Roberto Ricci
Le competenze digitali nella scuola
DOI: 10.1401/9788815412270/p2
A questi due aspetti sono legate le azioni che la Commissione introdurrà per sostenere gli sforzi di implementazione di quanto previsto da questa raccomandazione. Si segnala per esempio la realizzazione di uno studio sull’educazione digitale in Europa finalizzato a comprendere meglio come scuole di diverso ordine e grado utilizzano le tecnologie e aggiornare i dati esistenti sul tema, che risalgono nei fatti a prima della pandemia. Al fine di supportare il lavoro su {p. 18}quei fattori immateriali sopra citati, la Commissione inoltre svilupperà delle Linee guida per contenuti educativi digitali accessibili, ben progettati e di qualità che hanno l’obiettivo di supportare insegnanti e operatori del settore a valutare sistematicamente i contenuti digitali e acquisire maggiore capacità di utilizzo degli stessi. La necessità di sostenere tutti gli insegnanti ad acquisire competenze digitali essenziali indipendentemente dalla materia insegnata è infine il focus della terza area su cui la Commissione metterà a disposizione risorse, per esempio attraverso le cosiddette Erasmus+ Teacher Academies [8]
. La seconda raccomandazione del Consiglio, quella sul miglioramento dell’offerta di competenze digitali, mira a garantire che tutti abbiano la possibilità di sviluppare le proprie competenze digitali nei processi di istruzione e formazione: si tratta di garantire un modo valido, equo e coerente per un loro sviluppo progressivo, in un’ottica di apprendimento permanente. Questa raccomandazione incoraggia i paesi membri a lavorare in maniera trasversale coinvolgendo i diversi settori dell’istruzione e della formazione al fine di sviluppare approcci coerenti per sostenere lo sviluppo delle competenze digitali, per tutte le età e i livelli di istruzione e formazione [Consiglio dell’Unione europea 2023b]. Dato il focus, i contenuti di questa seconda raccomandazione sono di assoluta importanza per il mondo della scuola. Il messaggio principale che si evince è quello di iniziare presto e curare lo sviluppo delle competenze digitali attraverso un approccio sistemico, a tutto tondo, che porta con sé due conseguenze principali. Da un lato, emerge la necessità di acquisire consapevolezza e competenze nello sviluppo di pratiche didattiche finalizzate a sviluppare le competenze digitali attraverso attività che possono essere plugged o unplugged, ovvero impiegare o no le tecnologie, aspetto particolarmente importante nella scuola dell’infanzia e nella primaria e secondaria di primo grado. Dall’altro, la raccomandazione è molto chiara sull’esigenza per la scuola di affrontare lo sviluppo delle competenze digitali in maniera
{p. 19}trasversale, in tutte le materie, ma anche attraverso discipline specifiche, come l’informatica. Su questo aspetto specifico, la raccomandazione chiede ai paesi membri, tenendo conto dei contesti specifici, di sostenere un’istruzione di qualità nell’informatica a livello primario e secondario e, al tempo stesso, di investire per migliorare l’assunzione e la formazione di docenti con competenze nei settori dell’informatica per l’istruzione primaria e secondaria e delle tecnologie digitali avanzate per l’istruzione superiore: questo in aggiunta e non in sostituzione di quell’insieme di competenze legate all’uso pedagogico delle tecnologie.
A livello scolastico le competenze digitali possono essere sviluppate attraverso approcci diversi [Eurydice 2019]. Tuttavia, il livello di competenze oggi possedute da studenti, adulti e professionisti richiede uno sforzo ulteriore che vede la necessità di considerare anche il contributo che discipline specifiche, come l’informatica, possono dare. Come immaginabile, questo aspetto è stato tra i più dibattuti durante le negoziazioni ed è anche quello su cui emerge il bisogno comune di condividere esperienze. A tal fine, la Commissione europea, attraverso questa raccomandazione, ha preso l’impegno di sviluppare delle Linee guida sull’informatica per aiutare insegnanti, educatori e altro personale a comprendere meglio come gli aspetti chiave di questa disciplina scientifica possano essere integrati nel loro lavoro. Si tratta di un’iniziativa che ha un grande valore dal punto di vista della possibile crescita di politiche e pratiche a livello nazionale, dove si segnala un incremento dell’attenzione che l’informatica riceve da parte di Ministeri, scuole e università. Il trend riguarda anche l’Italia dove la normativa introdotta con il PNRR prevede il rafforzamento della programmazione informatica (come materia e integrata in altre discipline) e l’ulteriore sviluppo delle competenze digitali nell’istruzione primaria e secondaria [Eurydice 2022] [9]
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In conclusione, leggendo entrambe le raccomandazioni, {p. 20}vediamo importanti novità per il mondo della scuola che sono il frutto di quanto appreso durante le esperienze di educazione digitale messe in moto durante la pandemia, ma anche il risultato di una crescente consapevolezza sul ruolo che la scuola ricopre rispetto alla transizione digitale. Un ruolo che, come vedremo nel testo di questo volume, richiede un cambiamento che coniughi innovazione e tradizione. A tal fine una riflessione sulla trasversalità del curricolo digitale appare un’operazione necessaria e opportuna, accanto però alla necessità di riconoscere il ruolo dell’informatica come disciplina essenziale per comprendere a fondo i principi e i meccanismi che regolano il funzionamento di dispositivi e piattaforme digitali, per esserne utenti consapevoli e per partecipare al loro sviluppo.

4. Un cambiamento che va sostenuto

Uno sviluppo adeguato e continuo delle competenze necessarie a governare la transizione digitale necessita di un cambiamento che va necessariamente sostenuto. Il cambio di paradigma a cui abbiamo assistito rispetto al modo in cui l’agenda politica europea si è sviluppata può aiutare a generare un processo virtuoso di co-progettazione e co-implementazione di politiche e pratiche a livello europeo, nazionale e locale che si influenzano e rafforzano vicendevolmente. Al tempo stesso, al fine di supportare un cambiamento che è in primo luogo culturale, può essere utile mettere in discussione la definizione stessa della parola «digitale» per de-tecnicizzarla, renderla più vicina alle persone, e fare in modo che ognuno si senta parte di questa rivoluzione. In questa sede, infatti, non si può trascurare l’importante funzione che la definizione di un concetto, il suo framing, svolge nel determinare il modo in cui un fenomeno viene accolto, percepito, elaborato, classificato, e infine attualizzato nelle proprie vite [Goffman 1974]. In sociologia e psicologia così come negli studi di comunicazione di massa e marketing, l’effetto framing si riferisce al processo di influenza, da parte di agenti esterni, che va ad agire sulla percezione dei signi{p. 21}ficati che l’individuo attribuisce a un messaggio. Il concetto principale alla base dell’effetto framing, chiamato anche effetto inquadramento, sta nel fatto che la modalità con cui un’informazione viene presentata può interferire fortemente con la sua stessa interpretazione, e quanto affermato vale tanto per la comunicazione scritta quanto per quella verbale [Levin 1987]. Vediamo un esempio. In un famoso studio, ad alcuni studenti universitari venne chiesto di indicare i colleghi che ritenevano più e meno cooperativi. Questi vennero poi coinvolti in un esperimento che aveva l’obiettivo di verificare quanto la reputazione personale fosse correlata al comportamento effettivo. Ma la parte più interessante è quella che riguarda il framing con cui l’esperimento viene descritto ai partecipanti: a metà dei soggetti viene detto che dovranno confrontarsi in un community game, mentre all’altra metà la stessa identica situazione viene descritta come il Wall Street game. Le regole e le opzioni a disposizione dei partecipanti in entrambe le situazioni sono esattamente le stesse, però quello che si verifica è che, quando l’esperimento viene descritto come il gioco di Wall Street solo un terzo dei soggetti coinvolti sceglie di cooperare, mentre quando il gioco viene descritto come un’attività di comunità, allora la percentuale di cooperazione cresce significativamente in tutti i soggetti coinvolti [Liberman, Samuels e Ross 2004].
Il risultato di questo esperimento mostra come il framing, il modo in cui un concetto o una determinata situazione vengono descritti, ha un impatto molto forte sull’attribuzione di significato e non ultimo sul comportamento degli individui. In altre parole, il framing rappresenta uno strumento a disposizione di chi si trova nelle condizioni di creare narrazioni pubbliche e può in effetti costituire uno strumento utile per innescare un cambiamento. A tal proposito è emblematica l’esperienza del Frame Works Institute [10]
, un ente di ricerca senza scopo di lucro che ha come missione principale quella di aiutare organizzazioni di diversa natura nel creare volontà pubblica per un cambiamento progressista. I metodi delle {p. 22}scienze sociali e cognitive in questo caso sono utilizzati per studiare il modo in cui le persone comprendono importanti questioni sociali (come ad es. la giustizia razziale, il cambiamento climatico, l’immigrazione, ecc.) e sviluppare tecniche basate sull’evidenza che aiutino professionisti, decisori politici e ricercatori a definire e spiegare tali problemi in modo più efficace. I risultati ottenuti da questa organizzazione mostrano in maniera molto chiara che modificare il framing di importanti questioni sociali non rappresenta un esercizio accademico, stilistico o retorico, ma un qualcosa che può davvero generare un cambiamento.
Nell’affrontare il tema dell’educazione e delle competenze digitali vale pertanto la pena di chiedersi che significato esplicito e implicito attribuiamo al termine digitale e che reazione ne ricaviamo, per tentare un’operazione di re-framing che agevoli il coinvolgimento di tutti, nella consapevolezza che qualsiasi trasformazione di processo debba partire dalle persone coinvolte.

5. Una proposta di riformulazione

La pervasività delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC, o più propriamente ICT, dall’acronimo inglese) e il ruolo imprescindibile che hanno conquistato nella maggior parte delle attività umane giustificano l’utilizzo del termine digitale per indicare l’era nella quale viviamo, facendo risalire la rivoluzione digitale all’avvento, nella seconda metà del secolo scorso, delle principali innovazioni che, tutt’oggi, caratterizzano il presente: la microelettronica, i personal computer, Internet e il World Wide Web. L’impatto di queste tecnologie sulle nostre vite è talmente alto, e i cambiamenti che hanno innescato è stato e continua a essere talmente veloce, che difficilmente guardiamo indietro e tendiamo a considerare le ICT come le prime tecnologie digitali che l’umanità abbia mai inventato e utilizzato. Così le ICT sono considerate le tecnologie digitali per antonomasia e qualsiasi divario sociale a esse legato (di competenze, di genere, di generazione) viene chiamato digitale a sua volta. {p. 23}Questa associazione si è consolidata nel tempo e autosostenuta, contribuendo a influenzare il senso comune e a esacerbare la distanza dei cosiddetti nativi digitali, nati in un’era già così caratterizzata dalle ICT da trovarle familiari, dalle precedenti generazioni costrette ad adattarsi a esse.
Diversamente da molti termini tecnici introdotti per dare un nome a nuove tecnologie, l’aggettivo digitale esisteva già quando, negli anni Cinquanta, iniziò a entrare nell’uso comune. Benché derivi dal latino digitus, dito, nell’accezione che ci interessa il termine viene dall’inglese digital, che si trova già nel XV secolo per indicare ciò che riguarda le cifre decimali, dette digit. Risale invece agli anni Trenta il primo utilizzo in ambito ingegneristico del termine digitale per indicare macchine che utilizzavano cifre numeriche, in contrapposizione ai dispositivi analogici, che operavano con grandezze fisiche continue. Da allora la popolarità del termine digitale ha seguito la crescita esponenziale che dagli anni Sessanta in poi ha caratterizzato le ICT. Così l’aggettivo digitale ha come sinonimo più appropriato numerico e viene comunemente utilizzato per indicare i dispositivi elettronici o i processi che ne fanno uso, al punto da essere considerato sinonimo di computerizzato o informatico. Benché le accezioni correnti siano corrette, contribuiscono a legare il termine a tecnologie che, evolvendo in modo esponenziale, accentuano il senso di distanza, fino a farla apparire incolmabile a chi si sente lasciato indietro. Il senso profondo dell’aggettivo digitale offre, al contrario, validi argomenti su cui impostarne il re-framing.
Basandoci sull’etimologia e sul significato proprio di digitale, inteso come sinonimo di numerico e contrario di analogico, possiamo darne una definizione rigorosa, operativa e generale. Per farlo, dobbiamo riconoscere innanzitutto che le cifre che compongono le rappresentazioni digitali sono segni convenzionali associati a valori discreti che, a differenza di quelli analogici, sono nettamente distinti gli uni dagli altri e possono essere facilmente riconosciuti e riprodotti. Questa caratteristica è fortemente desiderabile, perché abilita forme rigorose e versatili di rappresentazione, trasmissione ed elaborazione di informazioni. Affinché i segni
{p. 24}convenzionali possano essere facilmente appresi, distinti e utilizzati è bene che siano pochi (come, ad esempio, i 10 del sistema di numerazione decimale o i 2 del sistema di numerazione binario). Per ovviare alla scarsa varietà che ne consegue, le rappresentazioni digitali non usano una sola cifra, ma sequenze di cifre, ciascuna delle quali può assumere valori presi dallo stesso insieme di segni convenzionali. Per generalità, attingendo dalla teoria dell’informazione, possiamo chiamare alfabeto l’insieme dei segni convenzionali che decidiamo di utilizzare e parola ogni sequenza di cifre definite su quell’alfabeto. L’associazione di significati alle parole è detta codifica. L’uso dei termini non è casuale, perché rende evidente l’analogia con l’alfabeto propriamente detto e con le parole che compongono il nostro vocabolario. I numeri sono parole definite su un alfabeto di cifre numeriche e il loro significato è il valore dato dalle regole del sistema di numerazione adottato. Le parole che compaiono in questo testo sono definite sull’alfabeto internazionale e sono tratte dal vocabolario italiano, che ne specifica il significato. Sulla base di queste considerazioni, possiamo trarre la seguente definizione:
Note
[9] Secondo lo studio di Eurydice [2022], l’informatica in Italia viene insegnata come parte di altre materie a livello secondario inferiore e successivamente introdotta come materia separata.
[10] Per maggiori informazioni si veda https://www.frameworksinstitute.org/.