Pandemocrazia
DOI: 10.1401/9788815411297/c8
Capitolo ottavo L’Unione europea e le sue periferie. Soli- darietà ai tempi del Covid-19, di Tatjana Sekulić e Blerina Duli
Notizie Autori
Tatjana Sekulić è professoressa associata di Sociologia politica presso il
Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca.
Le sue ricerche riguardano tematiche relative ai processi di integrazione
europea secondo una prospettiva transnazionale, alla società interculturale
nell’epoca della globalizzazione, alle problematiche di migrazione. Si è
occupata inoltre di studi sulla violenza politica, su processi di transizione
democratica e su nuove forme di cittadinanza. È membro del Collegio del
dottorato Urbeur-Urban Studies presso l’Università di Milano-Bicocca.
Notizie Autori
Blerina Duli (PhD) è assegnista di ricerca in Diritto internazionale e
dell’Unione europea presso l’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo)
della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, e coordinatrice accademica del master
in Human Rights and Conflict Management. Ha conseguito un dottorato di ricerca
in Peace Studies and Conflict Resolution presso l’Università di Siena, e un
master regionale europeo in Human Rights and Democracy in South East Europe
presso l’Università di Bologna.
Abstract
Nel corso della lunga storia delle integrazioni europee, il Covid-19 ha messo a
dura prova i legami solidali tra i Paesi membri dell’Unione europea, e non solo
quelli. La pandemia di coronavirus ha richiamato le istituzioni e i cittadini a una
solidarietà europea nuova, riportando alla memoria le crisi precedenti, da quella
finanziaria del 2008, alla crisi migratoria iniziata nel 2015, e alla Brexit
2016-2020. La pandemia ha risvegliato ovunque un nazionalismo che si nutriva di
esclusioni, per lasciare spazio e inclusione solo di altri privilegiati, solo
successivamente e solo in maniera molto selettiva sulla base di alleanze e
affiliazioni storiche e politiche. Lo scoppio della pandemia di Covid-19 ha messo
alla prova la coesione e la capacità di integrazione delle politiche della Ue, non
solo per quanto riguarda la sua governance interna, ma anche in relazione ai suoi
partenariati strategici con i Paesi vicini, a partire dai Paesi dei Balcani
occidentali in via di adesione. Al tempo della pandemia, soprattutto durante i primi
mesi di lockdown, sono stati i discorsi politici i documenti più essenziali e
attendibili per comprendere le diverse dimensioni di criticità che gli individui e
le società stavano vivendo. Non c’è dubbio che la Ue abbia fatto uno sforzo per dare
un supporto sostanziale ai sei Paesi dei Balcani occidentali, ritenuti vicini
privilegiati, sia dal punto di vista politico, sia da quello economico e
finanziario, nonostante l’enorme peso con cui la pandemia ha gravato su tutti gli
Stati membri. Lo studio critico e interdisciplinare delle forme attraverso cui la
pandemocrazia si svela e si dispiega nelle società contemporanee, e in merito alla
quale questo libro ha voluto proporre alcune prospettive innovative, diventa un
compito complesso e sfidante, e nello stesso tempo necessario.
1. Introduzione
Nel corso della lunga storia delle
integrazioni europee, il Covid-19 ha messo a dura prova i legami solidali tra i Paesi
membri dell’Unione europea, e non solo quelli. La pandemia di coronavirus ha richiamato
le istituzioni e i cittadini a una solidarietà europea nuova, riportando alla memoria le
crisi precedenti, da quella finanziaria del 2008, alla crisi migratoria iniziata nel
2015, e alla Brexit 2016-2020. Le prime reazioni dei governi nazionali a livello
planetario sono state orientate verso i propri Stati, mettendo in funzione una serie di
strumenti restrittivi sia verso l’esterno, come la chiusura dei confini, sia verso
l’interno, come la conservazione delle risorse domestiche – incluso il sistema sanitario
e le risorse organizzative e materiali – da destinare ai propri connazionali. La
consapevolezza della portata planetaria della pandemia è arrivata in seguito, mentre il
confinamento si rivelava sempre di più una strategia inadeguata, e quasi disperata, per
frenare il dispiegarsi del contagio.
La pandemia ha risvegliato ovunque un
nazionalismo che si nutriva di esclusioni, per lasciare spazio e inclusione solo di
altri privilegiati, solo successivamente e solo in maniera molto selettiva [Berrocal
et al. 2021] sulla base di alleanze e affiliazioni storiche e
politiche. Molti studiosi hanno dimostrato questa tendenza anche nel caso dell’Unione
europea, il che ha generato sfide e ha apportato danni a quella fragile solidarietà
globale di cui parlava Hauke Brunkhorst [2005]. In tal senso ci si può chiedere in quale
misura la pandemia abbia sfidato lo stesso ideale di un’Europa solidale
¶{p. 172}e democratica. Per capirlo meglio intendiamo esplorare la
complessa dialettica dell’allargamento Ue e il rapporto tra le istituzioni europee e
degli Stati membri da una parte e le istituzioni dei Paesi coinvolti nel processo di
adesione dall’altra, durante l’emergenza Covid-19.
Quali meccanismi e quali dispositivi
di solidarietà istituzionale europea e interstatale sono stati impiegati nei diversi
casi, e nei confronti di diversi destinatari durante la crisi pandemica? In che modo le
istituzioni e le élite dell’Unione europea hanno delimitato le politiche solidali in
tempi di crisi?
Affronteremo questi complessi quesiti
analizzando la dialettica del processo di allargamento della Ue verso i Balcani
occidentali (WB6)
[1]
. Il nostro obiettivo è far luce sulle modalità meno trasparenti con cui
l’agency della Ue pone a questi Stati e ai loro cittadini delle condizioni per
l’inclusione graduale in uno spazio pubblico condiviso. Consideriamo quest’agency in
quanto detentrice del potere di creare confini a questo spazio specifico (processi di
bordering), e di determinare cornici dentro le quali porre in
essere un ordine prestabilito (processi di ordering). Sul potere
trasformativo dell’Ue si fonda un processo di europeizzazione, inteso come diffusione di
un sistema di valori, di principi e di norme condivisi, che permettono l’inclusione e
l’integrazione di altri Stati e di altre società. Esso agisce nella cornice di un
discorso che ricostruisce un asse centro-periferia. Non bisogna però immaginare questo
processo come lineare e pacifico: lo intendiamo invece come un processo circolare,
comunicativo e conflittuale, in cui gli attori periferici dei Paesi in via di adesione a
diversi livelli – in quanto Stati,
demos/demoi, e singoli cittadini –
acquisiscono gradualmente l’accesso alla sfera pubblica europea, e dispongono di sempre
maggiori opportunità e risorse per la partecipazione in uno spazio europeo più ampio
[Sekulić 2020, 77]. Mentre rafforzano le loro costituzioni democratiche e liberali con
¶{p. 173}delle riforme a volte radicali, questi Paesi acquisiscono
gradualmente maggior accesso alle risorse economiche dei fondi europei, a quelle
socioculturali, e infine a quelle giuridiche e legali [Brunkhorst 2005]. Quindi, la
prospettiva di adesione ci permette di osservare l’allargamento come un
nesting process di progressivo superamento delle barriere, che
si realizza nella partecipazione a una cittadinanza europea transnazionale in
costruzione, con tutte le sue contraddizioni interne [Bauböck 2014].
Dal 1989, il contesto (geo)politico e
socioeconomico dei Paesi WB6 ha sperimentato diverse ondate di crisi specifiche. Dopo i
violenti conflitti degli anni Novanta, nel 2000 a questi Paesi è stata aperta la
prospettiva di adesione all’Ue. Successivamente all’adesione alla Ue dei dieci Paesi
dell’Europa centrale e orientale nel 2004 e nel 2007, la prospettiva di integrazione si
era affievolita, rallentando in modo significativo l’avvicinamento dei Balcani
occidentali all’Ue.
Dopo diversi anni di decelerazione è
stata la crisi dei migranti che attraversavano la «rotta balcanica» nel 2015 a ravvivare
l’interesse per l’integrazione della regione, principalmente per motivi di
securitizzazione delle frontiere. Crescenti minacce geopolitiche hanno ulteriormente
rafforzato questo interesse, e l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa
ha innescato una spinta decisiva. La nuova metodologia di allargamento è stata proposta
già nel febbraio 2020 e adottata il mese seguente, sotto la guida della nuova
commissaria Ursula von der Leyen, in parallelo con la diffusione globale della pandemia
di Covid-19. Il Consiglio europeo in quel periodo aveva deciso di affermare il suo
sostegno all’apertura dei negoziati con l’Albania e la Macedonia del Nord, che sarebbe
poi stata rinviata alla primavera del 2022. D’altra parte, la Brexit aveva costretto le
istituzioni dell’Ue a cambiare l’agenda politica, mentre avanzava un’ombra minacciosa di
disintegrazione.
La nostra analisi parte quindi dalla
seguente domanda operativa: la crisi della pandemia di Covid-19 e i suoi meccanismi di
solidarietà hanno prodotto effetti sull’ulteriore inclusione della WB6 nell’Unione
europea? In quale modo e con quali esiti?¶{p. 174}
Nel secondo paragrafo di questo
capitolo sarà brevemente contestualizzato il rapporto tra i Paesi dei Balcani
occidentali e l’Ue, e poi sarà illustrato il dibattito teorico sulla solidarietà
istituzionale europea. Nel terzo paragrafo prenderemo in considerazione la dimensione
discorsiva della solidarietà istituzionale, attraverso l’analisi dei discorsi di alcuni
leader politici europei, e di una selezione accurata di documenti ufficiali prodotti
dalle istituzioni Ue, in riferimento ai Paesi WB6. L’analisi della concreta assistenza
sanitaria e socioeconomica dell’Ue ai Paesi WB6 non è stata svolta in modo approfondito
e rimane compito di un’altra indagine. Infine, riassumeremo i principali risultati della
ricerca e indicheremo ulteriori prospettive di indagine.
2. Solidarietà istituzionale in Europa
Lo scoppio della pandemia di
Covid-19 ha messo alla prova la coesione e la capacità di integrazione delle politiche
della Ue [Schimmelfennig e Sedelmeyer 2020], non solo per quanto riguarda la sua
governance interna, ma anche in relazione ai suoi partenariati strategici con i Paesi
vicini, a partire dai Paesi dei Balcani occidentali in via di adesione. Dal 2008 in poi,
le istituzioni della Ue hanno affrontato le conseguenze delle misure di austerità varate
in risposta alla crisi finanziaria; hanno cercato soluzioni alle divergenze interne
sulle politiche migratorie, poco capaci nel far fronte alla tragedia delle migrazioni
forzate. L’ascesa del populismo, il rafforzamento dei partiti e dei movimenti politici
di destra in tutta Europa e l’uscita del Regno Unito dall’Unione hanno messo in
questione la solidarietà istituzionale europea e la coesione sociale a tutti i livelli
[Lahusen e Grasso 2018; Eslen-Ziya e Giorgi 2022].
L’esitazione permanente delle
istituzioni Ue ad accogliere i Paesi dei Balcani occidentali nella «famiglia europea» si
è tradotta in misure di risposta alla pandemia a sostegno della regione, che sono state
limitate e non tempestive. Di conseguenza, i cittadini dei Paesi dei Balcani occidentali
e la loro leadership politica rischiano oggi di veder diminuire la
¶{p. 175}fiducia nelle istituzioni europee e il supporto dell’opinione
pubblica all’adesione Ue, con conseguenze ancora poco prevedibili.
Le ragioni del ritardo del processo
di integrazione dei WB6 dal 2008 in poi sono molteplici. Si possono nominare vari
fattori: sul versante europeo, un crescente euroscetticismo [de Wilde, Michailidou e
Trenz 2013] e antieuropeismo sostenuto dalle destre radicali e rafforzato dalla Brexit
e, in più, una diminuzione del sostegno generale dell’opinione pubblica nei Paesi
dell’Europa occidentale all’ulteriore allargamento [Sekulić 2020]. Questi fattori, messi
insieme a una perenne situazione di crisi poliedrica, hanno prodotto un effetto di forte
diffidenza delle élite politiche degli Stati membri nel sostenere le adesioni con cui i
leader delle istituzioni Ue devono fare i conti.
Dall’altra parte i Paesi dei Balcani
occidentali si trovano in condizioni politiche e socioeconomiche che presentano gravi
difficoltà. La condizionalità dell’Ue riguardo all’adesione si concentra sullo Stato di
diritto, sulla giustizia e sul sistema giudiziario di questi Paesi, cioè i settori che
in molti casi non riescono a raggiungere la qualità desiderata (EC Strategy
Paper and Country Reports 2022). Quasi tutti i Paesi dei WB6 hanno lo
status di candidato: la Macedonia del Nord dal 2005; il Montenegro dal 2010; la Serbia
dal 2012; l’Albania dal 2014; la Bosnia Erzegovina dal dicembre 2022. Rimane aperto il
caso del Kosovo che ha lo status del potenziale candidato in quanto non ancora
riconosciuto come stato indipendente da tutti i Paesi membri dell’Ue.
Partiamo però dalla seguente
domanda: di cosa parliamo quando parliamo di solidarietà istituzionale? E, in
particolare, quando parliamo di solidarietà europea? Il concetto di solidarietà è uno
dei più rilevanti nel dibattito contemporaneo sulla democrazia, se si tiene presente la
sua multiforme crisi su scala globale. Parlare di solidarietà istituzionale è diventato
ancora più significativo per il discorso dell’integrazione europea, nella prospettiva
della creazione di una sfera pubblica comune, in quanto si tratta di un processo
complesso, contraddittorio e non lineare. Il libro seminale di Hauke Brunkhorst sulla
solidarietà ha
¶{p. 176}riportato all’attenzione degli studiosi la
necessità di ripensare l’interpretazione classica di questo concetto a partire dalla
concezione durkheimiana della modernità, contraddistinta da una differenziazione
funzionale nelle società nascenti e da una solidarietà organica; dalla concezione
marxiana della lotta di classe e della solidarietà proletaria, nella sua dimensione
internazionale e universale; dall’interpretazione culturale weberiana della «grande
trasformazione», sviluppata da Polanyi in termini di sradicamento dell’economia moderna
dalla società. A Brunkhorst interessa soprattutto esplorare la possibilità di estendere
la nozione di solidarietà democratica moderna, come legame tra cittadini liberi ed
eguali, al di là dello Stato-nazione, sia nella sua dimensione normativa, sia in quella
empirica. Il progetto costituzionale di una Global Legal Community,
in grado di instaurare una solidarietà civica globale basata sulla richiesta di
normativizzare i diritti umani su scala mondiale, rimane un compito aperto per l’autore,
nell’affermazione che la solidarietà in quanto tale coincide con la democrazia
[Brunkhorst 2005, XXIII].
Note
[1] I Paesi che fanno parte dei Balcani occidentali sono: Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Nord Macedonia e Serbia. La Croazia è entrata nell’Unione europea a luglio 2013.