Ciro Tarantino (a cura di)
Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c28
Nel quadro nazionale, la norma primaria che istituisce l’Autorità di garanzia è l’articolo 7 del d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, e successive modificazioni [7]
. È noto che un’accelerazione all’istituzione del Garante nazionale, {p. 625}dopo un lungo processo caratterizzato da diversi dibattiti e rallentamenti
{p. 626}a livello nazionale, è dovuta all’esito della sentenza dell’8 gennaio 2013 Torreggiani et altri c. Italia [8]
e all’urgenza di adottare misure per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti. In quel momento storico gli istituti penitenziari versano in una particolare situazione di sovraffollamento che ha determinato la condanna dell’Italia per violazione dell’articolo 3 della CEDU, ritenendo che le condizioni di vita dei detenuti fossero tali da configurare trattamenti inumani e degradanti.
A breve distanza dall’introduzione della norma istitutiva dell’Autorità di garanzia, gli interventi legislativi successivi hanno riguardato la struttura e la composizione dell’ufficio [9]
.
La nuova Autorità di garanzia, nata per vigilare affinché la custodia delle persone sottoposte alla limitazione della libertà personale venga attuata in conformità alle norme nazionali e alle convenzioni internazionali {p. 627}sui diritti umani ratificate dall’Italia, è chiamata, in un primo momento, «Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale».
A definire l’ampiezza e complessità del suo mandato istituzionale incide inoltre, nella cornice normativa nazionale, la Direttiva n. 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea del 16 dicembre 2008 [Losito 2019, 185]. Tale direttiva stabilisce norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e, all’articolo 8, par. 6, prevede l’istituzione in ogni Stato membro dell’Unione europea di un proprio meccanismo di monitoraggio dei rimpatri forzati. Nel 2014 «Allo scopo di uscire dalla procedura d’infrazione [10]
l’Italia indicò all’Unione europea il Garante nazionale quale proprio meccanismo di monitoraggio» [Palma 2022, 155].
Con la recente conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130 [11]
la complessità degli ambiti monitorati dal Garante nazionale si rileva anche nel nomen, modificato in «Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale».
La sua modifica «eliminando il riferimento diretto ai detenuti, ha reso più evidente la necessità di vigilare su altri luoghi, come le strutture sanitarie, socio-sanitarie e assistenziali che, a determinate condizioni, possono essere esposte a rischio di contrazioni degli spazi di libertà» [Losito e Pizzo 2021, 451], e ha reso palese l’estensione del mandato di vigilanza in ambiti diversi da quelli che per definizione sono di «privazione della libertà» [12]
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La norma primaria, così modificata, definisce «la consistenza della tematica salute all’interno delle competenze di monitoraggio del Garante nazionale per la prevenzione di situazioni di limitazione della libertà» [Losito e Pizzo 2021, 451] e la competenza a monitorare non solo i luoghi dove le condizioni di privazione della libertà sono legate a ragioni penali o amministrative, ma anche i luoghi diversi da quelli tradizionali. In sostanza la norma esplicita il perimetro di vigilanza del mandato istituzionale {p. 628}fugando ogni perplessità circa l’ambito di azione [13]
che, pertanto, include tutti quei luoghi ove si realizzano condizioni che limitano la circolazione o il movimento delle persone o ne comprimono i diritti.
Del resto, facendo un passo indietro, prima della legge istitutiva, sul piano internazionale l’ampiezza del mandato del Garante nazionale sulle strutture residenziali dedicate alla cura e all’assistenza delle persone con disabilità discendeva dalla ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (CRPD) [14]
. La CRPD, quindi, aveva già introdotto nell’ordinamento nazionale le disposizioni all’articolo 33, commi 1 e 2, che prevedono per gli Stati parte non solo l’obbligo di monitorare l’applicazione della Convenzione, secondo i princìpi relativi allo status e al funzionamento delle istituzioni nazionali per la protezione e promozione dei diritti umani, ma anche la costituzione di una struttura nazionale con al proprio interno uno o più meccanismi indipendenti di monitoraggio [15]
. È opportuno ricordare che tra i diritti ai quali la Convenzione si applica e che investono l’Autorità garante vi sono quello di libertà e sicurezza della persona con disabilità (art. 14, in particolare il comma 1-b) e quello di divieto di tortura, pene e trattamenti crudeli, inumani o degradanti (art. 15). Particolare attenzione deve, inoltre, essere indirizzata agli articoli della CRPD dal 16 al 19. Essi fanno esplicito riferimento all’adozione di misure adeguate a impedire ogni forma di violenza e maltrattamento; al controllo delle strutture destinate alle persone con disabilità da parte di Autorità indipendenti; alla tutela dell’integrità fisica; alla libertà di scelta della propria residenza. L’articolo 19 (vita indipendente e inclusione nella società) riguarda, infatti, la libertà di scelta del luogo dove vivere e {p. 629}l’accesso ai servizi sociali di sostegno per prevenire forme di isolamento o segregazione.
In principio, l’iter di attribuzione al Garante nazionale del mandato relativo all’ambito delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e assistenziali procede per via del Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità. Il documento List of Issues, CRPD/C/ITA/Q/1, 29 aprile 2016, al par. 6, inserisce tra i doveri dello Stato italiano quello di indicare il termine entro il quale saranno incluse nel mandato del NPM le «visite a istituzioni psichiatriche o altre strutture residenziali per persone con disabilità, specialmente quelle con disabilità intellettive e/o psicosociali».
Nello stesso anno, l’Italia per atto governativo (tramite il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale/Comitato interministeriale per i diritti umani), in risposta e adempimento di quanto richiesto dal documento sopracitato, indica l’allora Garante nazionale dei detenuti e delle persone private della libertà personale come NPM (Addendum 1, punto 33, CRPD/C/ITA/Q/1/add.1), estendendo in tal modo i poteri discendenti dall’OPCAT alle attività svolte in relazione all’articolo 15 della CRPD.
È per questo che il potere di accesso e monitoraggio alle strutture per disabili e anziani, prima della esplicitazione in norma istitutiva del Garante nazionale, discendeva direttamente dalla ratifica della Convenzione e dall’atto governativo di indicazione dell’Autorità Garante come NPM.
Nel 2016, infatti, il Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità, al par. 41 del documento CRPD/C/ITA/CO/1 «Concluding Observations on the Initial Report of Italy», esprime il timore che «l’ambito del mandato del NPM non si estenda a istituzioni psichiatriche o altre strutture residenziali per persone con disabilità, dove esse sono private della loro libertà» e in relazione al sopracitato articolo 15 della CRPD, raccomanda, al par. 42, che il «Meccanismo di prevenzione nazionale visiti immediatamente e faccia rapporto sulla situazione di istituzioni psichiatriche o altre strutture residenziali per persone con disabilità, specialmente quelle con disabilità intellettive e/o psicosociali». In sintesi per il Garante nazionale l’articolo 15 della CRPD (recepito dalla legge di ratifica) comporta l’esercizio dei poteri che derivano al NPM, poteri legittimati in sé dall’obbligo internazionale immediatamente vincolante, dalla norma primaria e dal riscontro di situazioni problematiche ai sensi della Convenzione. Ulteriore dettaglio circa i poteri e le attività è contenuto nel Codice etico e di autoregolamentazione approvato con delibera presidenziale il 31 marzo 2021 [16]
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3. Luoghi, attività e funzioni del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà nell’ambito della tutela della salute e delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e assistenziali

Da quanto fin qui esposto si evidenzia che l’attività di monitoraggio del Garante nazionale non si esaurisce nelle visite a luoghi che, per atto formale, sono legittimamente deputati a limitare il movimento delle persone e a definire le modalità di tale limitazione – ci si riferisce agli istituti penitenziari, alle camere di sicurezza delle forze di polizia, ai luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione (CPR), alle Residenze dell’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), ai Servizi psichiatrici di diagnosi e cura (SPDC) – ma include luoghi che, anche se formalmente non sono chiusi, strutturalmente, in modo continuativo o temporaneo, diventano luoghi impenetrabili.
In alcune strutture residenziali per disabili e anziani lo iato tra libertà e limitazione della libertà si riduce progressivamente in modo inversamente proporzionale alla tutela di cui la persona ha bisogno trovandosi questa, in modo provvisorio o permanente, in una condizione di dipendenza da un sistema di sostegno, assistenziale e/o sanitario, per lo svolgimento delle attività inerenti alla propria vita quotidiana.
A tale condizione si possono aggiungere la natura suppletiva di istituti giuridici di tutela, come la volontaria giurisdizione e l’amministrazione di sostegno, che spesso comprimono gli spazi di scelta e di espressione della volontà personale dei propri tutelati al minimo, riducendone le possibilità di autonomia e sconfinando, a particolari condizioni, verso interdizioni nascoste.
Il confine dell’autodeterminazione ridisegnato in senso negativo dalle istituzioni, secondo una logica di sottrazione di spazi di libertà alla persona, da parte dei sistemi organizzativi e degli istituti giuridici prevalentemente applicati nella condizione di residenzialità delle persone, connota le strutture per disabili e anziani come luoghi di istituzionalizzazione impropria, di isolamento e di segregazione.
In origine sono istituti giuridici e sistemi organizzativi di sostegno nati per tutelare la persona e la sua salute psicofisica attraverso le cure e fondati anche per garantire la dignità di una vita, propria, nel rispetto del principio di autodeterminazione. Nella realtà, invece, si tratta di zone grigie dove prevale l’assenza di politiche gestionali e di promozione dell’indipendenza che una rete di istituzioni e servizi preparata dovrebbe implementare. Una rete che dovrebbe sapere scandagliare e offrire ogni possibile percorso che realizza il massimo grado di autodeterminazione della persona presa in carico e la tutela dell’esigibilità dei suoi diritti, evitando lo scivolamento in qualsiasi forma di violazione dell’articolo 13 della Costituzione e delle Convenzioni internazionali.
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Note
[7] Articolo 7. 1) È istituito, presso il Ministero della giustizia, il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, di seguito denominato «Garante nazionale». Il Garante nazionale opera quale meccanismo nazionale di prevenzione ai sensi dell’articolo 3 del Protocollo opzionale alla Convenzione (contro la tortura) e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottato il 18 dicembre 2002 con Risoluzione A/RES/57/199 all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e (ratificato ai sensi della legge) 9 novembre 2012, n. 195, ed esercita i poteri, gode delle garanzie e adempie gli obblighi di cui agli articoli 4 e da 17 a 23 del predetto Protocollo. 2) Il Garante nazionale è costituito in collegio, composto dal presidente e da due membri, i quali restano in carica per cinque anni non prorogabili. Essi sono scelti tra persone, non dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni, che assicurano indipendenza e competenza nelle discipline afferenti la tutela dei diritti umani, e sono nominati, previa delibera del Consiglio dei ministri, con decreto del Presidente della Repubblica, sentite le competenti commissioni parlamentari. 3) I componenti del Garante nazionale non possono ricoprire cariche istituzionali, anche elettive, ovvero incarichi in partiti politici. Sono immediatamente sostituiti in caso di dimissioni, morte, incompatibilità sopravvenuta, accertato impedimento fisico o psichico, grave violazione dei doveri inerenti all’ufficio, ovvero nel caso in cui riportino condanna penale definitiva per delitto non colposo. Ai componenti del Garante nazionale è attribuita un’indennità forfetaria annua, determinata in misura pari al 40% dell’indennità parlamentare annua per il Presidente e pari al 30% per i membri del collegio, fermo restando il diritto al rimborso delle spese effettivamente sostenute di vitto, alloggio e trasporto per gli spostamenti effettuati nello svolgimento delle attività istituzionali. 4) Alle dipendenze del Garante nazionale, che si avvale delle strutture e delle risorse messe a disposizione dal Ministro della giustizia, è istituito un ufficio nel numero massimo di 25 unità di personale, di cui almeno 20 dello stesso Ministero e, in posizione di comando, non più di 2 unità del Ministero dell’interno e non più di 3 unità degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, che conservano il trattamento economico in godimento, limitatamente alle voci fisse e continuative, con oneri a carico delle amministrazioni di provenienza sia in ragione degli emolumenti di carattere fondamentale che per gli emolumenti accessori di carattere fisso e continuativo. Gli altri oneri relativi al trattamento accessorio sono posti a carico del Ministero della giustizia. Il predetto personale è scelto in funzione delle conoscenze acquisite negli ambiti di competenza del Garante. La struttura e la composizione dell’ufficio sono determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro della giustizia, il Ministro dell’interno e il Ministro dell’economia e delle finanze. 5) Il Garante nazionale, oltre a promuovere e favorire rapporti di collaborazione con i garanti territoriali, ovvero con altre figure istituzionali comunque denominate, che hanno competenza nelle stesse materie: a) vigila, affinché l’esecuzione della custodia dei detenuti, degli internati, dei soggetti sottoposti a custodia cautelare in carcere o ad altre forme di limitazione della libertà personale sia attuata in conformità alle norme e ai princìpi stabiliti dalla Costituzione, dalle convenzioni internazionali sui diritti umani ratificate dall’Italia, dalle leggi dello Stato e dai regolamenti; b) visita, senza necessità di autorizzazione, gli istituti penitenziari, gli ospedali psichiatrici giudiziari e le strutture sanitarie destinate ad accogliere le persone sottoposte a misure di sicurezza detentive, le comunità terapeutiche e di accoglienza o comunque le strutture pubbliche e private dove si trovano persone sottoposte a misure alternative o alla misura cautelare degli arresti domiciliari, gli istituti penali per minori e le comunità di accoglienza per minori sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria, nonché, previo avviso e senza che da ciò possa derivare danno per le attività investigative in corso, le camere di sicurezza delle Forze di polizia, accedendo, senza restrizioni, a qualunque locale adibito o comunque funzionale alle esigenze restrittive; c) prende visione, previo consenso anche verbale dell’interessato, degli atti contenuti nel fascicolo della persona detenuta o privata della libertà personale e comunque degli atti riferibili alle condizioni di detenzione o di privazione della libertà; d) richiede alle amministrazioni responsabili delle strutture indicate alla lettera b) le informazioni e i documenti necessari; nel caso in cui l’amministrazione non fornisca risposta nel termine di trenta giorni, informa il magistrato di sorveglianza competente e può richiedere l’emissione di un ordine di esibizione; e) verifica il rispetto degli adempimenti connessi ai diritti previsti agli articoli 20, 21, 22, e 23 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni, presso i centri di identificazione e di espulsione previsti dall’articolo 14 del Testo Unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, nonché presso i locali di cui all’articolo 6, comma 3-bis, primo periodo, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, accedendo senza restrizione alcuna in qualunque locale; f) formula specifiche raccomandazioni all’amministrazione interessata, se accerta violazioni alle norme dell’ordinamento ovvero la fondatezza delle istanze e dei reclami proposti ai sensi dell’articolo 35 della legge 26 luglio 1975, n. 354. L’amministrazione interessata, in caso di diniego, comunica il dissenso motivato nel termine di trenta giorni; f-bis) formula specifiche raccomandazioni all’amministrazione interessata, se accerta la fondatezza delle istanze e dei reclami proposti dai soggetti trattenuti nelle strutture di cui alla lettera e). L’amministrazione interessata, in caso di diniego, comunica il dissenso motivato nel termine di trenta giorni; g) trasmette annualmente una relazione sull’attività svolta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché al Ministro dell’interno e al Ministro della giustizia. Il Garante nazionale può delegare i garanti territoriali per l’esercizio delle proprie funzioni relativamente alle strutture sanitarie, socio-sanitarie e assistenziali, alle comunità terapeutiche e di accoglienza, per adulti e per minori, nonché alle strutture di cui alla lettera e) del comma 5, quando particolari circostanze lo richiedano. La delega ha una durata massima di sei mesi). Per il funzionamento del Garante nazionale è autorizzata la spesa di euro 200.000 per ciascuno degli anni 2016 e 2017 e di euro 300.000 annui a decorrere dall’anno 2018. (Nell’ambito delle funzioni attribuite dall’articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 2019, n. 89, e con le modalità ivi previste, il Garante nazionale adotta i piani annuali di spesa, in coerenza e nei limiti dell’autorizzazione di spesa di cui al presente comma, modulando le voci di spesa in base a criteri oggettivi e funzionali alle necessità dell’ufficio, nell’ambito delle determinazioni adottate ai sensi dei commi 3, 4 e 5 del presente articolo).
[9] La struttura e la composizione sono definite con d.m. 11 marzo 2015, n. 36 del Ministero della giustizia che ha adottato il Regolamento che disciplina la struttura e la composizione dell’ufficio del Garante; la nomina del Presidente dell’organismo collegiale e di un primo componente dello stesso con il D.P.R. 1o febbraio 2016; la nomina del secondo componente con D.P.R. del 3 marzo 2016, atto con il quale è stata completata la composizione del collegio del Garante nazionale. In seguito alle successive modificazioni, ritroveremo anche nella norma primaria che l’ha istituito, al comma 1-bis dell’articolo 7 del d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, la designazione in quanto NPM.
[10] Si tratta della Procedura di infrazione n. 2014/2235, del 21 ottobre 2014 aperta nei confronti dell’Italia dall’Unione europea per aver recepito solo parzialmente la direttiva riguardante le modalità dei rimpatri.
[11] Decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130 recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del Codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all’utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.
[12] La pluralità del mandato si estrinseca nelle quattro aree di intervento del Garante nazionale: penale, forze di polizia, migranti, salute. Per un approfondimento cfr. Albano [2021].
[13] All’inizio del mandato istituzionale non sono mancate occasioni nelle quali alcune strutture hanno impedito l’accesso alla visita, pur trattandosi di un obbligo immediatamente vincolante per gli Stati parte discendendo da norma internazionale.
[14] Convention on the Rights of Persons with Disabilities (CRPD) approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006. L’Italia ha firmato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità il 30 marzo 2007, ratificandola il 15 maggio 2009, data in cui la legge di ratifica n. 18 del 3 marzo 2009 è stata depositata presso le Nazioni Unite.
[15] CRPD. Articolo 33. Applicazione a livello nazionale e monitoraggio. 1) Gli Stati Parti designano, in conformità al proprio sistema di governo, uno o più punti di contatto per le questioni relative all’attuazione della presente Convenzione, e si propongono di creare o individuare in seno alla propria amministrazione una struttura di coordinamento incaricata di facilitare le azioni legate all’attuazione della presente Convenzione nei differenti settori e a differenti livelli. 2) Gli Stati Parti, conformemente ai propri sistemi giuridici e amministrativi, mantengono, rafforzano, designano o istituiscono al proprio interno una struttura, includendo uno o più meccanismi indipendenti, ove opportuno, per promuovere, proteggere e monitorare l’attuazione della presente Convenzione. Nel designare o stabilire tale meccanismo, gli Stati Parti devono tenere in considerazione i princìpi relativi allo status e al funzionamento delle istituzioni nazionali per la protezione e la promozione dei diritti umani. 3) La società civile, in particolare le persone con disabilità e le loro organizzazioni rappresentative, è associata e pienamente partecipe al processo di monitoraggio.