Declinare crescendo
Note critiche dall'interno del sindacato
Lo "Scaffale di Lavoro e diritto" è un progetto dell'omonima rivista: una libreria virtuale, creata per accogliere le ristampe (digitali e in open access) di selezionati studi lavoristici che il Mulino ha pubblicato nella seconda metà del secolo scorso, a beneficio di nuove generazioni di studiosi.
La prefazione a questa riedizione digitale è stata scritta da Riccardo Salomone.
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Scritta da chi, già allora, era uno dei più preparati dirigenti sindacali, questa monografia qualifica la lettura gius-specialistica del lavoro proposta sul finire degli anni Settanta. L’urgenza della sua riproposizione è data dalla sua mai finita "ricezione". La lettura o rilettura del libro di Manghi ci riporta infatti alle domande basiche – e sempre attuali – che accompagnano le ricorrenti previsioni sul declino del sindacalismo e sulle funzioni dello stesso. Per quanto indebolite, oggi le confederazioni si dimostrano ancora sulla scena, mentre radicalmente cambiati, per non dire scomparsi, sono i partiti del tempo in cui Manghi scrive. Forse ciò non è avvenuto per contingenza. Forse la funzione del sindacato che Manghi individuava, la capacità del sindacato di essere uno strumento antisistema e antiautoritario, insieme strumento di gestione del consenso interno all’organizzazione e di confronto esterno con la società, sono le ragioni della sua persistenza.
Questa edizione digitale è stata pubblicata con il contributo del Dipartimento Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento.
I CAPITOLI
DOI | 10.1401/9788815413505/p1
Prefazione alla riedizione digitale
Declinare crescendo. Note critiche dall’interno del sindacato, il libro di Bruno Manghi uscito con il Mulino nella collana Universale Paperbacks (UPM 60) nel maggio del 1977, è considerato da molti alla stregua di un piccolo classico del pensiero gius-sindacale; un classico che perdipiù contiene una profezia non scontata e in larga parte avverata sul destino del sindacato occidentale. Qui proverò a riprendere e fissare alcuni dei motivi della fortuna di questo volumetto di sole 126 pagine. Con un richiamo delle tesi del libro e al profilo dell’autore, traccerò per chi vorrà leggere, o rileggere, Manghi in questa nuova edizione digitale un breve inquadramento per così dire storico – perché ormai di storia si tratta – del contesto in cui il libro venne pensato e scritto. Cercherò inoltre di illustrare quale sia il valore attuale e quindi il senso della meritoria ripubblicazione da parte dell’editore. In sintesi, il libro che i curatori dello Scaffale hanno avuto l’intuizione e la...
Pagine | 1 - 17
DOI | 10.1401/9788815413505/p2
Copertina originale
Dieci anni fa sarebbe stato davvero arduo trovare uno studioso, economista o politologo, in grado di prevedere un futuro autorevole del sindacalismo italiano. Forse soltanto nei sogni di qualche lavoratore colpito da provvedimenti antisindacali o nei discorsi di qualche sindacalista della «seconda» generazione covavano speranze tanto ambiziose. Al culmine della sua ascesa organizzativa e istituzionale, compaiono tuttavia nell’edificio sindacale segni di un possibile declino. Da dove traggono origine? Dai colpi della crisi economica? Dalla rivalsa dei partiti, impegnati a riconquistare un ruolo diretto tra i lavoratori e nel sistema produttivo? Questo libro vuole spostare l’attenzione sui meccanismi funzionali del sindacato, attribuendo le sue difficoltà principalmente all’emergere di una nuova élite interna, sul ceppo di culture e tradizioni inadeguate nelle difficili prove dell’oggi. Il rapporto con i mass-media, le dinamiche dell’aggressività, il professionismo, le tendenze...
Pagine | 19 - 19
DOI | 10.1401/9788815413505/p3
Prefazione
Quando si comincia a vedere nel proprio mondo la traccia di un declino, viene qualche volta in mente che lo scoramento o il gusto polemico ci stiano inducendo in errore, quasi si traesse soddisfazione da una critica distruttiva. Desidero invece che queste note siano lette come appartenenti al sindacato e che, al di là della loro plausibilità, sappiamo tradire il legame profondo e personale con questa esperienza collettiva. Mi è accaduto di vivere abbastanza a lungo e in una condizione privilegiata (i metalmeccanici a Milano) la crescita del sindacato a partire dal ’62-’63. Ci sono stati momenti in cui la crescita prendeva la mano, andava ben oltre qualunque progetto razionale. Le difficoltà dell’oggi si esprimono anzitutto attraverso il raffreddamento delle speranze, mettono in discussione l’identificazione collettiva e l’intensa solidarietà che hanno segnato la vita di molti. Per inclinazione tendo a pensare che è piuttosto futile affannarsi nell’invenzione di strategie esterne,...
Pagine | 7 - 10
DOI | 10.1401/9788815413505/c1
capitolo primo
Lo spirito della negoziazione
A partire dagli anni ’59-’60 il sindacalismo italiano si è affermato come presenza sociale decisiva nella vita civile e nei meccanismi di decisione che influenzano lo sviluppo economico. Un’ascesa contrastata, rallentata dalla crisi tra il ’64 e il ’66, accelerata e resa quasi irresistibile dal movimento successivo. Il sindacato forte e aggressivo che abbiamo conosciuto non era previsto dal patto costituzionale e dalla legislazione, né era concepibile dalla cultura politica del nostro Paese, tradizionalmente miope rispetto alle vicende della società civile, quanto ossessivamente attenta ai partiti e alla struttura dello Stato. Sarebbe tuttavia una semplificazione considerare l’ascesa del sindacalismo alla stregua di una meccanica irruzione all’interno di un ordine sociale: essa ci sembra aver coinciso con l’affermarsi nei comportamenti di massa e principalmente nei rapporti economici di nuovi valori e conseguenti atteggiamenti. Uno in particolare ci appare rilevante, lo spirito...
Pagine | 11 - 21
DOI | 10.1401/9788815413505/c2
capitolo secondo
Il sindacalismo dell'immagine
Le osservazioni che seguono intendono utilizzare un punto di vista particolare per illuminare alcuni aspetti di un vasto processo di ricollocazione e ridefinizione del sindacalismo italiano. Certo, per valutare gli effetti della crisi sulla pratica sindacale sarebbe stato meglio procedere, secondo la logica classica, da un’analisi del quadro internazionale, degli equilibri economici e dei rapporti di classe. Chi scrive non era in grado di compiere questa operazione andando al di là delle ovvietà e del clima di «già vissuto» che normalmente impregna tali indagini, e per questo si muove in un’ottica necessariamente e volutamente parziale. La tesi che proponiamo è la seguente: il sindacalismo italiano ha cominciato recentemente – al culmine della sua ascesa istituzionale – a modificare radicalmente l’equilibrio degli anni ’60 tra obiettivi di breve e medio periodo relativi alla modifica delle condizioni dei lavoratori e l’obiettivo di diffondere tra le masse idee e opinioni relative al...
Pagine | 23 - 46
DOI | 10.1401/9788815413505/c3
capitolo terzo
L’aggressività nel sindacato: sentimenti di morte ed eclisse della solidarietà?
La vita interna del sindacato nei mesi dell’autunno inverno ’76 è segnata da un clima di scontro e di aggressività che coinvolge sia i militanti più impegnati sia i gruppi dirigenti. L’assemblea dei delegati milanesi faceva percepire quasi fisicamente le tensioni che opponevano i gruppi e le persone. Così le riunioni di zona e dei consigli più importanti. Ma non è questione che riguarda solo gli attivisti di fabbrica, poiché un analogo tono vive nei dibattiti tra responsabili, nella vita «romana» del sindacato e nelle polemiche giornalistiche tra personaggi, correnti e componenti che ne sono un riflesso diplomatizzato. Un dirigente della fiom, che è anche un amico, diceva dopo un acre incontro dell’esecutivo dell’Alfa Romeo quanto quella situazione gli ricordasse i tempi della divisione del ’48-’49. Forse siamo di fronte a un’esagerazione, certo è che rievocava il giorno in cui era rimasto isolato tra i suoi compagni di partito nell’inutile tentativo di impedire l’aggressione in...
Pagine | 47 - 66
DOI | 10.1401/9788815413505/c4
capitolo quarto
L’ex organizzatore sindacale: la figura sociale del sindacalista ’70
Circostanze esterne e modificazioni interne acuiscono oggi il dilemma di sempre del sindacato: essere protagonista consapevole di una trasformazione sociale o piuttosto una forza stabilizzante e di «gestione». Normalmente questa problematica viene svolta considerando gli obiettivi dichiarati delle lotte, interpretando i loro effetti, misurando gli spostamenti nella distribuzione del reddito e del potere di intervento sui meccanismi economici. È anche possibile affrontarla cercando di delineare le figure sociali dei suoi protagonisti, dai militanti ai dirigenti, osservando come funzionano i processi di selezione delle élites, quale cultura e quali valori vissuti influiscono sui loro comportamenti. È infatti probabile che il modo d’essere dei sindacalisti e dei militanti non sia una semplice conseguenza meccanica di chissà quali fatti «strutturali», ma che abbia una specifica influenza sul destino sociale del sindacato. Il tipo di uomo che il sindacato concorre a formare, il tipo di...
Pagine | 67 - 86
DOI | 10.1401/9788815413505/c5
capitolo quinto
L’autocrate libertario: la democrazia interna nel sindacato
Anche questo capitolo è animato da una tesi critica rispetto alle forme in cui si è andato sviluppando il sindacalismo italiano. Mentre infatti il sindacato ha svolto un ruolo di liberazione verso l’esterno, sembra aver perduto interesse ai modi del proprio autogoverno e all’intensità della partecipazione di base, sia in occasione delle decisioni di lotta e di accordo, sia quando si assegnano le responsabilità dirigenti. Di qui il dubbio polemico che una grande organizzazione dedita a pratiche autoritarie possa a lungo conservare fedeltà ai suoi impegni democratici e di uguaglianza. Fino a che punto il sindacato, organizzatore positivo di un dissenso sociale, può rifiutarsi di considerare il dissenso che al suo interno si manifesta un elemento di partecipazione? Oppure, la tensione a ottenere «comunque» il consenso interno si accompagna a un mutamento istituzionale del sindacato (facendone quel grande armonizzatore sociale che altrove si era tentato di costruire attraverso...
Pagine | 87 - 109
DOI | 10.1401/9788815413505/c6
capitolo sesto
Lo spirito dell’autogestione
Nelle pagine precedenti si è cercato di descrivere un sindacalismo avviato verso una perdita di originalità e progressivamente incerto nel tutelare gli interessi dei lavoratori. Si è implicitamente sostenuto che questa tendenza è largamente non determinata dalla crisi economica, anche se l’indebolimento oggettivo dei lavoratori dipendenti nel rapporto di classe comporta per il sindacato giorni difficili e problemi nuovi rispetto ai tempi della stabilità o dell’alta congiuntura. Anche in condizioni di crisi economica, il sindacato può scegliere tra varie strategie, senza che alcuna di esse lo garantisca da ridimensionamenti e lacerazioni. La difesa testarda delle posizioni acquisite provoca dure ritorsioni che potrebbero anche concludersi con non trascurabili ritocchi alle regole del gioco politico in direzione reazionaria. La strada della duttilità e del realismo finisce per escludere dalla partecipazione gran parte dei lavoratori, riproducendo le condizioni, anche in questo caso, di...
Pagine | 111 - 126