L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c12
Il secondo esempio conferma il
dinamismo e la mobilità delle situazioni di interlegalità che si presentano di
fronte all’amministrazione, ma in un senso diverso da quello del caso
¶{p. 353}precedente: le vicende recenti della politica italiana sul
soccorso marittimo, tassello importante della più ampia politica migratoria,
mostrano come l’interlegalità possa complicare considerevolmente i propri contenuti
pur restando orientata alla condivisione delle responsabilità
politico-amministrative; e come tale complicazione renda meno stabili e prevedibili
le condotte delle amministrazioni chiamate a dare attuazione alla politica
nazionale.
I contenuti dell’evoluzione
della politica italiana sul soccorso marittimo sono noti
[18]
. Con quattro direttive adottate tra il marzo e il maggio 2019, il
ministro dell’Interno ha raccomandato ai vertici delle amministrazioni competenti in
materia di soccorso marittimo, incluso il comandante generale della Guardia
costiera, di considerare come «passaggio non inoffensivo» ai sensi del diritto
internazionale il passaggio nelle acque territoriali italiane di imbarcazioni di
organizzazioni non governative (ONG) che trasportano migranti soccorsi in mare. In
particolare, le navi delle ONG che abbiano effettuato un intervento di soccorso in
alto mare possono ottenere l’assegnazione da parte delle autorità italiane di un
porto italiano come place of safety ai sensi della Convenzione
di Amburgo del 27 aprile 1979 solo a condizione di aver tenuto alcune condotte di
navigazione: ovvero, di non essersi spinte in una zona di Search and
Rescue diversa da quella di responsabilità italiana, per poi
sottrarsi alla giurisdizione dello Stato responsabile del salvataggio e fare
ingresso nella zona italiana. Questo nuovo regime, poi confermato dalle successive
misure normative
[19]
, ¶{p. 354}rappresenta un mutamento di politica del
governo italiano rispetto al problema del soccorso marittimo. In sostanza, esso
porta a compimento un processo già avviato da tempo: un passaggio da una politica di
protezione umanitaria e tutela dei diritti fondamentali, che trova il proprio
baricentro nella Convenzione di Amburgo, a sua volta collegata alla Convenzione di
Ginevra sullo statuto dei rifugiati e al diritto internazionale umanitario, a una
politica di sicurezza dello Stato, fondata non solo su misure interne ma anche su
una serie di accordi con i Paesi di transito, esemplificati dalla cooperazione
italo-libica e volti al rafforzamento delle loro capacità di gestione delle
frontiere, e sulle iniziative dell’Unione europea.
Dal punto di vista
dell’interlegalità, tale mutamento di indirizzo non cambia la logica di fondo alla
quale rispondono le scelte delle istituzioni politiche: prima e dopo il cambio di
orientamento, queste ultime restano riconducibili alla condivisione delle
responsabilità politico-amministrative con altri ordinamenti. La situazione di
interlegalità, però, diviene più complessa. Prima del 2019, infatti, la condivisione
delle responsabilità ha ad oggetto la protezione dei diritti fondamentali e
coinvolge l’Italia, i Paesi che partecipano alla Convenzione di Amburgo e i regimi
ultrastatali che operano in questo settore, come la International Marittime
Organization, mentre ne sono esclusi gli Stati considerati inaffidabili o non
consenzienti. Con la svolta impressa nel 2019, invece, la condivisione delle
responsabilità riguarda ¶{p. 355}la protezione della sicurezza degli
Stati e coinvolge l’Italia, i Paesi in precedenza considerati inaffidabili e
l’Unione europea. Inoltre, questo nuovo tipo di condivisione delle responsabilità
non sostituisce il precedente, ma coesiste con esso, perché le norme nazionali del
2019 e i nuovi accordi con i Paesi cosiddetti di transito si innestano sulla
disciplina esistente, ed in particolare sulla Convenzione di Amburgo e sulle altre
disposizioni del diritto internazionale umanitario.
Il risultato è una forte
complicazione della situazione di interlegalità, che lascia spazio a due politiche
differenti e potenzialmente confliggenti. Non è sorprendente che questa tensione che
caratterizza la situazione di interlegalità e che le istituzioni politiche italiane
non sono in grado di sciogliere sul piano normativo, data la complessità
dell’intreccio di norme nazionali e internazionali, ricada interamente sulle
amministrazioni competenti, a partire dal Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia
costiera. Queste ultime, infatti, si trovano a gestire una varietà di fonti
domestiche e ultrastatali che si prestano a essere combinate tra loro in sequenze
diverse, funzionali ai due differenti obiettivi politici che permettono di
realizzare, quello della sicurezza dei diritti e quello della sicurezza dello Stato
[20]
. Si tratta di una situazione più complessa di quella che caratterizza la
tassazione delle multinazionali digitali, perché rende meno prevedibile l’azione
delle Capitanerie di porto, chiamate, di volta in volta, a scegliere la sequenza
normativa ritenuta più giustificata, e apre la strada a condotte omissive
[21]
.¶{p. 356}
4. L’interlegalità come meta-criterio
Gli esempi fatti nelle pagine
precedenti sono solo due illustrazioni della grande varietà delle situazioni di
interlegalità che si presentano di fronte alle amministrazioni: tali situazioni, come si
è detto, riflettono logiche diverse (dalla condivisione delle responsabilità di ciascuna
delle amministrazioni coinvolte al loro conflitto, passando per l’ipotesi mediana del
coordinamento) e sono relativamente fluide e mobili. Se la varietà di queste situazioni
sconsiglia tentativi di sistematizzazione, occorre chiedersi, invece, come esse possano
essere gestite dalle amministrazioni e se l’interlegalità, in quanto criterio
prescrittivo, piuttosto che come rappresentazione della realtà giuridica, sia utile a
questo scopo.
Sul piano tecnico, i problemi che
le situazioni di interlegalità pongono alle amministrazioni riguardano la individuazione
delle norme rilevanti per lo svolgimento di una determinata attività e la definizione
dei loro rapporti: si tratta, cioè, di ordinare tra loro la pluralità di principi e
regole posti da fonti di ordinamenti diversi e potenzialmente rilevanti per l’attuazione
di una politica pubblica, di passare da un diritto composito a una sequenza normativa
ordinata.
Per affrontare questi problemi, le
amministrazioni utilizzano i principi posti dall’ordinamento al quale appartengono,
particolarmente elaborati nei sistemi statali. Un primo ovvio riferimento è quello al
principio di legalità, vero e proprio perno della posizione dell’amministrazione
nell’ordinamento giuridico. Il principio indica, nell’opinione tradizionale, la
sottoposizione della pubblica amministrazione alla legge. Ma è ormai relativamente
condivisa la convinzione che il suo significato sia più ampio e ricco. Nell’ordinamento
italiano, ad esempio, il principio di legalità può essere inteso, in base al disegno
costituzionale e alla giurisprudenza amministrativa, come un principio che chiede la
previa determinazione, da parte della legge o di un regolamento, dei criteri di massima
dell’azione amministrativa
[22]
. Inoltre, per effetto dell’apertura
¶{p. 357}dell’ordinamento italiano ai numerosi regimi ultrastatali con i
quali dialoga e interagisce, a partire naturalmente da quello dell’Unione europea, il
principio di legalità implica che l’amministrazione sia sottoposta anche a norme diverse
da quelle nazionali. In questo modo, il principio di legalità viene ad esprimere un
vincolo dell’amministrazione più ampio di quello del rispetto del diritto nazionale:
l’amministrazione non è sottoposta solo al diritto nazionale, ma anche alle norme
europee, internazionali e globali
[23]
.
Proprio questa evoluzione, però,
mostra la difficoltà del principio di legalità a operare come criterio ordinante dei
vincoli ai quali l’amministrazione è sottoposta. Il principio di legalità, inteso nel
senso ampio sopra indicato, implica che alla pubblica amministrazione spetti di ordinare
le une rispetto alle altre le norme applicabili all’esercizio di ciascuna attività
amministrativa. Ma non offre esso stesso un criterio, formale o sostanziale, per
determinare la corretta architettura normativa e, dunque, per gestire sul piano
amministrativo la complessità delle situazioni di interlegalità.
I criteri per ordinare le norme
rilevanti nei processi di attuazione delle politiche pubbliche, piuttosto, sono forniti
dai principi relativi ai rapporti tra fonti interne ed esterne all’ordinamento. Sono
questi principi, stabiliti da ciascun ordinamento, a indicare alle amministrazioni come
mettere in relazione tra loro le norme interne ed esterne che compongono il diritto
composito che sono chiamate ad applicare. È il caso, ad esempio, dei principi del
diretto effetto e della supremazia che governano, nell’ordinamento europeo integrato, i
rapporti tra fonti dell’Unione e fonti del diritto degli Stati membri. È il caso,
ancora, del diverso principio, che potremmo definire di effetto diretto limitato, che
regola, in base alla giurisprudenza della Corte di giustizia, i rapporti
¶{p. 358}tra fonti del diritto dell’Unione europea e disposizioni dei
trattati internazionali.
Note
[18] La vicenda è ricostruita e discussa da M. Magri, Obbligo di soccorso in mare, funzioni della Guardia costiera e respingimenti «delegati»: sui poteri del Ministro dell’interno, in «Istituzioni del federalismo», 2019, pp. 149 ss.
[19] Il riferimento è naturalmente al cosiddetto decreto sicurezza bis, d.l. 14 giugno 2019 n. 53, convertito dalla legge 8 agosto 2019, n. 77. Nonostante la dichiarata intenzione riformatrice del legislatore, sembrano porsi in linea di sostanziale continuità le modifiche introdotte dal d.l. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla l. 18 dicembre 2020, n. 173: si veda, sul punto, F. Venturi, La gattopardesca riforma della disciplina delle operazioni di soccorso in mare ad opera dell’art. 1, comma 2, del d.l. n. 130/2020, in «Forum di Quaderni Costituzionali», 1, 2021, disponibile alla pagina www.forumcostituzionale.it; E.G. Rosafio, Prime osservazioni in materia di immigrazione via mare a seguito dell’entrata in vigore del d. l. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla l. 18 dicembre 2020, n. 173, 2021, disponibile alla pagina http://www.adimblog.com; M. Savino, Riforma o Controriforma? Il «decreto Lamorgese» e la tela di Penelope, 2021, disponibile alla pagina http://www.adimblog.com.; sulle conseguenze penali della violazione dei divieti o delle limitazioni del ministro dell’Interno o del ministro dei Trasporti, in una prospettiva specificamente interlegale, cfr. A. di Martino e L. Ricci, L’inosservanza della limitazione o del divieto di transito e sosta nel mare territoriale come delitto, in M. Giovannetti e N. Zorzella (a cura di), Immigrazione, protezione internazionale e misure penali, Pisa, Pacini Giuridica, 2021, pp. 99 ss., spec. 107 ss.
[20] La pluralità delle combinazioni possibili risulta con chiarezza anche dall’audizione alla Camera dei deputati del contrammiraglio (CP) pil. Sergio Liardo, capo del Reparto piani e operazioni del Comando generale del corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera, del 3 luglio 2019, disponibile alla pagina https://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/upload_file_doc_acquisiti/pdfs/000/001/980/Guardia_costiera.pdf.
[21] Le omissioni di soccorso in alto mare sono esemplificate dalle vicende ricostruite da due importanti pronunce del Comitato dei diritti umani del 27 gennaio 2021 (rispettivamente CCPR/C/130/D/3042/2017 e CCPR/C/128/D/3043/2017).
[22] Si veda la ricostruzione complessiva di S. Cassese, Le basi costituzionali, in Id. (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, I: Diritto amministrativo generale, Milano, Giuffrè, 20032, pp. 174 ss., spec. 216-222.
[23] Cfr. ibidem, p. 221. Procede nella stessa direzione la ricostruzione di Paul Craig che individua nella necessità di un fondamento giuridico dell’azione amministrativa il senso profondo del principio di legalità: Craig, Legality: Six Views of the Cathedral, cit., p. 884.