Giulia Guglielmini, Federico Batini (a cura di)
Orientarsi nell'orientamento
DOI: 10.1401/9788815411648/c5

Capitolo quinto La didattica orientativa
di Paola Ricchiardi, Simone Giusti, Marina Marchisio Conte, Alice Barana e Matteo Sacchet. A Paola Ricchiardi vanno attribuiti i paragrafi 1, 2.1, 2.1.1, 2.2, 2.3, 2.4, 3, 5; a Simone Giusti vanno attribuiti i paragrafi 3.1.2, 5; a Marina Marchisio Conte vanno attribuiti i paragrafi 6, 6.1, 6.2, 6.3; ad Alice Barana e Matteo Sacchet vanno attribuiti i paragrafi 7, 7.1, 7.2, 7.3

Abstract
Lo sviluppo dei modelli di orientamento ha visto negli anni un progressivo accentuarsi della componente educativo-formativa. Si è transitati infatti da approcci centrati esclusivamente sulla diagnosi di attitudini, interessi, predisposizioni, e sulla trasmissione di informazioni, in cui l’esperto ha un ruolo centrale e la persona orientata assume quello di recettore passivo, a modelli focalizzati sulla persona che viene formata perché diventi capace di autorientarsi. Con le Linee guida per l’orientamento del 22 dicembre 2022 entra in vigore la riforma che non solo ribadisce il ruolo orientativo della scuola, ma stabilisce l’obbligatorietà delle attività di orientamento all’interno della scuola con ore curricolari (30 ore in terza, in quarta e in quinta) ed eventualmente anche extracurricolari (30 ore curricolari o extra nel biennio). La didattica orientativa, che per statuto dovrebbe puntare ai traguardi di apprendimento previsti dalle singole discipline ed enumerati nei profili in uscita dei diversi gradi e ordini di scuola, deve anche contribuire in modo intenzionale allo sviluppo di competenze orientative. Nella scuola attualmente convivono diversi modelli di didattica orientativa, anche connessi con le diverse concezioni proposte dalle circolari ministeriali e dalle teorie sviluppate nel tempo. Nel 2002 l’Unesco ha coniato il termine Open Educational Resources (OER), per descrivere materiali didattici forniti gratuitamente con qualsiasi mezzo. Ci sono diverse tipologie di contenuti che sono identificabili come OER: corsi e percorsi online, materiali multimediali, animazioni, simulazioni, materiali interattivi, testi, libri, articoli, presentazioni, test con valutazione automatica, ecc.

1. Introduzione

Lo sviluppo dei modelli di orientamento ha visto negli anni un progressivo accentuarsi della componente educativo-formativa. Si è transitati infatti da approcci centrati esclusivamente sulla diagnosi di attitudini, interessi, predisposizioni, e sulla trasmissione di informazioni, in cui l’esperto ha un ruolo centrale e la persona orientata assume quello di recettore passivo, a modelli focalizzati sulla persona che viene formata perché diventi capace di autorientarsi [Guglielmi e Chiesa 2021]. In questi ultimi modelli l’esperto assume il ruolo di facilitatore, che ha il compito di stimolare lo sviluppo di specifiche competenze di riflessione e analisi. In tale processo educativo la scuola è pienamente coinvolta nel favorire negli allievi la progressiva presa di coscienza di sé, dei propri interessi, valori, desideri, attese, modelli e la capacità di analizzare le caratteristiche del proprio ambiente di vita, nella costruzione del proprio progetto futuro. L’educazione, come accompagnamento verso la maturità personale, è quindi inscindibile dal processo orientativo, in cui acquisisce una funzione fondamentale l’agire consapevole e intenzionale dell’adulto. In quest’ottica e su impulso europeo, anche la normativa nazionale italiana ha da tempo affermato il ruolo orientativo della scuola, introducendo il concetto di «didattica orientativa». In questo contributo, si ripercorreranno i {p. 118}principali passaggi teorici e gli atti normativi in merito, per poi illustrare le concezioni, i modelli e i traguardi attuali della didattica orientativa e fornire alcuni spunti didattici.

2. La didattica orientativa: le origini

L’introduzione del termine «didattica orientativa» in Italia coincide con la direttiva ministeriale 487 del 6 agosto 1997 (p. 1). È l’esito di un processo che ha però radici più lontane nello sviluppo delle teorie dell’orientamento, che hanno visto un progressivo incremento della componente educativa [Domenici 2009]. Già negli anni Cinquanta in Francia si parla di Psychopédagogie de l’orientation [Léon 1957]. Léon, precorrendo i tempi, sottolinea l’importanza di coinvolgere gli adolescenti nella formulazione dei loro progetti di vita e mette in luce la rilevanza dell’informazione fornita ai giovani per un processo più democratico. Si tratta di un contributo a cui faranno riferimento molti autori successivi, anche se l’azione educativa è ancora intesa come volta a sviluppare un adattamento del soggetto all’ambiente e alle necessità della comunità.
Negli stessi anni Super [1953] avvia gli studi che porteranno all’elaborazione della teoria vocazionale, sviluppata nel decennio successivo. Super definisce l’orientamento un processo continuo di sviluppo che accompagna tutta la vita dell’individuo. La maturazione professionale viene concepita dunque come una successione di tappe evolutive che l’individuo deve superare. Lo scopo dell’attività orientativa diventa quello di formare il soggetto perché possa affrontare adeguatamente tali sfide.
Non è più sufficiente né solo un supporto diagnostico né solo un contributo informativo: emerge così la valenza pienamente educativa del processo orientativo, di cui il soggetto diventa il fulcro. Un contributo rilevante in questa direzione è fornito dall’approccio canadese dell’ADVP (Activation du Développement Vocational et Personnel), metodologia elaborata, sperimentata e diffusa dall’Università Laval del Québec [Pelletier, Noiseaux e Bujold 1974]. Nel {p. 119}1984 viene pubblicata l’opera Pour une approche éducative en orientation, che porterà alla realizzazione del Programme d’éducation des Choix. Il training prevede esercizi e attività volti a favorire i processi cognitivi che fondano la scelta, ovvero: l’esplorazione (ampliamento di conoscenze, interessi, prospettive…), la cristallizzazione (comprensione approfondita, classificazione), la specificazione (analisi critica delle opzioni) e la realizzazione (passaggio all’azione). L’idea innovativa è di attivare tali processi non in situazioni slegate da quelle di apprendimento abituali, ma utilizzando un approccio infusivo, integrato al curricolo. In Francia già nel 1988 Les Programmes et instructions des Collèges prevedono alcuni obiettivi orientativi (connessi con lo sviluppo di strategie di ricerca di informazioni sui percorsi scolastici e sul mondo professionale), integrati nell’insegnamento ordinario delle discipline (ad es. storia e geografia, scienze fisiche; scienze e tecniche biologiche e geologiche), secondo l’approccio canadese di Dupon [1982]. In Canada e in Francia si stanno così progressivamente mettendo le basi per la didattica orientativa [Danvers 1995].

3. La didattica orientativa nella scuola italiana: i documenti normativi

3.1. La prima fase: l’emergere della didattica orientativa

L’approccio educativo all’orientamento si diffonde rapidamente anche in Italia, grazie all’ampia produzione scientifica, accompagnata dal lavoro con le scuole, di Mario Viglietti. Ricordiamo, tra gli altri, il volume del 1995 Educazione alla scelta. Una guida operativo-pratica. Il termine «didattica orientativa» compare due anni dopo nella normativa italiana, nella circolare ministeriale del 6 agosto 1997, n. 487 [1]
. In essa si parla di orientamento come «attività istituzionale» che deve riguardare tutti i livelli scolastici fin {p. 120}dalla scuola dell’infanzia, perché volti a stimolare la conoscenza di sé, a potenziare le capacità degli allievi, in vista della formulazione attiva del loro progetto di vita (art. 1).
Nell’art. 2, si legge che «le scuole di ogni ordine e grado… devono inserire l’orientamento nei curricola di studio, valorizzando il ruolo della didattica orientativa» e le scuole devono provvedere alla formazione degli insegnanti su tale tema. Si prevede inoltre (art. 5) l’attivazione di progetti pilota per promuovere tale innovazione nella scuola. Tale circolare ha avuto infatti il merito di introdurre una concezione dell’orientamento in linea con i modelli teorici più avanzati e di promuovere esperienze significative, che sono rimaste però in alcuni casi isolate. Riportiamo due esempi significativi.

3.1.1. Il progetto ministeriale 31/10/1996

Il progetto ministeriale 31/10/1996, coordinato dall’Università La Sapienza di Roma (Clotilde Pontecorvo) ha portato alla realizzazione della prima sperimentazione nazionale sulla didattica orientativa nella scuola secondaria di primo grado (L’orientamento formativo nella scuola media). Gli esiti sono stati riassunti in tre corposi volumi. Il primo [2]
, dopo una riflessione sul significato dell’orientamento, presenta una serie di situazioni formative che oggi definiremmo «autentiche».
Il secondo volume [3]
si focalizza sulle condizioni organizzativo-gestionali necessarie per la promozione e per lo sviluppo della nuova cultura dell’orientamento e propone una flessibilità dell’offerta formativa, che consentirebbe di renderla più rispondente alle esigenze dei singoli allievi. Il terzo volume [4]
presenta invece esempi di didattica orientativa {p. 121}integrati con l’insegnamento di lingua italiana, matematica e lingue straniere.

3.1.2. Il progetto ORME

Il progetto ORME – acronimo di Orientamento nella scuola materna ed elementare – è la prima iniziativa avviata dal Ministero della Pubblica Istruzione in seguito alla direttiva 487/1997 e dopo il Progetto Orientamento della Direzione Generale Istruzione Secondaria di I grado (d.m. 31 ottobre 1996). Accogliendo l’invito esplicito di considerare l’orientamento «parte integrante dei curricoli di studio e, più in generale, del processo educativo e formativo sin dalla scuola dell’infanzia» (d.m. 487/1997), la Direzione Generale Istruzione Elementare e il Servizio per la Scuola Materna, con una nota del 19 dicembre 1997, dà il via a una serie di azioni che hanno i seguenti scopi, esplicitamente dichiarati nella scheda del progetto:
a) favorire negli operatori scolastici la strutturazione di competenze legate a funzioni di sistema;
b) stimolare i docenti a produrre metodologie e materiali atti a sviluppare nelle bambine e nei bambini una pluralità di capacità di base per:
– orientarsi nella progettazione del proprio futuro, nello scenario delle pari opportunità;
– partecipare negli «ambienti di vita» ad esperienze significative;
– acquisire progressivamente competenze, abilità e atteggiamenti indirizzati all’apprendimento durante tutto l’arco della vita;
– sviluppare l’attitudine al lavoro;
– partecipare attivamente alla società democratica, prevenendo ogni esclusione sociale;
c) sostenere azioni rivolte ai genitori e finalizzate alla conoscenza e alla condivisione del processo di orientamento.
{p. 122}
Note
[2] Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale dell’Istruzione Secondaria di I Grado, Progetto Orientamento, d.m. 31 ottobre 1996, vol. 1, La formazione orientativa, Roma, 1998.
[3] Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale dell’Istruzione Secondaria di I Grado, Progetto Orientamento, d.m. 31 ottobre 1996, vol. 2, Modelli e strumenti, Roma, 1998.
[4] Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale dell’Istruzione Secondaria di I Grado, Progetto Orientamento, d.m. 31 ottobre 1996, vol. 3, Le valenze orientative delle discipline, Roma, 1998.