Roberto Ricci
Le competenze digitali nella scuola
DOI: 10.1401/9788815412270/p2

Introduzione
Questa Introduzione è di Veronica Mobilio (responsabile Unità di Ricerca, Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo) e Alessandro Bogliolo (professore ordinario di Sistemi di Elaborazione delle Informazioni, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo). Frutto del lavoro congiunto dei due autori, i paragrafi 1, 2, 3, 4 sono stati redatti da Veronica Mobilio, il paragrafo 5 da Alessandro Bogliolo

1. Educazione e tecnologie digitali: prima e dopo la pandemia

Il dibattito pubblico è oggi dominato da discussioni incentrate sulle opportunità e sui rischi dell’intelligenza artificiale. Nell’ultimo anno, in particolare, con la diffusione di ChatGPT di OpenAi, l’intelligenza artificiale di tipo generativo ha catturato l’interesse di tutti, addetti ai lavori e non. La novità colpisce l’immaginario collettivo per due motivi principali: da un lato, la velocità con cui nuovi prodotti e servizi, estremamente semplici da utilizzare, si stanno affermando sul mercato; dall’altro, la loro capacità di attraversare ambiti e domini molto diversi, anche creativi, che si pensavano prerogativa dell’essere umano. La conseguente possibilità di generare innovazione in campi molto diversi gli uni dagli altri è senza precedenti, ma è anche vero che questi modelli generativi sono frutto di una tecnologia recente, ancora parzialmente immatura, e pongono diversi problemi in termini di affidabilità e sicurezza [1]
. Impact, governance, accountability sono alcune delle parole chiave {p. 10}che ricorrono nel prendere in analisi le ultime evoluzioni tecnologiche e la relazione che queste hanno con il sistema di istruzione e formazione, chiamando in causa ancora una volta la responsabilità che scuole e insegnanti hanno nel formare i cittadini di domani [Unicef 2021]. Anche gli occhi meno esperti assistono a una proliferazione di articoli di giornale e rapporti scientifici, seminari divulgativi e corsi di formazione che hanno l’obiettivo di analizzare il fenomeno, sensibilizzare rispetto ai rischi, promuovere innovazione, e al tempo stesso fornire Linee guida che aiutino a orientarsi in un mondo che per sua natura è in continua evoluzione. Per esempio, a livello europeo, l’analisi dell’impatto dell’intelligenza artificiale nel settore dell’istruzione e della formazione ha portato a distinguere tre diversi approcci: l’educazione con, su e per l’intelligenza artificiale [Consiglio d’Europa 2022]. Il messaggio è che esistono differenze significative tra le competenze di coloro che insegneranno l’intelligenza artificiale come oggetto di studio e quelle di coloro che utilizzeranno l’intelligenza artificiale solo come strumento a supporto della didattica, ma tutti gli insegnanti devono essere consapevoli dell’impatto che l’intelligenza artificiale ha sulle persone e, più in generale, sulla società e possedere competenze di base per insegnare per e con l’intelligenza artificiale [2]
. Nell’acceso e controverso dibattito, pensiamo sia lecito interrogarsi sulle conseguenze di un uso dell’intelligenza artificiale in ambito educativo e altrettanto doveroso guardare il fenomeno nella sua portata reale. Ci troviamo di fronte all’ennesimo cambiamento tecnologico e, come già accaduto in passato, emerge l’esigenza di abilitare un impiego corretto, responsabile ed etico di queste tecnologie, sbloccandone il pieno potenziale e riducendo al minimo i rischi connessi [Commissione europea 2022a]. Negli ultimi anni, l’educazione e le competenze digitali hanno acquisito {p. 11}una nuova centralità e questo è avvenuto per merito o per colpa non tanto dell’intelligenza artificiale, quanto dell’emergenza pandemica. Prima della pandemia il tema dell’uso delle tecnologie nel settore dell’istruzione e della formazione era certamente importante, ma tutto sommato riceveva un’attenzione limitata. È stata la chiusura di scuole, università e centri di formazione durante i diversi periodi di confinamento della pandemia a determinare un cambiamento epocale nel sistema educativo a livello mondiale. Improvvisamente, e per tutti, è stato necessario passare dalla didattica in presenza a quella a distanza e le tecnologie digitali si sono rivelate essenziali per garantire continuità educativa. La gamma di soluzioni messe in atto è stata ampia e ha compreso pratiche a bassa e alta tecnologia, con marcate differenze all’interno e tra paesi. Il bisogno di trovare una soluzione alla situazione di emergenza ha contribuito a far emergere pratiche innovative che difficilmente si sarebbero realizzate e diffuse in un lasso di tempo così breve [Ferdig et al. 2020], ma al tempo stesso ha anche evidenziato sfide significative in termini di accesso, capacità di utilizzo e qualità complessiva delle esperienze [Patrinos, Vegas e Carter-Rau 2022]. La disponibilità di infrastrutture e dispositivi; la presenza di insegnanti con un alto livello di competenze digitali, ivi inclusa la capacità di adattare i propri metodi pedagogici; l’esistenza o meno di contenuti, strumenti, servizi e piattaforme ha costituito quel mix di fattori che, a livello nazionale o locale, ha contribuito a creare le condizioni affinché l’apprendimento continuasse [Commissione europea 2020b]. In Italia, come in altri paesi, abbiamo assistito a situazioni molto diverse. Il Piano nazionale scuola digitale, documento di indirizzo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca [3]
, ha avuto il merito di avviare un percorso di innovazione che ha incrementato la capacità delle istituzioni scolastiche di adattarsi alla situazione come nessuno avrebbe mai pensato. Il passaggio alla didattica a distanza è avvenuto in alcune scuole senza soluzione di continuità, in altre nell’arco di una settimana {p. 12}o due. La differenza l’ha fatta la presenza di piattaforme e pratiche digitali a cui tutto il personale e gli alunni avessero già accesso. Sebbene le strategie adottate nell’ambiente digitale tendessero a riprodurre dinamiche tradizionali di insegnamento e apprendimento, la possibilità di operare in una zona di comfort ha generato un sentimento positivo riguardo all’uso delle tecnologie nella didattica [Giovannela, Passarelli e Persico 2020]. In Italia come altrove, tuttavia, ci sono state anche situazioni di grande difficoltà che hanno determinato un incremento del carico di lavoro per gli insegnanti e senso di smarrimento e perdita di apprendimento per alcuni studenti [Joint Research Center 2020].
La pandemia ha provocato una vera e propria rivoluzione rispetto all’uso delle tecnologie nei processi di insegnamento e apprendimento: un’incredibile accelerazione e presa di coscienza rispetto alle potenzialità e ai rischi, ma anche e soprattutto al ruolo della progettazione didattica [Hodges et al. 2020] e alla responsabilità che gli istituti di istruzione e formazione, e la scuola in primis, hanno nell’integrare le tecnologie nelle proprie attività e consentire a tutti di sfruttarne benefici e potenzialità, evitando i rischi che derivano dall’esclusione digitale o da un uso inappropriato delle tecnologie. Dopo il Covid, aumentare il livello delle competenze e capacità digitali per sostenere un uso pedagogico delle tecnologie, ivi inclusa l’intelligenza artificiale, è riconosciuto, a livello europeo e nazionale, come uno dei principali fattori per migliorare qualità e inclusività dell’istruzione e della formazione.

2. Politiche in ambito europeo, un cambio di paradigma

Negli ultimi anni le politiche in tema di educazione e competenze digitali sono fortemente cambiate, sia a livello europeo che nazionale. Quasi tutti i paesi membri, ivi inclusa l’Italia, dispongono di strategie nazionali e/o regionali, e le esperienze vissute durante la pandemia hanno portato a una riflessione più profonda sul ruolo che le tecnologie possono svolgere nel supportare i processi di insegnamento e apprendimento al fine di garantire inclusione e qualità.{p. 13}
Nel 2020, in piena pandemia, la Commissione europea ha pubblicato il Digital Education Action Plan 2021-2027, un documento di policy che pone l’educazione digitale al centro delle priorità strategiche in ambito europeo e segna un vero e proprio cambio di paradigma [Commissione europea 2020a]. Vediamo perché. In primo luogo, il documento propone un approccio integrato e completo al tema dell’educazione digitale, analizzando le implicazioni a breve termine della crisi generata dalla pandemia, e al tempo stesso delineando una visione a lungo termine per un’educazione inclusiva e di qualità nell’era digitale. In quest’ottica, lo sviluppo delle competenze digitali e l’uso pedagogico delle tecnologie nelle diverse forme che i processi di insegnamento e apprendimento possono prendere (face-to-face, blended, online) vengono considerati come due aspetti fortemente connessi, due facce della stessa medaglia: non è possibile insegnare o apprendere con le tecnologie senza possedere adeguate competenze, e non esiste sviluppo delle competenze che non sia supportato da un uso pedagogico delle tecnologie. In secondo luogo, il documento estende il raggio di azione con iniziative che riguardano tutti i settori dell’istruzione e della formazione in una prospettiva di apprendimento permanente, una durata settennale allineata con il quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea e maggiori sinergie con gli strumenti di finanziamento, ivi inclusi i fondi messi a disposizione attraverso il programma Next Generation EU e i Piani nazionali per la ripresa e la resilienza [4]
. In terzo luogo, il documento chiama in causa l’intera società, e non solo le istituzioni tradizionalmente deputate all’insegnamento e all’apprendimento. In questo senso lo sviluppo di un ecosistema digitale performante e il necessario rafforzamen
{p. 14}to delle competenze digitali di tutta la popolazione vengono considerati obiettivi strategici che possono essere raggiunti solo attraverso uno sforzo collettivo che vede l’impegno di una varietà di soggetti, pubblici e privati. La cooperazione tra settori diversi è un principio trasversale che permea e attraversa le iniziative proposte dalla Commissione attraverso questo nuovo documento di policy. Ne è una prova il cosiddetto «dialogo strutturato sull’educazione e le competenze digitali», una delle prime iniziative promosse immediatamente dopo l’adozione del piano d’azione al fine di supportare i paesi membri nella trasformazione digitale dei propri sistemi di istruzione e formazione, attraverso un approccio più completo che tenesse in considerazione politiche e pratiche sviluppate a livello diverso da attori differenti. L’iniziativa ha preso la forma di una serie di riunioni bilaterali in cui, per ciascun paese, sono stati coinvolti i diversi ministeri e dipartimenti che si occupano di educazione digitale e sviluppo di competenze, nonché il settore privato, le parti sociali e la società civile. Svolte nel corso di un intero anno solare, queste riunioni di discussione e approfondimento hanno portato a istituire una piattaforma di scambio tra la Commissione e i diversi paesi per condividere opportunità e sfide, esperienze e pratiche, successi e insuccessi, la cui analisi ha permesso una diagnosi condivisa sulla situazione e sulle prospettive di crescita di ciascun paese [Commissione europea 2023a]. In questa sede è infatti importante ricordare che esiste una serie di obiettivi posti a livello europeo per supportare la transizione digitale in Europa entro il 2030. Questi obiettivi ruotano attorno a quattro punti principali: infrastrutture, competenze, imprese e servizi pubblici [5]
. La parte relativa alle infrastrutture e alle competenze è particolarmente importante per i sistemi di istruzione e formazione. Da un lato, la disponibilità di connettività (ad es. Gigabit per tutti) ha un forte impatto sulla capacità di scuole, università e enti di formazione di utilizzare le tecnologie nei processi di insegnamento e apprendi{p. 15}mento. Dall’altro, le competenze digitali sono essenziali per supportare un uso pedagogico delle tecnologie e, più in generale, rispondere alle esigenze della società e del mercato del lavoro. Gli obiettivi posti a livello europeo su questo tema mirano a garantire che l’80% degli adulti possieda competenze digitali di base e che 20 milioni di specialisti informatici, possibilmente con un equilibrio tra uomini e donne, siano impiegati entro il 2030. A questi si aggiunge l’obiettivo, fissato nell’ambito Spazio europeo dell’istruzione, di ridurre a meno del 15% la percentuale di studenti all’ottavo anno della scuola dell’obbligo con scarsi risultati in termini di competenze digitali. Uno sguardo anche superficiale ai dati conferma lo sforzo che il raggiungimento di questi obiettivi richiede ai settori dell’istruzione e della formazione. Per esempio, dall’ultima rilevazione internazionale sulle competenze digitali dei ragazzi emerge che più di un terzo degli studenti di 13-14 anni che hanno partecipato all’indagine non avevano un livello adeguato di competenze digitali e l’Italia si posizionava in coda alla scala, con un punteggio significativamente inferiore alla media internazionale [6]
. Considerando le sfide che il raggiungimento di tali obiettivi pone, i risultati di questo ricco dialogo tra la Commissione e i paesi membri hanno dato vita alla proposta di due raccomandazioni del Consiglio sui fattori abilitanti per l’istruzione e la formazione digitale e sul miglioramento dell’offerta di competenze digitali nell’istruzione e formazione [7]
. Mentre la prima raccomandazione getta luce su quei fattori su cui è necessario investire per garantire a tutti un’educazione digitale di qualità e inclusiva, la seconda prende in esame le difficoltà legate al livello di competenze digitali dei diversi gruppi della popolazione e la capacità dei sistemi di istruzione e formazione di sostenerne l’offerta in una prospettiva di apprendimento permanente. Secondo {p. 16}quanto emerso dalle riunioni bilaterali con i paesi membri, infatti, nonostante i progressi e alcuni eccellenti esempi di innovazione, gli sforzi effettuati sull’educazione e le competenze digitali non hanno ancora prodotto un cambiamento sistemico. Da un lato, gli investimenti in infrastrutture, attrezzature, contenuti educativi digitali, nonché aggiornamento professionale degli insegnanti e monitoraggio e valutazione delle politiche di educazione digitale, non risultano sufficienti. Dall’altro, il livello delle competenze digitali dei diversi gruppi della popolazione, siano essi giovani, adulti o professionisti, è limitato e richiede all’intero sistema di istruzione e formazione uno sforzo in più. Le due proposte di raccomandazione elaborate dalla Commissione ad aprile 2023 sono state oggetto di negoziazione e finalmente adottate dal Consiglio a novembre 2023 al termine di un ricco e intenso scambio con i paesi membri. La loro adozione non è solo una tappa importante nell’attuazione del Digital Education Action Plan 2021-2027, ma anche il risultato di due anni di stretta collaborazione tra la Commissione e i paesi membri in un processo che tende a essere sempre di più di co-design. Come sappiamo, l’istruzione e la formazione sono di competenza nazionale. Ma il digitale va oltre i confini. Nuovi sviluppi come quello dell’intelligenza artificiale generativa ci spingono a pensare ulteriormente il ruolo dell’educazione oggi e domani. Solo intensificando gli sforzi e coinvolgendo tutti in questo processo di co-progettazione e co-implementazione di politiche e pratiche di educazione digitale efficaci, efficienti ed eque [Commissione europea 2022b; 2022c] avremo modo di influenzare positivamente la crescita dell’intero sistema educativo e formativo. Il desiderio e l’impegno dei paesi membri a progredire insieme per adeguare i sistemi di istruzione e formazione all’era digitale è visibile nei contenuti di queste due raccomandazioni che, tra i vari aspetti, assegnano alla scuola e ai suoi insegnanti un ruolo prioritario, di assoluta importanza.{p. 17}
Note
[1] Su questo la recente approvazione da parte di Commissione, Consiglio e Parlamento europeo dell’AI Act, il primo quadro normativo sull’intelligenza artificiale in Europa, costituisce un punto di svolta importante su cui diversi attori, a livello nazionale e internazionale, si erano espressi. Per un approfondimento si veda https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2023/12/09/artificial-intelligence-act-council-and-parliament-strike-a-deal-on-the-first-worldwide-rules-for-ai/.
[2] Sul tema si vedano i sette Rapporti informativi prodotti dal gruppo di lavoro sull’intelligenza artificiale del Digital Education Hub, una comunità di pratica promossa dalla Commissione europea sui temi dell’educazione digitale: https://education.ec.europa.eu/focus-topics/digital-education/action-plan/european-digital-education-hub.
[3] Per maggiori informazioni si veda https://www.miur.gov.it/scuola-digitale.
[4] Il primo piano d’azione per l’educazione digitale della Commissione europea era stato lanciato nel 2018, con azioni incentrate sul settore dell’istruzione formale. Un’analisi della sua implementazione mostra che il documento ha contribuito a un dialogo politico emergente ed è stato accolto con favore, ma la sua durata a breve termine (2018-2020) e il budget limitato hanno fatto sì che le azioni non potessero raggiungere il loro potenziale e ottenere l’impatto necessario [Commissione europea 2020b].
[6] L’indagine ICILS (International Computer and Information Literacy Study) ha cadenza quinquennale. La seconda edizione è stata pubblicata nel 2018, la prossima prevede la pubblicazione dei risultati nel 2024.