I salari
DOI: 10.1401/9788815411143/c2
La questione, del resto, sembra di sapore accademico: quando i contratti collettivi prevedono festività ulteriori rispetto a quelle
¶{p. 167}legali (ad es. la festività del Santo Patrono), si limitano ad estendere ad esse la stessa disciplina propria di queste ultime
[225]
.
7. I compensi per prestazioni di lavoro straordinario
La nozione legale di retribuzione utilizzabile ai fini del calcolo delle maggiorazioni spettanti per lavoro straordinario è stata costantemente interpretata in giurisprudenza come comprensiva di tutti gli emolumenti (a carattere continuativo). Nonostante opinioni dottrinali contrarie
[226]
, tale orientamento appare assolutamente consolidato. Conformemente ad esso negli anni ’50 venne risolta in senso affermativo, fra l’altro, la questione della computabilità dell’indennità di contingenza, espunta sovente nei contratti collettivi dalla base di calcolo delle maggiorazioni in esame
[227]
.
Anche in questo caso il ricorso giurisprudenziale alla continuità quale criterio selettore degli elementi computabili non appare una forzatura
[228]
. Utilizzato nella contrattualistica
[229]
, esso sembra conforme anche all’intenzione del legislatore, quale emerge ¶{p. 168}dall’art. 5 r.d.l. 15 marzo 1923, n. 692 e dall’art. 2108 cod. civ. L’applicazione della maggiorazione alla «paga del lavoro ordinario» (art. 5 r.d.l. 692/1923) o alla «retribuzione dovuta per il lavoro ordinario» induce, infatti, a tener conto di tutti gli emolumenti normalmente percepiti dal lavoratore, con la sola esclusione di quelli che «non trovano causa nel sinallagma contrattuale o che siano corrisposti una tantum o determinati da situazioni anormali ed eccezionali o che abbiano carattere di rimborso spese»
[230]
. Il riferimento a un parametro di computo circoscritto, d’altro canto, contrasterebbe con l’obbiettivo, implicito nella disciplina legislativa dell’orario di lavoro, di disincentivare il ricorso al lavoro straordinario: obbiettivo cui risulta funzionale l’imposizione di un trattamento economico particolarmente oneroso.
L’adozione di una base di calcolo onnicomprensiva, imposta dalla legge, è stata frequentemente disattesa in sede sindacale. Conformemente al modello legale i contratti collettivi applicano, di solito, le percentuali di maggiorazione al salario (o stipendio) individuale, espungendone, peraltro, quasi sempre una serie più o meno ampia di elementi costitutivi.
L’applicazione delle percentuali di maggiorazione al salario individuale è addirittura testuale nella disciplina inizialmente adottata dal contratto dei tessili
[231]
. Il successivo riferimento alla retribuzione di fatto
[232]
implica una modifica di carattere meramente terminologico: si è già detto, infatti, come tale nozione richiami l’idea dei compensi percepiti dal singolo lavoratore. Nel contesto del contratto collettivo dei tessili, piuttosto, rileva che la stessa, anche ai fini del calcolo delle percentuali di maggiorazione, risulta comprensiva di tutti gli «elementi retributivi comunque denominati di carattere continuativo»
[233]
.¶{p. 169}
Negli altri contratti, invece, alla considerazione della retribuzione individuale, evidente per l’assunzione nella base di calcolo di aumenti di merito ed indennità di vario tipo
[234]
, si accompagna l’indicazione degli elementi della stessa da tenere in conto ai fini dell’applicazione delle percentuali di maggiorazione
[235]
.
Il riferimento rigido alla norma legale comportò, nella giurisprudenza degli anni ’50, ripetute dichiarazioni di nullità di clausole collettive difformi dallo schema in essa contenuto. Operando con lo strumento offerto dall’art. 1419, 2° comma, cod. civ., si dava applicazione alle percentuali di maggiorazione, fissate dai contratti in misura generalmente superiore a quella di legge, ritenendo al tempo stesso l’illegittimità di quella parte della disciplina collettiva che delimitava la base di computo. La querelle interpretativa fu particolarmente accesa attorno all’art. 12 - parte operai del ccnl 25 giugno 1948 per gli addetti all’industria metalmeccanica, giudicato legittimo dalla dottrina prevalente, dichiarato nullo dalla giurisprudenza nella parte in cui escludeva dalla base di calcolo delle maggiorazioni il guadagno di cottimo eccedente la percentuale minima garantita
[236]
.¶{p. 170}
Già sul finire del decennio, peraltro, la Cassazione mutò indirizzo
[237]
, chiarendo in qual senso andasse inteso il limite posto all’autonomia dei privati dalla normativa legale. Rifiutata un’applicazione meccanica della stessa, la nozione onnicomprensiva di retribuzione in essa accolta è stata considerata fonte di un vincolo di risultato, alla stregua del quale si è potuto affermare la legittimità di quelle discipline contrattuali che, pur adottando un diverso sistema di calcolo, assicurino al lavoratore un vantaggio economico pari o superiore a quello che deriverebbe dalla recezione del sistema legale. L’esito interpretativo ha permesso, mediante il ricorso nei singoli casi concreti alla comparazione fra disciplina legale e contrattuale, di ritenere la liceità di quest’ultima tutte le volte che l’adozione di percentuali di maggiorazione superiori a quella di legge risulti sufficientemente compensativa della riduzione della base di calcolo. Comune alla giurisprudenza sui criteri di computo dell’indennità di anzianità
[238]
, tale interpretazione, nello specifico, si rivela anche in sintonia con la ratio legis, nel contesto della quale sembra indifferente che l’obbiettivo di scoraggiare il ricorso alla pratica del lavoro straordinario, anche attraverso un aggravio di costo dello stesso, sia raggiunto con l’uno, piuttosto che con l’altro, metodo di determinazione delle maggiorazioni
[239]
.
Nonostante qualche decisione mostri di discostarsi dal criterio della comparazione
[240]
, l’orientamento appare sufficientemente consolidato. Ribadito, ancora di recente, dalle Sezioni Unite della Cassazione
[241]
, esso è stato applicato, in via analogica, anche con riferimento alle maggiorazioni per lavoro notturno, malgrado, in questo caso, la legge non prescriva una percentuale minima di ¶{p. 171}maggiorazione, rispetto alla quale operare il raffronto
[242]
.
Al medesimo criterio interpretativo si affida quella giurisprudenza che, in fattispecie di lavoro straordinario prestato con regolarità, ha ritenuto legittimo il pagamento dello stesso in misura forfettaria o con compenso conglobato nella retribuzione ordinaria. La liceità della relativa pattuizione, infatti, è stata subordinata alla circostanza che «le parti, nello stabilire il salario conglobato, abbiano effettivamente compiuto il calcolo separato della retribuzione ordinaria e di quella dovuta per il lavoro straordinario e che dal risultato si evinca che al prestatore d’opera nulla è stato tolto sia della retribuzione ordinaria, sia della maggiorazione dovutagli per il lavoro straordinario»
[243]
. Anche in questi casi, dunque, il giudizio di legittimità viene fatto dipendere dal confronto fra il risultato economico conseguibile attraverso il sistema convenzionale di pagamento dello straordinario e quello che deriverebbe dall’applicazione della disciplina legale.
Acquisita, anche con riferimento ai compensi per lavoro straordinario, l’accezione onnicomprensiva della retribuzione come base legale minima, derogabile in melius dall’autonomia privata, il problema di maggior rilievo teorico resta quello dell’inclusione, o meno, in tale base dei ratei delle mensilità aggiuntive. La soluzione positiva, frequente in giurisprudenza
[244]
, appare legata da un intimo nesso di solidarietà con l’opinione che vuole decurtate le mensilità aggiuntive in proporzione delle ore di sciopero effettuate nel periodo di maturazione delle stesse
[245]
: in entrambi
¶{p. 172}i casi, infatti, emerge una considerazione delle mensilità aggiuntive come emolumenti differiti quanto alla corresponsione, ma riducibili contabilmente alla retribuzione oraria, cui vanno commisurate le maggiorazioni e rispetto alla quale si operano le trattenute per sciopero.
Note
[225] Si v., ad esempio, la disciplina contenuta nel ccnl dei metalmeccanici: da ultimo art. 7 - parte operai ccnl 1° settembre 1983.
[226] Cfr. Persiani, Determinazione delle singole voci retributive, cit., p. 462; Romeo, Recenti linee della giurisprudenza a proposito della c.d. «onnicomprensività» della retribuzione: il caso del lavoro straordinario, in «Dir. e giur.», 1983, p. 388. Ma già, nello stesso senso, si v. Mengoni, In tema di aumento di retribuzione per lavoro straordinario, in «Foro it.», 1956, I, c. 985.
[227] Trib. Milano, 21 giugno 1950, in «Rep. giur. it.», 1950, c. 1498; Trib. Roma, 13 luglio 1955, in «Riv. giur. lav.», 1956, II, p. 66. Nei contratti collettivi dei tessili e degli edili l’iniziale esclusione della contingenza dalla base di calcolo delle maggiorazioni per lavoro straordinario venne prontamente corretta, rispettivamente col ccnl 6 dicembre 1950 (tessili), 18 gennaio 1950 (operai edili), 31 gennaio 1952 (impiegati edili). Nel contratto del commercio, invece, l’inserimento della contingenza nella base di calcolo è stato disposto soltanto in tempi recenti, col rinnovo del dicembre 1979.
[228] Si v., fra le tante, App. Roma, 19 settembre 1957, in «Rep. giur. it.», 1957, c. 1993; Cass., 16 ottobre 1958, n. 3294, in «Mass. giur. lav.», 1958, p. 230; fra le più recenti Cass., S.U., 26 marzo 1982, n. 1889, in «Riv. it. dir. lav.», 1982, II, p. 843. Cfr., in dottrina, Berruti, I problemi, cit., p. 67; Cascio- li, Il lavoro straordinario, in «Giur. di merito», 1979, IV, p. 757.
[229] Si v. il combinato disposto degli artt. 17 e 26 parte generale del ccnl 20 luglio 1973 per gli addetti alle industrie tessili varie, nonché il combinato disposto degli artt. 13 e 16 del ccnl 1° agosto 1959 per gli impiegati edili: entrambe le discipline risultano riprodotte sino ai giorni nostri.
[230] La citazione è da Cass., 10 novembre 1981, n. 5963, in «Riv. it. dir. lav.», 1982, II, p. 282.
[231] A norma dell’art. 8 - parte operai del ccnl 31 gennaio 1947 le percentuali di maggiorazione «si applicheranno sul salario individuale di fatto...». L’art. 15 - pane impiegati disponeva analogamente il computo delle percentuali di maggiorazione sulla base costituita dallo stipendio individuale di fatto.
[232] A partire dal ccnl 1° ottobre 1956 per gli operai è dal ccnl 20 luglio 1973 anche per gli impiegati.
[233] Si v. ancora la disciplina contrattuale citata in nota 223.
[234] II riferimento agli aumenti di merito è esplicito nella disciplina contrattuale per gli operai ed impiegati dell’edilizia e per gli impiegati metalmeccanici, implicito nel richiamo alla paga base di fatto contenuto nella parte operai del contratto dei metalmeccanici. Quanto all’inclusione di altri emolumenti tipicamente individuali basti ricordare i «compensi e premi aventi carattere continuativo e determinato» previsti dal ccnl per gli impiegati edili, gli assegni di grado e le indennità per lavori svolti in locali sotterranei inseriti nella base di calcolo delle maggiorazioni nel ccnl dei bancari. Di passata può rilevarsi come nel contratto dei metalmeccanici la disciplina dello straordinario abbia sempre contenuto (sia nella parte impiegati che in quella operai) una clausola del seguente tenore: «Le percentuali di maggiorazione per il lavoro straordinario, notturno e festivo da corrispondersi oltre alla normale retribuzione e da calcolarsi sugli elementi della stessa indicati al comma successivo...». Poiché nel comma successivo fra gli elementi della normale retribuzione emerge l’inclusione degli aumenti di merito (vale a dire del più tipico dei compensi individuali), ne consegue che anche nel contratto dei metalmeccanici la retribuzione normale è testualmente concepita come retribuzione individuale, determinabile solo a posteriori in relazione al singolo caso concreto.
[235] Talvolta i contratti collettivi si limitano ad indicare le voci retributive da inserire nella base di calcolo (metalmeccanici); altre volte indicano anche esplicitamente gli elementi non computabili (edili - parte impiegati).
[236] Cfr., per tutte, Trib. Milano, 26 maggio 1955, in «Mass. giur. lav.», 1955, p. 182; Cass., 10 gennaio 1958, n. 48, in «Giust. civ.», 1958, I, p. 454. La vicenda è ricordata, recentemente, da Maiella, Il lavoro straordinario. (Rassegna di giurisprudenza 1968-1979), in «Giur. it.», 1980, IV, c. 272.
[237] A partire dalla sentenza 28 aprile 1959, n. 1245, in «Giur. it.», 1959, I,1, c. 738. L’evoluzione della giurisprudenza della Suprema Corte è ben tratteggiata nella nota di Magurno a Cass., 27 maggio 1980, n. 3470, in «Foro it.», 1981, I, c. 164.
[238] Si v. retro il par. 5.
[239] Esatti rilievi in proposito in Bianchi D’Urso, op. ult. cit., p. 176.
[240] Ad esempio Cass., 30 agosto 1962, n. 2716, in «Rep. giur. it.», 1962, c. 2402 e, fra le più recenti, Cass., n. 3470/1980, citata in nota 231.
[241] Cass., S.U., 4 aprile 1984, n. 2183, in «Riv. giur. lav.», 1984, II, p. 41.
[242] Cfr. Trib. Torino, 11 febbraio 1981, in «Foro it.», 1982, I, c. 2958, che ha riformato Pret. Torino, 31 gennaio 1980, ivi, c. 2959, orientata ad applicare una nozione di retribuzione rigidamente onnicomprensiva, a prescindere dalla considerazione dell’entità delle maggiorazioni contrattualmente previste. Le due sentenze sono annotate da Tortorici, Criteri per la determinazione della maggiorazione prevista per il lavoro notturno, in «Giur. it.», 1982, I, 2, c. 565.
[243] Cass., 23 luglio 1973, n. 2050, in «Giust. civ.», 1973, I, p. 2591; nello stesso senso, fra le altre, Cass., 23 settembre 1970, n. 1688, in «Foro it.», 1970, I, c. 2772; App. Trento, 31 dicembre 1959, in «Riv. dir. lav.», I960, II, p. 42 (in fattispecie, quest’ultima, di straordinario à forfait). In dottrina cfr. Maiella, op. cit., c. 269; Cascioli, op. cit., p. 758.
[244] Si v., per tutte, Cass., 29 aprile 1981, n. 2641, in «Mass. giur. lav.», 1982, p. 489; Cass., S.U., n. 1889/1982, citata in nota 222; da ultimo Pret. Roma, 18 marzo 1985, in «Riv. giur. lav.», 1985, II, p. 105; contra Trib. Napoli, 15 ottobre 1982, in «Riv. it. dir. lav.», 1983, II, p. 621.
[245] Giurisprudenza consolidata: per tutte si v. Cass., 21 gennaio 1981, n. 502, in «Riv. giur. lav.», 1981, II, p. 406; Cass., 23 novembre 1982, n. 6316, ivi, 1983, II, p. 287; contra Trib. Padova, 27 settembre 1974, in «Mass. giur. lav.», 1975, p. 359.