Orientarsi nell'orientamento
DOI: 10.1401/9788815411648/c9
Le Linee guida (decreto del Ministero dell’Istruzione e del Merito 22 dicembre 2022, n. 328) affermano che «l’orientamento inizia, sin dalla scuola dell’infanzia e primaria» come sostegno allo sviluppo della fiducia, dell’autostima, dell’impegno, contribuendo anche «al superamento delle difficoltà presenti nel percorso di apprendimento» (p. 5). Se tale affermazione pare evidenziare un ormai chiaro e condiviso riconoscimento del ruolo centrale che l’orientamento può rivestire già in età precoce, come è quella della scuola dell’infanzia, il corpus di studi che la supporta risulta, come anticipato, ancora in fieri e tende a concentrarsi maggiormente su cosa bambini e bambine conoscono sul mondo del lavoro rispetto a come costruiscano tali conoscenze [Hartung, Porfeli e Vondracek 2005]. Sono in particolare le ricerche empiriche su questi temi a risultare ancora limitate [Crause, Watson e McMahon 2017] probabilmente rese complesse
¶{p. 237}da obiettivi di ricerca guidati da costrutti e problemi ancora fortemente dibattuti (tra coloro che supportano la centralità di interventi precoci e coloro che invece ostacolano interventi etichettati come prematuri) e rivolti a un target – bambine e bambini della scuola dell’infanzia e primaria – non facilmente raggiungibile su larga scala mediante ricerche quantitative e strumenti strutturati e verosimilmente protetto da una comprensibile diffidenza verso gli interventi prematuri di cui sopra. Come infatti evidenziavano Watson e McMahon [2005] quasi un ventennio fa, sebbene già allora la comunità scientifica si manifestasse concorde nel posizionare l’avvio del processo di costruzione di conoscenza rispetto al career development nell’infanzia, le ricerche precedenti a quegli anni non erano ancora riuscite ad analizzare con sufficiente approfondimento la natura di tale processo. Havighurst [1972] aveva messo in evidenza il ruolo critico rivestito dai genitori nello sviluppo di career learning da parte dei figli e Roe [1957], ancora prima, aveva sottolineato l’influenza delle relazioni familiari su tale processo. Altrettanto riconosciuta nel dibattito internazionale risulta la teoria di Gottfredson [1981] sulle aspirazioni, ripresa da Tracey [2001] con riferimento ai processi di tipizzazione di genere che connoterebbero lo sviluppo delle carriere di bambini e bambine sotto il peso che la valutazione sociale agirebbe sulle loro aspirazioni occupazionali [Helwig 2001].
Focalizzandoci sulla letteratura dell’ultimo ventennio, possiamo aggregare gli studi in tre cluster principali.
Il primo cluster, che è anche il più nutrito oltre che il più datato e consolidato, riguarda le aspirazioni di carriera di bambini e bambine e i fattori che ne influenzano lo sviluppo. Le ricerche collocabili entro questa cornice si concentrano sulle conoscenze di bambini e bambine relative al mondo del lavoro e «alle carriere» possibili e future e risultano in gran parte guidate dal costrutto di career development. Tali ricerche hanno evidenziato come aspirazioni «circoscritte» possano limitare lo sforzo e l’impegno di bambine e bambini dal punto di vista scolastico [Flouri e Panourgia 2012; Gutman e Akerman 2008] così come la scelta delle materie su cui investire maggiormente in termini di studio [Archer ¶{p. 238}e DeWitt 2017] e quella delle professioni verso le quali orientare la propria preparazione per il futuro [Akerlof e Kranton 2000; Breen e Garcia-Penalosa 2002]. Già uno studio longitudinale di fine anni Novanta [Helwig 1998], aveva messo in evidenza come bambini e bambine inizino a limitare i propri obiettivi di carriera fin dalla scuola primaria (ben il 45% dei bambini coinvolti esplicitava la convinzione che non avrebbe ottenuto il lavoro desiderato). Un’esposizione precoce al mondo delle professioni può avere dunque ricadute profonde sulle percezioni che i bambini sviluppano rispetto alle professioni stesse e ai percorsi formativi che ne consentono l’accesso [Howard et al. 2015] e dunque alle loro possibilità di carriera.
Un secondo cluster, strettamente connesso al precedente, approfondisce il ruolo dei genitori e della loro influenza rispetto allo sviluppo delle aspirazioni di carriera di bambini e bambini [Archer et al. 2013; Oliveira et al. 2020; Whiston e Keller 2004]. Il focus sui genitori indaga anche le credenze degli stessi in merito all’importanza di incoraggiare una early career education e le loro opinioni circa la possibile implementazione di programmi mirati [Cinamon e Dan 2010]. Le ricerche rendono manifesti dubbi e perplessità da parte delle figure genitoriali che evidentemente influenzano fortemente l’assunzione di un ruolo attivo in processi di early career education da parte loro. I risultati dello studio di Cinamon e Dan [ibidem] sollevano interrogativi in merito alla loro capacità di agire quali mediatori efficaci verso il mondo del lavoro per i loro figli e di incoraggiare la proposta di programmi di early career education nelle scuole dell’infanzia. L’esposizione dei bambini al mondo delle professioni, l’approfondimento di professioni incontrate a scuola durante le lezioni, la messa in discussione di stereotipi di genere in ambito professionale e altre azioni parte di una early career education rendono necessario non solo che genitori e adulti di riferimento posseggano le competenze necessarie ma ancora prima che vengano sensibilizzati al problema con l’obiettivo di accogliere una simile prospettiva e assumerne un ruolo attivo.
Un terzo e ultimo cluster, più circoscritto dei precedenti, si concentra sul ruolo rivestito dalla scuola nella promozio¶{p. 239}ne di career development, ancora una volta costrutto guida della maggior parte degli studi rintracciati, sostenuti dalla premessa che «career development is vitally important in schools, as it creates pathways to success» [Knight 2015, 76]. Anche in questo caso va segnalata la limitatezza di ricerche focalizzate su scuola dell’infanzia e primaria e la necessità di sostenere interventi più mirati ed evidence-based in questi stessi contesti [ibidem]. È in questa cornice di fabbisogno che notiamo uno spostamento dal costrutto di career development a quello più ampio di career education che intende enfatizzare lo stretto collegamento tra le esperienze scolastiche e la vita futura e che include al suo interno tutto ciò che ha a che vedere con l’acquisizione di informazioni sui futuri professionali così da scoraggiare scelte premature che possano precludere a bambini e bambine potenziali sviluppi [Welde et al. 2016]. Manca tuttavia un approccio comune e condiviso alla early career education oltre a mancare buone pratiche a cui le scuole possano fare riferimento e buone pratiche che coinvolgano direttamente gli insegnanti [Department for Education 2017; Welde et al. 2016]. Va segnalato, infatti, che le ricerche che possono essere ricondotte a questo cluster, pur riconoscendo il ruolo attivo che scuola e insegnanti possono rivestire, di fatto si riferiscono ad interventi che coinvolgono school counselor o esperti in materia [Hughes e Kashefpakdel 2019; Knight 2015]. Ciò mette ancora più in evidenza l’urgenza di agire sul campo e supportare gli insegnanti nello sviluppo di competenze di early career education [Galeotti 2021b] e nell’accompagnamento alla progettazione di azioni mirate.
4. Le competenze degli insegnanti per la «early career education»
Nella realizzazione di programmi di early career education, gli insegnanti sono chiamati a individuare strategie, metodi, tecniche e strumenti educativi coerenti fra loro e orientati allo sviluppo della capacità degli studenti di mettere in relazione la conoscenza di sé, delle proprie ca¶{p. 240}pacità e interessi, con quella disciplinare, quella sul mondo del lavoro e sulla società più in generale. Individuare tali connessioni consente di rendere gli apprendimenti via via conseguiti funzionali a prepararsi per affrontare, gestire e autodirezionare i futuri itinerari di sviluppo personale e professionale.
In questa prospettiva, è centrale, fra l’altro, lavorare in chiave educativa su un effettivo e proficuo collegamento tra l’educazione formale e quella non formale e informale. Ciò può tradursi con l’accogliere nella programmazione didattica e in quella disciplinare elementi della realtà e dell’organizzazione sociale – relativi al sistema di istruzione, al mondo del lavoro e delle professioni – per favorire lo sviluppo di quegli apprendimenti che contribuiscono a prefigurare le future capacità degli studenti di gestione dei propri percorsi di vita.
A partire dalle tipologie di attività più diffuse di early career education, dalla letteratura sui relativi bisogni formativi degli insegnanti, nonché da alcune sperimentazioni [European Training Foundation 2020; Katsarov 2020; Indire 2019; NICE 2012], indichiamo di seguito le principali aree di competenze per l’erogazione di programmi di early career education di qualità.
La prima area di competenze è relativa alla co-progettazione educativa intesa come attività di definizione di iniziative di early career education in grado di collegare la didattica disciplinare e la progettazione educativa in collaborazione con gli stakeholders territoriali. Il punto di avvio è l’analisi e la comprensione di bisogni, delle risorse degli studenti e degli ambienti di vita per identificare aspettative, interessi, valori, capacità, potenzialità individuali e collettive e collegarle a quelli delle società, dei contesti specifici e/o del mercato del lavoro. In tale prospettiva, la co-progettazione apre al lavoro interprofessionale e interdisciplinare, al fine di rispondere adeguatamente a bisogni formativi sempre più complessi e articolati e collegando le attività di apprendimento attesi con la realtà e i contesti di vita [Brown et al. 2013].
La seconda area di competenze rimanda all’adozione di una prospettiva didattica basata sullo sviluppo di competenze ¶{p. 241}e su una chiara definizione dei risultati di apprendimento attesi (learning outcomes). In altre parole, la progettualità educativa muove da competenze o segmenti di competenza che ogni studente dovrebbe acquisire con la partecipazione alle attività di orientamento. Tale prospettiva fornisce a tutte le parti coinvolte (studenti, insegnanti, professionisti, esperti, stakeholders, ecc.) un riferimento comune e condiviso che orienta l’agire, consentendo al contempo di migliorare i processi apprenditivi e la qualità dell’insegnamento [Cedefop 2017].
La terza area di competenze riguarda l’erogazione delle iniziative di early career education basate sul principio di allineamento al curriculum, grazie al quale i processi di insegnamento e apprendimento si collocano in un sistema integrato, in cui tutte le componenti interagiscono e si supportano a vicenda, al fine di garantire coerenza fra i risultati previsti del curriculum formale, i metodi di insegnamento, i compiti di valutazione, le attività di apprendimento in classe, e fra questi e le esperienze di apprendimento non formale [Biggs e Tang 2010]. Con tale approccio, l’attuazione di strategie educative per facilitare processi di apprendimento degli studenti si avvale anche delle risorse di diversa natura disponibili nei contesti di vita, nonché di metodi e strumenti educativi coerenti con la strategia individuata e applicati nelle unità di apprendimento collegate al disegno educativo complessivo.
L’ultima area di competenze è relativa al sistema di valutazione dei risultati di apprendimento, dei processi implementati e del programma nel suo insieme, il quale dovrebbe assumere una prospettiva integrata che comprende anche la valutazione formativa e prevede l’impiego di strumenti di self- e peer evaluation, ecc. [Li et al. 2019]. È essenziale che la valutazione sia considerata dagli stessi insegnanti un mezzo per facilitare la riflessione sulla propria azione educativa, al fine di promuovere la qualità dell’offerta formativa da un lato, e percorsi di professionalizzazione dei docenti dall’altro.
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Note