Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c2
Vi è una differenza tra l’interlegalità e l’intercostituzione, tesi emersa nella dottrina italiana [16]
, e che istituisce un rapporto di sistema tra le varie carte dei diritti (nei diversi livelli, nazionale internazionale e sovranazionale) ponendo la propria norma fondamentale nella «massima tutela dei diritti». L’intercostituzione ha un approccio diverso rispetto a quello dell’interlegalità, e tende ad apparire come un sistema unitario imperniato appunto sulla regola della
{p. 39}tutela dei diritti al massimo livello [17]
. È da considerare se e quanto l’effetto unificante, derivante dalla presenza di una meta-norma, smarrisca lo specifico del tema della legalità al plurale. Dal punto di vista dell’interlegalità, l’interferenza fra ordinamenti, che si stabilisce per effetto delle circostanze del caso, non è risolta da una meta-norma, ma dallo stesso dispiegarsi della dinamica dell’interferenza, la quale per ciò solo produce un diritto che è interlegale, come si dirà nel seguito.
Altrettanto diversi sono i molti tentativi teorici di costruzione di un global constitutionalism [18]
. Un nuovo monismo di questo tipo, sia pure attenuato, frastagliato e multilivello, opera su un piano universalizzante, suggerisce per esso criteri e vincoli di contenuto sostanziale, cui è solitamente assegnata una funzione unificante [19]
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L’interlegalità fa riferimento al multiverso aperto delle legalità, che non si lascia contenere attraverso presupposti sostantivi, unificanti.
Questi ultimi peraltro non ricorrono nemmeno nelle teorie «dualiste», emerse, tradizionalmente, nei rapporti tra gli ordinamenti statali e quello internazionale: tuttavia esse escludono in linea di principio la possibilità stessa di ogni interferenza, e considerano ordinamenti (in realtà interferenti) in un caso concreto come meramente giustapposti.
Nell’ormai famoso caso Kadi [20]
, la Corte di giustizia (CJEU) annullava un proprio regolamento per violazione dei diritti della persona, protetti dalle norme primarie dell’Unione: un regolamento adottato in attuazione della risoluzione del Consiglio di sicurezza che obbligava a congelare il patrimonio di Mr. Kadi, sospetto fiancheggiatore di Al Qaeda. L’annullamento coincideva, di fatto, con il rifiuto di adempiere all’obbligo di attuare le risoluzioni del Consiglio, fissato dall’art. 103 della Carta. La Corte sostenne però di essersi limitata allo scrutinio di una norma interna, concludendo che tale scrutinio non aveva alcuna implicazione circa l’illegalità della Risoluzione ONU (né ne costituiva una violazione), la quale restava del tutto impregiudicata nel separato dominio del diritto internazionale. L’argomento della «separatezza», come si vede, non offre alcuna risposta agli obblighi di diritto internazionale [21]
; il fatto che la risoluzione {p. 41}effettivamente incida, disciplinandola, sulla posizione di Mr. Kadi è ignorato: ciò sebbene il caso non avrebbe mai potuto sorgere se non a causa della risoluzione stessa. Ma nonostante le forvianti parole della Corte, nulla avrebbe potuto nascondere che l’artificio astratto delle legalità meramente «giustapposte» era già infranto.
Il problema che sorge per effetto del singolo episodio di interferenza ha la natura dell’interlegalità.

3. C’è diritto fra gli ordinamenti?

Quando un ordinamento «incontra» l’altro il diritto che conta è quello che si determina proprio per via della loro confluenza nella disciplina di un determinato caso. È il diritto interlegale, lo spessore giuridico che emerge fra più ordinamenti («in-between» [22]
) nelle circostanze della loro concreta interferenza. È infatti l’interconnessione in tali circostanze a determinarne l’emergere.
Non si tratta quindi di una qualche norma gerarchicamente superiore, che governi l’interconnessione, perché la prospettiva sull’interlegalità muove dall’assenza di una dimensione legale per così dire sovraordinata alle molte legalità, che vi si imponga incontestabilmente ed efficacemente. Più realisticamente, come si è detto sopra, operano alle volte norme nel singolo ordinamento che impongono di considerare come «vincolo» l’altro ordinamento. Se non si accoglie l’idea di una legalità sovraordinata, fra i diversi regimi giuridici ricorre un gap, che deriva dalla loro «separatezza», in quanto «sistemi», rappresenta tutta la distanza che corre fra ordinamenti considerati dal punto di vista delle rispettive norme fondamentali. Nell’ipotesi in cui le discipline {p. 42}normative siano molteplici e non coordinate, o siano prima facie divergenti, e le pronunce delle corti esponenziali dei diversi regimi siano non conciliabili in relazione ad un caso che le convochi entrambe, quale deve essere considerato il diritto vigente?
La prima via per superare il gap interlegale è emersa, sia al livello teorico che al livello pratico, nell’agire strategico dei soggetti e delle corti esponenziali delle diverse legalità. Lì dove il diritto non arriva, possono mettersi in campo strategie basate su mutui accomodamenti e forme di negoziazione, in una parola può essere percorsa la via del dialogo. Il dialogo fra le Corti [23]
è un topos della teoria e della prassi degli ultimi anni. Quando non dipende da una previsione normativa, come invece nel caso del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, esso è per cosi dire extra-normativo, non perché si collochi all’esterno del diritto ma perché, sorgendo in uno spazio franco dal diritto, è retto da considerazioni di opportunità (strategiche). Manca un’infrastruttura giuridica fra le diverse legalità, che ne codifichi un percorso giuridico obbligato delle reciproche relazioni.
Certamente topoi degli ultimi decenni come la protezione equivalente [24]
, il principio Solange [25]
o i controlimiti [26]
italiani hanno reso possibili accomodamenti al livello delle {p. 43}autorità istituzionali coinvolte, definiti da canoni stabiliti dalla giurisprudenza. Ma, allo stesso tempo, deve riconoscersi il ricorrente montare di quella che appare una sorta di resistenza nel rapporto tra legalità: nelle alterne sorti odierne dell’aureo internazionalismo dei lunghi decenni del secondo Novecento postbellico, sembra disperdersene la priorità etica mitigatrice dei nazionalismi (e degli egoismi) degli Stati. Ad emergere è anche l’argomento identitario [27]
che risale al Maastricht Urteil e al Lissabon Urteil [28]
, alla recente pronuncia post Weiss della Corte costituzionale tedesca [29]
, o alle resistenze russe e britanniche verso la ECtHR sul voto ai detenuti [30]
, e via seguendo.
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Note
[16] Si tratta della tesi sostenuta da Antonio Ruggeri, del quale si veda a titolo esemplificativo, fra i numerosi scritti, Maggiore o minor tutela nel prossimo futuro per i diritti fondamentali?, in «Consulta OnLine», 5 febbraio 2015, n. 1, pp. 33 ss.
[17] Tanto l’art. 53 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, quanto l’art. 53 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, prevedono una simile regola: tuttavia, dal punto di vista dell’interlegalità, questa è in realtà la norma che disciplina solo il conflitto fra più fonti, e segnatamente il conflitto fra più carte dei diritti. Si veda in generale sull’art. 53, E. Crivelli, Commento all’art. 53 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in S. Bartole, P. De Sena e V. Zagrebelsky (a cura di), Commentario breve alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Padova, CEDAM, 2012, pp. 774 ss.
[18] Ne è divenuta ormai rappresentativa sostenitrice e forum di elaborazione la rivista «Global Constitutionalism» (CUP) (https://www. cambridge.org/core/journals/global-constitutionalism). Criticamente, Jan Klabbers, spiegando il sospetto che il global constitutionalism sia più un’ideologia che una teoria: J. Klabbers, Constitutionalism as Theory, in J. Dunoff e M. Pollack (a cura di), International Legal Theory, Cambridge, Cambridge University Press, 2020. Cfr. anche G. Palombella, Dal costituzionalismo alle relazioni tra legalità, in «Diritto e Questioni pubbliche», 16, 2016, pp. 249 ss.
[19] Vale la pena notare che la stessa coerenza di un impianto monista, kelseniano si reggeva invece sulla sua struttura dinamica e dunque grazie al carattere formale delle autorizzazioni e delegazioni normative che «agganciano» in un tessuto unico una serie di «ordini» i cui aspetti materiali, sostanziali, in una parola «impuri» finiscono tuttavia tra parentesi, immunizzando la coerenza complessiva della legalità «unica» dagli attriti e le incompatibilità che ne scaturirebbero. Come Kelsen spiega, in un ordinamento di tipo «statico» le relative «norme sono in vigore (…) per il fatto che la loro validità può essere ricondotta ad una norma, nel cui contenuto si può sussumere il contenuto di tutte le norme che costituiscono l’ordinamento, così come il particolare si può sussumere nel generale» (H. Kelsen, La dottrina pura del diritto, trad. it. di M. Losano, Torino, Einaudi, 1975, p. 219). La norma fondamentale in tal caso è quella dal cui contenuto può essere dedotto il contenuto delle altre norme «mediante un’operazione logica» (ibidem, p. 220). Al contrario in un ordinamento di tipo dinamico la norma fondamentale semplicemente istituisce «una fattispecie produttiva di norme» ossia è «una regola che determina come si devono produrre le norme generali ed individuali dell’ordinamento» (ibidem, pp. 220-221).
[20] CJEU, Joined Cases C-402/05 P and C-415/05 P, Kadi v Council, ECLI:EU:C:2008:461.
[21] La decisione fu criticata perché a differenza di quanto aveva disposto il Tribunale di primo grado nel 2005, la Corte non si uniformava al diritto internazionale e appariva ad alcuni ripetere una specie di American style exceptionalism, che contraddice gli atteggiamenti propri dell’Unione europea sin dagli anni Cinquanta: G. de Burca, The Road Not Taken: The EU as a Global Human Rights Actor, in «American Journal of International Law», 105, 2011, pp. 649 ss.
[22] G. Palombella, Theory, Realities, and Promises of Interlegality. A Manifesto, in Klabbers e Palombella (a cura di), The Challenge of Inter-legality, cit., pp. 363 ss., 378.
[23] Tra i molti lavori sulla questione, E. Kassoti, Fragmentation and inter-judicial dialogue: The CJEU and the ICJ at the interface, in «European Journal of Legal Studies», 8, 2015, n. 2, pp. 21 ss.
[24] Espresso testualmente da ECtHR 30 giugno 2005, Case No. 45036/98, Bosphorus Hava Yolları Turizm ve Ticaret Anonim Şirketi v Ireland (ma nella sostanza presente in precedenza, per es. nella decisione tedesca Solange I [cfr. infra, nota seguente] che usa un’espressione… equivalente: «la protezione effettiva dei diritti fondamentali deve essere assicurata nello stesso modo garantito dalla legge fondamentale» tedesca).
[25] Internationale Handelsgesellschaft mbH v Einfuhr- und Vorratsstelle für Getreide und Futtermittel (1970) Case 11/70, nota come Solange I, è un caso di diritto europeo e costituzionale tedesco, concernente il conflitto tra un ordinamento nazionale e l’Unione. Re Wünsche Han- delsgesellschaft (22 October 1986) BVerfGE 73, 339, è la decisione nota come Solange II.
[26] Cfr. Decisione «Frontini» Corte cost., sent. n. 183 del 1973.
[27] Di una terza ondata, a questo riguardo, parlano D. Lustig e J. Weiler, Judicial Review in the Contemporary World: Retrospective and prospective, in «I-CON», 16, 2018, n. 2, p. 315.
[28] Sul Trattato di Maastricht (BVerfG 89, 155, 12 ottobre 1993) e sul Trattato di Lisbona (BVerfG 123, 267, 30 giugno 2009).
[29] La Corte costituzionale tedesca (Secondo senato) nel suo giudizio senza precedenti del 5 maggio 2020, 2 BvR 859/15 ha deciso la illegittimità costituzionale del Public Sector Purchase Programme (PSPP) adottato dalla European Central Bank: la decisione contraddice quella assunta dalla Corte di giustizia nel preliminary ruling dell’11 dicembre 2018 (Weiss and Others, C-493/17), secondo cui il programma non eccedeva il mandato della Banca centrale, né violava il divieto di operare nel finanziamento economico degli Stati. La Corte tedesca di conseguenza assume che il giudizio della Corte europea, colpevole, tra l’altro, di non aver correttamente utilizzato il test di proporzionalità secondo il modello tedesco, valga tamquam non esset. Come ha scritto Jacques Ziller, «the BverfG is for the first time giving effect to its more or less explicit threat not to implement rulings of the ECJ, which was already expressed in several of its earlier judgments, in particular the judgment on the Treaty of Lisbon, and in the text of its references for preliminary rulings in the Gauweiler and Weiss cases: the BverfG arrogates to itself the power to make a final assessment of the legality of an act of the European Union and thus threatens to dismantle the unity of application of Union law» (J. Ziller, The unbearable heaviness of the German constitutional judge, consultabile all’indirizzo https://ceridap.eu/the-unbearable-heaviness-of-the-german-constitutional-judge-on-the-judgment-of-the-second-chamber-of-the-german-federal-constitutional-court-of-5-may-2020-concerning-the-european-central-banks-pspp/).
[30] Cfr. A. Sajo e S. Giuliano, The Perils of Complacency: The European Human Rights Backlash, in Klabbers e Palombella, The Challenge of Inter-legality, cit., pp. 230 ss., 239-240.