Marina Calloni (a cura di)
Pandemocrazia
DOI: 10.1401/9788815411297/p1
Molto è cambiato nelle forme di vita: dalle modalità di lavoro grazie allo smart working, agli approcci all’educazione e alla formazione tramite la Dad e la Fad. Da luoghi spettrali che erano diventati, i locali pubblici diventano centri per la salute pubblica nelle inedite campagne per le vaccinazioni di massa. Nuovi movimenti online e di piazza si affermano nella trasformazione della tradizionale sfera pubblica. Il
{p. 12}complottismo del dubbio e l’invenzione di fake news, spesso prodotte nella solitudine delle proprie stanze e potenziate da social media ed echo chambers, diventano fonti per una supposta altra verità.
La pandemia si situa, dunque, nell’alveo di un profondo cambio di paradigma anche scientifico e concettuale che rimanda a più ampie crisi strutturali, cambiamenti culturali e realtà politiche, dovuti da un lato alla trasformazione del precedente ordine mondiale e al ruolo federativo dell’Unione europea, mentre dall’altro dall’affermarsi di politiche neoliberiste che impongono nuove pratiche finanziarie con l’aumento di sperequazioni e discriminazioni.
Se è vero che si è molto parlato della pandemia durante la sua deflagrazione, non ancora a sufficienza sono state rilevate le conseguenze che essa ha avuto sulle persone e sulle istituzioni con effetti duraturi.
Questo libro collettaneo nasce proprio dalla necessità di riflettere in particolare sull’impatto che la pandemia ha avuto in Italia, anche come primo Paese occidentale ad essere colpito così duramente dal Coronavirus.
Proprio a partire dalla domanda su cosa sia cambiato durante l’emergenza e quali siano le conseguenze di lunga durata prodotte dalla pandemia, è nata l’idea di questo libro collettaneo, che raccoglie le ricerche svolte dal gruppo di lavoro «Democrazia», nell’ambito del «Progetto di Eccellenza 2018-2022» diretto da Giampaolo Nuvolati (che ringrazio) presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. L’organizzazione e il coordinamento dei lavori si sono altresì avvalsi dell’aiuto di Luca Corchia che qui ringrazio sentitamente per la sua dedizione, così come sono grata a tutti i colleghi e le colleghe che hanno preso parte con impegno al progetto.
Il testo – suddiviso in otto capitoli – si fonda dunque sui lavori prodotti da diciassette ricercatrici/ori, appartenenti a generazioni diverse e dalle differenti competenze. Diversi approcci disciplinari sono stati fatti qui interagire e lievitare produttivamente, con l’intento non solo di comprendere il fenomeno in sé, bensì di individuare la sua dimensione dinamica e le traiettorie temporali, che hanno indotto tanto {p. 13}pluriemergenze nel presente, quanto la loro prosecuzione consequenziale nel futuro.
I saggi – che si muovono su più livelli: descrittivo, analitico, normativo, critico, propositivo – indicano altresì nella scrittura un doppio andamento argomentativo. Da una parte vi è la ricerca metodologica per un distanziamento scientifico rispetto al fenomeno da analizzare, dall’altra vi è invece la difficoltà personale per una totale estraneazione dall’accaduto, dal momento che siamo stati tutti soggetti all’evento trattato, con le ansie, le paure e le aspettative del caso, nell’attesa dell’uscita da quell’incubo distopico in cui tutti eravamo immersi.
Seppur consapevoli della difficoltà di analizzare in poche pagine un fenomeno di tale portata e dagli effetti non ancora del tutto comprensibili, abbiamo tuttavia ritenuto fondamentale elaborare una ricerca collettiva che – a partire dal «dato di fatto» della pandemia di Covid-19 – potesse individuare le trasformazioni socioeconomiche-politiche-demografiche-scientifiche-ambientali-culturali indotte e protratte nel tempo, grazie a specifiche competenze settoriali e insieme interdisciplinari. Tale approccio ci è sembrato tanto più fecondo, quanto più nella recente letteratura sul tema non sono stati ancora riscontrati sufficienti studi collettivi che potessero analizzare in senso integrato i cambiamenti strutturali e culturali indotti dall’emergenza e dalle policrisi prodotte e intanto rafforzatesi.
Il libro si snoda pertanto attraverso capitoli tematici che non intendono solo disegnare il momento in cui il fenomeno si è venuto ad affermare, bensì mirano a considerare diacronicamente la sua sequenzialità e tendenzialità nel tempo. Accanto al morbo conclamato e a conseguenti patologie, si sono infatti affermate nuove modalità esistenziali, tipologie di organizzazione sociale, forme di comunicazione on e offline, con evidenti ricadute sulle dinamiche interpersonali, sulla vita consociata, sulle dinamiche lavorative, sulle istituzioni e sull’ambiente. Il titolo del volume, Pandemocrazia, intende quindi sottolineare la molteplicità dei suoi significati e significanti: il prefisso pan- rimanda al fatto che le ricadute della pandemia sono su tutto, ovvero sulla totalità della condizione umana e ambientale. {p. 14}
Per tale motivo, gli otto capitoli qui presentati trattano temi specifici, seppur fra loro interconnessi secondo una prospettiva interdisciplinare, in modo da sottolineare i nuovi legami che connettono i vari ambiti della convivenza umana. Le tematiche considerate si fondano quindi su approcci integrati di filosofia, sociologia, antropologia, statistica, demografia, diritto, criminologia, fisica, psicologia, scienze politiche, al fine di comprendere le diverse sfere pubbliche in cambiamento con l’aggiunta del «nuovo mondo» digitale.
In particolare, il lavoro di Giuseppe Raguso e Patrizia Farina analizza gli ambiti più colpiti dalla pandemia, come quelli relativi a salute, economia, relazioni sociali e benessere individuale, con particolare riferimento alla dimensione regionale. La stessa crisi concerne la frammentazione della sfera pubblica con la propagazione delle fake news, come ricostruisce Luca Corchia nel suo saggio. Approfondendo la questione della comunicazione pubblica, Fulvia Mecatti e Silvana A. Romio ritengono che l’infodemia e l’eccessiva circolazione di dati in età pandemica abbia messo a rischio l’efficacia delle misure di salute pubblica, indebolendo le basi dei sistemi democratici. Proprio a partire dai nodi critici dell’attuale comunicazione scientifica, Roberto Carradore, Andrea Cerroni e Maria Nicolaci sostengono la necessità di una figura di mediazione che eviti eccessi di rassicurazione o di spavento, come emerso per la trattazione del Coronavirus.
Radicalizzando gli esiti della comunicazione digitale mediante i social media, la scrivente ritiene che la pandemia abbia funto da acceleratore di mutamenti in corso, contribuendo a cambiare visioni del mondo, rappresentazioni sociali e immaginari collettivi con la creazione di una mix-reality determinata dall’utilizzo di Internet, che muta la stessa sfera pubblica politica e la costituzione di processi identitari. Accanto alla creazione di realtà fittizie, la pandemia ha determinato un reale stato di emergenza con conseguenze sulle istituzioni democratiche, come indicato da Leonard Mazzone, Fabio Quassoli, Eleonora Di Molfetta e Giacomo Campini a seguito di una ricerca empirica condotta nel campo della pubblica sicurezza. {p. 15}
L’emergenza pandemica ha quindi riproposto in modo drammatico la questione della «cura», come analizzato da Laura Fano Morrissey e Giorgia Serughetti, secondo le quali – accanto a carenze nell’organizzazione ed erogazione di attività e servizi di cura – sono emerse pratiche di auto-organizzazione, quali esempi di nuove forme di partecipazione politica per la trasformazione delle comunità in modo più egualitario. Infine, la problematica della cura porta a ripensare la questione stessa della solidarietà in senso più ampio, come sostengono Tatjana Sekulić e Blerina Duli, poiché la pandemia ha messo a dura prova i legami che uniscono in generale i cittadini e in particolare le popolazioni europee, tanto da rendersi necessari processi sociopolitici per un’inclusione graduale di altre nazioni entro un più ampio spazio pubblico condiviso e democratico.
I saggi sono tuttavia la dimostrazione di un lavoro in fieri, appena iniziato, che rimanda al necessario sviluppo di ulteriori ricerche. Il nostro testo intende dunque essere un primo apporto, se non una riflessione sui profondi effetti e sulle trasformazioni strutturali e culturali in corso che, deflagrate con la pandemia di Covid-19, ci accompagneranno ancora a lungo, assieme alla forzata convivenza con il virus stesso.
La consapevolezza della difficile condizione attuale e delle fragili prospettive future ci potrebbe forse indurre a rafforzare processi di prevenzione e di valutazione dei rischi, soprattutto per cambiare la rotta di uno sviluppo insostenibile ed evitare che pandemie e catastrofi letali ci possano assalire nuovamente di sorpresa. Dopo la pandemia, potremmo lanciare la promessa del «mai più». Ma gli umani sono esseri capaci tanto di complessi processi di apprendimento, quanto di tragiche rimozioni, come la recente crisi bellica in Europa ci ha ancora una volta tragicamente ricordato.
Note