Ciro Tarantino (a cura di)
Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c2
L’istituzionalizzazione non sparisce mai dall’orizzonte esistenziale di Anna, come di nessuna persona con disabilità: resta sempre un epilogo ammissibile e spesso immediatamente disponibile. Resta come risposta al superamento di un limite implicito che la persona sa di avere alla propria libertà. Resta come risposta all’errore – la pentola lasciata sul fuoco, la
{p. 74}porta dimenticata aperta – ma anche, come ci mostra la storia di Anna, come indirizzo rispetto alla scelta di una – anche sottilissima – non conformità. Ciò che avviene nella vita di Anna non è disabilità-specifico, ma la storia mostra come elementi trasversali alla vita di tutti, eventi e fenomeni che tutti i cittadini possono incontrare o attraversare – dalla solitudine alla disoccupazione, dalla fine di una relazione al conflitto nella coppia – finiscono per impattare in modo abnorme sulla possibilità di finire istituzionalizzati laddove si tratta di una persona con disabilità. Ed è proprio questo il modo in cui agisce la discriminazione basata sulla disabilità: ingigantendo l’impatto delle consuete componenti dell’esistenza. In questo modo la resistenza, le energie, i beni materiali e immateriali che è necessario investire per contrastarla diventano condizioni eccezionali, non disponibili a tutti.
È questo scenario a chiamare in causa la necessità di una manutenzione sistematica dei contesti in cui le traiettorie esistenziali si sviluppano. L’attenzione ai processi di contrasto all’istituzionalizzazione implica, in questa prospettiva, un arricchimento delle opportunità disponibili e un contrasto all’erosione delle energie e dei capitali delle persone che agiscano primariamente per allargare lo spazio esistenziale disponibile indipendentemente dalla condizione di disabilità.
Note