Francesca Biondi Dal Monte, Simone Frega (a cura di)
Contrastare la dispersione scolastica
DOI: 10.1401/9788815413369/c13
Mantenere un equilibrio e una collaborazione tra questi tre sistemi – scuola, ragazzo e famiglia – non è scontato e i cortocircuiti che si creano a causa di atteggiamenti di delega
{p. 242}o di scarico di responsabilità sono sintomi della difficoltà e della complessità che questo lavoro comporta. Il PAS prova da anni a costruire aree di integrazione fra i tre sistemi, co-costruendo per ogni alunno percorsi educativi nei quali valorizzare le risorse di tutti e mantenere la motivazione ad andare avanti nonostante le difficoltà. In questa triangolazione il ruolo dell’educatore è fondamentale non solo per le sue competenze professionali, basate sulla relazione, ma anche per la maggiore libertà istituzionale di cui gode [4]
. Tali caratteristiche gli permettono di interfacciarsi, da un lato con le famiglie, dall’altro con le scuole, facilitando quel dialogo che, qualora non si instauri, è tra i primi responsabili dell’insuccesso e dell’abbandono scolastici, specie quando si ha a che fare con nuclei familiari senza adeguati strumenti socioculturali.

3. Fare innovazione attraverso la sperimentazione e la formazione

Il lavoro didattico ed educativo mal si presta a essere dogmatico e ripetitivo. Avendo a che fare, oggi più che mai, con un mondo in rapida e tumultuosa trasformazione, chi opera a scuola e nei servizi educativi deve continuamente sottoporre a revisione le finalità e le modalità del suo intervento. In quanto progetto interistituzionale volto a promuovere il successo scolastico e l’inclusione e a contrastare la dispersione, il PAS ha da sempre fatto propria tale prospettiva, pur nella consapevolezza che non è facile costruire linee d’indirizzo condivise tra istituzioni pubbliche e private così diverse tra loro. Nel tempo sono stati, quindi, elaborati differenti strumenti atti a rendere lineare e fruttuosa la collaborazione tra i diversi soggetti istituzionali che coordinano il progetto.
Il primo è senza dubbio il Protocollo d’intesa trien{p. 243}nale (con valenza di accordo territoriale) che definisce la cornice progettuale e di senso entro cui tutti gli attori istituzionali si impegnano ad agire. Si tratta di un’occasione che, a ogni triennio, offre l’opportunità di discutere e progettare sia sviluppi innovativi e sperimentali, orientati a rispondere all’evoluzione dei bisogni, sia garanzie di continuità e di respiro temporale. In effetti, ci sembra di poter sostenere che il successo del PAS è determinato anche dalla solidità amministrativa condivisa responsabilmente tra tutti i partner, ovvero Comune di Torino, Fondazione per la Scuola e Ufficio scolastico regionale. Ed è grazie a tale solidità che trova forma e sostanza il principio di sussidiarietà orizzontale, assunta da ogni soggetto consapevolmente e non solo per ciò che è di propria competenza.
Un secondo elemento di garanzia dell’attenzione del PAS per la ricerca e l’innovazione è rappresentato senza dubbio dalle molteplici attività formative e di supervisione che si sono strutturate negli anni. Prevenire la dispersione scolastica in un mondo complesso e in trasformazione come quello odierno, infatti, non è un lavoro che può essere fatto basandosi semplicemente sulla buona volontà. Esso necessita delle competenze acquisite in appositi percorsi di studio, ma anche di un processo di formazione continua basato sulla rielaborazione delle esperienze fatte sul campo, più ancora che dell’acquisizione di saperi teorici nuovi, che risultano utili solo se poggiati su bisogni e obiettivi concreti.
La prima azione, insieme formativa e di supervisione, è quella che viene definita di «accompagnamento»: almeno due volte all’anno, un’équipe di referenti del progetto incontra gli insegnanti e gli educatori delle scuole. All’incontro partecipano i docenti dell’istituto comprensivo impegnati nel PAS, in modo da favorire anche il confronto e lo scambio di buone pratiche e di risoluzione dei problemi tra le diverse classi. L’obiettivo è quello di fare il punto della situazione sull’andamento delle attività, mettendo in luce e provando a risolvere eventuali criticità, condividendo strategie e buone prassi, oltre che rilevando bisogni sia di natura formativa, ai quali si cercherà di dare risposta in appositi momenti, sia inerenti a questioni extrascolastiche.{p. 244}
Un’ulteriore opzione di sostegno e supervisione al lavoro di insegnanti ed educatori è offerto dall’attività di «assistenza on demand». Dopo aver interpellato i consigli di classe, i docenti referenti del progetto possono richiedere l’aiuto di un piccolo pool di operatori del PAS, composto da una psicologa e da un’insegnante distaccata presso l’Ufficio scolastico regionale, dotate di lunga esperienza nelle scuole e nel progetto, a proposito di questioni problematiche sorte nella gestione dei loro allievi sia da un punto di vista didattico sia soprattutto da un punto di vista relazionale e comportamentale.
Più recentemente, il progetto ha anche originato la gemmazione di attività formative all’interno dei percorsi attivati dal Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino: un corso semestrale in «Educatore scolastico» (18 ore di lezione + 30 ore di tirocinio) presso il Corso di laurea in Educazione professionale, aperto a studenti universitari ed educatori del PAS (in qualità di uditori), con l’obiettivo di fornire strumenti per lavorare nella scuola sin dal percorso accademico di base degli educatori; un master annuale di I livello in «Esperto nei processi educativi e didattici a scuola» (Espeda), inteso a sostenere insegnanti in ruolo, aspiranti docenti ed educatori, mettendoli in condizione di operare in maniera sempre più consapevole, autonoma, educativamente incisiva e inclusiva, oltre che ispirata ai principi del lavoro interprofessionale. È importante segnalare che le 100 ore di tirocinio vengono svolte nelle classi in cui è attivo il PAS e che nella supervisione sono coinvolte le figure di riferimento del progetto.
Infine, non va dimenticato che la valutazione in itinere delle attività è da tempo un elemento centrale del PAS, sebbene strumenti e modalità di verifica siano cambiati negli anni. A partire dall’a.a. 2024-2025, Fondazione per la Scuola, in collaborazione con le istituzioni e le organizzazioni coinvolte, in primis scuole e associazioni, ha deciso di investire in una ricerca valutativa che permetta di misurare l’efficacia dell’intervento e il suo impatto sui beneficiari diretti e sulla comunità scolastica.{p. 245}

4. L’interprofessionalità come strumento di innovazione della didattica e della scuola

I principali artefici del progetto PAS sono naturalmente coloro che lo portano avanti nelle scuole, ovvero dirigenti, insegnanti ed educatori [5]
. Le loro funzioni si sono evolute coerentemente con le trasformazioni del progetto, il quale, come abbiamo provato a illustrare, si è inizialmente concentrato su attività riparative, rivolte ad adolescenti ormai fuori dal circuito scolastico e formativo, per poi passare anche ad azioni preventive, pensate per gli studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado torinesi, che un po’ per volta sono divenute centrali nel piano d’intervento da un punto di vista sia strategico che numerico. Molta strada è stata fatta rispetto alla fine degli anni Ottanta, quando correttamente si parlava di «volontari» per definire gli operatori impiegati nelle «scuolette». Oggi, le competenze e la consapevolezza del proprio ruolo da parte degli educatori e delle educatrici che lavorano nel PAS sono generalmente alte e permettono loro di interfacciarsi con autorevolezza sia con le famiglie sia con gli insegnanti. Proprio la crescita dei saperi professionali teorici e pratici degli educatori, per quanto non ancora compiutamente riconosciuta a livello normativo e ancor più occupazionale, ha permesso al progetto di investire nell’interprofessionalità, che nel tempo è emersa come logica conseguenza del lavoro a stretto contatto tra personale educativo e corpo docente.
Per questo, nel tempo il PAS ha fatto dell’interprofessionalità di educatori e insegnanti un caposaldo del suo modo di intendere la lotta all’insuccesso e alla dispersione. Proprio la presenza di équipe interprofessionali costituite da educatori, insegnanti e operatori dei servizi sociali del territorio permette di creare micro-patti educativi in cui sia il {p. 246}lavoro con i singoli allievi sia quello con la classe prevedono il continuo scambio e la co-progettazione tra diverse figure professionali, ognuna con il suo specifico ruolo, ma nella stessa direzione, in maniera coordinata e con messaggi che non risultino contraddittori tra loro. L’obiettivo è costruire insieme una terza via possibile che sappia valorizzare gli aspetti di ciascun alunno e includere tutti gli studenti all’interno delle classi. In questo senso, la circolarità dei saperi dovrebbe permettere la formazione di un’équipe in cui ogni situazione, per complessa che sia, viene affrontata e gestita insieme, a prescindere dalla propria etichetta professionale, ma senza confusione di ruoli.
In tutte le classi gli educatori intervengono per 4 ore settimanali e proseguono le loro attività con i ragazzi più fragili anche oltre il termine dell’orario scolastico all’interno delle associazioni. Docenti ed educatori co-progettano e co-gestiscono le attività didattiche ed educative. L’obiettivo è favorire il miglioramento degli apprendimenti di base e lo sviluppo delle competenze socioemotive di alunne e alunni attraverso l’innovazione didattica. Ciò significa provare a prevenire la dispersione scolastica esplicita e implicita, anche nel delicato passaggio tra scuola primaria e scuola secondaria di primo grado, favorendo l’integrazione tra realtà scolastica e realtà extrascolastica e creando condizioni di dialogo costante per sostenere il processo di crescita personale e favorire il successo scolastico.
Centrale, infatti, è proprio la didattica, che deve essere innovativa e soprattutto inclusiva, ovvero capace non solo di «portare» a scuola tutti i ragazzi e le ragazze, ma soprattutto di «farli uscire» meglio preparati alla fine del loro percorso, grazie a maggiori competenze disciplinari e socioemotive.
Note
[4] Sulle specificità del lavoro dell’educatore professionale cfr. S. Tramma, L’educatore imperfetto: senso e complessità del lavoro educativo, Roma, Carocci Faber, 2003.
[5] Sulle differenti funzioni dei vari professionisti all’interno del progetto e, in particolare, sul ruolo dei dirigenti scolastici cfr. P. Bianchini e G. Guglielmini, Nuovi modelli di leadership e contrasto alla dispersione: il ruolo dei DS e la metodologia del Provaci ancora Sam nel contesto territoriale di una grande città, in «Dirigenti Scuola», 42, 2023, pp. 267-282.