile in bagno. In tutti questi casi non esiste un sistema di controllo
esterno tale da scoraggiare il maltrattamento, le stesse telecamere che molti vorrebbero
installare nelle strutture come disincentivo e monito a intraprendere comportamenti
maltrattanti possono limitare gli atti più manifesti, ma hanno scarso o nessun effetto
sul maltrattamento psicologico ed emotivo e sulla trascuratezza. Quello che fa la
differenza sono le motivazioni e la qualificazione del personale. Per esempio un
operatore preparato chiamato ad alzare e a lavare una persona con comportamenti
aggressivi nel momento in cui entra in una stanza e vede che la situazione è fuori
controllo avrà l’accortezza di uscire e continuare il suo lavoro con altri ospiti e di
tornare successivamente quando lo stato di ansia e agitazione dell’assistito sarà
rientrato. Un operatore non formato e/o poco motivato al contrario tenderà a eseguire lo
stesso il compito andando incontro a una situazione di potenziale conflitto e a un
rischio di reazioni maltrattanti verso l’ospite. Molti direttori anche a ragione, specie
dopo la pandemia, rilevano una grave difficoltà nel reperimento di nuovo personale e chi
insegna nei corsi per gli operatori socio-sanitari sempre più spesso segnala un forte
depauperamento delle motivazioni e della qualità degli studenti. L’immagine pubblica
delle RSA è uscita pesantemente compromessa dal COVID e la pressione sul risparmio sui
costi rischia di penalizzare i salari, incidendo sulle motivazioni estrinseche dei
lavoratori. Se questo è vero è da rilevare tuttavia come le RSA adottano politiche di
gestione del personale molto diverse e che questo ha implicazioni dirette sulla
qualificazione della forza lavoro. Per esempio ci sono strutture che esternalizzano i
servizi di assistenza e infermieristica attraverso gare al ribasso per massimizzare il
risparmio. L’esito sul bilancio magari risulta nel breve periodo positivo, ma la qualità
dei servizi inevitabilmente decresce. Con operatori sottopagati è inevitabile che si
creino infiniti problemi nell’erogazione dei servizi, perché si riducono le motivazioni
e accettano un’occupazione solo i lavoratori più deboli: quelli che alcuni direttori e
coordinatori con molta preoccupazione definiscono i cosiddetti disperati, lavoratori
spesso stranieri che non trovano altra occupazione e dispongono di competenze e
motivazioni insufficienti per gestire carichi di lavoro e situazioni molto stressanti.
Una politica del personale emergenziale è giustificata di fronte a particolari eventi
come l’esplosione della pandemia ma nelle fasi successive è indispensabile tornare a una
programmazione delle risorse più razionale, finalizzata a supportare processi di
assistenza e cura adeguati.
Innanzitutto, è importante
selezionare il personale secondo criteri appropriati [Shaw 1999]. Succede che
l’oggettiva difficoltà di trovare ¶{p. 655}operatori costituisce alle
volte una sorta di alibi per legittimare un reclutamento senza alcuna forma di filtro
che maschera l’assenza di politiche e strumenti per una selezione comunque consapevole
del personale. I criteri di base per valutare l’idoneità di un lavoratore riconosciuti
in letteratura sono utilizzati solo da una parte di RSA. Per esempio una valutazione
della vocazione al lavoro di assistenza e l’esistenza di pregiudizi nei confronti
dell’età anziana raramente vengono presi in considerazione per selezionare il nuovo
personale. Analoghe lacune si registrano nella valutazione del profilo biografico di cui
sono privilegiate le esperienze lavorative o di formazione, mentre restano in sottofondo
i trascorsi socio-sanitari dei nuovi operatori che non di rado sono problematici con
esperienze di traumi, depressioni e uso di farmaci e sostanze.
In secondo luogo, per mettere il
personale in condizione di prevenire il rischio di maltrattamento un ruolo determinante
è svolto dalla formazione [Hirt et al. 2022]. Il rischio di non
cogliere le varie sfumature del maltrattamento è in genere per chi lavora a contatto
quotidiano con persone fragili molto alto e non è un caso che una volta maturata una
consapevolezza sulle diverse dimensioni del maltrattamento la grande maggioranza degli
operatori ammetta di essere stata protagonista o di avere assistito con frequenza a
episodi di abuso. Essere formati e preparati a osservare, comprendere e prevenire il
fenomeno a tutti i livelli da quello dirigenziale a quello più operativo richiede dunque
l’acquisizione di conoscenze e competenze che passano attraverso la realizzazione di
adeguati programmi di formazione e aggiornamento. Per gli operatori in ingresso in
particolare dovrebbe essere obbligatoria la frequenza a un modulo formativo breve
introduttivo alla tematica per rendere visibile la rilevanza del tema per la corretta
esecuzione dei compiti richiesti dall’ente.
Infine per prevenire il
maltrattamento è indispensabile strutturare programmi di gestione delle risorse umane
che non si limitino a reclutamento del personale, ma sviluppino anche strategie di
supporto e di miglioramento della qualità del lavoro. Questo significa introdurre per
esempio in modo stabile attività di supervisione del personale che offrono la
possibilità di affrontare le problematiche e gli incidenti critici in modo costruttivo
favorendo l’apprendimento individuale e organizzativo. Molti episodi di maltrattamento
restano nascosti anche per il timore da parte degli operatori di poterne parlare.
Introdurre elementi come la supervisione che rimarcano la volontà dell’ente di
apprendere dagli errori invece che sanzionare comportamenti magari messi in atto senza
la volontà di nuocere per motivi contingenti o a causa di disfunzioni inerenti
all’organizzazione del lavoro può sortire l’effetto di facilitare un coinvolgimento
attivo da parte del personale e instaurare un atteggiamento collaborativo
nell’affrontare i problemi. ¶{p. 656}
6. I modelli organizzativi
È opinione condivisa che la
probabilità che si verifichino episodi di maltrattamento aumenta anche in relazione al
tipo di modello organizzativo [Yon et al. 2019]. Gli aspetti
organizzativi associati alle diverse forme di abuso nelle strutture residenziali per
anziani e disabili adulti sono molteplici. Per sintetizzare i risultati della ricerca si
possono individuare tre ambiti particolarmente rilevanti: 1) la
standardizzazione/personalizzazione dell’assistenza; 2) il livello di integrazione delle
strutture nella rete dei servizi territoriali e 3) il livello di chiusura/apertura verso
la comunità.
La personalizzazione rientra nelle
cosiddette strategie di umanizzazione ed è un fattore molto importante per prendere in
carico i bisogni ma anche gli interessi e le aspettative delle persone anziane e
disabili, andando oltre il riduzionismo assistenzialista che mette in ombra aspetti
essenziali come il bisogno di riconoscimento, il rispetto della persona, la
valorizzazione delle sue capacità residue, ecc. [Milne-Ives et al.
2022]. Tutti gli enti dovrebbero utilizzare i piani assistenziali individualizzati in
un’ottica non solo riparativa ma anche capacitante. Questo vuol dire che oltre a
valutare le condizioni fisiche e cognitive dei fragili è necessario anche introdurre e
utilizzare strumenti che permettono di progettare interventi che considerano le persone
nella loro interezza e che comprendono quindi la dimensione relazionale, affettiva,
degli interessi e delle aspettative ancora presenti.
Personalizzare è percepito essere
spesso un costo insostenibile per strutture che vivono una condizione di scarsità
strutturale di risorse. In realtà ci sono moltissime pratiche di standardizzazione molto
più costose dei benefici che esse apportano in termini di efficienza nell’uso delle
risorse. Per esempio lasciare dei margini agli operatori per decidere quanta autonomia
attribuire agli ospiti per l’igiene, può avere effetti molto più positivi di quelli
derivanti da un lavoro più routinario e spersonalizzato. Se una persona è ancora capace
di lavarsi in autonomia alcune parti del corpo svolgere questo compito le permetterà non
solo di mantenere vive le capacità residue, ma anche di avere maggiore autostima. Allo
stesso tempo il personale addetto all’igiene non sarà chiamato a compiere un’operazione
meccanica insensata che produce stress e frustrazione in chi la esegue e che umilia il
soggetto da assistere e potrà esercitare una discrezionalità riconosciuta importante
dall’ente in cui lavora. Personalizzare quello che si può personalizzare non è dunque un
costo, ma nel medio periodo può tradursi spesso anche in un risparmio o in un
investimento che fa funzionare meglio l’assistenza e produce maggiore soddisfazione e
favorisce di conseguenza una più alta motivazione e impegno tra chi è chiamato a erogare
i servizi.
Un secondo elemento che distingue i
modelli organizzativi in una prospettiva di prevenzione del maltrattamento è il livello
di integrazione
¶{p. 657}con la rete dei servizi sanitari e sociali
territoriali. L’integrazione con i medici di medicina generale, gli psicologi dell’ASL,
i professionisti della filiera dei servizi sociali, ecc., permette di prendere in carico
gli ospiti con informazioni più ampie relativamente alla storia e alle caratteristiche
delle persone fragili. Questo riduce il rischio di una focalizzazione dell’assistenza
solo sugli aspetti fisici e cognitivi dovuto spesso anche alla mancanza di informazioni
e riduce il rischio di sottovalutare aspetti della personalità che vanno invece
riconosciuti e tutelati.