Il soggiorno obbligato
DOI: 10.1401/9788815412584/c12
Si consideri, ad esempio, il
recente caso Calvi c. Italia, in cui la Corte ha ritenuto contraria
all’articolo 8 CEDU (Diritto al rispetto della vita
¶{p. 300}privata e
familiare) la decisione di un amministratore di sostegno di far ricoverare in una
Residenza sanitaria assistenziale (RSA) una persona anziana in stato di vulnerabilità
contro la sua volontà
[49]
. Nel motivare le sue conclusioni, la Corte ha richiamato l’«inquiétude»
espressa dal Comitato in relazione alla «prassi della sostituzione nella presa di
decisioni» da parte degli amministratori di sostegno (par. 106). La Corte, inoltre, ha
condiviso le preoccupazioni del Comitato in merito all’adozione di misure detentive,
inclusi il ricovero coatto e i trattamenti sanitari obbligatori, in ragione della
disabilità (par. 107)
[50]
.
Benché tale endorsement
sia contenuto nella motivazione della sentenza, la quale non ha di per sé
efficacia obbligatoria, è indubbio che esso sia suscettibile di avere un notevole
impatto sulla giurisprudenza italiana, in primis quella dei giudici
tutelari. Ciò in ragione del peso pacificamente accordato dai tribunali interni, pur con
vari distinguo, all’attività interpretativa della Corte europea [Caligiuri e Napoletano
2011].
6. Conclusioni
Come si è detto, al momento della
ratifica della Convenzione, il diritto italiano era già in larga misura conforme ai suoi
principi. La Convenzione, tuttavia, non ha mancato di esercitare una significativa
influenza nel nostro ordinamento. Nonostante la (criticabile) caratterizzazione come
trattato non self-executing, la Convenzione ha orientato (e
continua a orientare) l’attività interpretativa dei giudici italiani, contribuendo a
rendere più solide le loro argomentazioni e ad accelerare certi percorsi evolutivi, che
sarebbe stato molto meno agevole (ma non impossibile) imboccare sulla base del solo
diritto interno.
Questa proficua interazione con la
Convenzione potrebbe essere ulteriormente rafforzata se i giudici italiani «tenessero
conto», nel senso indicato nel par. 5, della ricca prassi interpretativa del Comitato
sui diritti delle persone con disabilità.
Uno stimolo in tal senso potrebbe
venire dal legislatore. Questi, infatti, potrebbe richiamare l’attenzione degli
operatori giuridici sulla necessità di dare attuazione alla Convenzione, attraverso
l’inserimento nei testi normativi in materia di disabilità di rinvii «narrativi»,
ulteriori rispetto a quelli analizzati nel par. 3.1, che facciano espresso riferimento
al dovere ¶{p. 301}di «tener conto» nell’applicazione delle disposizioni
pattizie «della loro interpretazione ad opera del Comitato».
Note
[49] Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Augusto Calvi e C.G. c. Italia, ricorso n. 46412/21, sentenza del 6 luglio 2023. Per un esame della vicenda che ha dato origine al ricorso, cfr. Tarantino [2023].
[50] La Corte ha fatto riferimento, in particolare, alle Concluding Observations on the Initial Report of Italy, 31 agosto 2016, UN Doc. CRPD/C/ITA/CO/.1, parr. 27-28 e 33-34.