Giulia Guglielmini, Federico Batini (a cura di)
Orientarsi nell'orientamento
DOI: 10.1401/9788815411648/c9
Attualmente la situazione in Europa è molto eterogenea da almeno tre punti di vista [Kraatz 2015; WGCG 2021]:
{p. 232}per pluralità di visioni e significati, livelli e modalità di inclusione nei curricula scolastici, formazione dei professionisti. Mentre ci sono paesi come Malta o la Norvegia, dove l’importanza di sviluppare career management skills a partire dalla scuola primaria è riconosciuta da diversi anni con politiche e misure ben definite, in altri paesi, tra cui l’Italia, l’orientamento pur previsto dalla normativa, è ancora realizzato attraverso progetti e attività circoscritte, strutturato prevalentemente in ottica informativa, ancora sporadico e frammentato.
In Italia, infatti, dal 1997 esiste un quadro sull’orientamento nella scuola primaria. La direttiva n. 487/1997 definiva l’orientamento come «un insieme di attività che mirano a formare e a potenziare le capacità degli studenti di conoscere sé stessi, l’ambiente in cui vivono, i mutamenti culturali e socio-economici, le offerte formative, affinché possano essere protagonisti di un personale progetto di vita e partecipare allo studio e alla vita familiare e sociale in modo attivo, paritario e responsabile» (art. 1) e suggeriva che le scuole «di ogni ordine e grado prevedono nel programma di istituto attività di orientamento» (art. 2). L’inserimento dell’orientamento nella primaria è stato recepito anche dalla legislazione successiva dal 2000 al 2009, quando sono state emanate le prime Linee guida riconoscendo la centralità del ruolo strategico attribuito all’orientamento nella lotta alla dispersione e all’insuccesso formativo.
Con le Indicazioni nazionali per il curricolo del primo ciclo di istruzione è stata nuovamente evidenziata l’importanza di un’attenzione precoce alle competenze per lo sviluppo personale, l’inclusione sociale e la futura occupabilità dei bambini [MIUR 2012].
Anche nelle ultime Linee guida, emanate con il d.m. 328 del 22 dicembre 2022, è ribadito come l’orientamento inizi, sin dalla scuola dell’infanzia e primaria «quale sostegno alla fiducia, all’autostima, all’impegno, alle motivazioni, al riconoscimento dei talenti e delle attitudini, favorendo anche il superamento delle difficoltà presenti nel processo di apprendimento» (p. 3).{p. 233}
Nonostante queste ulteriori indicazioni, le scuole primarie non hanno sviluppato azioni in modo sistematico e strutturato.

2. Definizione del costrutto di «early career education»

L’orientamento lungo l’arco della vita (o life-long guidance) [Council of Europe 2008; ELGPN 2015] non indica solo l’accompagnamento alla gestione delle transizioni verso e nel mondo del lavoro o il supporto per prevenire l’abbandono scolastico e formativo, promuovere l’inclusione sociale e lavorativa delle persone [Cedefop et al. 2021]. Esso è riferito anche all’offerta di opportunità rivolte a bambine e bambini per conoscersi e conoscere la realtà che li circonda, attraverso una sana esplorazione e scoperta di sé e del mondo, compreso quello dell’istruzione, quello del lavoro e delle professioni [Niles e Harris-Bowlsbey 2017].
Il fine dell’orientamento lungo l’arco della vita, dunque, va ben oltre il sostegno fornito per operare scelte educative, formative o professionali collegate allo sviluppo di carriera, ma riguarda anche l’ampliamento di orizzonti e aspirazioni, nonché la comprensione del valore del lavoro per la crescita personale e l’impegno nella costruzione di progetti professionali coerenti con le aspirazioni, valori, potenzialità di ciascuno [Galeotti 2021a].
In tale accezione, la categoria di orientamento abbraccia tutte quelle esperienze formative ed educative dirette all’acquisizione di competenze e capacità – fin dai primi anni di scolarizzazione – utili a costruire, passo dopo passo, il proprio percorso di vita, nonché a gestire le future traiettorie formative e professionali in una prospettiva life-long [McMahon e Watson 2017].
Le ricerche dimostrano come la partecipazione ad attività di orientamento abbia un impatto positivo su aspetti dello sviluppo infantile, quali i risultati scolastici, la motivazione ad apprendere e la capacità di autoregolazione [Lapan, Bobek e Kosciulek 2017]. L’orientamento precoce inoltre può contribuire a decostruire e superare stereotipi sociali, {p. 234}culturali, di genere e professionali, ecc. [Chambers et al. 2018], riconducibili anche a rapporti sociali, significati e valori attribuiti al mondo del lavoro da parte degli adulti di riferimento: queste limitazioni possono essere il frutto di comprensioni inadeguate e circoscritte del mondo, che influenzano negativamente le ipotesi e le possibilità di autorealizzazione alla luce delle scarse potenzialità percepite e conosciute nei contesti di vita [Patton e McMahon 2014].
La limitata esplorazione delle opportunità di sviluppo personale, formativo e professionale, insieme a una comprensione stereotipata del mondo possono ostacolare, infatti, un adeguato sviluppo della carriera nelle successive fasi della vita [Watson e McMahon 2008].
La letteratura scientifica sottolinea, inoltre, come le condizioni di povertà socio-culturale ed educativa non solo impediscono l’accesso a opportunità ed esperienze significative, ma possono influenzare negativamente anche le stesse aspirazioni di bambini e giovani a migliorarsi e migliorare la propria posizione nella società, ostacolandone le possibilità di mobilità sociale [Gardiner e Goedhuys 2020]. Alcune fra le più recenti traiettorie di ricerca in questo campo sono dedicate alla comprensione di come l’orientamento produca risultati in termini di benessere [Percy et al. 2023; Cedefop 2022] e dei fattori ambientali che possono influenzare lo sviluppo di carriera fin dall’infanzia [Sgaramella 2022], nonché del ruolo di insegnanti, genitori e pari [Zhang e Yuen 2022].
Nonostante ormai da tempo gli studi indichino che l’orientamento fin dall’infanzia impatti positivamente sia sullo sviluppo personale, sia in termini di mobilità e giustizia sociale [Hooley, Sultana e Thomsen 2019], la teoria, la ricerca e le pratiche relative hanno ricevuto meno attenzione rispetto a quelle nell’adolescenza e nell’età adulta [Watson e McMahon 2022a; Crause, Watson e McMahon 2017]. Spesso, infatti, prevale l’idea che fornire alle bambine e ai bambini questo tipo di occasioni di apprendimento sia prematuro, poiché ricondotte a una visione fondata sulle scelte di carriera piuttosto che su una sana esplorazione di sé e del mondo. {p. 235}
Da quanto detto emerge l’urgenza di un necessario approfondimento multidisciplinare della ricerca e della pratica sull’orientamento precoce, con una specifica attenzione al ruolo dell’educazione nel facilitare i processi di apprendimento allo sviluppo di carriera fin dall’infanzia, nel superare le limitazioni prodotte dai condizionamenti socio-economici, nonché nel decostruire i significati culturali che influenzano negativamente aspirazioni e prospettive degli adulti di domani [Watson e McMahon 2022b; Barnes e McGowan 2017]. Di fatto, la maggior parte degli studi presenti in letteratura sono di area psicologica e assumono a riferimento teorico l’apprendimento alla carriera, o career learning, e lo sviluppo di carriera, o career development. Entrambi i costrutti si soffermano sui processi di acquisizione e sviluppo di conoscenze e competenze utili a identificare e costruire itinerari di sviluppo personale e professionale. Scarsa attenzione invece è dedicata all’azione intenzionale da parte di educatori e insegnanti per facilitare il conseguimento di suddetti apprendimenti da parte degli studenti.
L’adozione di una prospettiva pedagogica all’orientamento precoce può sopperire a tale mancanza, aprendo all’idea di early career education intesa come l’insieme delle complesse e multiformi interazioni tra studenti e docenti – ma anche educatori ed esperti – sostenute da progettualità, ambienti di apprendimento e interventi atti a favorire il raggiungimento di obiettivi educativi collegati all’identificazione e gestione delle proprie risorse, interessi e aspirazioni, nonché delle opportunità offerte dai contesti di vita [Galeotti 2021a]. Si tratta di un’azione educativa orientata allo sviluppo delle conoscenze e abilità necessarie a esplorare, conoscere e comprendere fin dall’infanzia le proprie potenzialità e quelle degli ambienti di vita con il fine di formare futuri cittadini in grado di costruire e gestire itinerari di vita e professionali significativi per sé stessi e per la società.
Eleggendo un approccio globale alla early career education, ovvero che consideri gli aspetti razionali, emozionali e valoriali chiamati in causa nei processi di orientamento [Katsarov 2020] e connettendo con la dimensione individuale e quella collettiva anche in chiave critica [Sultana {p. 236}2020; Irving 2018], la early career education si precisa, dunque, con l’insieme di strategie educative e processi di apprendimento diretti ad avviare e consolidare nel tempo le capacità per configurare e gestire in autonomia gli itinerari di crescita personale e professionale basati su una coerente integrazione tra risorse personali, interessi, aspirazioni e opportunità offerte dai contesti, ma anche per agire e trasformare le condizioni e i fattori contestuali e sociali che possono limitare le possibilità di autorealizzazione dei soggetti [Galeotti 2021a].

3. Orientare i più piccoli: quando avviare processi di «early career education»?

Qual è, dunque, l’età «giusta» per avviare processi e progetti di early career education? Per coinvolgere bambini e bambine in attività che li accompagnino nell’esplorazione del mondo del lavoro e delle professioni e nella «costruzione» delle loro aspirazioni? Quali sono i contesti più idonei a favorire tale esplorazione e quali i soggetti chiamati a facilitarla e mediarla? Con quali obiettivi e avvalendosi di quali metodi e strategie?
Le Linee guida (decreto del Ministero dell’Istruzione e del Merito 22 dicembre 2022, n. 328) affermano che «l’orientamento inizia, sin dalla scuola dell’infanzia e primaria» come sostegno allo sviluppo della fiducia, dell’autostima, dell’impegno, contribuendo anche «al superamento delle difficoltà presenti nel percorso di apprendimento» (p. 5). Se tale affermazione pare evidenziare un ormai chiaro e condiviso riconoscimento del ruolo centrale che l’orientamento può rivestire già in età precoce, come è quella della scuola dell’infanzia, il corpus di studi che la supporta risulta, come anticipato, ancora in fieri e tende a concentrarsi maggiormente su cosa bambini e bambine conoscono sul mondo del lavoro rispetto a come costruiscano tali conoscenze [Hartung, Porfeli e Vondracek 2005]. Sono in particolare le ricerche empiriche su questi temi a risultare ancora limitate [Crause, Watson e McMahon 2017] probabilmente rese complesse
{p. 237}da obiettivi di ricerca guidati da costrutti e problemi ancora fortemente dibattuti (tra coloro che supportano la centralità di interventi precoci e coloro che invece ostacolano interventi etichettati come prematuri) e rivolti a un target – bambine e bambini della scuola dell’infanzia e primaria – non facilmente raggiungibile su larga scala mediante ricerche quantitative e strumenti strutturati e verosimilmente protetto da una comprensibile diffidenza verso gli interventi prematuri di cui sopra. Come infatti evidenziavano Watson e McMahon [2005] quasi un ventennio fa, sebbene già allora la comunità scientifica si manifestasse concorde nel posizionare l’avvio del processo di costruzione di conoscenza rispetto al career development nell’infanzia, le ricerche precedenti a quegli anni non erano ancora riuscite ad analizzare con sufficiente approfondimento la natura di tale processo. Havighurst [1972] aveva messo in evidenza il ruolo critico rivestito dai genitori nello sviluppo di career learning da parte dei figli e Roe [1957], ancora prima, aveva sottolineato l’influenza delle relazioni familiari su tale processo. Altrettanto riconosciuta nel dibattito internazionale risulta la teoria di Gottfredson [1981] sulle aspirazioni, ripresa da Tracey [2001] con riferimento ai processi di tipizzazione di genere che connoterebbero lo sviluppo delle carriere di bambini e bambine sotto il peso che la valutazione sociale agirebbe sulle loro aspirazioni occupazionali [Helwig 2001].
Note