Ciro Tarantino (a cura di)
Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c28

Gilda Losito Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e disabilità. Nuove forme di limitazione della libertà personale

Notizie Autori
Gilda Losito - dirigente presso il Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria - del personale e dei servizi del Ministero della giustizia, dal 2016 al 2024 è stata responsabile dell’Unità organizzativa Privazione della libertà nell’ambito delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e assistenziali del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. PhD in Sociologia del diritto, insegna Sociologia giuridica e della devianza alla Sapienza Università di Roma.
Abstract
Nell’ultimo decennio, a seguito di alcune emergenze che hanno caratterizzato il Paese, il problematico rapporto tra le libertà individuali, la legittimità della loro compressione, seppur temporanea, e gli interessi della collettività è emerso sempre più chiaramente. Il mandato del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale discende da un complesso di regole derivate da Trattati e Convenzioni internazionali. sul piano internazionale l’ampiezza del mandato del Garante nazionale sulle strutture residenziali dedicate alla cura e all’assistenza delle persone con disabilità discendeva dalla ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (CRPD). Da quanto fin qui esposto si evidenzia che l’attività di monitoraggio del Garante nazionale non si esaurisce nelle visite a luoghi che, per atto formale, sono legittimamente deputati a limitare il movimento delle persone e a definire le modalità di tale limitazione. Il Garante nazionale durante i suoi monitoraggi realizza un lavoro complesso e multifocale, volgendo uno sguardo interpretativo di valore scientifico diverso da quello di qualsiasi altra ricerca. Un mondo protettivo, di cure e di assistenza o di riabilitazione, con una varietà di servizi che risponde a una gradualità di attività più o meno inglobanti o discontinue, più o meno intrusive nella sfera della persona. L’asimmetria tra operatori e la persona disabile o anziana può portare alla graduale riduzione arbitraria dell’autodeterminazione della persona e alla sua estromissione dal processo decisionale riguardante, ad esempio, la scelta del luogo dove vivere. La finalità del progetto individuale è quella di garantire una vita sociale sulla base di uguaglianza con gli altri e di evitare l’insinuarsi di ulteriori vulnerabilità nella soggettività o di barriere e limitazioni all’esercizio dei diritti delle persone affidate alle istituzioni.

1. Premessa

Nell’ultimo decennio, a seguito di alcune emergenze che hanno caratterizzato il Paese, il problematico rapporto tra le libertà individuali, la legittimità della loro compressione, seppur temporanea, e gli interessi della collettività è emerso sempre più chiaramente.
L’emergenza del sovraffollamento carcerario e dello spazio in carcere, i fenomeni migratori e le politiche di espulsione con i rimpatri forzati, da considerare oggi come problematica strutturale, l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia che ha colpito il Paese a causa della diffusione del coronavirus SARS-CoV-2 hanno condotto il dibattito pubblico a riporre al centro dell’attenzione la tematica della tutela dei diritti intangibili. In particolare, tale attenzione è stata rivolta al rischio di una loro limitazione, temporanea o continua, sia nei casi di privazione della libertà dettata da un provvedimento formale dell’Autorità giurisdizionale, e come tale ricorribile e soggetto a controllo, sia nei casi di limitazione delle libertà realizzata in luoghi di cura e assistenza per disabili e anziani, certamente ad essa non deputati. È in questi luoghi che si può realizzare una condizione meramente custodiale che genera forme di privazione sostanziale della libertà.
Nel presente lavoro ci si soffermerà sul ruolo svolto dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale a partire dal 2016, anno in cui l’Autorità garante ha iniziato l’attività di monitoraggio, anche in ragione della necessità di far fronte alle criticità relative alle tematiche citate. L’attenzione sarà posta sulla sua funzione e sul contributo apportato in quanto Autorità di garanzia in questo panorama complesso, e si focalizzerà sul suo mandato preventivo e sull’attività svolta in questi anni nell’ambito delle strutture residenziali per disabili e anziani. Un’attività pioneristica, quella del Garante nazionale, per aver posto in luce elementi di disfunzione e pratiche diffuse di assistenza e sostegno che impropriamente comprimono le libertà individuali.{p. 622}
La prima parte del lavoro sarà, dunque, dedicata alla ricostruzione del quadro normativo sovranazionale e nazionale all’interno del quale si inserisce il Garante nazionale quale meccanismo di prevenzione e di controllo sui trattamenti disumani e degradanti, vietati dall’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) [1]
, istituito dall’Italia. La seconda parte riguarderà l’esperienza dell’Autorità garante relativa alle attività di monitoraggio nell’ambito della tutela dei diritti delle persone che si trovano in istituzioni di cura e assistenza ad alto rischio di nuove forme di istituzionalizzazione e segregazione.

2. Il quadro normativo internazionale e nazionale del meccanismo di prevenzione italiano

Il mandato del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale discende da un complesso di regole derivate da Trattati e Convenzioni internazionali. L’Autorità garante è stata istituita conformemente agli obblighi del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (OPCAT) [2]
, in applicazione dell’articolo 17 [3]
.
Ai sensi del Protocollo opzionale, nel 2014, con una lettera diplomatica [4]
, il Garante nazionale è stato individuato come NPM (National preventive mechanism), ovvero come Meccanismo nazionale di prevenzione che ha «accesso a tutti i luoghi dove la libertà è privata de iure o de facto, con potere di analisi di ogni documento relativo alle persone soggette a tali misure, di colloquio in privato con esse, di acquisizione di informazioni comunque utili alla propria valutazione della complessiva situazione» [Palma 2022, 154]. L’attribuzione al Garante nazionale dei poteri del {p. 623}NPM soddisfa le previsioni degli articoli 3 e 4 [5]
del Protocollo opzionale. A questi si rimanda per la definizione generale di Meccanismo di prevenzione e per l’identificazione dei luoghi di privazione della libertà, anche de facto. Dall’articolo 18 all’articolo 23, sono rinvenibili gli obblighi degli Stati che hanno ratificato il documento [6]
e i poteri conferiti al NPM. Essi {p. 624}vanno dal potere di visita e di formulazione di Raccomandazioni indirizzate alle istituzioni monitorate, a quello di promozione del raggiungimento di standard elementari riguardanti il trattamento delle persone residenti e le condizioni materiali dei luoghi visitati [Palma 2022, 160]. Rientrano nelle peculiarità che contraddistinguono i NPM, tra le altre, l’indipendenza e le conoscenze tecniche e professionali dello staff. Entrambe devono caratterizzare l’intero sistema di monitoraggio. Il mandato del NPM include la funzione di proposta di provvedimenti legislativi relativi a questioni riguardanti la detenzione nei diversi aspetti che la riguardano (regolamenti, pratiche, personale di polizia) e quella di formulazione di pareri sulla formazione degli atti normativi.
In generale, quindi, le attività dei NPM rientrano in un quadro di azione ampia: di promozione della tutela dei diritti umani e della loro effettività; di rafforzamento della prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti in tutti i luoghi di privazione della libertà; di vigilanza sulle condizioni materiali in cui tale privazione si attua. L’azione del Garante nazionale, in quanto NPM, si realizza attraverso le visite e la produzione di un sistema di soft law, che si concretizza con la formulazione di Raccomandazioni da inviare alle Autorità competenti sulla gestione dei luoghi visitati, come forma di moral suasion per una concreta costruzione di una cultura rispettosa dei diritti fondamentali al fine di evitare forme di privazione della libertà arbitrarie.
Nel quadro nazionale, la norma primaria che istituisce l’Autorità di garanzia è l’articolo 7 del d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, e successive modificazioni [7]
. È noto che un’accelerazione all’istituzione del Garante nazionale, {p. 625}dopo un lungo processo caratterizzato da diversi dibattiti e rallentamenti
{p. 626}a livello nazionale, è dovuta all’esito della sentenza dell’8 gennaio 2013 Torreggiani et altri c. Italia [8]
e all’urgenza di adottare misure per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti. In quel momento storico gli istituti penitenziari versano in una particolare situazione di sovraffollamento che ha determinato la condanna dell’Italia per violazione dell’articolo 3 della CEDU, ritenendo che le condizioni di vita dei detenuti fossero tali da configurare trattamenti inumani e degradanti.
Note
[1] Convenzione – Articolo 3. Proibizione della tortura. Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.
[2] Il Protocollo, adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con risoluzione n. 57/199 del 9 gennaio 2003, è entrato in vigore sul piano internazionale il 22 giugno 2006. Il Protocollo è stato ratificato dall’Italia con l. 9 novembre 2012, n. 195. Il deposito dello strumento di ratifica è avvenuto il 3 aprile 2013 mentre il Protocollo è entrato in vigore il 3 maggio 2013.
[3] Protocollo opzionale – Articolo 17. Ciascuno Stato Parte mantiene, costituisce o crea, al massimo entro un anno dall’entrata in vigore del presente Protocollo o dal momento della sua ratifica o adesione, uno o più meccanismi nazionali indipendenti di prevenzione della tortura a livello interno. Possono essere qualificati quali meccanismi nazionali di prevenzione ai fini del presente Protocollo anche organismi istituiti a livello locale, purché rispondano ai requisiti fissati dal presente Protocollo.
[4] Si tratta della Note Verbale del 28 aprile 2014 del Subcommitee on Prevention of Torture – Office of the High Commissioner for Human Right reperibile su https://www.ohchr.org/sites/default/files/Documents/HRBodies/OPCAT/NPM/Italy25April2014.pdf.
[5] Protocollo opzionale – Articolo 3. Ciascuno Stato Parte istituirà, nominerà e manterrà operativo a livello nazionale uno o più organismi con poteri di visita per la prevenzione della tortura e delle altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (d’ora innanzi: «meccanismi nazionali di prevenzione»). Articolo 4. 1) Ciascuno Stato Parte, in accordo con il presente Protocollo, autorizza le visite da parte degli organismi di cui ai precedenti articoli 2 e 3 in tutti i luoghi posti sotto la sua giurisdizione e il suo controllo in cui delle persone sono o possono essere private della libertà, in virtù di un ordine dell’autorità pubblica oppure nel quadro di indagini da essa condotte o con il consenso o l’acquiescenza di una pubblica autorità (d’ora innanzi: «luoghi di detenzione»). Tali visite saranno condotte allo scopo di rafforzare, laddove necessario, la protezione delle suddette persone contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. 2) Ai fini del presente Protocollo, per privazione della libertà si intende ogni forma di detenzione o imprigionamento o collocazione di una persona in un luogo sotto custodia che non le sia consentito lasciare volontariamente, su ordine di un’autorità giudiziaria, amministrativa o di altro tipo.
[6] Protocollo opzionale – Articolo 18. 1) Gli Stati Parti garantiscono l’indipendenza funzionale dei meccanismi nazionali di prevenzione nonché l’indipendenza del loro personale. 2) Gli Stati Parti adottano le misure necessarie per assicurare che gli esperti del meccanismo nazionale di prevenzione abbiano le necessarie capacità e conoscenze professionali. Si adopereranno per un equilibrio di genere e per un’adeguata rappresentanza dei gruppi etnici e delle minoranze nel Paese. 3) Gli Stati Parti si impegnano a mettere a disposizione le risorse necessarie per il funzionamento dei meccanismi nazionali di prevenzione. 4) Nell’istituire meccanismi nazionali di prevenzione, gli Stati Parti terranno in debita considerazione i Princìpi relativi allo status delle istituzioni nazionali per la promozione e la tutela dei diritti umani. Articolo 19. Ai meccanismi nazionali di prevenzione è concesso almeno il potere di: a) esaminare regolarmente il trattamento delle persone private della libertà nei luoghi di detenzione definiti nell’articolo 4, al fine di rafforzare, se necessario, la loro protezione contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti; b) formulare raccomandazioni alle autorità competenti allo scopo di migliorare il trattamento e le condizioni delle persone private della libertà e prevenire la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti, tenendo conto delle pertinenti norme delle Nazioni Unite; c) presentare proposte e osservazioni riguardanti la legislazione esistente o progetti di legge. Articolo 20. Al fine di consentire ai meccanismi nazionali di prevenzione di adempiere al loro mandato, gli Stati Parti del presente Protocollo si impegnano a concedere loro: a) l’accesso a tutte le informazioni relative al numero di persone private della libertà nei luoghi di detenzione di cui all’articolo 4, nonché al numero di luoghi e alla loro ubicazione; b) l’accesso a tutte le informazioni relative al trattamento di tali persone nonché alle loro condizioni di detenzione; c) Accesso a tutti i luoghi di detenzione e alle loro installazioni e strutture; d) l’opportunità di avere colloqui privati con le persone private della libertà senza testimoni, personalmente o con un traduttore se ritenuto necessario, nonché con qualsiasi altra persona che il meccanismo nazionale di prevenzione ritenga possa fornire informazioni pertinenti; e) la libertà di scegliere i luoghi che vogliono visitare e le persone che vogliono intervistare; f) il diritto di avere contatti con il Sottocomitato per la prevenzione, di inviargli informazioni e di incontrarlo. Articolo 21. 1) Nessuna autorità o funzionario può ordinare, applicare, consentire o tollerare alcuna sanzione nei confronti di qualsiasi persona o organizzazione per aver comunicato al meccanismo nazionale di prevenzione informazioni, vere o false, e nessuna di tali persone o organizzazioni può essere altrimenti pregiudicata in alcun modo. 2) Sono privilegiate le informazioni riservate raccolte dal meccanismo nazionale di prevenzione. Nessun dato personale viene pubblicato senza il consenso espresso dell’interessato. Articolo 22. Le autorità competenti dello Stato Parte interessato esamineranno le raccomandazioni del meccanismo nazionale di prevenzione e avvieranno un dialogo con esso sulle possibili misure di attuazione. Articolo 23. Gli Stati Parti del presente Protocollo si impegnano a pubblicare e diffondere i rapporti annuali dei meccanismi nazionali di prevenzione.
[7] Articolo 7. 1) È istituito, presso il Ministero della giustizia, il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, di seguito denominato «Garante nazionale». Il Garante nazionale opera quale meccanismo nazionale di prevenzione ai sensi dell’articolo 3 del Protocollo opzionale alla Convenzione (contro la tortura) e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottato il 18 dicembre 2002 con Risoluzione A/RES/57/199 all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e (ratificato ai sensi della legge) 9 novembre 2012, n. 195, ed esercita i poteri, gode delle garanzie e adempie gli obblighi di cui agli articoli 4 e da 17 a 23 del predetto Protocollo. 2) Il Garante nazionale è costituito in collegio, composto dal presidente e da due membri, i quali restano in carica per cinque anni non prorogabili. Essi sono scelti tra persone, non dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni, che assicurano indipendenza e competenza nelle discipline afferenti la tutela dei diritti umani, e sono nominati, previa delibera del Consiglio dei ministri, con decreto del Presidente della Repubblica, sentite le competenti commissioni parlamentari. 3) I componenti del Garante nazionale non possono ricoprire cariche istituzionali, anche elettive, ovvero incarichi in partiti politici. Sono immediatamente sostituiti in caso di dimissioni, morte, incompatibilità sopravvenuta, accertato impedimento fisico o psichico, grave violazione dei doveri inerenti all’ufficio, ovvero nel caso in cui riportino condanna penale definitiva per delitto non colposo. Ai componenti del Garante nazionale è attribuita un’indennità forfetaria annua, determinata in misura pari al 40% dell’indennità parlamentare annua per il Presidente e pari al 30% per i membri del collegio, fermo restando il diritto al rimborso delle spese effettivamente sostenute di vitto, alloggio e trasporto per gli spostamenti effettuati nello svolgimento delle attività istituzionali. 4) Alle dipendenze del Garante nazionale, che si avvale delle strutture e delle risorse messe a disposizione dal Ministro della giustizia, è istituito un ufficio nel numero massimo di 25 unità di personale, di cui almeno 20 dello stesso Ministero e, in posizione di comando, non più di 2 unità del Ministero dell’interno e non più di 3 unità degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, che conservano il trattamento economico in godimento, limitatamente alle voci fisse e continuative, con oneri a carico delle amministrazioni di provenienza sia in ragione degli emolumenti di carattere fondamentale che per gli emolumenti accessori di carattere fisso e continuativo. Gli altri oneri relativi al trattamento accessorio sono posti a carico del Ministero della giustizia. Il predetto personale è scelto in funzione delle conoscenze acquisite negli ambiti di competenza del Garante. La struttura e la composizione dell’ufficio sono determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro della giustizia, il Ministro dell’interno e il Ministro dell’economia e delle finanze. 5) Il Garante nazionale, oltre a promuovere e favorire rapporti di collaborazione con i garanti territoriali, ovvero con altre figure istituzionali comunque denominate, che hanno competenza nelle stesse materie: a) vigila, affinché l’esecuzione della custodia dei detenuti, degli internati, dei soggetti sottoposti a custodia cautelare in carcere o ad altre forme di limitazione della libertà personale sia attuata in conformità alle norme e ai princìpi stabiliti dalla Costituzione, dalle convenzioni internazionali sui diritti umani ratificate dall’Italia, dalle leggi dello Stato e dai regolamenti; b) visita, senza necessità di autorizzazione, gli istituti penitenziari, gli ospedali psichiatrici giudiziari e le strutture sanitarie destinate ad accogliere le persone sottoposte a misure di sicurezza detentive, le comunità terapeutiche e di accoglienza o comunque le strutture pubbliche e private dove si trovano persone sottoposte a misure alternative o alla misura cautelare degli arresti domiciliari, gli istituti penali per minori e le comunità di accoglienza per minori sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria, nonché, previo avviso e senza che da ciò possa derivare danno per le attività investigative in corso, le camere di sicurezza delle Forze di polizia, accedendo, senza restrizioni, a qualunque locale adibito o comunque funzionale alle esigenze restrittive; c) prende visione, previo consenso anche verbale dell’interessato, degli atti contenuti nel fascicolo della persona detenuta o privata della libertà personale e comunque degli atti riferibili alle condizioni di detenzione o di privazione della libertà; d) richiede alle amministrazioni responsabili delle strutture indicate alla lettera b) le informazioni e i documenti necessari; nel caso in cui l’amministrazione non fornisca risposta nel termine di trenta giorni, informa il magistrato di sorveglianza competente e può richiedere l’emissione di un ordine di esibizione; e) verifica il rispetto degli adempimenti connessi ai diritti previsti agli articoli 20, 21, 22, e 23 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni, presso i centri di identificazione e di espulsione previsti dall’articolo 14 del Testo Unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, nonché presso i locali di cui all’articolo 6, comma 3-bis, primo periodo, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, accedendo senza restrizione alcuna in qualunque locale; f) formula specifiche raccomandazioni all’amministrazione interessata, se accerta violazioni alle norme dell’ordinamento ovvero la fondatezza delle istanze e dei reclami proposti ai sensi dell’articolo 35 della legge 26 luglio 1975, n. 354. L’amministrazione interessata, in caso di diniego, comunica il dissenso motivato nel termine di trenta giorni; f-bis) formula specifiche raccomandazioni all’amministrazione interessata, se accerta la fondatezza delle istanze e dei reclami proposti dai soggetti trattenuti nelle strutture di cui alla lettera e). L’amministrazione interessata, in caso di diniego, comunica il dissenso motivato nel termine di trenta giorni; g) trasmette annualmente una relazione sull’attività svolta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché al Ministro dell’interno e al Ministro della giustizia. Il Garante nazionale può delegare i garanti territoriali per l’esercizio delle proprie funzioni relativamente alle strutture sanitarie, socio-sanitarie e assistenziali, alle comunità terapeutiche e di accoglienza, per adulti e per minori, nonché alle strutture di cui alla lettera e) del comma 5, quando particolari circostanze lo richiedano. La delega ha una durata massima di sei mesi). Per il funzionamento del Garante nazionale è autorizzata la spesa di euro 200.000 per ciascuno degli anni 2016 e 2017 e di euro 300.000 annui a decorrere dall’anno 2018. (Nell’ambito delle funzioni attribuite dall’articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 2019, n. 89, e con le modalità ivi previste, il Garante nazionale adotta i piani annuali di spesa, in coerenza e nei limiti dell’autorizzazione di spesa di cui al presente comma, modulando le voci di spesa in base a criteri oggettivi e funzionali alle necessità dell’ufficio, nell’ambito delle determinazioni adottate ai sensi dei commi 3, 4 e 5 del presente articolo).