Marina Calloni (a cura di)
Pandemocrazia
DOI: 10.1401/9788815411297/c1

Capitolo primo Fra ritardi e rinunce. L’effetto del Covid-19 sulla popolazione italiana, di Giuseppe Raguso e Patrizia Farina

Notizie Autori
Giuseppe Raguso – laureato in Giurisprudenza e Psicologia, attualmente psicologo e dottorando in Psicologia e Scienze cognitive presso l’Università di Genova. Si occupa di ricerca psicosociale con un focus sullo studio dei fenomeni psicologici legati alle disuguaglianze sociali ed economiche e sulle possibili strategie per limitarle. Ha seguito diversi progetti istituzionali negli ambiti della comunicazione, della formazione e del miglioramento dei servizi per la comunità.
Notizie Autori
Patrizia Farina è professoressa ordinaria di Demografia presso l’Università di Milano-Bicocca. I suoi interessi di ricerca riguardano le politiche di family planning, il comportamento sessuale e riproduttivo delle donne in Paesi poveri e migranti, e le mutilazioni genitali femminili. Ha coordinato numerose indagini sulla presenza straniera in Italia ed è partner di molti progetti nazionali e internazionali.
Abstract
Il 2020 è stato un anno di profonda crisi in tutto il mondo. Le vite di miliardi di persone hanno subito un improvviso e violento mutamento a causa del rapido diffondersi del virus Covid-19 e delle severe strategie adottate dai governi per cercare di contenerne la propagazione. Al fine di analizzare gli effetti che la pandemia ha avuto sulla popolazione italiana nelle diverse regioni, sono state prese in considerazione le fonti statistiche e la letteratura pubblicata nel biennio 2020-2021. Gli effetti sulle condizioni di salute e persino sulla sopravvivenza stessa della popolazione nelle diverse fasi del contagio sono stati intensamente negativi. All’elevata mortalità si aggiungono gli effetti indiretti sulla salute. L’intensità della pandemia nella prima fase è ben rappresentata dal tasso standardizzato di mortalità che rivela intensità diverse fra le regioni. Nelle fasi successive il divario regionale si è ridotto senza tuttavia scomparire. La crisi pandemica ha compromesso il modo di vivere di milioni di persone: il rapido diffondersi del virus e le severe strategie adottate hanno messo in ginocchio il sistema sanitario, arrestato e invertito la direzione della seppur debole ripresa economica e interrotto attività sociali e servizi non essenziali. Un piano pervasivo di ristrutturazione e rinforzo degli aspetti di debolezza emersi per l’intero territorio nazionale e per le singole regioni conferirebbe, allora, al nostro Paese la capacità di risorgere dalle proprie ceneri e far meglio fronte, in futuro, a possibili momenti di crisi.

1. Introduzione

Il 2020 è stato un anno di profonda crisi in tutto il mondo. Le vite di miliardi di persone hanno subito un improvviso e violento mutamento a causa del rapido diffondersi del virus Covid-19 e delle severe strategie adottate dai governi per cercare di contenerne la propagazione. Le ripercussioni di questo evento sono state notevoli in tutte le sfere della vita dei singoli e richiedono tuttora profonde riflessioni riguardanti non solo gli ambiti della salute e dell’economia, notoriamente i più colpiti, ma anche tutti quegli aspetti, in particolare sociologici, che, seppur meno raccontati, possono aiutare a mostrare con più chiarezza l’impatto complessivo di questa crisi sulla società nella sua interezza.
Il primo e più eclatante dato è quello demografico, consistente nell’impennata del tasso di mortalità. Dall’inizio della pandemia al 31 gennaio 2022 si è registrato un eccesso di mortalità, rispetto alla media 2015-2019, pari a 178.000 decessi. Nel 2020 il totale dei decessi per il complesso delle cause è stato il più alto registrato in Italia dal secondo dopoguerra: 746.146 decessi, il 15,6% in più rispetto alla media 2015-2019 [Istat 2021a]. Nel 2021 il totale dei decessi per il complesso delle cause ha registrato un calo rispetto all’anno precedente, pur rimanendo su livelli molto alti: 709.035 decessi, il 5% in meno rispetto al 2020. L’eccesso di mortalità nel corso del 2021 è imputabile in gran parte all’incremento delle morti della popolazione di età superiore agli 80 anni. Infatti, ben il 72% dell’eccesso di mortalità complessivo è attribuibile a questa fascia; il 21% alla classe {p. 18}di età 65-79 anni. Le altre età hanno concorso in misura decisamente più contenuta [Istat 2022a]. La morte non ha investito le regioni italiane in maniera uniforme anche per differenze nella dimensione e nella struttura per età della popolazione. Considerando i soli decessi, il Nord Italia è stato più colpito nella prima e nella seconda fase: tra febbraio e maggio 2020 si è registrato l’85% dei decessi totali del Paese e tra ottobre e novembre il 59% di quelli al centro (8% dei decessi totali tra febbraio e maggio e 16% tra ottobre e novembre), al Sud e nelle Isole (6% dei decessi totali tra febbraio e maggio e 25% tra ottobre e novembre) [Istat 2021b]. L’incremento di mortalità è ulteriormente confermato dai dati relativi alla speranza di vita, valore per il quale, dal 2019 al 2020, in Italia si è registrato un abbassamento di un intero anno (da 83,16 anni nel 2019 a 82,08 anni nel 2020), perdita recuperata solo in parte nel 2021 (82,49 anni) (Banca dati Istat).
L’ondata improvvisa di contagi ha travolto il Servizio sanitario nazionale (SSN). Già indebolito da modesti finanziamenti, il SSN è collassato per sovraccarico in molte regioni italiane e ciò ha condotto alla cancellazione e al rinvio di prestazioni sanitarie di ogni tipo, fenomeno accentuato dal timore di contagio delle persone che hanno preferito rinunciare alle prestazioni [Cartabellotta et al. 2021]. I dati riguardanti i volumi dell’attività erogata da strutture pubbliche e private accreditate mostrano nel 2020 un calo di ben 1,3 milioni di ricoveri rispetto al 2019 (−17%). Anche le attività ambulatoriali hanno avuto una forte riduzione stimata in 144,5 milioni di euro [Corte dei conti 2021]. Considerando l’importanza per molte malattie di avere un costante accesso alle cure e regolari controlli a fini di prevenzione o tempestivo intervento, si può affermare che la pandemia abbia generato anche danni indiretti sulla salute oltre a quelli direttamente connessi alla contrazione della malattia.
L’eccesso di mortalità e il sovraccarico delle strutture sanitarie sono importanti indicatori dell’impatto dell’epidemia, ma parimenti significativi sono i risvolti che questa ha avuto sul nostro Paese dal punto di vista economico. A tale {p. 19}riguardo, i dati trasmettono la fotografia di un’Italia messa a dura prova dalla sospensione delle attività produttive e di servizio, dal calo delle esportazioni, dalla riduzione dei consumi (10,7%) e degli investimenti che hanno causato una contrazione del Pil italiano del 9% [Banca d’Italia 2021]. Nel 2020 più del 60% delle imprese ha registrato forti cali di fatturato rispetto al 2019 e il 32% ha visto addirittura compromesse le possibilità di sopravvivenza. Ad essere maggiormente colpite dalla crisi sono state soprattutto le imprese di minori dimensioni e quelle con ridotte quote di esportazioni; una migliore tenuta economica è stata mostrata, invece, dalle imprese multinazionali, da quelle con canali diversificati di vendita e fornitura e dalle aziende che hanno potuto accelerare la transizione digitale [Istat 2021c].
In questo quadro non sorprende il crollo dell’occupazione: nel secondo trimestre del 2020 si contano 788.000 lavoratori in meno rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. La crisi ha colpito prevalentemente le componenti più vulnerabili del mercato del lavoro (chi aveva contratti a tempo determinato, più frequentemente i giovani, le donne e gli stranieri). Più in generale, il 20,5% della popolazione adulta ha dichiarato un peggioramento delle proprie condizioni economiche nel 2020 e il 22% ha dichiarato di avere avuto difficoltà nel far fronte agli impegni economici (mutuo, bollette, affitto, ecc.). Nel 2020, inoltre, sono aumentate le persone in condizioni di povertà assoluta (9,4% della popolazione rispetto al 7,7% del 2019), un incremento che ha riguardato in particolare le famiglie con persona di riferimento in età lavorativa a rischio di disoccupazione [Istat 2021d].
Dal punto di vista sociale gli effetti sono stati altrettanto rilevanti. Le misure di distanziamento e la chiusura di attività e servizi hanno fatto sì che in pochi giorni la popolazione abbia dovuto modificare le proprie abitudini di vita, costretta ad apprendere e gestire diversamente spazi, tempi, relazioni e impegni. Oltre 4 milioni di persone hanno lavorato da casa, più di 6 milioni hanno trascorso almeno un periodo in Cassa Integrazione [ibidem], mentre la chiusura degli istituti scolastici ha costretto oltre il 90% degli studenti ad {p. 20}abbandonare i banchi a favore della didattica a distanza [Mascheroni et al. 2021]. Con i luoghi di ritrovo ludico, culturale e sportivo chiusi, gli eventi sociali sono stati sospesi e persino le visite ad amici e parenti sono state impedite per mesi. Tali condizioni, esperite per la prima volta nella storia e in un’atmosfera di generale paura e tensione per le conseguenze della pandemia, per lo stato di salute personale e dei propri cari e spesso anche per le difficoltà economiche derivanti dall’emergenza, hanno colpito ogni aspetto della vita quotidiana della popolazione [Rania et al. 2020]. Sebbene molti degli effetti più profondi della pandemia non siano ancora del tutto visibili [Wade, Prime e Browne 2020], numerose sono le prove raccolte dagli studi condotti durante il 2020 delle conseguenze che l’emergenza sanitaria ha sortito sullo stile di vita e sul benessere delle persone.
Il contributo si propone di mettere in luce come e quanto la pandemia abbia influito sulla qualità della vita della popolazione in Italia, considerando in particolare gli effetti diretti e indiretti su salute, economia, relazioni sociali e benessere individuale. In relazione alle regioni italiane si evidenzierà anche il recupero verso la normalità nell’ipotesi che i diversi contesti sociali ed economici possano avere avuto effetti protettivi o moltiplicativi delle difficoltà e dei disagi.

2. Materiali e metodi

Al fine di analizzare gli effetti che la pandemia ha avuto sulla popolazione italiana nelle diverse regioni, sono state prese in considerazione le fonti statistiche e la letteratura pubblicata nel biennio 2020-2021. Le statistiche sono state reperite dall’Istat, dai rapporti della Corte dei conti, della Banca d’Italia e dell’Osservatorio Gimbe. Gli approfondimenti sull’infanzia e la violenza sulle donne si sono avvalsi rispettivamente del dossier del Telefono Azzurro [Asta et al. 2020], del report Unicef [Mascheroni et al. 2021] e dei dati forniti dal Ministero dell’Interno [2021] riguardanti la violenza sulle donne. È stata analizzata la letteratura {p. 21}di differenti ambiti e comprensiva di studi sperimentali, sondaggi e interviste.
Sono stati selezionati dodici indicatori rappresentativi delle dimensioni demografiche, economiche e sociali in riferimento al periodo 2019-2021. Il primo di tali indicatori è costituito dal tasso standardizzato di mortalità, che restituisce il differente impatto demografico della pandemia in ogni singola regione [1]
. I restanti undici indicatori sono stati raggruppati in quattro macroaree – salute, economia, relazioni sociali e benessere individuale – rilevate dai Rapporti Bes prodotti dall’Istat negli anni presi in considerazione. La macroarea salute comprende due indicatori di natura medico-sanitaria: il tasso di rinuncia alle prestazioni sanitarie, ovvero la percentuale di persone che, negli ultimi 12 mesi, ha dichiarato di aver rinunciato a qualche visita specialistica o a un esame diagnostico pur avendone bisogno [2]
, e l’indice di salute mentale, cioè la misura del disagio psicologico vissuto da ciascun individuo di età superiore ai 14 anni [3]
. La seconda macroarea è costituita da tre indicatori di natura economica: il tasso di occupazione della popolazione tra i 20 e i 64 anni [4]
, la percentuale di Neet, ovvero persone tra i 15 e i 29 anni né occupate né inserite in un percorso di istruzione o formazione [5]
, e l’indice di peggioramento delle condizioni economiche, ovvero la percentuale di famiglie che dichiara il peggioramento della propria condizione rispetto all’anno precedente [6]
. La terza macroarea riguarda le relazioni sociali e comprende l’indice di soddisfazione per le
{p. 22}relazioni familiari [7]
, amicali [8]
e il tasso di chiamate al numero di emergenza 1522 [9]
. Infine, la quarta macroarea raccoglie tre indici di benessere individuale: di soddisfazione per la propria vita [10]
, di fiducia generale [11]
, e quello positivo sulle prospettive future [12]
.
Note
[1] Tasso standardizzato (per 100.000 abitanti) con popolazione standard Europa 2013. Fonte: Iss, Sistema di sorveglianza integrata Covid-19.
[2] Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.
[3] L’indice di salute mentale è una misura di disagio psicologico ottenuta dalla sintesi dei punteggi totalizzati da ciascun individuo di 14 anni e più a 5 quesiti estratti dal questionario SF36 (36-Item Short Form Survey). L’indice è un punteggio standardizzato che varia tra 0 e 100, con migliori condizioni di benessere psicologico al crescere del valore dell’indice. Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.
[4] Fonte: Istat, Rilevazione sulle Forze di lavoro.
[5] Ibidem.
[6] Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.
[7] Percentuale di persone di 14 anni e più che sono molto soddisfatte delle relazioni familiari sul totale delle persone di 14 anni e più. Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.
[8] Percentuale di persone di 14 anni e più che sono molto soddisfatte delle relazioni con amici sul totale delle persone di 14 anni e più. Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.
[9] Tasso chiamate da vittime (ogni 100.000 abitanti). Fonte: Dipartimento Pari opportunità.
[10] Percentuale di persone di 14 anni e più che hanno espresso un punteggio di soddisfazione per la vita tra 8 e 10 sul totale delle persone di 14 anni e più. Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.
[11] Percentuale di persone di 14 anni e più che ritengono che gran parte della gente sia degna di fiducia sul totale delle persone di 14 anni e più. Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.
[12] Percentuale di persone di 14 anni e più che ritengono che la loro situazione personale migliorerà nei prossimi 5 anni sul totale delle persone di 14 anni e più. Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.