L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c5
Prendere sul serio l’interlegalità
significa quindi, per il giudice, tener conto di tutte le fonti potenzialmente rilevanti
per la decisione del caso, anche in assenza di qualsiasi rinvio da parte
dell’ordinamento giuridico nell’ambito del quale esercita la propria giurisdizione. Si
tratta in altre parole di abbracciare la complessità, accettando che il diritto può
essere descritto, oggi più che mai, come un «complesso di potenzialità latenti»
[47]
, nel quale «a monte delle norme vi sono svariati materiali giuridici,
eterogenei e dotati di diversa forza vincolante, che formano un insieme normativo in
potenza da attualizzare»
[48]
. In questa prospettiva, assumere la giustizia del caso concreto come
criterio (uno dei criteri) che guida il giudice nella ricostruzione della norma da
applicare non significa – come qualcuno teme – adottare un approccio equitativo o
decidere il caso sulla base di considerazioni di
¶{p. 134}filosofia morale
[49]
, quanto piuttosto ampliare l’orizzonte delle norme
giuridiche di cui si ammette la rilevanza in relazione al caso
concreto da decidere.
Un secondo aspetto sul quale mi
pare importante richiamare l’attenzione, inoltre, è quello delle profonde interrelazioni
che intercorrono tra il piano della teoria delle fonti e quello della teoria
dell’interpretazione. A questo proposito, è evidente che qualunque riflessione che
intenda prendere sul serio l’interlegalità non può evitare di confrontarsi con alcuni
temi di teoria e tecnica dell’interpretazione giuridica. È attraverso la propria
attività interpretativa, infatti che i giudici si sforzano di muoversi in un universo
eterarchico di fonti del diritto come quello che caratterizza gli spazi giuridici
ibridi. Ma proprio il carattere eterarchico (e a-sistematico) di questo universo di
fonti altera profondamente i contorni, il ruolo e il significato che molte delle
classiche tecniche interpretative assumevano all’interno di un paradigma giuridico
(stato-centrico) imperniato sul principio di gerarchia.
Così è, senz’altro, per le tecniche
in senso lato riconducibili alla nozione di interpretazione sistematica. Viene da
chiedersi, infatti, se la sempre più marcata dimensione inter-sistemica
dell’interpretazione giudiziale (cfr. supra, § 3) metta di per sé
in crisi le pensabilità teorica e la possibilità pratica di forme di interpretazione
sistematica o se questa fondamentale famiglia di tecniche interpretative non si stia
semplicemente trasformando per adattarsi al nuovo contesto dell’interlegalità; e,
eventualmente, in che direzione stia andando questa trasformazione. Viene da chiedersi,
in particolare, se e come un nuovo modello di interpretazione «circolarmente conforme»
[50]
di fonti di diversa natura e origine possa progressivamente affermarsi e
modificare una mentalità ancora profondamente abituata a pensare le relazioni di
coerenza (o anche semplicemente di compati¶{p. 135}bilità) tra norme
come espressione di una relazione lineare e gerarchica tra fonti e tra ordinamenti.
Sullo sfondo di queste riflessioni
e di questi interrogativi si stagliano, ineludibili, i dubbi, le perplessità e i
caveat di chi mette in guardia da forme di «giurisprudenza creativa»
[51]
in grado di pregiudicare in modo inaccettabile istituti cardine dello Stato
di diritto come quello della (ragionevole) certezza del diritto, del principio di
eguaglianza, del principio di legalità, della separazione tra potere legislativo e
giudiziario. Questa non mi pare, tuttavia, una buona ragione per rinunciare a ragionare
sulla possibilità di un nuovo paradigma teorico-giuridico e normativo dell’interlegalità
e sul modo in cui, al suo interno, possano e debbano essere concepite nuove coordinate
metodologiche per indicare al giudice come ricostruire il diritto applicabile al caso
concreto. Se mai, al contrario, è una conferma di quanto sia importante continuare a
rifletterci, senza ingenuità e senza pregiudizi.
Note
[47] B. Pastore, Interpreti e fonti nell’esperienza giuridica, cit., p. 43
[48] Ibidem, p. 33.
[49] Preoccupate considerazioni in merito sono state espresse, anche recentemente, da M. Luciani, L’attivismo, la deferenza e la giustizia del caso singolo, in «Questione giustizia», 2020, n. 4, pp. 1 ss.
[50] Ruggeri, I diritti fondamentali tra carte internazionali e costituzione, cit.
[51] L. Ferrajoli, Contro la giurisprudenza creativa, in «Questione giustizia», 2016, n. 4, pp. 13 ss.