Bruno Manghi
Declinare crescendo
DOI: 10.1401/9788815413505/p1

Prefazione alla riedizione digitale
di Riccardo Salomone, Ordinario di Diritto del Lavoro nell’Università di Trento

Un ossimoro profetico

Declinare crescendo. Note critiche dall’interno del sindacato, il libro di Bruno Manghi uscito con il Mulino nella collana Universale Paperbacks (UPM 60) nel maggio del 1977, è considerato da molti alla stregua di un piccolo classico del pensiero gius-sindacale; un classico che perdipiù contiene una profezia non scontata e in larga parte avverata sul destino del sindacato occidentale. Qui proverò a riprendere e fissare alcuni dei motivi della fortuna di questo volumetto di sole 126 pagine. Con un richiamo delle tesi del libro e al profilo dell’autore, traccerò per chi vorrà leggere, o rileggere, Manghi in questa nuova edizione digitale un breve inquadramento per così dire storico – perché ormai di storia si tratta – del contesto in cui il libro venne pensato e scritto. Cercherò inoltre di illustrare quale sia il valore attuale e quindi il senso della meritoria ripubblicazione da parte dell’editore.
In sintesi, il libro che i curatori dello Scaffale hanno avuto l’intuizione e la saggezza di inserire tra i primi titoli della biblioteca ideale di Lavoro e diritto, può essere considerato un piccolo gioiello. Un “aureo libretto” – come lo ha definito giustamente Gigi Mariucci [1]
– con un titolo perfetto costruito nell’unione sagace di due termini quasi opposti (il declino e la crescita) e, appunto, in larga parte profetico di ciò che è avvenuto, diciamo pure per tutto l’occidente (e non solo per il sindacato), nel tempo successivo alla sua uscita per il Mulino. L’ossimoro del titolo del libro di Manghi è riuscito a centrare il bersaglio, ovviamente, perché i due termini hanno valore evocativo di {p. 2}significati non solo letterali, ma sono graduabili nel tempo e nello spazio che ci separa dal 1977 secondo diverse prospettive con riguardo al punto di vista, per esempio storico, politico, economico, sociologico o squisitamente giuridico che si preferisca adottare. Peraltro, tra declino e crescita la contraddizione non è solo e tanto logica, quanto tonale, e tra i due lemmi si fanno subito luce emozioni e vissuto dell’autore e dei tanti protagonisti della vicenda che viene raccontata.
Sbaglierebbe però chi pensasse d’acchito, magari fermandosi al titolo o andando poco oltre, di avere davanti un libro di critica distruttiva del fenomeno sindacale o di un velenoso spargimento di sale sulle ferite di un sindacalismo malato. Talvolta questo libro di Manghi viene evocato o citato a sproposito. Quella di Manghi, invece, non fu presa di distanza dal mondo sindacale o mero biasimo di fatti e accadimenti relativi al sindacalismo dei tempi. Per altro verso, a dispetto del titolo graffiante, leggendo o rileggendo Declinare crescendo, non si ricava la sensazione di essere di fronte al capostipite di uno di quei pamphlet divenuti di moda da un certo momento in poi e costruiti narcisisticamente su ideologismi un po’ vacui, con forzature interpretative e costruzioni collocate al di là dell’orizzonte del possibile (anche tra i giuristi del lavoro mi sembra ve ne sia stato qualcuno). A distanza di quasi cinquant’anni, Declinare crescendo resta un libro sobrio, agile e di agevole lettura (perfetto per la collana Universale Paperbacks). Al contempo, una volta che ci si entra dentro e si arriva fino alla fine, il libretto si palesa come un piccolo pezzo di un discorso più ampio e sfaccettato, un testo zeppo di passaggi difficili (e spesso anche taglienti), oltre che ricco di tensione e idealità. Declinare crescendo era ed è, in ogni caso, un solido contributo alla discussione pubblica “di cultura e politica” del tempo, capace di tenere insieme anche le caratteristiche essenziali di un rigoroso lavoro di ricerca, preoccupato specialmente di contribuire alla comprensione e al cambiamento concreto dell’oggetto osservato. {p. 3}
Declinare crescendo è più precisamente un’analisi critica del fenomeno sindacale scritta da un sociologo che si è dedicato, negli anni, prima e dopo questo libro, all’attività sindacale a tempo pieno nella Fim e nella Cisl. È dunque un’opera che parla soltanto indirettamente a chi si occupa di diritto del lavoro. Ma è soprattutto un libro di parte. «L’ottica delle riflessioni è partigiana», avverte infatti Manghi nell’introduzione a p. 9. Terminata la lettura, si può affermare senza timore di smentite che non si tratta di un libro arroccato sulle ragioni di una parte sola. Semmai, il testo è scritto con obiettivo che definirei di tipo “riformatore” o – come sarebbe preferibile dire e sentir dire senza riserbi – “riformista” [2]
: è scritto cioè per tentare pragmaticamente di cambiare il sindacato dall’interno, per riaffermarne l’autonomia e la democrazia, ma sopra ogni altra cosa la “fedeltà” ai suoi scopi dichiarati (così a p. 112). Insieme forse a pochi altri testi sacri delle relazioni industriali, Declinare crescendo è un libro che rappresenta il migliore elogio alla originalità, alla vitalità e alla varietà dello spirito profondo – e spirito è uno dei termini di Manghi – del nostro sindacalismo post-Costituzione e degli studi che lo riguardano.
Infine, sia chiaro: Declinare crescendo è un libro con una tesi precisa, anzi con più tesi collegate l’una all’altra, come si dirà meglio oltre, che possono ancora oggi essere analizzate in profondità e discusse, criticate e anche come ovvio avversate. Queste tesi, però, vanno anzitutto calate nel contesto specifico di quel tempo e, come tali, non risultano sempre di immediata comprensione per il lettore di oggi né, a maggior ragione, di trasposizione nell’ambito dei discorsi sul fenomeno sindacale del nostro tempo e degli studi attuali che lo riguardano (sempre meno e sempre meno rilevanti purtroppo, ma questo è altro tema, anche se fa comunque parte del discorso sul declino). {p. 4}
Declinare crescendo risponde pienamente ai criteri dello Scaffale: è un libro di difficile reperimento (come lo sono altri testi di quel periodo della collana Paperbacks); mantiene un intrinseco valore intellettuale; ma, soprattutto, il libro parla ancora dei problemi del presente. Come ho già accennato, peraltro, Declinare crescendo non è un libro giuridico. Per questo chi si occupa in logica avvocatesca solo dei profili esegetici del nostro diritto del lavoro, forse, non saprà che farsene di questa riedizione digitale. Mentre invece chi, con propensione alle fatiche della ricerca trans-disciplinare [3]
, si dedicherà allo studio del sindacato come fenomeno sociale ed economico del nostro tempo, non solo in chiave storica ma anche nelle diverse prospettive della regolazione giuridica, dalla lettura (prima o rinnovata che sia) e meditazione di questo aureo libretto non potrà davvero prescindere.

Declinare crescendo e il suo autore

Nel 1977 Declinare crescendo uscì con un sottotitolo tale da svelare subito ai lettori la appartenenza del suo autore e anche la prospettiva di analisi scelta. Del resto, la pubblicazione di un libro del genere da parte de il Mulino non poteva prescindere dal ruolo e dalla credibilità dell’autore. Non è noto a chi scrive come l’editore abbia maturato l’idea di pubblicare l’opera originaria. Ma non è troppo difficile immaginare chi siano stati, diciamo così, i patrocinatori di Manghi nell’area culturale della casa editrice più prossima alla sensibilità e al bagaglio di esperienze che egli esprimeva. E in effetti ancora oggi questo libro trae parte del suo valore dalla credibilità e autorevolezza di chi lo ha scritto. {p. 5}
Il sottotitolo del libro è, infatti, Note critiche dall’interno del sindacato ed è questa la prospettiva che segna in profondità il percorso analitico di Manghi. «Dieci anni fa sarebbe stato davvero arduo trovare uno studioso – sono le parole della quarta di copertina dell’edizione originale – economista o politologo, in grado di prevedere un futuro autorevole del sindacalismo italiano. Forse soltanto nei sogni di qualche sindacalista della “seconda” generazione covavano speranze tanto ambiziose. Al culmine della sua ascesa organizzativa e istituzionale, compaiono tuttavia nell’edificio sindacale segni di un possibile declino. Da dove traggono origine? Dai colpi della crisi economica? Dalla rivalsa dei partiti, impegnati a riconquistare un ruolo diretto tra i lavoratori e nel sistema produttivo?».
Ecco il punto di partenza: l’osservazione – siamo alla metà degli anni Settanta del secolo scorso – di una crescita esponenziale del fenomeno sindacale in Italia, per molti versi inaspettata e comunque notevole da diversi punti di vista, cui corrispondono però, nel momento in cui il libro vede la luce, primi inequivocabili segni di difficoltà, forse non del tutto manifestatisi e comunque ancora senza spiegazioni. Senza troppe concessioni o impantanamenti nella discussione sui massimi sistemi (tracciando il profilo di un certo tipo di sindacalista del tempo l’autore se ne burla a p. 77: «ossessionato dagli elzeviri di Napoleoni, Andreatta e Spaventa, veleggia nei discorsi macroeconomici»…), il libro di Manghi si propone così l’obiettivo molto concreto di «spostare l’attenzione sui meccanismi funzionali del sindacato, attribuendo le sue difficoltà principalmente all’emergere di una nuova élite interna, sul ceppo di culture e tradizioni inadeguate nelle difficili prove dell’oggi. Il rapporto con i mass-media, le dinamiche dell’aggressività, il professionismo, le tendenze autocratiche, sono tra i temi analizzati con intenzione critica ma senza alcun distacco» (sono ancora le parole della quarta di copertina dell’edizione originale).
{p. 6}
Note
[1] Mariucci, Giuslavorismo e sindacati nell’epoca del tramonto del neoliberismo, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 407/2020 (ed è per inciso la stessa definizione che Mariucci utilizza per Contrattazione e partecipazione di Umberto Romagnoli, anch’esso nello Scaffale).
[2] Nel senso migliore e più profondo di questo termine: Mancini, Terroristi e riformisti, Bologna: il Mulino, 1981 e Giugni, La memoria di un riformista, Bologna; il Mulino, 2007.
[3] Corvi, Frontiere aperte. Verso un’epistemologia transdisciplinare, in Scholé, 2023. Ci offre un efficace inquadramento dei problemi e delle sfide di chi fa ricerca oggi in questa prospettiva Vella, La riforma dei settori scientifico disciplinari e delle classi di laurea. Un’agenda per il futuro, in Come cambiano le Università italiane, a cura di A. Marra, M. Ramajoli, Torino: Giappichelli, 2023.