L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c8
Dal momento che la sez. 32(1) tace
sull’ambito di applicazione territoriale delle garanzie costituzionali, la CSC, per
definire la questione dell’extraterritorialità della Charter,
prende in considerazione gli obblighi di diritto internazionale e il principle
of comity of nations (Hape, § 33). Secondo il
diritto internazionale consuetudinario ogni Stato è sovrano ed eguale
[25]
, e questo impone a ciascuno Stato di rispettare la sovranità degli altri (§
40); speculare al principio di sovranità è quello di non-intervento, che non ammette
interferenze o intrusioni negli affari di uno Stato se non quando siano state da esso
espressamente consentite o siano ammissibili secondo il diritto internazionale
convenzionale o consuetudinario (§§ 43-45). Il principle of comity
consiste non in un vero e proprio obbligo di diritto
internazionale, bensì in un principio-guida secondo cui gli
Stati devono agire «courteously towards one another» (§ 50) e mostrarsi deferenti verso
le azioni legittimamente intraprese e le regole osservate da altri Stati (§ 47). Tale
deferenza non è tuttavia
¶{p. 201}incondizionata, incontrando un limite
nelle «clear violations of international law and fundamental human rights» (§ 52, cd.
fundamental human rights exeption
[26]
). Sulla base di queste premesse, rilevando che la Charter
deve essere letta alla luce delle norme e dei principi di diritto
internazionale che vincolano il Canada (§§ 53-56), la CSC afferma che la Costituzione
non può essere applicata nel territorio di un Paese terzo senza il consenso di
quest’ultimo (§ 69), a meno che non ricorra la fundamental human rights
exeption (§ 101).
Anche nelle proprie decisioni pregresse
[27]
la CSC aveva confinato l’efficacia della Charter
all’interno del territorio canadese, nel rispetto dei principi di sovranità e di
comity (§§ 71-76), ad eccezione del caso R. v.
Cook
[28]
, in cui un cittadino statunitense, arrestato negli Stati Uniti dalle
autorità locali in seguito alla richiesta di estradizione da parte del Canada, era stato
trattenuto e sottoposto a interrogatorio dagli agenti canadesi senza essere informato
del diritto all’assistenza di un avvocato, sancito dalla sez. 10(b)
Charter: poiché le autorità che avevano violato il suddetto
diritto fondamentale erano canadesi, la CSC aveva riconosciuto che esse erano vincolate
al rispetto della Charter, rilevando che nel
caso specifico l’applicazione extraterritoriale delle garanzie
costituzionali non si traduceva in un’interferenza nella
sovranità degli Stati Uniti (§§ 77-79).
L’impostazione seguita in
Cook viene fortemente criticata in Hape
[29]
: per applicare la Charter all’estero, le autorità
canadesi dovrebbero agire in conformità delle disposizioni costituzionali, ma, in questo
modo, il diritto canadese produrrebbe effetti nel territorio di un Paese terzo
sovrano, e ciò, per non violare il diritto internazionale,
potrebbe avvenire ¶{p. 202}solamente con l’esplicito consenso di tale
Paese (§§ 83-84). Se l’«extraterritorial enforcement» della Charter
è impossibile, allora lo è anche l’estensione delle garanzie costituzionali
(§ 85)
[30]
. Secondo la CSC tale conclusione è avvalorata dalla sez. 32(1) nella parte
in cui dispone l’applicabilità della Charter alle sole questioni di
competenza del Parlamento, quali non sono e non possono essere le indagini penali
condotte nel territorio di un altro Stato, visto che il Parlamento non può imporvi
l’osservanza del diritto canadese (§ 94)
[31]
.
La regola generale fissata in
Hape secondo cui la Charter non si applica
all’estero, salvo che le autorità canadesi non violino il diritto internazionale e i
diritti umani fondamentali, è stata ribadita nella sentenza Canada (Justice)
v. Khadr
[32]
. Il ricorrente, cittadino canadese, detenuto presso il carcere di Guantanamo
per omicidio e atti di terrorismo, si vedeva negato, durante il primo grado di giudizio,
l’accesso alle registrazioni delle interrogazioni condotte dall’intelligence
canadese all’interno del carcere. La Corte di appello annullava la sentenza e
ordinava la produzione delle prove documentali, riscontrando una violazione
del¶{p. 203}la sez. 7 Charter, che prevede che
limitazioni alla libertà personale siano disposte conformemente ai «principles of
fundamental justice». La CSC convalida la decisione di appello e, tornando nuovamente
sulla questione dell’efficacia extraterritoriale della Charter,
riafferma che se le autorità canadesi, nel territorio di un Paese terzo, sono coinvolte
in operazioni che violino gli obblighi internazionali in materia di diritti umani, non
si possono invocare i principi di diritto internazionale e di comitiy
per impedire l’applicazione delle garanzie costituzionali (§§ 2-3, 18-19).
Nel caso di specie la CSC richiama la giurisprudenza statunitense della CS, che aveva
dichiarato illegittime le condizioni in cui versavano in generale i detenuti (compreso
il ricorrente) presso il carcere di Guantanamo, poiché non era stato garantito loro
l’habeas ed era stato violato l’art. 3 comune alle quattro
Convenzioni di Ginevra del 1949 (§§ 21-23)
[33]
. Dal momento che il Canada riconosce e garantisce il
diritto fondamentale all’habeas ed è vincolato al rispetto delle
Convenzioni di Ginevra, la CSC conclude, sulla base delle rilevazioni della CS, che gli
agenti canadesi avevano violato i diritti umani fondamentali del ricorrente, tutelati
sia dalla Charter sia dal diritto
internazionale (§§ 24-26)
[34]
.
Il combinato delle sentenze
Hape e Khadr ha suscitato diverse critiche
e lasciato irrisolte una serie di questioni
[35]
. Si osservi, anzitutto, che se l’applicazione extraterritoriale delle
garanzie costituzionali è generalmente impossibile, si rischia la creazione di
«Charter-free zones»
[36]
e conseguentemente l’impunità per gli agenti governativi all’estero
[37]
. ¶{p. 204}Inoltre la CSC, da un lato, non si premura di
spiegare esaustivamente per quale motivo l’ambito spaziale di
applicazione della Charter debba essere definito dal diritto
internazionale e non dalla Costituzione
[38]
, le cui disposizioni vengono richiamate solo secondariamente, per
consolidare la propria posizione; dall’altro, non considera che l’assenza nella sez.
32(1) di limiti territoriali all’applicabilità della Charter
potrebbe rappresentare l’intenzione dei costituenti di non distinguere tra atti compiuti
all’interno o all’esterno dei confini statali, ovverosia di non circoscrivere la
vincolatività delle disposizioni costituzionali al territorio canadese – interpretazione
avvalorata dal fatto che, quando tratta di diritti rivolti ai soli soggetti presenti sul
suolo canadese, la Charter lo specifica espressamente
[39]
. Si noti, infine, che sia in Hape sia in
Khadr i ricorrenti erano cittadini canadesi, e nonostante la
CSC non abbia fatto riferimento al criterio della nazionalità – diversamente dalla CS –
sorge il dubbio se questo sia stato un elemento determinante
[40]
.
4. Le diverse prospettive della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte europea dei diritti dell’uomo
Nel contesto europeo, il dibattito
sulla sorveglianza elettronica – provocato dall’eco delle rivelazioni di E. Snowden
[41]
– ha posto in una nuova la luce la questione della sfera territoriale
¶{p. 205}di efficacia dei diritti sanciti nella Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea (CDFUE) e nella Convenzione europea dei diritti
dell’uomo (CEDU).
In ambito sovranazionale si
registrano due sentenze di estrema rilevanza in materia
[42]
, ccdd. Schrems I
[43]
e Schrems II
[44]
, alla cui origine vi è la denuncia presentata da M. Schrems al Commissario
per la protezione dei dati irlandese al fine di impedire il trasferimento dei propri
dati personali da Facebook Ireland a Facebook Inc., negli Stati Uniti, a causa
dell’accesso libero e incondizionato dei servizi segreti statunitensi ai dati contenuti
nei server di Facebook Inc. In entrambe le occasioni la Corte di giustizia dell’Unione
europea (CGUE) ha invalidato le decisioni della Commissione sull’adeguatezza del regime
di protezione dei dati tra Unione europea e Stati Uniti
[45]
, riscontrando che questi ultimi non garantiscono ai cittadini europei un
livello di protezione dei dati personali sostanzialmente equivalente a quello assicurato
dal diritto dell’Unione. In particolare, la CGUE ha rinvenuto nell’accesso generalizzato
ai dati da parte delle autorità di intelligence statunitensi
un’ingerenza non proporzionata nei diritti fondamentali al rispetto della
¶{p. 206}vita personale e al trattamento dei dati personali, di cui agli
artt. 7 e 8 CFDUE, e nell’impossibilità di far valere i diritti individuali dinanzi a un
giudice una violazione del contenuto essenziale del diritto a una tutela giurisdizionale
effettiva, ai sensi dell’art. 47 CDFUE
[46]
.
Note
[25] Carta ONU, art. 2(1); A. Cassese, International Law, Oxford, Oxford University Press, 2005, p. 48.
[26] Così, ex multis, C. Sethi, Does the charter follow the flag? Revisiting constitutional extraterritoriality after «R. v. Hape», in «Dalhousie Journal of Legal Studies», 20, 2011, pp. 102 ss.
[27] 3 SCR 562 (1995), R. v. Harrer; 2 SCR 207 (1996), R. v. Terry; 1 SCR 841 (1998), Schreiber v. Canada (Attorney General).
[28] 2 SCR 597 (1998).
[29] Vi è chi ha rinvenuto in Hape un definitivo «overruling» di Cook, cfr. Rennie e Rothschild, The Canadian Charter of Rights and Freedoms and Canadian Officials Abroad, cit., p. 128.
[30] Precisamente la CSC dice che «[s]ince extraterritorial enforcement is not possible, and enforcement is necessary for the Charter to apply, extraterritorial application of the Charter is impossible» (§ 85).
[31] Lo schema elaborato dalla CSC per valutare se vi siano i presupposti per l’applicazione, in via eccezionale, delle garanzie costituzionali alle indagini condotte all’estero si articola in due fasi (parla di «two-stage test» o «Hape test» P. Hay, Standing on Guard: Territory, Terrorism and the Limits of the Canadian Constitution Post-Hape, in WP12-OSN, 2017, pp. 9-10): bisogna verificare che le attività poste in essere dalle autorità canadesi siano riconducibili alla sez. 32(1) Charter (§ 103) e, in caso affermativo, che lo Stato interessato abbia espresso il proprio consenso a tale applicazione (§ 106) – circostanza rara, per cui nella maggior parte dei casi la Charter non troverà applicazione (§ 113). Laddove il consenso non risulti con evidenza, il giudice dovrà valutare se gli agenti canadesi nel corso delle indagini abbiano violato il diritto fondamentale a un equo processo e, se del caso, non utilizzare le prove ivi raccolte (§§ 107-113). Nel caso di specie la CSC esclude sia l’applicazione extraterritoriale della Charter, non essendo le perquisizioni e i sequestri nelle isole Turks e Caicos questioni di competenza del Parlamento (§ 118), sia la violazione del diritto a un equo processo (§121).
[32] 2008 SCC 28.
[33] Le sentenze americane richiamate dalla CSC sono Rasul v. Bush e Hamdan v. Rumsfeld (cfr. note 6 e 7).
[34] Principio ulteriormente ribadito in 2010 SCC 3, Canada (Prime Minister) v. Khadr (§ 14).
[35] L’attualità del problema (e l’assenza di una soluzione chiara) è sottolineata altresì dal Governo canadese (cfr. https://www.justice.gc.ca/eng/csj-sjc/rfc-dlc/ccrf-ccdl/check/art321.html).
[36] Cfr. K. Roach, R. v. Hape Creates Charter-Free Zones for Canadian Officials Abroad, in «Criminal Law Quarterly», 53, 2007, pp. 1 ss.
[37] Cfr. J.H. Currie, Khadr’s Twist on Hape: Tortured Determinations of the Extraterritorial Reach of the Canadian Charter, in «Annuaire canadien de droit international», 46, 2008, pp. 307 ss., 316.
[38] Cfr. M. Webb, The Constitutional Question of Our Time. Extraterritorial Application of the Charter and Afghan Detainees Case, in «28NatJConstL», 2011, pp. 235 ss., 244-245.
[39] Cfr. A. Attaran, Have Charter, Will Travel? Extraterritoriality in Constitutional Law and Canadian Exceptionalism, in «Canadian Bar Review», 87, 2008, pp. 513 ss., 523. L’autore fa riferimento, in particolare, alla sez. 23 Charter.
[40] Cfr. C.I. Keitner, Framing Constitutional Rights, in «Southwestern Law Review», 40, 2011, pp. 617 ss., 630; Lobel, Fundamental norms, International Law, and the Extraterritorial Constitution, cit., p. 355.
[41] Cfr. G. Greenwald e E. MacAskill, NSA Prism program taps in to user data of Apple, Google and others, in «The Guardian», 7 giugno 2013. Sul punto: F. Pizzetti, Datagate, Prism, caso Snowden: il mondo tra nuova grande guerra cibernetica e controllo globale, in www.federalismi.it, 26 giugno 2013.
[42] Per una riflessione generale sulla sfera spaziale di applicazione della CDFUE, cfr. V. Moreno-Lax e C. Costello, The Extraterritorial Application of the EU Charter of Fundamental Rights: From Territoriality to Facticity, the Effectiveness Model, in S. Peers et al., Commentary on the EU Charter of Fundamental Rights, Oxford, Hart, 2014, pp. 1657-1683, in cui è puntualmente argomentato che le disposizioni di Trattati non creano ostacoli all’applicazione extraterritoriale del diritto dell’Unione e, nello specifico, della CDFUE (p. 1682).
[43] CGUE, 6 ottobre 2015, C362/14, sui cui si rinvia a R. Bifulco, La sentenza Schrems e la costruzione del diritto europeo della privacy, in «Giur.cost.», 2016, pp. 289 ss.; S. Crespi, La tutela dei dati personali UE a seguito della sentenza Schrems, in «Eurojus», 2 novembre 2015.
[44] CGUE, 16 luglio 2020, C311/18, su cui si rinvia a R. Bifulco, Il trasferimento dei dati personali nella sentenza Schrems II: dal contenuto essenziale al principio di proporzionalità e ritorno, in «DPERonline», 2020, n. 2; O. Pollicino, Diabolical Persistence. Thoughts on the Schrems II Decision, in «Verfassungsblog», 25 luglio 2020.
[45] In Schrems I viene invalidata la dec. 2000/520 di esecuzione dell’accordo cd. Safe Harbor; in Schrems II viene invalidata la dec. 2016/1250 di esecuzione del nuovo accordo cd. Privacy Schield.
[46] Si precisa che la CGUE in Schrems I si è pronunciata solamente sugli artt. 7 e 47 CDFUE (cfr. V.M. Pfisterer, The Right to Privacy – A Fundamental Right in Search of Its Identity: Uncovering the CJEU’s Flawed Concept of the Right to Privacy, in «German Law Journal», 2019, p. 732, e in Schrems II ha considerato anche l’art. 8 CDFUE.