Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c8
Partendo dal tenore letterale dell’art. 1, c. 3, GG, secondo cui «[i] diritti fondamentali vincolano la legislazione, il potere esecutivo e la giurisdizione come diritti direttamente applicabili», il Tribunale segnala che da nulla traspare che la validità di tale disposizione debba limitarsi al territorio tedesco (precisando che questo vale, ad ogni modo, per i diritti fondamentali nella loro dimensione di diritti di difesa contro le interferenze statali, quali sono le misure di sorveglianza [§ 88]). Il silenzio della GG sull’estensione dei diritti fondamentali alle attività statali condotte all’estero potrebbe essere interpretato come una restrizione dell’efficacia di tali diritti al solo territorio tedesco; tuttavia il Tribunale rigetta questa impostazione sulla base del preambolo alla GG e degli artt. 24 e 25 GG, che testimoniano l’apertura internazionale del testo costituzionale e la collocazione della Repubblica federale nel consesso delle nazioni, e, anzi, conclude che, sebbene in sede costituente non si fosse affrontata la questione della vincolatività dei diritti fondamentali all’estero e le attività di sorveglianza strategica non fossero allora
{p. 211}immaginabili, l’intento della GG di assicurare una tutela comprensiva dei diritti fondamentali suggerisce che essa debba garantirsi a prescindere da dove e nei confronti di chi agiscano le autorità statali (§ 89). Dunque il vincolo costituzionale dei diritti fondamentali sussiste anche se la limitazione degli stessi avviene al di fuori del territorio tedesco, seppur con la delimitazione della dimensione difensiva dei diritti (così anche § 104).
In secondo luogo, il Tribunale, rimarcando che la GG riconosce i diritti dell’uomo (art. 1, c. 2, GG) e li distingue dai diritti fondamentali (art. 1, c. 3, GG), si pone il problema di indagare l’efficacia territoriale anche dei diritti dell’uomo, escludendone il confinamento alla sola dimensione interna – limitazione che non trova riscontro nel dettato costituzionale e, anzi, contrasterebbe con il preambolo alla GG, che sottolinea la responsabilità del popolo tedesco in una Europa unita e nel mondo (§ 94). Neppure rileva che solamente i diritti dell’uomo siano qualificati come «inviolabili e inalienabili», non essendo tale diversa terminologia idonea a suggerire distinti ambiti territoriali di applicazione delle due categorie di diritti (§ 95). La connessione tra diritti fondamentali e diritti dell’uomo, secondo cui i primi devono essere interpretati alla luce dei secondi, rende inaccettabile la relegazione dei diritti fondamentali all’interno delle frontiere nazionali, poiché altrimenti le autorità statali sarebbero dispensate dall’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e umani quando agiscono all’estero nei confronti di cittadini (anche) stranieri (§ 96). In tale contesto il Tribunale richiama la CEDU, parametro guida nell’interpretazione dei diritti fondamentali: sebbene la Corte EDU non abbia ancora preso una posizione definitiva sulla estendibilità delle garanzie convenzionali alle operazioni di sorveglianza condotte all’estero dagli Stati contraenti [62]
, la CEDU (art. 53) non ostacola né esclude l’applicazione extraterritoriale dei diritti sanciti nella Costituzione (§§ 98-99). Il Tribunale {p. 212}si premura infine di chiarire che l’applicazione dei diritti fondamentali al di fuori della Germania non comporta una speculare estensione dei poteri degli organi statali tedeschi e, perciò, non si traduce nella violazione della sovranità di Stati terzi (§§ 101-102). Tuttavia, consapevole del fatto che il vincolo dei diritti fondamentali non è una garanzia di legittimità dal punto di vista internazionale delle misure adottate dalle autorità statali, il Tribunale afferma che nulla impedisce agli altri Stati di sollevare perplessità sulla base del diritto internazionale (§ 103).
Per quanto la sentenza costituisca un leading case [63]
, dal momento che estende i diritti fondamentali anche ai cittadini stranieri in territorio straniero (peraltro in un ambito delicato come quello della sorveglianza strategica), essa non è esente da critiche, in particolare perché lascia aperta la questione se l’applicazione extraterritoriale dei diritti fondamentali interessi anche la dimensione positiva o pretensiva di tali diritti [64]
, o se invece si limiti alla sola dimensione difensiva [65]
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6. Osservazioni conclusive

Il dovere di sintesi non rende certo giustizia alla complessità dei casi giurisprudenziali esaminati nei precedenti paragrafi. Ciascuno di essi meriterebbe un maggiore approfondimento, anche in ragione del contesto ordinamentale e delle specificità che ciascuno di essi presenta. Di seguito proviamo a segnalare alcuni profili di particolare interesse, senza alcuna aspirazione sistematica.{p. 213}
Partendo dal caso tedesco, conviene riprendere un aspetto di sicuro rilievo, una sorta di «ritorno» della dimensione difensiva dei diritti fondamentali. Nella sentenza il giudice costituzionale osserva infatti che nella misura in cui si amplia l’ambito di intervento dello Stato, anche al di fuori del territorio statale, ciò non può non avere conseguenze anche sui diritti fondamentali, che vedono così ampliare la propria dimensione o funzione difensiva (Abwehrdimension). Se così non fosse si finirebbe per lasciare sostanzialmente campo libero alle autorità tedesche, libere di agire in una sorta di spazio vuoto, non limitato dall’efficacia dei diritti fondamentali. E il Tribunale non manca di osservare che ciò risulterebbe inammissibile visto lo sviluppo tecnologico che innalza il rischio di aggressione dei diritti proprio all’estero e dall’estero (si veda in particolare il § 105 della sentenza).
La delimitazione operata dal Tribunale costituzionale federale tedesco – vale a dire il riferimento alla dimensione difensiva o negativa dei diritti – appare importante. Il «ritorno» della funzione difensiva serve a delimitare anche l’ambito possibile dell’efficacia extraterritoriale. È possibile immaginare, nel prossimo futuro, un’estensione di tale efficacia anche alla dimensione positiva o pretensiva? Per provare a rispondere, conviene lasciare il caso tedesco e spostarci, per un momento, sul testo costituzionale italiano, ove si incontra una norma di notevole suggestione per il profilo in esame, e poi su questioni di scottante attualità.
In materia di asilo l’art. 10, c. 3, Cost., notoriamente afferma che «lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo». Si tratta di una disposizione di grande interesse nella quale si stabilisce che l’ordinamento italiano attribuisce il diritto d’asilo allo straniero che nel suo Paese non può esercitare effettivamente le libertà democratiche previste dalla nostra Costituzione. Non è certo il caso di entrare nel vespaio delle diverse interpretazioni che della disposizione sono state date e soprattutto delle diverse attuazioni che essa ha avuto nel corso del tempo. Ciò premesso, è però possibile osservare che la disposizione è geneticamente fornita di una {p. 214}proiezione spaziale extraterritoriale giacché l’accertamento dell’impedimento del godimento di certe libertà in un certo territorio va fatto portando idealmente, in quel territorio, il parametro costituzionale italiano. Insomma è innegabile almeno un’aspirazione all’efficacia extraterritoriale delle libertà democratiche italiane. Ed è altrettanto evidente che la disposizione, a leggerla nel suo senso letterale, attribuisce una pretesa allo straniero nei confronti delle autorità italiane competenti al rilascio dell’asilo.
Ma sono gli effetti del cambiamento climatico ad offrire ulteriori spunti per un ampliamento della riflessione in materia di efficacia extraterritoriale dei diritti. In questa sfera a venire in gioco – è bene chiarirlo subito – sono i diritti umani. La questione è la seguente: è possibile configurare la responsabilità di uno o più Stati nel caso si affermi che le emissioni nell’atmosfera da essi consentite, per essere particolarmente elevate, hanno provocato danni a cittadini di altri Stati? In una prospettiva di diritto internazionale la risposta dovrebbe essere negativa per le ragioni che abbiamo incrociato esaminando i casi precedenti, vale a dire che una responsabilità può predicarsi se lo Stato o gli Stati hanno giurisdizione o controllo effettivo sulle persone straniere o sul territorio estero. E tuttavia un recente parere della Corte interamericana dei diritti umani pare arrivare a conclusioni differenti, ritenendo che in presenza di danni transfrontalieri una persona è considerata soggetta alla giurisdizione dello Stato dal quale proviene l’origine del danno se c’è una connessione causale tra l’incidente che ha avuto luogo nel territorio di un certo Stato e la violazione dei diritti umani di persone poste al di fuori di quel territorio. Nel caso concreto la Corte si occupa dell’obbligo di svolgere valutazioni di impatto ambientale e di altri obblighi ambientali di carattere procedimentale [66]
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Dunque, ancora una volta, l’esigenza di tutela dell’ambiente sta agendo in maniera profondamente innovativa sulle categorie giuridiche tradizionali, costringendoci a {p. 215}interrogarci, in questo caso, sui rapporti tra cambiamento climatico ed ambiti di efficacia territoriale dei diritti umani [67]
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I casi giurisprudenziali esaminati nei precedenti paragrafi presentano alcune somiglianze ma anche profonde diversità in ragione dei diversi contesti ordinamentali e delle differenti legalità che esprimono. Ma sono soprattutto le fattispecie che obbligano a distinguere l’ambito della extraterritorialità e i suoi effetti. Si è visto che la Corte EDU, seppure incidentalmente, ha ripreso il criterio del cd. effective control, costruito sulla base dell’art. 1 CEDU. Anche in questo caso dovremmo chiederci se il criterio, elaborato dalla Corte EDU per fattispecie riguardanti interventi restrittivi sulla libertà personale di soggetti residenti in territori non appartenenti allo Stato che tali interventi ha operato, possa servire per perimetrare l’azione dei pubblici poteri nei casi di sorveglianza elettronica. È chiaro infatti che nei casi di sorveglianza elettronica un problema di effective control non si pone e quindi sussiste il rischio che i diritti contenuti nella CEDU, in particolare il diritto di cui all’art. 8 da cui la Corte EDU ha ricavato anche il diritto al rispetto dei propri dati personali, possano rimanere privi di tutela.
Se così è, allora è possibile che l’efficacia extraterritoriale dei diritti dovrà assumere dimensioni e sfaccettature differenti a seconda della fattispecie presa in considerazione.
Un ulteriore profilo riguarda i livelli ordinamentali che l’efficacia extraterritoriale dei diritti coinvolge. Nel caso statunitense, in quello canadese come in quello tedesco a venire in gioco sono i diritti fondamentali riconosciuti dalle rispettive costituzioni, mentre nel caso sovranazionale e convenzionale entrano in gioco diverse categorie di diritti, ossia i diritti fondamentali dell’Unione europea e quelli riconosciuti dalla CEDU. Si annidano qui spazi interessanti di interlegalità, non tanto perché, almeno nel continente europeo, le giurisdizioni nazionali sono fortemente influenzate
{p. 216}dalla CGUE e dalla Corte EDU (nella sentenza tedesca vi sono passaggi interessanti dedicati alla giurisprudenza di quest’ultima Corte) quanto perché potranno darsi casi, in futuro, di approcci differenti a seconda della sensibilità dei giudici e dell’apertura degli ordinamenti di volta in volta considerati. Le fattispecie di efficacia extraterritoriale, ciascuna nella propria specificità, è quindi naturalmente votata ad essere esaminata con le lenti dell’interlegalità, se è vero che questa ricorre quando ricorrono tre fattori: il caso può essere risolto attraverso norme diverse provenienti da diversi sistemi normativi; queste norme devono essere tutte valide all’interno delle rispettive sfere legali; esse devono essere tutte applicabili, in principio, al caso in esame [68]
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Note
[62] Il Tribunale menziona Big Brother Watch e Centrum för Rättvisa e richiama la dottrina dell’effective control elaborata dalla Corte EDU (cfr. note 50, 51 e 55).
[63] Cfr. C. Marxsen, Strategische Fernmeldeaufklärung, in «Die öffentliche Verwaltung», 2018, pp. 225 ss.; Bifulco, L’efficacia extraterritoriale dei diritti fondamentali, cit., nota 6. Sottolinea il rilievo della sentenza per i profili attinenti alla dogmatica generale dei diritti fondamentali M. Sachs, Grundrechte: Geltung für Ausländer im Ausland, in «Juristische Schulung», 2020, pp. 706 ss.
[64] Cfr. B. Reinke, Rights reaching beyond Borders, in «Verfassung Blog», 30 maggio 2020.
[65] Cfr. Bifulco, L’efficacia extraterritoriale dei diritti fondamentali, cit.
[66] IACtHR, Advisory Opinion on Environment and Human Rights, 2017, par. 103.
[67] Per una concreta analisi dei rapporti tra categorie costituzionalistiche ed esigenze di tutela dell’ambiente sia permesso rinviare a R. Bifulco, Diritto e generazioni future. Profili giuridici della responsabilità intergenerazionale, Milano, FrancoAngeli, 2008, pp. 118 ss.
[68] Cfr. J. Klabbers e G. Palombella, Introduction. Situating Interlegality, in J. Klabbers e G. Palombella (a cura di) The Challenge of Inter-legality, Cambridge, Cambridge University Press, 2019, p. 10.