Orientarsi nell'orientamento
DOI: 10.1401/9788815411648/c7
Inoltre, mentre attraverso misure
ad hoc – maggiore partecipazione al mondo del lavoro, tutele di
rientro post maternità o di supporto con l’accesso ai nidi, ecc. – si può favorire
l’uscita delle donne da casa (luogo tradizionalmente loro assegnato), poco si ragiona
sull’incoraggiare gli uomini alla cura dei figli
[11]
, alla cura di parenti anziani o malati e alla partecipazione ai lavori
domestici (sono le donne che conciliano lavoro e casa con il
part-time). Anche se nell’ambito della cornice teorica dei
Masculinity studies si comincia a
¶{p. 199}indagare le nuove forme di maschilità definite caring
masculinities [Elliot 2015] e i contributi che la presenza maschile
apporterebbe nelle professioni educative e di cura [Arace 2020; Bernacchi e Biemmi 2018;
Biemmi 2019; Burgio et al. 2023; Ottaviano e Persico 2020],
persiste – soprattutto nei ragazzi – la difficoltà a pensarsi liberamente e a ridefinire
sé stessi superando la rappresentazione dicotomica e gerarchica dei generi [Seveso
2022]. Vi è dunque il rischio che le/i ragazze/i si definiscano in modo socialmente
accettato/accettabile piuttosto che in uno o più modi rispondenti alle loro peculiarità,
sacrificando le loro potenzialità, i loro futuri possibili e il loro speciale contributo
alla società per aderire alle norme dominanti [Biemmi e Leonelli 2016].
8. Perché l’orientamento formativo di genere può agevolare la realizzazione personale degli studenti
L’orientamento scolastico dovrebbe
principalmente mirare a far raggiungere la meta formativa – evitando la dispersione
scolastica e l’insuccesso, che colpisce prevalentemente i maschi
[12]
– e, contestualmente, permettere a ciascuno/a la realizzazione del proprio
progetto di vita, riposizionandosi in maniera consapevole all’interno del dualismo tra
realizzazione del desiderio e adeguamento alle norme. Spesso però gli/le insegnanti si
limitano a consigliare il proseguimento verso un determinato corso di studi basandosi su
quelle che ritengono le caratteristiche specifiche di un/a allievo/a, senza immaginare
che queste possano essere esito di educazione, proiezioni o effetto di una conformazione
a ciò che ci si aspetta da loro. La storia scolastica è costellata di
studenti/studentesse che, in meglio o in peggio, hanno poi disatteso le previsioni dei
docenti.
A nostro avviso la formazione
dei/delle docenti non è adeguata né al tema dell’orientamento e della didattica
orientativa né al ruolo di orientatori che incanalano
stu¶{p. 200}denti/studentesse verso percorsi già tracciati in base al
genere. Come rileva Seveso [2022], è poco diffusa fra i/le docenti la consapevolezza
dell’azione degli stereotipi nelle pratiche educativo-scolastiche, così come è ancora
scarsa la coscienza del ruolo strategico svolto nell’orientare ragazze/i e bambine/i fin
dalla scuola primaria.
L’orientamento sembra oggi una
priorità della scuola: da pochi mesi il Ministro dell’Istruzione e del Merito ha varato
iniziative volte a favorire il successo formativo
[13]
. Eppure, risulta ancora assente l’idea di una pedagogia dell’orientamento
che vada al di là di comunicazione, inserimento e monitoraggio di dati. Peraltro la
formazione dei docenti orientatori è affidata a una piattaforma
telematica ancora non del tutto operativa e, pertanto, non è possibile formulare un
giudizio.
9. Perché i/le docenti devono essere consapevoli dell’orientamento implicito
I docenti rappresentano un segmento
della filiera formativa che condiziona, spesso inconsapevolmente, le scelte di allieve/i
anche in base al genere. Come rimarcano Biemmi e Satta [2017] la questione della parità
di genere non è stata ancora assimilata dal nostro sistema educativo e dal corpo
docente. Si continua a riprodurre una cultura sessista e conservatrice senza che a
scuola sia introdotto un nuovo modo di concepire il rapporto tra i sessi, improntato
all’idea di uguaglianza nella valorizzazione e nel rispetto delle differenze.
Ciò avviene perché, come dimostrano
numerose ricerche [Bellafronte 2003; Biemmi 2020], nei confronti delle/dei bambine/i,
educatrici e insegnanti italiane non praticano un’educazione di genere esplicita, né si
documentano sulla ¶{p. 201}pedagogia di genere, che pure si è espressa
per quarant’anni sull’argomento [Leonelli 2011].
Gli stessi contenuti disciplinari e
i libri di testo sono intrisi di una cultura apparentemente neutra ma in realtà
fortemente connotata al maschile che ignora il genere femminile o lo rappresenta
all’interno di ruoli marginali e subalterni [Guerrini 2018; 2021; 2022]. Bisogna quindi
che gli/le insegnanti diventino consapevoli della loro responsabilità educativa riguardo
alle scelte future di studenti e studentesse, affinché possano orientarli in maniera
consapevole e libera da condizionamenti e pregiudizi. Tutto ciò è possibile se i/le
docenti possiedono competenze riflessive in grado di far leggere loro criticamente la
realtà, di renderli/e consapevoli dei processi che hanno determinato la loro formazione,
la loro identità e il loro ruolo di genere. In tal modo possono instaurare una relazione
educativa basata sui principi del riconoscimento della singolarità, della libertà e del
rispetto.
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¶{p. 204}
Note
[11] Legge 53 dell’8 marzo 2000; legge 92/2012, Riforma del mercato del lavoro, a carattere sperimentale per gli anni 2013-2015. I congedi parentali, dopo il primo mese, sono retribuiti al 30% dello stipendio iniziale, per cui si preferisce non prenderli o, se necessario, farli prendere al partner che viene pagato meno: quasi sempre la donna.
[13] Decreto di adozione delle Linee guida per l’orientamento, relative alla riforma 1.4, Riforma del sistema di orientamento, nell’ambito della Missione 4 – Componente 1 – del PNRR, finanziato dall’Unione europea, Next Generation EU.