Marina Calloni (a cura di)
Pandemocrazia
DOI: 10.1401/9788815411297/c1
Sono stati selezionati dodici indicatori rappresentativi delle dimensioni demografiche, economiche e sociali in riferimento al periodo 2019-2021. Il primo di tali indicatori è costituito dal tasso standardizzato di mortalità, che restituisce il differente impatto demografico della pandemia in ogni singola regione [1]
. I restanti undici indicatori sono stati raggruppati in quattro macroaree – salute, economia, relazioni sociali e benessere individuale – rilevate dai Rapporti Bes prodotti dall’Istat negli anni presi in considerazione. La macroarea salute comprende due indicatori di natura medico-sanitaria: il tasso di rinuncia alle prestazioni sanitarie, ovvero la percentuale di persone che, negli ultimi 12 mesi, ha dichiarato di aver rinunciato a qualche visita specialistica o a un esame diagnostico pur avendone bisogno [2]
, e l’indice di salute mentale, cioè la misura del disagio psicologico vissuto da ciascun individuo di età superiore ai 14 anni [3]
. La seconda macroarea è costituita da tre indicatori di natura economica: il tasso di occupazione della popolazione tra i 20 e i 64 anni [4]
, la percentuale di Neet, ovvero persone tra i 15 e i 29 anni né occupate né inserite in un percorso di istruzione o formazione [5]
, e l’indice di peggioramento delle condizioni economiche, ovvero la percentuale di famiglie che dichiara il peggioramento della propria condizione rispetto all’anno precedente [6]
. La terza macroarea riguarda le relazioni sociali e comprende l’indice di soddisfazione per le
{p. 22}relazioni familiari [7]
, amicali [8]
e il tasso di chiamate al numero di emergenza 1522 [9]
. Infine, la quarta macroarea raccoglie tre indici di benessere individuale: di soddisfazione per la propria vita [10]
, di fiducia generale [11]
, e quello positivo sulle prospettive future [12]
.

3. Gli effetti della pandemia

Gli effetti sulle condizioni di salute e persino sulla sopravvivenza stessa della popolazione nelle diverse fasi del contagio sono stati intensamente negativi. All’elevata mortalità si aggiungono gli effetti indiretti sulla salute. Un alto numero di prestazioni e ricoveri è stato rinviato o cancellato durante il 2020 (−1,3 milioni di ricoveri e −144,5 milioni di prestazioni specialistiche ambulatoriali). Un tale record negativo è stato raggiunto per il collasso del sistema e a causa dell’altissimo tasso di rinunce dei pazienti a effettuare visite o interventi. Dai dati Istat emerge, infatti, che nel 2020 circa un cittadino ogni dieci ha rinunciato a usufruire di prestazioni sanitarie a cui aveva diritto, il 52% in più rispetto al 2019. Questa condizione è stata più intensa al Nord dove l’aumento rispetto al 2019 è stato del 92% [Istat 2021b]. Un altro dato interessante è quello {p. 23}relativo all’assunzione di farmaci. Nel 2020 la popolazione italiana ha assunto il 4,3% di farmaci in meno rispetto al 2019 [Istat 2021e]. Tale dato, letto in connessione con la mancata erogazione di prestazioni sanitarie, potrebbe avallare l’ipotesi suggerita da alcuni studiosi secondo i quali il deficit di interventi, visite e cure registrato nel 2020 si sia tradotto o potrebbe tradursi, nei prossimi anni, in un peggioramento generale della salute dell’intera popolazione [Cartabellotta et al. 2021].
La pandemia sembra aver avuto anche altri effetti indiretti sul benessere delle persone. L’obbligo di rimanere in casa ha comportato, infatti, una radicale diminuzione di tutte le attività svolte all’aperto e la conseguente transizione ad uno stile di vita più sedentario [Gallè et al. 2020]. L’impossibilità di recarsi in palestra e la mancanza degli spazi necessari a svolgere attività fisica nella propria abitazione si sono tradotte in una forte diminuzione di attività motoria [Cancello et al. 2020], sostituita, spesso, da una quantità maggiore di tempo trascorso utilizzando dispositivi digitali [Gallè et al. 2020]. Dal punto di vista alimentare si sono registrati sia un aumento nella quantità di cibo consumato quotidianamente, sia un maggior utilizzo dei «comfort food», che grazie alle alte percentuali di zuccheri e grassi, generano nel sistema nervoso un effetto di gratificazione e rilassamento, causando, tuttavia, una maggiore probabilità di aumento di peso e di disturbi ad esso connessi [Scarmozzino e Visioli 2020]. Anche l’attività sessuale ha risentito dell’emergenza: il numero dei rapporti settimanali è diminuito, non solo nelle coppie non conviventi, a causa della limitata libertà di movimento, ma anche in quelle conviventi sulle quali sembra aver pesato il clima generale di preoccupazione e incertezza [Schiavi, Spina, Zullo et al. 2020].
La ridotta attività sessuale e il ricorso a cibo altamente calorico possono essere indizi ed espressione di un disagio psicologico [ibidem; Spence 2017]. In effetti, differenti studi condotti in Italia nel 2020 concordano nell’attribuire alla situazione generata dalla pandemia un forte effetto causale negativo sul benessere emotivo e psicologico della popolazione italiana. Da un lato è emerso che le emozioni sperimentate {p. 24}con più frequenza durante la pandemia e, in particolare, nelle fasi caratterizzate dalle misure più severe, sono state tristezza, impotenza, ansia e noia [Bonichini e Tremolada 2021; Ferrucci et al. 2020]. Dall’altro, è stato registrato un forte incremento di incidenza di disturbi psicologici. Già a seguito della prima fase dell’epidemia, in Italia si è osservata, infatti, un’impennata nell’insorgenza di alcuni disturbi, primo tra tutti quello da stress post-traumatico, seguito dai disturbi dell’umore, d’ansia e panico, del sonno, di adattamento e dai disturbi dell’alimentazione [Cecchetto et al. 2021; Fiorillo et al. 2020; Mazza et al. 2020; Rossi et al. 2020].
Ad aver pesato sulla salute psicologica di italiani e italiane sembrano essere stati, in particolar modo, il confinamento in casa [Pancani et al. 2021], la separazione dai propri cari [Serafini et al. 2020], la paura del contagio [Fiorenzato et al. 2021] e il timore della perdita del lavoro o del peggioramento della propria condizione economica [Codagnone et al. 2020]. Anche il rapporto con la tecnologia ha avuto un ruolo. Se da un lato, infatti, i dispositivi digitali hanno permesso di proseguire alcune attività lavorative e scolastiche, di consentire il mantenimento dei contatti con le persone care [Gabbiadini et al. 2020], dall’altro lato, l’eccessivo utilizzo dei social network e una maggiore esposizione ai social media si sono rivelati fattori di rischio per lo sviluppo di disturbi di ansia e panico e dell’umore, anche a causa dell’eccessivo ripetersi di notizie riguardanti l’emergenza sanitaria [Boursier et al. 2020; Fiorenzato et al. 2021].
Anche sul benessere di bambini e adolescenti l’impatto della pandemia si è fatto gravemente sentire [Commodari e La Rosa 2020]. La chiusura delle scuole e di tutte le attività ludiche e sportive ha, infatti, provocato un profondo cambiamento nelle abitudini e nello stile di vita, dal quale sono spesso derivati sentimenti di tristezza, noia e solitudine [Esposito et al. 2021]. Dal dossier del Telefono Azzurro relativo al 2020 emerge una forte e improvvisa incidenza nei minori di disturbi del tipo appena elencato [Asta et al. 2020]. Le più comuni emozioni riportate dai minori intervistati durante l’emergenza sanitaria si condensano, in particolare, attorno a tre temi fondamentali: la preoccupa{p. 25}zione per la perdita della socialità, la nostalgia per le attività scolastiche, ludiche e sportive e l’apprensione per la salute dei propri cari [ibidem]. A questo mutamento improvviso della propria quotidianità, molti bambini hanno reagito mostrando disinteresse per le attività giornaliere, irritabilità e un uso eccessivo di social network e videogiochi [ibidem; Caffo, Scandroglio e Asta 2020]. A peggiorare il quadro contribuisce il dato riportato dal Telefono Azzurro relativo agli abusi e alle violenze sui minori, in forte aumento rispetto all’anno precedente (+29%) e commessi, nella maggior parte dei casi, dagli stessi genitori o dai parenti più stretti [Asta et al. 2020].
I dati illustrati sulla sofferenza dei minori e sull’aumento dei maltrattamenti da essi subiti da parte di componenti del loro stesso nucleo familiare sono probabilmente connessi al calo registrato nella soddisfazione per le relazioni familiari nel 2020 [Istat 2021b]. Se, da un lato, infatti, durante la pandemia l’istituzione familiare ha rappresentato un elemento di forte sostegno sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista affettivo [Parisi et al. 2021], dall’altro gli equilibri familiari sono stati messi a dura prova dall’emergenza [Giannotti et al. 2022]. Il confinamento in casa, il lavoro da remoto e la didattica a distanza hanno obbligato le famiglie a rivoluzionare la propria organizzazione e a condividere tempo e spazi, spesso senza avere a disposizione sufficienti risorse materiali e psicologiche per farvi fronte [Morelli et al. 2020]. A ciò si deve aggiungere il clima generale di ansia e preoccupazione per la salute e per il sostentamento economico che in molte famiglie è stato fortemente compromesso [Istat 2021b]. Da uno studio di Spinelli et al. [2020] è emerso che lo stato d’animo dei genitori nel periodo di confinamento si sia fortemente ripercosso sul benessere dei figli. In particolare, maggiori livelli di stress dichiarati dai genitori hanno corrisposto a una maggiore difficoltà di cura dei figli durante l’emergenza sanitaria e a una più alta percentuale di disturbi osservati nel comportamento dei bambini [ibidem].
Gli effetti negativi della pandemia fra le mura domestiche si sono ripercossi anche sulle donne. La riorganizzazione delle {p. 26}attività di cura della casa e dei figli ha chiesto soprattutto alle madri lavoratrici un notevole sforzo di conciliazione del lavoro e della cura della famiglia [Del Boca et al. 2020; Manzo e Minello 2020; Mazzucchelli, Bosoni e Medina 2020]. Il sovraccarico nei compiti domestici derivanti dalla convivenza forzata durante la pandemia e la divisione non equilibrata di tali compiti hanno causato attriti e conflitti soprattutto nelle coppie con figli tra i 7 e i 14 anni, probabilmente perché in tale fascia d’età la didattica a distanza ha richiesto un maggiore intervento da parte dei genitori [Rania et al. 2020]. Dove invece i partner hanno vissuto il periodo della pandemia come momento di ridistribuzione dei ruoli e dei carichi familiari e di rinnovamento nell’assunzione di responsabilità le famiglie hanno riportato maggiori livelli di benessere e la prole ha avuto minori difficoltà nell’affrontare le sfide legate alla permanenza in casa e alla didattica a distanza [Mangiavacchi, Piccoli e Pieroni 2021].
La difficile conciliazione del lavoro con i compiti domestici durante l’emergenza sanitaria non rappresenta l’aspetto più grave per le donne. L’analisi dei registri del numero di emergenza di pubblica utilità per la violenza subita dalle donne – il 1522 – rivela, infatti, che durante la pandemia si è registrato un incremento esponenziale di richieste di aiuto, passando dalle 15.591 chiamate ricevute nel 2019 a ben 72.448 nel 2020 [Istat 2021b]. Le richieste denunciano in particolare situazioni di violenza fisica e psicologica verificatesi quasi sempre nelle abitazioni (86% dei casi) [ibidem]. Considerando che la quota di vittime che denunciano la violenza subita alle forze dell’ordine continua a rimanere molto bassa (solo il 14,3% di chi ha telefonato nel 2020 al numero di emergenza 1522 ha dichiarato di aver presentato una denuncia), questi dati costituiscono, probabilmente, solo la punta dell’iceberg di un disagio ancora molto diffuso ed esasperato dalla pandemia [ibidem]. Va detto inoltre che nel 2020 a fronte di una diminuzione complessiva degli omicidi si è registrato un aumento di femminicidi, tutti occorsi in ambito familiare e affettivo [Ministero dell’Interno 2021].
Tra gli effetti negativi scaturiti dall’emergenza sanitaria sulle condizioni di vita e sul benessere delle famiglie un
{p. 27}posto non secondario è occupato dalla rinuncia ad avere figli: i nati nella popolazione residente sono diminuiti del 3,8% rispetto al 2019 e il calo è particolarmente evidente nei mesi di novembre (−8,2% rispetto allo stesso mese dell’anno prima) e dicembre (−10,3%), risultato dei mancati concepimenti nei primi mesi dell’ondata pandemica. La diminuzione persiste nei mesi di gennaio e febbraio 2021 (rispettivamente −14% e −4,7% rispetto agli stessi mesi del 2020), mesi le cui nascite sono riferibili a concepimenti avvenuti tra aprile e maggio 2020 [Istat 2021f]. L’effetto della pandemia sui nuovi concepimenti si osserva su tutto il territorio nazionale nonostante la crisi abbia colpito diversamente le regioni italiane [Blangiardo 2021]. Ciò sembra dipendere dalla scelta di numerose coppie di posticipare la genitorialità per paura di contrarre il virus durante la gravidanza, per il timore di frequentare le strutture ospedaliere in un momento di sovraccarico del sistema sanitario e per la percezione di non essere in grado di assicurare il benessere economico di fronte a una nuova nascita [Arpino, Luppi e Rosina 2021; Guetto, Bazzani e Vignoli 2020]. Questi altri autori confermano la relazione tra l’aver subito lo shock economico (perdita del lavoro, perdita di una fonte di reddito, diminuzione del reddito) e la rinuncia ad avere un figlio. La fascia di popolazione più colpita è quella dei giovani con meno di 30 anni e con un livello di istruzione inferiore alla laurea, riferibile alla popolazione che maggiormente ha sofferto delle difficoltà economiche derivanti dalla pandemia [Luppi, Arpino e Rosina 2020].
Note
[1] Tasso standardizzato (per 100.000 abitanti) con popolazione standard Europa 2013. Fonte: Iss, Sistema di sorveglianza integrata Covid-19.
[2] Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.
[3] L’indice di salute mentale è una misura di disagio psicologico ottenuta dalla sintesi dei punteggi totalizzati da ciascun individuo di 14 anni e più a 5 quesiti estratti dal questionario SF36 (36-Item Short Form Survey). L’indice è un punteggio standardizzato che varia tra 0 e 100, con migliori condizioni di benessere psicologico al crescere del valore dell’indice. Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.
[4] Fonte: Istat, Rilevazione sulle Forze di lavoro.
[5] Ibidem.
[6] Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.
[7] Percentuale di persone di 14 anni e più che sono molto soddisfatte delle relazioni familiari sul totale delle persone di 14 anni e più. Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.
[8] Percentuale di persone di 14 anni e più che sono molto soddisfatte delle relazioni con amici sul totale delle persone di 14 anni e più. Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.
[9] Tasso chiamate da vittime (ogni 100.000 abitanti). Fonte: Dipartimento Pari opportunità.
[10] Percentuale di persone di 14 anni e più che hanno espresso un punteggio di soddisfazione per la vita tra 8 e 10 sul totale delle persone di 14 anni e più. Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.
[11] Percentuale di persone di 14 anni e più che ritengono che gran parte della gente sia degna di fiducia sul totale delle persone di 14 anni e più. Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.
[12] Percentuale di persone di 14 anni e più che ritengono che la loro situazione personale migliorerà nei prossimi 5 anni sul totale delle persone di 14 anni e più. Fonte: Istat, Aspetti della vita quotidiana.