Giulia Guglielmini, Federico Batini (a cura di)
Orientarsi nell'orientamento
DOI: 10.1401/9788815411648/c8

Capitolo ottavo Direzioni inclusive: l’orientamento come ricerca del proprio posto nel mondo
di Ines Guerini e Moira Sannipoli. Il presente contributo è frutto di un lavoro comune, tuttavia sono da attribuire a Ines Guerini i paragrafi 3 e 4 e a Moira Sannipoli i paragrafi 1 e 2

Abstract
Il tema dell’orientamento degli studenti e delle studentesse con disabilità è abbastanza sconosciuto o non sempre affrontato adeguatamente nel mondo della scuola. È infatti molto difficile che nei percorsi che riguardano questi ragazzi e ragazze si ragioni in termini di scelte e desideri in ottica di progetto di vita. La maggior parte delle attenzioni è dedicata a richieste su servizi, sostegni e mediatori che possono accompagnare le esperienze fuori e dopo la scuola. Quanto finora sostenuto (anche mediante l’ampia letteratura di settore), trova applicazione nel nuovo modello di PEI (decreto 182/2020); in particolare in quello per la scuola secondaria di secondo grado dove nel Quadro informativo (sezione 1) è possibile riportare aspetti derivanti dalla descrizione di sé che lo studente/la studentessa ha fornito mediante interviste o colloqui. Nel presente contributo abbiamo voluto riflettere circa l’importanza per gli alunni e le alunne con disabilità di divenire sempre più protagonisti/e del loro sviluppo identitario, in ragione dell’indiscutibile diritto ad autodeterminarsi [ONU 2006]. In tal senso, i nuovi modelli di PEI divengono occasione privilegiata per muoversi nell’ottica del progetto di vita e orientare gli studenti e le studentesse con disabilità a scegliere in maniera consapevole circa il proprio futuro e a trovare il loro posto nel mondo. Si tratta di compiere un lavoro di rete tra scuola, famiglia e territorio per immaginare la loro adultità sin da quando sono piccoli/e.

1. Breve introduzione

Il tema dell’orientamento degli studenti e delle studentesse con disabilità è abbastanza sconosciuto o non sempre affrontato adeguatamente nel mondo della scuola. È infatti molto difficile che nei percorsi che riguardano questi ragazzi e ragazze si ragioni in termini di scelte e desideri in ottica di progetto di vita. La maggior parte delle attenzioni è dedicata a richieste su servizi, sostegni e mediatori che possono accompagnare le esperienze fuori e dopo la scuola. Se tutto questo è essenziale, non può essere prioritario rispetto alla direzione che, come persona, dovrebbe essere in grado di accogliere per la qualità della propria vita. Nonostante, quindi, un dettato normativo significativo nazionale e internazionale (d.m. 934/2022; d.m. 328/2022; d.m. 63/2023; c.m. 958/2023; OECD [2004]), una ricchissima ricerca sul tema [Friso e Caldin 2022; Giaconi 2015; Lascioli, Pasqualotto e Traina 2022; Mura 2018, tanto per citare alcuni dei lavori presenti in letteratura], gli atteggiamenti che ancora abitano gran parte della scuola sono ancorati a visioni manchevoli e deficitarie che non accolgono una logica di riconoscimento. Conta ancora molto il presente e poco l’imparare a immaginarsi in un futuro, è assente una consapevolezza matura del meticciamento tra punti di forza e di debolezza, è ancora imperante lo spettro delle identità di categorie che sanno aprire scenari limitati e connessi prioritariamente alla disabilità e in seconda battuta alle storie.{p. 208}
Scopo di questo contributo è quello di mettere al centro il tema dell’autodeterminazione delle persone con disabilità, con un focus specifico sulle posture e pratiche che possono essere sollecitate a scuola perché diventino, grazie a occasioni di orientamento ben pensate, sentiero da percorrere.

2. Orientarsi: imparare ad abitare in modo consapevole un contesto che vive

Le ricerche condotte sul tema dell’orientamento si sono confrontate fin da subito con un costrutto molto investigato in ambito pedagogico: il progetto di vita. Nelle Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, emanate nel 2009, si scriveva a proposito quanto segue:
Il progetto di vita, parte integrante del PEI, riguarda la crescita personale e sociale dell’alunno con disabilità e ha quale fine principale la realizzazione in prospettiva dell’innalzamento della qualità della vita dell’alunno con disabilità, anche attraverso la predisposizione di percorsi volti sia a sviluppare il senso di autoefficacia e sentimenti di autostima, sia a predisporre il conseguimento delle competenze necessarie a vivere in contesti di esperienza comuni. Il progetto di vita, anche per il fatto che include un intervento che va oltre il periodo scolastico, aprendo l’orizzonte di «un futuro possibile», deve essere condiviso dalla famiglia e dagli altri soggetti coinvolti nel processo di integrazione. Risulta inoltre necessario predisporre piani educativi che prefigurino, anche attraverso l’orientamento, le possibili scelte che l’alunno intraprenderà dopo aver concluso il percorso di formazione scolastica. Il momento «in uscita», formalizzato «a monte» al momento dell’iscrizione, dovrà trovare una sua collocazione all’interno del Piano dell’Offerta Formativa, in particolare mediante l’attuazione dell’alternanza scuola-lavoro e la partecipazione degli alunni con disabilità nell’ambito del sistema IFTS. Ai fini dell’individuazione di forme efficaci di relazione con i soggetti coinvolti nonché con quelli deputati al servizio per l’impiego e con le associazioni, il dirigente scolastico predispone adeguate misure organizzative (pp. 16-17).
Se nel frattempo, come vedremo, la normativa scolastica ha assunto nuove cornici e prassi, interessante è la {p. 209}centralità della dimensione attiva del soggetto in ordine al futuro e il compito centrale della scuola dentro questo accompagnamento.
Il progetto di vita, così inteso, è di fatto un filo rosso che va oltre alcune categorie di studenti pensati come speciali.
Ciascuno ha necessità di una serie di progetti per realizzare la propria vita, cioè di una serie di azioni programmate intenzionalmente capaci di trasformare l’immaginazione in opera compiuta. Anche il progetto è un modo per anticipare il futuro ma, a differenza del sogno, nel progetto si comincia con il separare ciò che è straordinario da ciò che è impossibile. All’interno del progetto è dunque possibile incontrare le proprie potenzialità ma anche i propri limiti [Lepri 2011, 88].
Se tutto questo potrebbe apparire necessario e urgente con giovani e adulti, sembrerebbe fuori luogo quando si parla di bambini e bambine in età scolare. In realtà le possibilità evolutive di coltivare e far fiorire i propri talenti per realizzare al meglio la propria esistenza, la capacità di imparare ad aver fiducia in sé e di desiderare, nascono prima e vanno sostenute, accompagnate, educate. Per trovare il proprio elemento [Robinson e Aronica 2009] è necessario sforzarsi a creare le condizioni perché ogni progetto possa essere riconosciuto e promosso fin dal suo esordio.
Scrivere un «progetto di vita» comporta guardare oltre i bisogni elementari e primari che normalmente orientano l’operare dei servizi secondo il modello del «dono professionale» [Duffy 2010], al fine di coinvolgere i soggetti direttamente interessati a un sistematico confronto sul senso di vita buona per come inteso dalla persona stessa [Tognetti Bordogna, Quaglia e Terraneo 2020, 184].
Per questo motivo le riflessioni sul progetto di vita e di conseguenza quelle sull’orientamento dovrebbero partire dall’infanzia e necessitano fin da subito di un lavoro di rete tra tutti gli attori, per individuare, insieme ai diretti interessati, nuclei di possibilità, orizzonti reali e sostenibili. In questo senso vanno fatte fruttare tutte quelle opportunità {p. 210}che consentono di intrecciare competenze e limiti, capacità e fragilità perché di questi meticciamenti è fatta l’esistenza di ciascuno. Imparare a fare i conti con le dimensioni della fattibilità e della difficoltà vuol dire fin da piccoli allenarsi a diventare grandi, tentando anche di tollerare le cadute e gli imprevisti indesiderabili come attributi di vita.
Per percepirsi attori anche di un futuro sostenibile, va alimentata proprio una capacità di aspirare [Appadurai 2014] che richiama la necessità di avere un progetto e l’insieme di azioni necessarie per realizzarle. È una dimensione culturale perché la capacità di collocarsi nel futuro è influenzata dalla società o dal gruppo sociale con cui ci si identifica e che definisce ciò che si ritiene plausibile e desiderabile. Vanno così alimentati immaginari meno legati all’identità di categoria e più vicini alla dimensione narrativa di chi si ha la fortuna di accompagnare. Per poter avviare questi percorsi c’è necessità di insegnanti-cercatori piuttosto che conoscitori: «Se si è cercatori si è capaci di meraviglia, ci si accorge che lo sguardo, l’attenzione, devono essere ricalibrati. Lo sguardo deve essere rivisitato e non solo a livello intellettuale ma anche emozionale e culturale» [Bruner 1971, 10].
La possibilità di guadagnare uno spazio di autonomia e di autodeterminazione rispettoso è centrale. Autonomia e autosufficienza sono due concetti diversi e quindi differentemente implicati anche per chi si trova a vivere in situazione di svantaggio. Ci sono studenti e studentesse che non potranno mai essere autosufficienti, ma potranno diventare autonomi, perché l’autonomia riguarda il sapersi dare delle regole, ma anche saperle cogliere e farle proprie dal contesto. La parola autonomia, dal greco autos (sé) e nomos (legge), si identifica con una sorta di autoregolazione. Ogni soggetto infatti come sistema autopoietico ha un’organizzazione che resta invariante e una struttura che permette continue fluttuazioni, variazioni: «la circolarità della sua organizzazione che fa di un sistema vivente un’unità di interazione, ed è questa circolarità che esso deve mantenere per rimanere un sistema vivente e conservare la sua identità attraverso diverse interazioni» [Maturana e Varela 1992, 10]. Da qui deriva anche il costrutto dell’autodeterminazione recentemente {p. 211}sostenuto dal capability approach [Sen 2003; 2006]. Secondo questo approccio la qualità della vita non dipende tanto dai mezzi di cui ciascun soggetto dispone, ma dalla capacità di trasformare tali disponibilità in traguardi potenzialmente raggiungibili, piani di vita da perseguire nella libertà. «La dignità di ogni persona, quindi, risiede nell’essere in grado di guidare la propria azione in riferimento ad una serie di opzioni» [Cottini 2016, 15]. L’autodeterminazione diventa quindi non solo la capacità di scegliere quali azioni per le proprie mete personali, ma anche attrezzarsi psicologicamente e socialmente per distinguere ostacoli e facilitazioni, superare i primi e sfruttare le seconde. Se autonomia e autodeterminazione si esercitano soprattutto in età adulta, sicuramente devono essere favorite e sollecitate nei differenti percorsi educativi, didattici e riabilitativi fin dall’infanzia così che possano essere allenate, fortificate, sperimentate nelle diverse età della vita con gradienti differenti.
La prospettiva educativa dovrebbe essere orientata al potenziamento delle capacità individuali e alle costruzioni di ambienti di vita e di apprendimento che forniscano opportunità contestuali che consentano di sperimentare comportamenti autonomi e autodeterminanti, di imparare a usare la narrazione di sé e delle proprie competenze e incompetenze [Cesarano 2023]. In questa prospettiva le pratiche di orientamento presuppongono da un lato un forte coordinamento e una piena integrazione tra soggetti diversi, dall’altro un approccio di rete che colloca servizi, obiettivi, azioni, strumenti e indicatori in spazi e tempi più ampi, al fine di costruire opportunità e abilità, di supportare cambiamenti e di accrescere possibilità di sviluppo, capacità di scelta che la persona con disabilità vuole essere e di ciò che vuole fare.
Come suggerito dall’approccio del Life Design [Nota e Rossier 2015; Santilli et al. 2016], in linea con il costrutto presentato, le azioni di orientamento dovrebbero svolgersi lungo tutto l’arco della vita e sostenere le persone a individuare le risorse che considerano centrali, imparando a trovare le mediazioni necessarie in termini di come, con chi, quando e dove apprendere ciò che serve per la propria vita.
{p. 212}Diventa centrale la costruzione di un’identità al plurale dove ciascuno possa sperimentarsi in più ruoli e nelle differenti interpretazioni possibili che i rispettivi contesti sollecitano. Azioni di orientamento efficaci dovrebbero allora non limitarsi ai momenti di transizione tradizionalmente intesi, ma fare in modo che alcuni progressivi passaggi avvengano e vengano percepiti come tali.
Note