Giulia Guglielmini, Federico Batini (a cura di)
Orientarsi nell'orientamento
DOI: 10.1401/9788815411648/c3
Il processo di scelta innescato dal consiglio orientativo è ricostruito puntualmente da Checchi [2010] a conclusione di un’indagine che ha coinvolto 2.020 studenti lombardi iscritti al terzo anno della scuola secondaria del primo ciclo. Premesso che «la differenziazione dei percorsi tende a riprodurre la stratificazione sociale, dove i figli delle classi dirigenti frequentano i licei, i figli del ceto medio gli istituti tecnici e i figli delle classi inferiori la formazione professionale» [ibidem, 216], la ricerca illustra un meccanismo di scelta che prende le mosse dai consigli orientativi espressi dai e dalle docenti, «correlati non solo alle competenze possedute dai ragazzi ma anche alle loro origini socio-culturali» [ibidem, 235]. Questa prima decisione viene ulteriormente modificata «in senso di rafforzamento della componente familiare» nelle scelte di preiscrizione dei figli, su cui influiscono anche le scelte dei compagni di classe, che a loro volta «riflettono l’ambiente sociale in cui è collocata la scuola» [ibidem]. In questo modo, «il destino scolastico futuro degli alunni viene
{p. 96}progressivamente segnato dalle origini sociali, delle quali non portano alcuna responsabilità» [ibidem].
Di orientamento scolastico «nella tela delle disuguaglianze» parla espressamente Marco Romito [2014], che a conclusione di una ricerca etnografica condotta su due scuole milanesi individua le motivazioni e le logiche più o meno consapevoli che possono orientare i consigli degli insegnanti in modo tale da favorire la segregazione scolastica, sociale ed etnica nei percorsi della scuola secondaria superiore. Questa è la sintesi offerta dallo stesso autore:
La formulazione dei consigli orientativi riflette dunque le diseguaglianze sociali di fronte all’istruzione da molti punti di vista: attraverso la scelta di indirizzare i soggetti economicamente più vulnerabili verso i percorsi che inibiscono i processi di mobilità ascendente; attraverso il riconoscimento di un peso rilevante alle competenze culturali e alle aspettative scolastiche familiari nelle future carriere scolastiche degli studenti; infine, attraverso l’oscuro meccanismo che lega i criteri di definizione dell’eccellenza scolastica al possesso di specifiche competenze, risorse e tratti culturali [ibidem, 455].
A conclusioni analoghe giunge una recente ricerca sperimentale [4]
, condotta su un campione di 196 scuole in tutta Italia [Argentin, Barbetta e Manzella 2023] con lo scopo di indagare gli eventuali meccanismi di distorsione che agiscono sugli insegnanti al momento della formulazione del consiglio di orientamento, per poi andare a verificare l’eventuale possibilità di correggerli con specifiche azioni di informazione. I consigli orientativi degli insegnanti – si legge nelle conclusioni – «risultano distorti sulla base delle caratteristiche ascritte agli studenti» come le origini sociali, il genere, la cittadinanza italiana o non italiana. Al contempo, informare gli insegnanti e renderli dunque consapevoli circa la presenza di questi meccanismi di riproduzione delle diseguaglianze sembra avere degli effetti positivi.{p. 97}
Per quanto sia possibile, come suggerito da Argentin, Barbetta e Manzella [ibidem], agire sugli insegnanti attraverso azioni formative e informative, quanto dovremmo aspettare affinché ogni studente possa effettivamente liberarsi, a 14 anni di età, dall’influenza esercitata non solo dal consiglio di classe ma anche dagli altri adulti e dal contesto sociale stesso che tanto incide sulle scelte successive [Checchi 2010]? Quanto sforzo occorre fare – con le sole armi spuntate dell’orientamento – per rimediare a un segregazionismo sociale, etnico e di genere che sembra causato principalmente dall’assetto istituzionale di una scuola che non ha saputo, al momento opportuno, fare un passo più deciso verso la democrazia e l’uguaglianza? Non sarebbe opportuno, anziché limitarsi a chiamare in causa le virtù della didattica orientativa e dell’orientamento formativo – la cui efficacia, come si può leggere in altre parti di questo volume, è comprovata dalla ricerca educativa – rimettere al centro del discorso pubblico sulla scuola il diritto di ogni soggetto all’orientamento e, quindi, il diritto di disporre di un sistema di istruzione dotato di senso, costruito per ridurre l’impatto del contesto sociale di provenienza sul destino individuale e per potenziare le persone e le comunità?

Riferimenti bibliografici

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Note
[4] Lo studio intitolato Orientare alla scelta è un esperimento randomizzato controllato combinato con una factorial survey.