L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c12
Queste scelte – è importante
osservarlo subito – non sono stabili, ma soggette a frequenti mutamenti, oltre che
spesso incoerenti tra loro. Anche negli ordinamenti apparentemente più orientati alla
stabilità delle politiche, i regulatory changes sono un tratto
distintivo dell’azione pubblica, dovuto non solo alla mutabilità degli orientamenti
politici ma anche alla complessità delle questioni di cui ciascuna politica si deve far
carico. Inoltre, è tutt’altro che raro che le istituzioni politico-amministrative
compiano, all’interno dello stesso settore, scelte diverse, orientate talora alla
condivisione delle responsabilità, talaltra al loro coordinamento, talaltra ancora a
quello che si è chiamato il conflitto tra responsabilità. A rendere ancora meno stabile
la logica complessiva degli orientamenti assunti contribuisce, poi, l’imprevedibilità
degli esiti dei molteplici intrecci tra ordinamenti, che sfuggono al pieno controllo
delle istituzioni politico-amministrative e possono produrre effetti diversi da quelli
attesi, secondo dinamiche che sono state accostate, con una iperbole ironica,
¶{p. 348}alla complessità della meccanica quantistica
[16]
. I tre modi di riconoscimento che si sono individuati, allora, vanno intesi
non tanto come criteri ordinanti, capaci di riflettere la ratio
complessiva dei processi di attuazione di una politica settoriale, ma piuttosto come
macro-opzioni alle quali sono di volta in volta orientate le singole scelte delle
istituzioni politico-amministrative.
È all’interno di questa prospettiva
che possiamo cogliere la varietà delle situazioni di interlegalità che si presentano di
fronte alle amministrazioni dei diversi ordinamenti.
3. L’interlegalità nell’attuazione delle politiche pubbliche: una pluralità di situazioni dinamiche
L’interlegalità, come si è
osservato in apertura, è una situazione divenuta ormai ordinaria e costante nei processi
di attuazione delle politiche pubbliche che si svolgono in ciascun ordinamento: le
amministrazioni si trovano comunemente a gestire una varietà di norme, sia procedurali
che sostanziali, prodotte dalle istituzioni di ordinamenti differenti, oltre che a
tenere conto delle pratiche amministrative sviluppate per la loro esecuzione. Occorre
chiedersi, ora, in quali modi l’interlegalità si presenti. Diversamente da quello che si
potrebbe immaginare, infatti, essa non si configura come una situazione unitaria, ma può
avere molte declinazioni diverse.
Utilizzando come punto di partenza
la tassonomia proposta nel paragrafo precedente, possiamo osservare, anzitutto, che i
caratteri delle situazioni di interlegalità variano in base ai modi nei quali gli
ordinamenti mettono in relazione tra loro i processi di attuazione delle proprie
politiche. Quando gli ¶{p. 349}ordinamenti optano per la condivisione
delle responsabilità dell’attuazione di una politica, la molteplicità di norme che si
rivelano potenzialmente rilevanti è inquadrata all’interno di un contesto istituzionale
e decisionale che promuove la convergenza degli ordinamenti coinvolti intorno ad alcuni
valori e finalità. Nel caso in cui il modo di riconoscimento sia quello del
coordinamento delle responsabilità, invece, le diverse componenti del diritto composito
potenzialmente rilevante nel processo di attuazione di una determinata politica pubblica
possono riflettere normatività e obiettivi diversi e coesistono in un disegno più ampio
funzionale al rafforzamento dell’efficacia dell’azione delle amministrazioni dei vari
ordinamenti. Il diritto composito, ancora, presuppone addirittura un conflitto tra
valori e normatività quando emerge nel contesto di processi di esecuzione volti a
proteggere la responsabilità delle amministrazioni di un ordinamento da possibili
interferenze esterne. In altri termini, se dal punto di vista strutturale la situazione
della interlegalità presuppone sempre una molteplicità di norme poste da istituzioni di
ordinamenti diversi e potenzialmente rilevanti nel processo di attuazione delle
politiche pubbliche di uno specifico ordinamento, la logica della rilevanza di questa
molteplicità di fonti varia in relazione al disegno complessivo dei rapporti che gli
ordinamenti stabiliscono tra i processi di attuazione delle proprie politiche.
Le situazioni di interlegalità non
sono solo diverse tra loro, ma anche mobili e dinamiche. Come si è osservato nel
paragrafo precedente, le scelte regolatorie delle istituzioni politico-amministrative
non sono stabili e perfettamente coerenti, ma soggette a frequenti mutamenti, non sempre
prevedibili, e talora addirittura contraddittorie o attraversate da tensioni. In questo
contesto, le situazioni di interlegalità sono inevitabilmente cangianti, perché il senso
e i modi della rilevanza del diritto composito cambiano con il mutare delle scelte
regolatorie o riflettono le ambiguità e le contraddizioni di queste ultime. Per
descrivere una situazione di interlegalità, allora, non è sufficiente individuarne la
logica di fondo, che può essere ricondotta alle tre macro-opzioni sopra richiamate.
Occorre andare oltre la statica e ricostru¶{p. 350}irne la traiettoria
dinamica, il movimento che la avvicina o la allontana da uno dei tre poli principali.
Due esempi possono illustrare la
ricchissima varietà di queste situazioni e aiutare a mettere a fuoco il carattere mobile
e dinamico dell’interlegalità. Riguardano entrambi l’attività delle amministrazioni di
un ordinamento statale, quello italiano, e hanno ad oggetto, rispettivamente, le
politiche di tassazione delle cosiddette multinazionali digitali e la politica italiana
sul soccorso marittimo.
3.1. L’esempio della politica italiana sulla tassazione delle multinazionali digitali
La tassazione delle
multinazionali digitali, imprese di grandi dimensioni che offrono servizi digitali o
avvalendosi di strumenti digitali, è oggetto di specifiche politiche da parte degli
Stati che intendono contrastarne le tecniche di spostamento del reddito imponibile
dai Paesi di creazione del valore ai Paesi di residenza fiscale.
Come noto, infatti, queste
imprese stabiliscono la propria residenza fiscale in Stati nei quali beneficiano di
trattamenti fiscali vantaggiosi, dai quali offrono i propri servizi immateriali in
altri Stati, senza avvalersi in questi ultimi di organizzazioni qualificabili come
«stabili» ai sensi della normativa internazionale e sfuggendo in questo modo alla
loro capacità impositiva
[17]
. A fronte di questo fenomeno, le politiche degli Stati diversi da quelli
di residenza mirano a recuperare una capacità impositiva proporzionata al valore
prodotto sul proprio territorio. L’Italia, ad esempio, ha dapprima ampliato la
nozione di «stabile organizzazione» sino quasi a individuare il presupposto per
l’imponibilità delle imprese estere nella loro «presenza economica»; quindi, ha
introdotto, nel 2017, ¶{p. 351}una speciale procedura di
collaborazione e cooperazione, che permette alle multinazionali di grandi dimensioni
che operino in Italia di regolarizzare spontaneamente la propria posizione fiscale;
infine, nel 2018, ha introdotto l’imposta sui servizi digitali fruiti nel territorio
italiano.
Nella prospettiva della
interlegalità, una politica come quella dello Stato italiano è riconducibile a una
delle tre macro-opzioni individuate nelle pagine precedenti, quella del «conflitto
di responsabilità». Il legislatore italiano, infatti, ha scelto una soluzione
unilaterale, che muove dal presupposto di una differenza di valori, obiettivi e
interessi tra lo Stato italiano e gli Stati a tassazione privilegiata. Sul piano
amministrativo, questo approccio difensivo e non cooperativo rispetto alle politiche
degli Stati di residenza implica che le amministrazioni italiane non svolgano le
proprie attribuzioni attuando un diritto composito o coordinandosi con le
amministrazioni degli altri Stati coinvolti per realizzare un interesse finanziario
comune. Al contrario, sono responsabili dell’attuazione delle normative nazionali e
operano attraverso processi disciplinati da regole volte a salvaguardare la loro
autonomia decisionale rispetto a possibili influenze esterne all’ordinamento. Vi è,
naturalmente, un processo di riconoscimento delle altre legalità e delle norme e
delle pratiche amministrative degli altri ordinamenti. Ma questo riconoscimento è
sostanzialmente difensivo, orientato alla protezione dell’azione amministrativa
nazionale, funzionale all’esecuzione di una politica unilaterale.
Sarebbe sbagliato, però,
concludere che l’interlegalità si presenti, in questo ambito, come una situazione
stabile. L’esempio della politica italiana sulla tassazione delle multinazionali
digitali, infatti, mostra come l’interlegalità sia una situazione fluida, soggetta a
varie oscillazioni. Nonostante l’ambizione di sviluppare una politica unilaterale,
le istituzioni politiche italiane promuovono, in parallelo, iniziative bilaterali e
multilaterali. In particolare, l’Italia ha stipulato numerose convenzioni bilaterali
con molti altri Stati per evitare le doppie imposizioni. E promuove e sostiene da
tempo gli sforzi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico
(OCSE) di consolidare soluzioni ¶{p. 352}condivise tra più Stati,
soprattutto attraverso le raccomandazioni del progetto Base Erosion and
Profit Shifting (BEPS). Queste iniziative faticano ad affermarsi
davvero, data la varietà degli interessi in gioco. Ma rendono più complicata la
situazione di interlegalità, perché mostrano come le istituzioni politiche italiane
spingano, nello stesso tempo, in due direzioni diverse: verso un riconoscimento non
cooperativo delle altre legalità, quando introducono misure unilaterali, e verso un
riconoscimento orientato alla condivisione delle responsabilità
politico-amministrative, là dove partecipano alla costruzione di un insieme di
raccomandazioni globali che mirano a curare un interesse finanziario comune e a
coordinare le attribuzioni amministrative dei soggetti partecipanti.
Ci si potrebbe chiedere quanto
le istituzioni politiche siano effettivamente in grado di riconoscere la dinamica
che imprimono attraverso le proprie scelte alla situazione di interlegalità e se sia
possibile individuare dei criteri prescrittivi che sono tenute a rispettare. Tale
problema, però, fuoriesce dai limiti di questo studio, dedicato alla fase
discendente del processo regolatorio. Ciò che interessa direttamente, invece, è la
circostanza che il carattere dinamico dell’interlegalità implica, sul piano
amministrativo, che le autorità nazionali si trovino a gestire situazioni nelle
quali le norme nazionali, costruite con una logica difensiva, possono entrare in
conflitto con le convenzioni bilaterali stipulate dall’Italia e con le
raccomandazioni prodotte dall’OCSE, formalmente non vincolanti ma sostenute da vari
incentivi reputazionali. Le amministrazioni italiane, in altri termini, sono
chiamate a gestire due diverse e divergenti situazioni di interlegalità, una
incentrata sulla protezione della responsabilità delle stesse amministrazioni
nazionali, l’altra orientata alla condivisione di tale responsabilità con quelle
degli altri Stati.
3.2. L’esempio della politica italiana sul soccorso marittimo
Il secondo esempio conferma il
dinamismo e la mobilità delle situazioni di interlegalità che si presentano di
fronte all’amministrazione, ma in un senso diverso da quello del caso
¶{p. 353}precedente: le vicende recenti della politica italiana sul
soccorso marittimo, tassello importante della più ampia politica migratoria,
mostrano come l’interlegalità possa complicare considerevolmente i propri contenuti
pur restando orientata alla condivisione delle responsabilità
politico-amministrative; e come tale complicazione renda meno stabili e prevedibili
le condotte delle amministrazioni chiamate a dare attuazione alla politica
nazionale.
Note
[16] Il riferimento alla teoria dei quanti, sia per l’impatto sulla fisica tradizionale, paragonabile a quella della globalizzazione rispetto al diritto, sia per la possibilità di usarne alcuni strumenti analitici, come quello di entanglement, si deve a S. Battini, Il «caso Micula». Diritto amministrativo e entanglement globale, in «Rivista trimestrale di diritto pubblico», 2017, pp. 325 ss.
[17] Per una discussione puntuale e aggiornata della questione e delle sue possibili soluzioni, tra ordinamenti nazionali e regimi ultrastatali, si veda M. Pacini, La tassazione delle multinazionali digitali nell’arena globale degli interessi economici, in «Giornale di diritto amministrativo», 2019, pp. 35 ss.