Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c10
Può essere utile compiere un tentativo di sistematizzazione delle ipotesi di rilevanza della norma straniera distinguendo quelle in cui l’osservanza della stessa pare rilevare solo come fatto che condiziona il processo motivazionale interno al soggetto, suscettibile di influire sul giudizio di colpevolezza o sulla personalizzazione della pena, da quelle in cui la stessa sembra concorrere con le norme interne a qualificare il fatto dando origine ad una vera e propria
{p. 244}situazione interlegale sul piano del giudizio di tipicità o di antigiuridicità.

2.1. Tassonomia delle ipotesi di rilevanza della norma straniera. Fatto commesso nel territorio nazionale da un soggetto straniero

I principi di obbligatorietà della legge penale sul territorio e di giurisdizione territoriale di cui rispettivamente agli artt. 3 e 6 c.p. inducono ad escludere la rilevanza della norma straniera, invocata dal soggetto in quanto vigente nel proprio ordinamento di appartenenza, nell’ambito del giudizio penale sul fatto realizzato in Italia. Se il fatto è sanzionato penalmente dall’ordinamento ciò significa che esso è lesivo dei valori fondamentali della società; la qualificazione di estraneità dell’autore non può pertanto essere idonea a sottrarlo alla qualificazione penale dell’ordinamento nazionale, a maggior ragione nei casi di giurisdizione territoriale che costituisce l’emblema della sovranità statale [5]
, né ad attrarlo sotto l’eventuale qualificazione di liceità dell’ordinamento straniero.
In questi casi non sembra sussistere un conflitto tra norma interna e norma straniera qualificabile come situazione di interlegalità. Saremmo piuttosto di fronte ad un conflitto tra doveri appartenenti a diversi e separati ordinamenti giuridici [6]
, quello di appartenenza soggettiva e quello del locus commissi delicti, rilevante solo nella misu{p. 245}ra in cui influisce sulla capacità del soggetto di orientarsi rispetto al precetto penale. L’aver realizzato un fatto che si ignorava fosse penalmente illecito, in quanto tale non è secondo l’ordinamento di appartenenza, può costituire così una circostanza rilevante ai fini del giudizio di colpevolezza – in particolare per valutare l’eventuale scusabilità dell’errore sulla legge penale ai sensi dell’art. 5 c.p. – e della personalizzazione della pena.
La questione della rilevanza delle norme straniere rispetto a fatti commessi in Italia si è posta specialmente con riguardo allo straniero che si conformi a norme culturali, religiose, sociali che qualifichino il medesimo fatto sanzionato penalmente dall’ordinamento interno come lecito o addirittura doveroso [7]
. Tali norme vengono invocate anche con efficacia scriminante rispetto a certi delitti, soprattutto in ambito familiare [8]
. Per quanto si tratti spesso di norme ab origine extragiuridiche, la relativa osservanza è rilevante sul piano della valutazione di antigiuridicità in quanto può costituire espressione dell’esercizio di un diritto giuridicamente rilevante – e oltretutto costituzionalmente tutelato – come il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero e la propria religione [9]
. Così costruito, peraltro, il conflitto tra norma culturale e norma interna risulta tutto interno all’ordinamento e la sua soluzione passa per la delimitazione del contenuto dei diritti di cui agli artt. 19 e 21 Cost.{p. 246}
Simile scenario sembra porsi anche nel caso di un soggetto che realizzi sul territorio italiano un fatto penalmente rilevante nell’adempimento di un dovere giuridico impostogli dal proprio ordinamento di appartenenza; ad esempio, nel noto caso Abu Omar [10]
, in cui degli agenti dei servizi di sicurezza americani hanno invocato la scriminante dell’adempimento del dovere rispetto al fatto di sequestro di persona sulla base della doverosità nell’ordinamento statunitense della cd. extraordinary rendition – ossia la procedura extragiudiziale di consegna di presunti terroristi a Paesi stranieri per provvedere al relativo interrogatorio e alla relativa detenzione. In quell’occasione, la Cassazione ha affermato che «alla stregua di quanto disposto dall’art. 6 c.p., non può revocarsi in dubbio che il parametro normativo al quale riferirsi, sia per individuare il contenuto del “dovere”, sia per verificare la legittimità dell’ordine impartito, debba essere ricercato nell’ordinamento italiano».
È interessante notare che la Cassazione, pur negando in principio l’astratta efficacia precettiva della norma straniera, ne esclude l’idoneità a fondare una situazione giuridicamente rilevante ai sensi dell’art. 51 c.p., o a rendere il fatto atipico, in ragione della relativa incompatibilità con i valori costituzionali, più che dell’irrilevanza a priori per l’ordinamento. Così si esprime:
Può invero darsi per certo che tale pratica sia consentita secondo le leggi di quel paese; e se ne può anche trarre la conseguenza che, qualora l’esecuzione di una rendition sia ad essi ordinata, gli agenti del servizio segreto americano siano tenuti verso i propri superiori ad eseguirla; ma ciò non li scrimina di fronte alla legge italiana, secondo la quale «la libertà personale è inviolabile» e «non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge» (art. 13 Cost.); con l’ovvio corollario per cui non può esservi dovere istituzionale, né ordine specifico proveniente da qualsiasi autorità diversa da quella giudiziaria, che possa legittimamente imporre a chicchessia l’obbligo di privare una persona della sua {p. 247}libertà: onde, se il fatto così realizzato è conforme – come è nella fattispecie – al modello descrittivo di cui all’art. 605 cod. pen., ne consegue la responsabilità dell’agente, senza che sia invocabile la causa di giustificazione di cui si discute.
Le medesime ambiguità possono riscontrarsi nei casi riguardanti norme straniere di carattere culturale, religioso e sociale invocate con efficacia scriminante. In definitiva, i giudici sembrano ritenere che la norma straniera sia irrilevante non a priori ma solo quando ponga in pericolo diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione e, in particolare, un valore supremo come la dignità della persona, secondo una valutazione direttamente svolta dal giudice comune [11]
. Portando alle estreme conseguenze questo ragionamento potrebbe forse sostenersi che la norma straniera invocata dal soggetto agente sia idonea a spiegare efficacia normativa nell’ordinamento purché la sua applicazione non comprometta valori fondamentali ma interferisca con fattispecie bagatellari che tutelano interessi sacrificabili a fronte di quello all’osservanza della norma straniera.
Il limite assiologico all’ingresso delle norme straniere viene peraltro eretto dalla giurisprudenza anche per negarne la rilevanza sul piano della valutazione dell’elemento soggettivo del reato: una norma straniera in conflitto con i principi fondamentali dell’ordinamento nemmeno potrebbe essere presa in considerazione come elemento fattuale per valutare la scriminante putativa, l’esclusione del dolo, l’attenuazione della pena. Tale soluzione tranchant forse si rivela eccessivamente rigorista nella misura in cui impedisce {p. 248}ogni valutazione circa la rilevanza della norma nell’ambito del conflitto motivazionale che ha determinato, l’azione delittuosa; tanto più qualora la norma qualifichi il comportamento come doveroso [12]
.

2.2. Fatto commesso nel territorio nazionale caratterizzato da elementi normativi qualificabili dalla legge straniera

Un’ipotesi controversa di conflitto interlegale riguarda la sussistenza, nella fattispecie contestata, di elementi normativi extrapenali qualificabili secondo la legge straniera in conseguenza dell’estraneità rispetto all’ordinamento interno dei rapporti giuridici sottostanti.
Si pensi al caso in cui l’elemento normativo extrapenale sia qualificabile sulla base della legge straniera secondo il diritto internazionale privato.
La questione è stata affrontata in un recente caso giurisprudenziale in cui era contestata la fattispecie di sottrazione e trattenimento di minore all’estero di cui all’art. 574 bis c.p. [13]
al padre che aveva portato con sé in Pakistan i propri figli minori di nazionalità pakistana impedendo alla madre l’esercizio della potestà genitoriale. Per risolvere questo
{p. 249}caso è necessario stabilire se gli elementi normativi della «sottrazione del minore al genitore esercente la responsabilità genitoriale» e dell’«impedimento dell’esercizio della responsabilità genitoriale» debbano essere qualificati sulla base dell’ordinamento italiano avente giurisdizione ai sensi dell’art. 6 c.p. oppure dell’ordinamento straniero – nella specie pakistano – chiamato a regolare i rapporti familiari, in quanto legge nazionale dei figli, dall’art. 36 della l. 31 maggio 1995 n. 218 di diritto internazionale privato.
Note
[5] Il criterio di giurisdizione territoriale trova giustificazione del resto nell’effettività del sistema penale. Sui criteri di giurisdizione cfr. M. Pisani, Giurisdizione penale, in Enc. Dir., XIX, Milano, Giuffrè, 1970, pp. 381 ss.
[6] Sulla distinzione tra conflitti propri e impropri a seconda che riguardino il medesimo ordinamento giuridico o altri ordinamenti, A. Baratta, Antinomie giuridiche e conflitti di coscienza, Milano, Giuffrè, 1963, passim. Sul tema del conflitto di doveri, definito come «il conflitto tra il dovere di astenersi dalla commissione di un fatto penalmente rilevante e l’opposto dovere di compiere il fatto medesimo, in presenza di particolari circostanze», cfr. F. Viganò, Stato di necessità e conflitto di doveri, Milano, Giuffrè, 2000, p. 476.
[7] Sul tema cfr. C. De Maglie, I reati culturalmente motivati, Pisa, ETS, 2010, spec. pp. 159 ss. con riguardo ai possibili profili di rilevanza della motivazione culturale rispetto alle categorie della teoria del reato; F. Basile, Immigrazione e reati «culturalmente motivati». Il diritto penale nelle società multiculturali europee, Milano, Giuffrè, 2010; F. Parisi, Cultura dell’altro e diritto penale, Torino, Giappichelli, 2010, passim.
[8] Di recente Cass. pen., sez. III, 2 luglio 2018, n. 29613, con riguardo ai toccamenti dei genitali del figlio in tenera età realizzati dal padre, facenti parte, secondo la difesa, di una pratica culturale adottata in alcune zone rurali dell’Albania espressiva di un augurio di prosperità.
[9] Cass. I 31 marzo 2017 n. 24084, sull’invocazione della libertà di religione rispetto al porto d’armi da parte di un soggetto di religione Sikh che portava con sé il kirpan, coltello simbolico dell’appartenenza a tale religione.
[10] Cass. V, 11 marzo 2014, n. 39788, Abu Omar.
[11] Così afferma la Cassazione: «nessun sistema penale potrà mai abdicare, in ragione del rispetto di tradizioni culturali, religiose o sociali del cittadino o dello straniero, alla punizione di fatti che colpiscano o mettano in pericolo beni di maggiore rilevanza (quali i diritti inviolabili dell’uomo garantiti e i beni ad essi collegati tutelati dalle fattispecie penali), che costituiscono uno sbarramento invalicabile contro l’introduzione, di diritto e di fatto, nella società civile, di consuetudini, prassi, costumi che tali diritti inviolabili della persona, cittadino o straniero, pongano in pericolo o danneggino» (Cass. III, 20 novembre 2019, n. 7590; 29 gennaio 2018, n. 29613; 5 giugno 2015, n. 37364; 31 maggio 2017, n. 53135).
[12] Mantovani, Esercizio del diritto, cit., pp. 660 ss. tende a sottolineare la differenza tra diritto e dovere nel senso che l’imposizione di un dovere si traduce in una situazione di non esigibilità per il destinatario, mentre l’attribuzione di un diritto non esclude la libera scelta del titolare. De iure condendo prospetta così la rilevanza dell’osservanza del dovere imposto da un ordinamento straniero come causa soggettiva di esclusione della punibilità, alla stregua di quanto previsto dall’art. 51, ult. co. c.p. per il caso di insindacabilità dell’ordine illegittimo. Le osservazioni dell’autore, peraltro, sono circoscritte ai casi di giurisdizione extraterritoriale della legge penale italiana.
[13] Ci si può domandare a tal proposito se, qualora il fatto di reato presenti degli elementi normativi riferibili a rapporti giuridici dotati di elementi di estraneità rispetto all’ordinamento interno, la legge di diritto internazionale privato n. 218/1995 o le convenzioni di diritto internazionale privato possano rendere rilevanti norme straniere ai fini della valutazione di tipicità del fatto o, come interessa in questa sede, di antigiuridicità, cfr. Cass. pen., sez. III, 20 novembre 2019, n. 7590, in banca dati Dejure.